[Pagina precedente]...a eodem tempore institutum. Jones quidem quum tot aliis rebus [4393]Europae cognatae exemplum nitidioris cultus darent et humani et civilis, matureque variis artibus et commerciis florerent, vel tacente historia verisimile esset, eos huius quoque praeclarae rei utilitatem primos animadvertisse et ad eam studium et ingenium contulisse suum. Quippe illis expectandus non fuit Callistratus Samius, ut aliquid scripto consignare tentarent: iam ante hunc papyro usi sunt; immo ante Simonidem et Epicharmum fuerunt lyrici poëtae, et Ionici et Aeolici, qui illo adminiculo faciendorum carminum carere vix possent. Deniq. in ea civitate (Athen.) quae antiq. alphabetum diutissime retinuit, Olymp. 39. minor numerus litterarum suffecit Draconis legibus ponendis. Quidni idem numerus suffecerit maximis voluminibus, si modo ea tum usitata fuerunt, sive ex pellibus, sive ex papyro Aegyptia? Wolf. §.16. p. LXII-V. Certe Atticorum scriptorum non ante Persica tempora mentio fit aut signicatio cui non fidem deroget illius aevi et rei publicae facies et gravissimor. auctorum silentium. Sed non persequar quod tenere sine longis ambagibus non possum; ultro etiam concesserim, aliquanto ante Solonem Athenis hanc artem paullatim privato studio (del pubblico, in bronzo, marmo ec., non si dubita) usurpari coeptam: neque adeo dubito, quin id saeculis 8. et 7. in ceteris civitatibus, nominatim Joniae et Magnae Greciae, fecerint sollertiores quidam homines eorumq. exemplum vel secuti vel ipsi rem auspicati sint poëtae nonnulli, si non Asius, Eumelus, Arctinus, alii, sub primis Olympp. clari [4394]epicis Carminibus, at certe Archilochus, Alcman, Pisander, Arion et horum aequales: tamen si de universa Graecia et paullo tritiore usu artis institutoque conscribendorum librorum quaeris, iliud removendum non esse a Thaletis, Solonis, Pisistrati et eorum, qui Sapientes appellantur, aetate, i.e. ea qua oratio metro solvi coepit, ita significat nobis historia artium Graecarum omnium, ut infantiam suam obliti populi testimonium minime desiderandum videatur. De cultura prosae orationis ineunte saeculo ante Chr. VI. a pluribus et ipso Solone inchoata, deque causis novi incepti nihil hic habeo dicere: et quae ex veterum locis hauriri possunt, dicta sunt omnia. etc. Wolf. §.17. p. LXIX-LXXI. - De cultura prosae, cioè della prosa colta in qualche modo e letteraria. Ma di una prosa rozza e mal culta, e simile a quella de' nostri ducentisti, niente impedisce di credere ch'ella fosse scritta in libri e privatamente (poichè in monumenti pubblici non è dubbio) innanzi che si scrivessero versi: anzi la verisimiglianza mi pare che vi conduca, ed io sono di questa opinione, a differenza di ciò che sembra credere il Wolf. Però se per letteratura s'intendano libri scritti, io stimo, contro quello che si crede generalmente, che la letteratura prosaica precedesse in Grecia la poetica, cioè la scrittura della poesia.
(25. Sett. 1828.)
