ZIBALDONE, di Giacomo Leopardi - pagina 481
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Pulso as, detto di porte, strumenti ec., è ancora continuativo, al modo spiegato p.4503.
capoverso 2: pello sarebbe affatto improprio.
La facoltà di sentire è ugualmente e indifferentemente disposta a sentir piaceri e dolori.
Or le cose che producono le sensazioni del dolore, sono incomparabilmente più che quelle del piacere.
Dunque la facoltà di sentire è un male, per lo stato esistente delle cose, quando pur nol fosse per se.
E quanto essa è [4506]maggiore, nella specie o nell'individuo, tanto quella o quello è più infelice: e viceversa.
Dunque l'uomo è l'ultimo nella scala degli esseri, se i gradi si calcolano dall'infelicità ec.
ec.
Becqueter.
Picoter.
Pulta, lat.
polta, ital.
- poltiglia.
V.
Forc.
ec.
Pungere - punzecchiare, marcheg.
puncicare.
Sputacchio, sputacchiare.
Alla p.4505.
Fors'anco in co-are, e que quer franc.
(claquer ec.).
Anche in ico icare, se lungo (perchè nelle nostre pronunzia l'icul...
lat.
è lungo nell'i); massime contratto in icl...
ec., come sarebbe in questi casi se breve, è dal lat.
ico as ec.
V.
p.4509.
Parole greche possono esser venute in italiano ne' bassi tempi, pel commercio e le conquiste de' Veneziani, le Crociate, i Greci del Regno di Napoli e di Sicilia, e simili altri mezzi (esse sono, del resto, anteriori molto alla presa di Costantinopoli); ma non già le frasi, i costrutti, gl'idiotismi, vere proprietà di lingua, comuni all'italiano e al greco, da me spesso notate.
(13.
Mag.)
Una cosa, fra l'altre, che rende impossibile agli stranieri il gustar la poesia delle lingue sorelle alla loro propria, o affini (come sarebbe l'inglese alle nostre che vengono dal latino), si è che il linguaggio poetico di tali idiomi essendo, come il prosaico, composto di voci e modi che si ritrovano ancora nelle lingue sorelle, moltisime di tali voci e maniere che lo compongono, e che sono poetiche in quel tale idioma, cioè nobili, eleganti, pellegrine, e così discorrendo; nell'idioma dello straniero che legge, sono o basse, o familiari, o triviali, o prosaiche almeno, spesso ridicole e da beffe; hanno significati analoghi ma diversi; richiamano idee alienissime dalla poesia generalmente, o dal soggetto in particolare.
Ciò è soprattutto notabile fra italiani e spagnuoli (v.
la p.4422.).
(Un qualunque pezzo di poesia spagnuola potria servirmi di esempio chiarissimo).
Ed è applicabile anco alla prosa elevata, oratoria, storica e simili.
(13.
Mag.)
[4507]Alla p.4501.
Non solo della ragione, ma anche del sapere, della dottrina, della erudizione, delle cognizioni umane, si può dubitare se facciano progressi reali.
Pel moderno si dimentica e si abbandona l'antico.
Non voglio già dir l'archeologia, ma la storia civile e politica, la letteraria, la notizia degli uomini insigni, la bibliologia, la letteratura, le scoperte, le scienze stesse degli antichi.
Si apprende, si sa quel che sanno i moderni; quel che seppero gli antichi (che forse equivaleva), si trascura e s'ignora.
Nè voglio dir solo i greci o i latini, ma i nostri de' secoli precedenti, non escluso pure il 18°.
Guardate i più dotti ed eruditi moderni: eccetto alcuni pochi mostri di sapere (come qualche Tedesco) che conoscono egualmente l'antico e il moderno, la scienza degli altri enciclopedica, immensa, non si stende, per così dire, che nel presente: del passato hanno una notizia sì superficiale, che non può servire a nulla.
In vece di aumentare il nostro sapere, non facciamo che sostituire un sapere a un altro, anco in uno stesso genere (senza che poi uno studio prevale in una età a spese degli altri).
