[Pagina precedente]...o, non sento, non so nè posso sapere che sieno altro che corpi. Dunque dirò: la materia può pensare e sentire; pensa e sente. - Signor no; anzi voi direte: la materia non può, in nessun modo mai, nè pensare nè sentire. - Oh perchè? - Perchè noi non intendiamo come lo faccia. - Bellissima: intendiamo noi come attiri i corpi, come faccia quei mirabili effetti dell'elettricità , come l'aria faccia il suono? anzi intendiamo forse punto che cosa sia la forza di attrazione, di gravità , di elasticità ; che cosa sia elettricità ; che cosa sia forza della materia? E se non l'intendiamo, nè potremo intenderlo mai, neghiamo noi per questo che la materia non sia capace di queste cose, quando noi vediamo che lo è? - Provatemi che la materia possa pensare e sentire. - Che ho io da provarlo? Il fatto lo prova. Noi veggiamo dei corpi che pensano e sentono; e voi, che siete un corpo, pensate e sentite. Non ho bisogno di altre prove. - Quei corpi non sono essi che pensano. - E che cos'è? - È un'altra sostanza ch'è in loro. - Chi ve lo dice? - Nessuno: ma è necessario supporla, perchè la materia non può pensare. - Provatemi voi prima questo, che la materia non può pensare. - Oh la cosa è evidente, non ha bisogno di prove, è un assioma, si dimostra di se: la cosa si suppone, e si piglia per conceduta senza più.
In fatti noi non possiamo giustificare altrimenti le nostre tante chimeriche opinioni, sistemi, ragionamenti, fabbriche in aria, sopra lo spirito e l'anima, se non riducendoci a questo: che la impossibilità di pensare e sentire nella materia, sia un assioma, un principio innato di ragione, che non ha bisogno di prove. [4253]Noi siamo effettivamente partiti dalla supposizione assoluta e gratuita di questa impossibilità per provare l'esistenza dello spirito. Sarebbe infinito il rilevare tutte le assurdità e i ragionamenti le contraddizioni al nostro medesimo usato metodo e andamento di discorrere che si sono dovuti fare per ragionare sopra questa supposta sostanza, e per arrivare alla conclusione della sua esistenza. Qui davvero che il povero intelletto umano si è portato da fanciullo quanto mai in alcuna cosa. E pur la verità gli era innanzi agli occhi. Il fatto gli diceva: la materia pensa e sente; perchè tu vedi al mondo cose che pensano e sentono, e tu non conosci cose che non sieno materia; non conosci al mondo, anzi per qualunque sforzo non puoi concepire, altro che materia. Ma non conoscendo il come la materia pensasse e sentisse, ha negato alla materia questo potere, e ha spiegato poi chiarissimamente e compreso benissimo il fenomeno, attribuendolo allo spirito: il che è una parola, senza idea possibile; o vogliam dire un'idea meramente negativa e privativa, e però non idea; come non è idea il niente, o un corpo che non sia largo nè profondo nè lungo,275 e simili immaginazioni della lingua piuttosto che del pensiero.
Che se noi abbiamo conchiuso non poter la materia pensare e sentire, perchè le altre cose materiali, fuori dell'uomo e delle bestie, non pensano nè sentono (o almeno così crediamo noi); per simil ragione avremmo dovuto dire che gli effetti della elasticità non possono esser della materia, perchè solo i corpi elastici sono atti a farli, e gli altri no; e così discorretela.
(9. Marzo. 1827. 2° Venerdì di Marzo.)
Il bambino, quasi appena nato, farà dei moti, per li quali si potrebbe intender benissimo che egli conosce l'esistenza della forza di gravità dei corpi, in conseguenza della qual cognizione egli agisce. Così di moltissime altre cognizioni fisiche che tutti gli uomini hanno, e che il bambino manifesta quasi [4254]subito. Forse che queste cognizioni e idee sono in lui innate? Non già : ma egli sente in se ben tosto, e nelle cose che lo circondano, che i corpi son gravi. Questa esperienza, in un batter d'occhio, gli dà l'idea della gravità , e gliene forma in testa un principio: del quale di là a pochi momenti gli parrebbe assurdo il dubitare, e il quale ei non si ricorda poi punto come gli sia nato nella testa. Il simile accade appunto nei principii e morali e intellettuali. Ma le idee fisiche ognun concede e afferma non essere innate: le morali, signor sì, sono. Buona pasqua alle signorie vostre.