Il Wolf conosce e cita per averlo preceduto nell'opinione che le poesie omeriche non fossero scritte, se non dopo, oltre Giuseppe ebreo, il Wood (inglese), il Rousseau e il Mairan; per l'opinione [4395]che esse da principio non costituissero poemi epici, ma non fossero che canti separati, raccolti poi da altri e ridotti nella presente forma, conosce e cita il Casaubono, il Bentley e l'abate Hedelin d'Aubignac, il cui libro, Conjectures académiques ou Dissertation sur l'Iliade, Paris 1715. 8°. egli disprezza altamente. Ma non nomina punto mai il nostro Vico, il quale de' cinque libri de' suoi Principj di Scienza nuova, 3a ediz. Napoli 1744. ne ha uno, cioè il 3° intitolato Della discoverta del vero Omero, tutto dedicato alle quistioni Wolfiane. Nel qual libro, con minore abbondanza e sviluppamento di prove che il Wolf, ma pure con buone e forti ragioni, alcune delle quali non toccate da esso Wolf, asserisce e dimostra che Omero non lasciò scritto niuno de' suoi poemi (p.399.), poichè infin'a' tempi di esso Omero, ed alquanto dopo di lui non si era ritrovata ancora la Scrittura Volgare (p.394.); "che perciò i popoli greci cotanto contesero della di lui patria, e 'l vollero quasi tutti lor cittadino, perchè essi popoli greci furono quest'Omero (p.404.);" "che perciò varjno cotanto l'oppenioni d'intorno alla di lui età, perchè un tal'Omero veramente egli visse per le bocche e nella memoria di essi popoli greci dalla Guerra Trojana fin'a' tempi di Numa, che fanno lo spazio di quattrocentosessant'anni (p.404.)" (cioè che gli autori de' versi omerici vivessero e componessero successivamente dalla guerra troiana fino a Numa) che "la cecità, e la povertà d'Omero furono de' Rapsodi; i quali essendo ciechi, onde ogniun di loro si disse Omero ((????? in lingua [4396]ionica), prevalevano nella memoria; ed essendo poveri, ne sostentavano la vita con andar cantando i poemi d'Omero per le città della Grecia; de' quali essi eran'Autori; perch'erano parte di que' popoli, che vi avevano composte le loro Istorie;" (p.404.) "che quest'Omero sia egli stato un'Idea, ovvero un Carattere Eroico d'uomini greci, in quanto essi narravano cantando le loro storie;" (p.403.) "l'Omero Autor dell'Iliade avere di molt'età preceduto l'Omero Autore dell'Odissea;" (p.405.) "che quello fu dell'Oriente di Grecia verso Settentrione, che cantò la Guerra Trojana fatta nel suo paese: e che questo fu dell'Occidente di Grecia verso mezzodì, che canta Ulisse, ch'aveva in quella parte il suo Regno;" (p.405.) e, dicendo l'autor????(?(???? che Omero compose giovane l'Iliade e vecchio l'Odissea, che "Omero compose giovine l'Iliade, quando era giovinetta la Grecia; e 'n conseguenza ardente di sublimi passioni, come d'orgoglio, di collera, di vendetta; le quali passioni non soffrono dissimulazione ed amano generosità; onde ammirò Achille Eroe della Forza: ma vecchio compose poi l'Odissea, quando la Grecia aveva alquanto raffreddato gli animi con la riflessione: la qual'è madre dell'accortezza; onde ammirò Ulisse Eroe della Sapienza. Talchè a' tempi d'Omero giovine a' popoli della Grecia piacquero la crudezza, la villania, la ferocia, la fierezza, l'atrocità: a' tempi d'Omero vecchio già gli dilettavano i lussi d'Alcinoo, le delizie di Calipso, i piaceri di Circe, i canti delle Sirene, i passatempi de' Proci, e di, nonchè tentare, assediar'e combattere le caste Penelopi [4397]i quali costumi tutti ad un tempo sopra ci sembrarono incompossibili" (p.404-5.) Finalmente "che i Pisistratidi Tiranni d'Atene eglino divisero, e disposero, o fecero dividere, e disponere i Poemi d'Omero nell'Iliade, e nell'Odissea: onde s'intenda quanto, innanzi, dovevan'essere stati una confusa congerie di cose; quando è infinita la differenza che si può osservar degli stili dell'uno, e dell'altro Poema Omerico." (p.399.)
(26. Sett. 1828.)
Ecco l'Eroe (Achille), che Omero con l'aggiunto perpetuo d'irreprensibile canta a' Greci popoli in esempio dell'Eroica Virtù! il qual'aggiunto, acciocchè Omero faccia profitto con l'insegnar dilettando, lo che debbon far'i Poeti, non si può altrimente intendere, che per un'huomo orgoglioso, il qual'or direbbesi che non si faccia passare la mosca per innanzi alla punta del naso; e sì predica la Virtù puntigliosa; nella quale a' tempi barbari ritornati tutta la loro Morale riponevano i Duellisti: dalla quale uscirono le leggi superbe, gli ufizj altieri, e le soddisfazioni vendicative de' cavalieri erranti, che cantano i Romanzieri. Ib. lib.2. p.322-3. dopo avet descritto l'eroismo dell'Achille omerico, quanto sia lontano dalle idee nostre, ed anche antiche civili, circa il carattere eroico.
(26. Sett. 1828.)