Ed è cosa naturalissima; il tempo manca: cresce lo scibile, lo spazio della vita non cresce, ed esso non ammette più che tanto di cognizioni.
Anche le scienze materiali non so quanto progrediscano, a ben considerare la cosa.
Bastando appena il tempo a conoscere le innumerabili osservazioni che si fanno da' contemporanei, quanto si può profittare di quelle d'un tempo addietro? I materiali non crescono, si cambiano.
E quante cose si scuoprono giornalmente, che i nostri antenati avevano già scoperte! non vi si pensava più.
Ripeto che non parlo solo degli antichissimi; anco de' recenti.
Un'occhiata a' Dizionarii biografici, agli scritti, alle osservazioni, alle scoperte, alle istituzioni di uomini ignoti o [4508]appena noti, e pur vissuti pochi lustri o poche diecine d'anni sono: si avrà il comento e la prova di queste mie considerazioni Gli uomini imparano ogni giorno, ma il genere umano dimentica, e non so se altrettanto.
(13.
Mag.)
Ciondoli, ciondolare ec., dondolare, cinguettare, linguettare, bredouiller, barbouiller, barboter, imbrodolare ec.
Trebbiare (tribulare.
V.
Forc.
Gloss.
ec.) - ??(????.
Un mio fratellino, quando la Mamma ricusava di fare a suo modo, diceva: ah, capito, capito; cattiva Mamà.
Gli uomini discorrono e giudicano degli altri nella stessa guisa, ma non esprimono il loro discorso così nettamente ((??(().
(14.
Mag.)
Quanto può l'autorità (come in ogni altra passione, p.e.
la tristezza, la speranza, il timore, così) nel piacere! Dico ne' piaceri realistici ec.
In galanteria: donne amate da qualcun altro, famose per bellezza, spirito ec., quantunque a voi d'altronde non piacerebbero.
In letteratura: se leggete un libro che il pubblico vi dica esser bello, classico ec., ci provate incomparabilmente maggior piacere, che se da voi stesso dovete avvedervi de' suoi pregi.
Il piacer dell'inaspettato, che si può provare in questo secondo caso, non ha nulla di comparabile a quello che nel primo caso ci deriva dall'autorità degli altri.
Nè trattasi qui di rimembranze, lontananza, antichità venerabile, voto di secoli ec.; anche un libro nuovo, uscito pur ora ec.
Il credito poi dell'autore, benchè vivente, quanto importa al piacere! È classico il detto di La Bruyere: è molto più facile il far passare un libro mediocre al favor di una riputazione già fatta, che acquistarsi una riputazione con un libro eccellente.
Ed io ardisco dire che piace veramente più a leggere un libro mediocre (nuovo o antico) d'autor famoso, che un libro eccellente di scrittore non rinomato.
(14.
Mag.)
[4509]Barbio, barbo (Alberti) - barbeau.
Tâtonner, ec., bourdonner.
Brontolare ec., ?????? ec.
- brontolare.
Alla p.4506.
Nutricare però è da nutrico.
Mendicare da mendico as ec.
Del resto, anche le forme in chio chiare, co care, cio-zo-are, precedute da consonante (mischiare, bufonchiare, ballonchio anche questi, e simili, dal lat.
uncul...
ec.
ec.).
E così dicasi delle altre sunnotate forme italiane, ed anche francesi e spagnuole, ed anche latine: non solamente precedendo vocale.
La forma in onzo, di cui sopra, è veramente in onzo (onzare ec.), e non solamente in onzolo (v.
la Crusca in Romitonzolo), ed è corrotta da quella in oncio, e però, come questa, racchiude tutta intera la forma lat.
in unculus.
(Vedi la pag.4496.
capoverso 8.
e la p.4443.) Rapulum (cioè piccola rapa, parvum rapum) - raperonzo, raperonzolo - raiponce.
V.
spagn.
ec.
Raponzolo o ramponzolo; volg.
marcheg.
e Fr.