(9. Marzo. 1827. Recanati.)
Pregiudicato, spregiudicato. Volgare ital.
Gratito, as, avi, atum. Mutito. Mutuito. V. Forcell.
Ho notato che i continuativi dai verbi della prima coniugazione si fanno in ito, e possono perciò essere insieme o parimente frequentativi, come mussito ec. Similmente i continuativi formati da' verbi che hanno i supini in itum (usitati o antichi), come domito, agito ec. Ma non so s'io abbia notato che dai verbi della quarta, supini in itum, si fanno i continuativi in ito (non ito), i quali perciò non si possono confondere coi frequentativi, malgrado la desinenza in ito. Come p.e. dormito as.
I know, by my own experience, that the more one works, the more willing one is to work. We are all, more or less, des animaux d'habitude. I remember very well, that when I was in business, I wrote four or five hours together every day, more willingly than I should now half an hour. Chesterfield, Letters to his son, lett.318. I have so little to do, that I am surprised how I can find time to write to you so often. Do not stare at the seeming paradox; for it is an undoubted truth, that the less one has to do, the less time one finds to do it in. One yawns, one procrastinates; one can do it when one will, and therefore one seldom does it at all; whereas those who have a great deal of business, must (to use a vulgar expression) buckle to it; and then they always [4255]find time enough to do it in. Lett.320. It is not without some difficulty that I snatch this moment of leisure from my extreme idleness, to inform you of the present lamentable and astonishing state of affairs here. Lett.321.
(12. Marzo. 1827.). V. p.4281.
Uomo ordinato e assegnato in ogni cosa. Guicciard. ed. Friburgo, t.4. p.67.
Brevetti d'invenzione non ignoti alle antiche repubbliche. V. Casaub. ad Athenae. l.12. cap.4.
'?????(???(??????????(????????(?????(?. Casaub. ad Athenae. l.12. c.7.
Androcoto e Sandrocoto (nome proprio) appresso i greci. V. Casaub. ibid.
(??(????, ??????(????, ?(???????(????? ec. per (e(, t( (?????(? ec. - urgentissimo per necessarissimo, Guicciard. ed. Friburgo, p.238. t.2. V. Crus. in urgenza, urgente ec. che noi usiamo realmente per necessità necessario ec. V. anche Forcell. in urgeo ec. se ha nulla, e i franc. e spagn. V. Toupio ad Longin. sect.43. fin.
Dei nostri sommi poeti, due sono stati sfortunatissimi, Dante e il Tasso. Di ambedue abbiamo e visitiamo i sepolcri: fuori delle patrie loro ambedue. Ma io, che ho pianto sopra quello del Tasso, non ho sentito alcun moto di tenerezza a quello di Dante: e così credo che avvenga generalmente. E nondimeno non mancava in me, nè manca negli altri, un'altissima stima, anzi ammirazione, verso Dante; maggiore forse (e ragionevolmente) che verso l'altro. Di più, le sventure di quello furono senza dubbio reali e grandi; di questo appena siamo certi che non fossero, almeno in gran parte, immaginarie: tanta è la scarsezza e l'oscurità delle notizie che abbiamo in questo particolare: tanto confuso, e pieno continuamente di contraddizioni, il modo di scriverne del medesimo Tasso. Ma noi veggiamo in Dante un uomo d'animo forte, d'animo bastante a reggere e sostenere la mala fortuna; oltracciò un uomo che contrasta e combatte con essa, colla necessità col fato. Tanto più ammirabile certo, ma tanto meno amabile e commiserabile. Nel Tasso veggiamo uno che è vinto dalla sua miseria, soccombente, atterrato, che ha ceduto all'avversità , che soffre continuamente e patisce oltre modo. Sieno ancora immaginarie [4256]e vane del tutto le sue calamità ; la infelicità sua certamente è reale. Anzi senza fallo, se ben sia meno sfortunato di Dante, egli è molto più infelice.
(Recanati. 14. Marzo. 1827.). (Si può applicare all'epopea, drammatica ec.).