Alla p.4392. marg. Dice per altro il Wolf p. XCVII-III. §.23: Neque enim unius Homeri, sed et Hesiodi et aliorum Carmina, omneque epicum genus, mox lyricum quoque et iambicum, complexa est ars rhapsodorum. E in nota, p. XCVIII: Vide Plat. de Legg. [4398]II. p.658. D., in Jone p.530. B. (ed. Steph.) Athen. XIV. p.620. C. Quanto ad Esiodo, ecco le sue parole. Sed Hesiodum quum dico, omne illud tempus intelligo, in quod Hesiodeorum quae nunc feruntur operum confectio incidit. Non uni enim illa tribuenda esse patet; et multo plura nomine eius ferebantur apud veteres. In (?????? loci sunt multi??(?( venerandae vetustatis signati. Theogonia autem et Scutum Herc. et maxima pars eorum, quorum brevia fragmenta supersunt, Homerum toto certe saeculo subsequuntur. Huius rei argumento est, quod in iis plures notiones novae exstant et imitationes locorum Homericorum, in primis terrarum et populorum auctior et explicatior notitia. §.12. not. p. XLII-III.
Alla p.4357. L'imitazione drammatica non può essere spontanea e veramente secondo natura, se non in quanto a un solo personaggio, o 2 al più, e solo in alcune scene, cioè in quelle che corrispondano alla situazione attuale dell'animo del poeta. Ma qui è sempre il poeta egli stesso che si dipinge, o piuttosto parla, sotto altro nome; e quella non è veramente imitazione, ma quasi un travestimento. In tutti gli altri personaggi ed altre scene, la poesia è necessariamente sofistica. Del resto, tali scene, dove il poeta esprimesse i suoi sentimenti, passioni ec. attuali sotto nome di qualche personaggio storico, se si componessero staccate, potrebbero esser buona poesia: il poeta può aver buone ragioni per nascondersi sotto nome altrui; può trovarvisi, se non altro, più a suo agio; ed è anche poetico in qualche modo quel rapporto trovato ed espresso fra la propria situazione [4399]attuale, e quella d'alcun personaggio storico ec.
(28. Sett. 1828.)
Alla p.4372. Servian Popular Poetry. Poésies populaires des Serviens, traduites en vers anglais par M. Bowring. Londr. 1827. in- 12. Ces poésies, dont il doit paroître bientôt une traduction française, sont extraites d'un recueil publié à Vienne en 1824 par Stephanovich Vuk, auteur d'une grammaire servienne. Journ. des savans, 1827. p.445. Juillet.
(29. Sett. 1828.)
La Civilisation considérée sous le rapport du feu et relativement à la supériorité de l'homme sur le reste des animaux. Paris, Baudouin frères, in 8° de 63 pages. Prix 1. fr. 50 cent. Ib. p.445. 1826. Juillet, Livres nouveaux.
(2. Ottob. 1828.)
Il reconnoît (M. Poirson, autore di un compendio di storia romana stampato a Parigi, 1825 e segg., e difensore per altro della verità della storia de' primi secoli di Roma) qu'il y a de fortes présomptions contre la vérité des aventures d'Horatius Coclès, de Mucius Scaevola et de Clélie. Ib. 1826, août, p.466.
(3. Ott. 1828.)
Les Kirkis (nazione nomade, al Nord dell'Asia centrale) ont aussi des chants historiques (non scritti) qui rappellent les hauts faits de leurs héros; mais ceux-là ne sont récités que par des chanteurs de profession, et M. de Meyendorff (barone, viaggiatore russo, autore d'un Voyage d'Orenbourg à Boukhara, fait en 1820. Paris 1826; dal quale sono estratte queste notizie) eut le regret de ne pouvoir en entendre un seul. Ib. septemb. p.518. Plusieurs d'entre eux (d'entre les Kirkis), dice M. de Meyendorff, ib., [4400]passent la nuit assis sur une pierre à regarder la lune, et à improviser des paroles assez tristes sur des airs qui ne le sont pas moins.
(3. Ottobre. 1828.)
Grammatica Daco-romana, sive Valachica, latinitate donata et in hunc ordinem redacta a J. Alexi. Vindobonae 1826. in- 8° Ib. Septemb. 1826. p.573.
Alla p.4375. Il Wesselingio nella Pref. all'Erodoto, in quella parte che riguarda la vita e gli scritti di questo, riportata dallo Schweighaeuser, con sue noterelle, appiè della propria sua pref. all'Erodoto, Argentorati 1816, t.1., dice, a pag. XXII-III. di questa edizione: Tum patriam reliquit, inque Graeciam tetendit. Huc pertinent Luciani ista (In Herodoto cap.1. p.832. [T. IV. ed. Bipont. p.116.]), difficilia quibusdam intellectu visa,????(?????(???(?? ??? Herodatus (???(?????(????(?(??(??????(?????(?????(??, videlicet, qua tandem ratione et minimo labore insignis ac celebris evaderet. Instabat per illi conmodum, Olympiorum tempus sollemne: properavit ad illud certamen, atqu...
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