Sacchetti nella Caccia.
- E la forma franc.
in ce cer, je jer, ye yer (côtoyer, guerroyer antico, ec.), in ie ier ec.
ge, ger (bagage-bagaglio), precedendo consonante o vocale.
Raiponce.
V.
qui sopra.
(15.
Maggio.).
Sucer (succiare), della 1a coniug., mentre sugo is è della 3a.
E in bro, brare, e simili, cangiata la l lat.
in r.
Sembrare da simulare o similare.
Assembrare (assembler) assimulare, da simul.
Così anche in ispagnuolo ec.
- E in a-u-io-iare.
(16.
Mag.).
V.
p.4511.
Odio verso i nostri simili.
È proprio ancora, ed essenziale a tutti gli animali.
Non si può tenerne due d'una stessa specie (se non sono di sesso diverso) in una medesima gabbia ec., che non si azzuffino continuamente insieme, e che il più forte non ammazzi l'altro, o non lo strazi.
Uccelli, grilli ec.
E v.
il detto altrove, degli animali che si specchiano.
(15.
Mag.)
Ballonzare ballonzolare (Alberti.).
Buffoneggiare.
Bucacchiare.
Bucherare.
Fo-sfo-racchiare.
Lampeggiare.
Torreggiare.
Criailler.
Rimailler.
Rioter.
Aguzzo - auzzo ec., sciaura, reina, reine franc.
ec.
magister-maestro ec.
Manco-mancino, diminut.
aggett.
Pisello.
Fagiuolo.
V.
lat.
franc.
spagn.
Asio, lat.
- assiuolo.
[4510]Quel che si dice degli stupendi ordini dell'universo, e come tutto è mirabilmente congegnato per conservarsi ec., è come quel che si dice che i semi non si depongono, gli animali non nascono, se non in luogo dove si trovi il nutrimento che lor conviene, in luogo che loro convenga per vivere.
Milioni di semi (animali o vegetabili) si posano, milioni di piante o d'animali nascono in luoghi dove non hanno di che nutrirsi, non posson vivere.
Ma questi periscono ignorati; gli altri, e non so se sieno i più, giungono a perfezione, sussistono, e vengono a cognizione nostra.
Sicchè quel che vi è di vero si è, che i soli animali ec.
che si conservino, si maturino, e che noi conosciamo, sono quelli che capitano in luoghi dove possan vivere ec.
Ovvero, che gli animali che non capitano, ec.
non vivono ec.
Questo è il vero, ma questo non vale la pena di esser detto.
Or così discorrete del sistema della natura, del mondo ec.
ap.
a poco secondo le idee di Stratone da Lampsaco.
(16.
Mag.)
Trève-tregua.
Continuato, continuatamente ec.
per continuo ec.
V.
franc.
spagn.
lat.
ec.
Homme, ne cherche plus l'auteur du mal; cet auteur c'est toi-même.
Il n'existe point d'autre mal que celui que tu fais ou que tu souffres, et l'un et l'autre te vient de toi.
Le mal général ne peut être que dans le désordre, et je vois dans le système du monde un ordre qui ne se dément point.
Le mal particulier n'est que dans le sentiment de l'être qui souffre; et ce sentiment, l'homme ne l'a pas reçu de la Nature, il se l'est donné.
La douleur a peu de prise sur quiconque, ayant peu réfléchi, n'a ni souvenir ni prévoyance.
Ôtez nos funestes progrès, ôtez nos [4511]erreurs et nos vices, ôtez l'ouvrage de l'homme, et tout est bien.
Rousseau, pensées, II.
200.
- Anzi appunto l'ordine che è nel mondo, e il veder che il male è nell'ordine, che esso ordine non potrebbe star senza il male, rende l'esistenza di questo inconcepibile.
Animali destinati per nutrimento d'altre specie.
Invidia ed odio ingenito de' viventi verso i loro simili: v.
la p.4509.
capoverso 4.