È molto notabile nella considerazione comparativa delle antiche e delle moderne nazioni civili, che quelle furono tutte quante di situazione meridionali. Dell'Italia non era ben civile che la parte meridionale. Del resto dell'Europa, la Grecia sola. Dell'Asia, solo il mezzodì, sì quello civilizzato dai greci, e sì l'India, la Persia ec. Dell'Affrica non parlo, la quale è meridionale tutta. Or questo doveva necessariamente produrre, e produsse, una grandissima differenza, sì nei costumi, nei modi del vivere, negli esercizi, nelle instituzioni pubbliche e private, sì nei caratteri dei popoli civili e della civiltà antica, dai costumi, dai caratteri, dalla civiltà moderna. Perchè, secondo quella verissima osservazione già fatta da altri, che la civiltà è andata sempre, e va tuttavia progredendo dal sud al nord, ritirandosi da quello; i popoli civili moderni sono tutti settentrionali, o più settentrionali che gli antichi; o certo risedendo, come è manifesto, la maggior civiltà moderna nel settentrione (ciò si vede anche in America), il resto dei popoli più o manco civili, pigliano dai settentrionali il carattere della lor civiltà . E in somma la civiltà antica fu una civiltà meridionale, la nostra è una civiltà settentrionale. Proposizione che siccome a prima vista si riconosce per verissima moralmente, così nè più nè meno è vera letteralmente presa, e geograficamente. Differenza del resto grandissima e sostanzialissima, se non principale, e includente in se tutte le altre. L'antichità medesima e la maggior naturalezza degli antichi, è una specie di meridionalità nel tempo.
(14. Marzo. 1827. Recanati.)
Alla p.4253. Appunto, se noi diciamo un corpo che non sia nè largo nè lungo nè profondo, noi non ci pensiamo punto di avere perciò una menoma idea, nè chiara nè oscura, di tal cosa. Cambiamo la parola; diciamo uno spirito; a noi par di avere un'idea. E pur che altro abbiamo che una parola?
[4257]Formica-formicola. Crusca. Segneri, Incred. senza scusa, par.1. c.5. §.5. V. Forcell.
Caprea-capreolus ec. Caprio cavrio (Segneri, ib. c.13. §.1.) cavriuolo, capriuolo, capriatto ec.
Inviolato per inviolabile. V. Forcell. Efferatus, efferato, per fiero.
Undatus - undulatus. Ondato - ondeggiato, ondare - ondeggiare, coi derivati ec. ondazione (Segneri ib. c.16. §.2.) ondulazione, undulazione (Alberti). Ondoyer, ondoyé. Ondulation.
Osservate in qualunque letteratura, antica o moderna, quali sieno le opere più insigni e più grandi, e troverete sempre che sono quelle che furono fatte in tempo che la nazione non aveva ancora una letteratura; quelle che furono dagli autori immaginate e composte con tutt'altra mira, con tutt'altro spirito (almen principale) che il desiderio di fama letteraria (non ancora in uso, nè desiderata), o pur di altre ricompense letterarie; il desiderio di fare una bella opera di letteratura, di arte di scrivere.
(Recanati. 17. Marzo. 1827.)
Sugo is - sugare. Crus. V. Forcell.
Uomo o cosa aggiustata, aggiustatamente, aggiustatezza ec.
Falco-faucon, falcone ec. V. spagn. Forcell. ec. Mugir meugler, meuglement; o beugler, beuglement. Flocon. Violette.
Uscia, plurale.
Noi diciamo rondinella (o rondinetta) per vezzo, e in verso e in prosa: così i nostri antichi scrittori: e val quanto rondine nè più nè meno. Non è ancor positivato, cioè non ha perduto il suo sentimento vezzeggiativo: ma può esser esempio di come l'hanno perduto gli altri diminutivi di animali e di piante, a forza di usarsi così semplicemente in cambio del positivo, andato a poco a poco, bene spesso, in disuso.
(19. Marzo. Festa di S. Giuseppe. 1827.). Così pecorella ec. ec. i francesi dicono già hirondelle positivo, anticamente aronde.
Lodasi senza fine il gran magisterio della natura, l'ordine incomparabile dell'universo. Non si hanno parole sufficienti a commendarlo. Or che ha egli, perch'ei possa dirsi lodevole? Almen tanti mali, quanti beni; almen tanto di cattivo, quanto di buono; tante cose che vanno male, quante...
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