Altri mali anche più gravi ed essenziali da me notati altrove nel sistema della natura ec.
Noi concepiamo più facilmente de' mali accidentali, che regolari e ordinarii.
Se nel mondo vi fossero disordini, i mali sarebbero straordinarii, accidentali; noi diremmo: l'opera della natura è imperfetta, come son quelle dell'uomo; non diremmo: è cattiva.
L'autrice del mondo ci apparirebbe una ragione e una potenza limitata: niente maraviglia; poichè il mondo stesso (dal qual solo, che è l'effetto, noi argomentiamo l'esistenza della causa) è limitato in ogni senso.
Ma che epiteto dare a quella ragione e potenza che include il male nell'ordine, che fonda l'ordine nel male? Il disordine varrebbe assai meglio: esso è vario, mutabile; se oggi v'è del male, domani vi potrà esser del bene, esser tutto bene.
Ma che sperare quando il male è ordinario? dico, in un ordine ove il male è essenziale?
(17.
Mag.)
Amaricare, ital.
V.
Forc.
Amareggiare.
Armeggiare.
Pareggiare.
Corteggiare.
Cumbo is, conservato ne' suoi composti - cubo as, coi composti ec.
Posticipare.
Alla p.4509.
fin.
Alla forma in olo, olare ec.
aggiungi in giolo, ggiolo, ccolo, colo, e specialmente in ucolo (carrucola ec.).
Anche occo ec.
di cui sopra, è per lo più dal lat.
ucul...
(anitrocco, anitroccolo, bernoccolo, bernoccoluto ec.) siccome occhio (ranocchio, ginocchio ec.).
V.
p.4513.
In franc.
cle, cler, gle, gler ec.
E in ispagnuolo ec.
- Aggiungi pure in giuolo, ggiuolo, zuolo ec.
- La forma in ezzo [4512]ezzare può essere non solo da ecci..., ma da eggi...
Careggiare carezzare.
V.
Crus.
in amarezzare, marezzare ec.
E così l'altre in zo ec.
Libycus - libyculus - libeccio (Lebesche franc.); corticula - corteccia, scortecciare ec.; cangiato l'i lat.
in e al solito, e come in tante altre diminuzioni (orecchia, pecchia ec., oveja ec.
abeille ec.
ec.), frequentazioni ec., nominatamente quella in ecchi...
(e le corrispondenti franc.
e spagn.) sì abbondante.
Così, e secondo il detto a p.4500.
princ., la nostra forma frequentativa ec., sì usitata, in eggio eggiare sarebbe pur dalla forma latina.
- In tutte tali forme, se esse comprendono intera la forma latina, il lo lare, se vi si trova, è una giunta toscana.
- Del resto, per forme ed esempi ec.
v.
l'indice di questi pensieri in Frequentativi, Diminutivi ec.
(17.
Magg.)
In una lingua assai ricca, non solo è povera, o limitata, quella di ciascuno scrittore, come dico altrove, ma anche quella del popolo, e generalmente la parlata.
P.e.
l'italiano parlato, ancora in Toscana, non è punto più ricco del francese, nominatamente in fatto di sinonimi ec.
(18.
Mag.)
A rivederla: solito saluto de' Toscani, anche passando, senza punto fermarvi, o da lungi.
Assurdità di queste nostre adulazioni dette complimenti.
(18.
Maggio.)
Troppe cure assidue insistenti, troppe dimostrazioni di sollecitudine, di premura, di affetto, (come sogliono essere quelle di donne), noiosissime e odiose a chi n'è l'oggetto, anche venendo da persone amorosissime.
?(???(???????????(??????(??(???I???(?????(???(????.
- Galateo morale.
(18.
Mag.)
Pullus - pollone; rejet - rejeton; surgeon (surculus).
Poulet.
Poitrine.
Vagolare, svagolare (v.
Alberti).
Guerreggiare, gareggiare, serpeggiare, tratteggiare (v.
Alberti), pennelleggiare, parteggiare, costeggiare, pompeggiare, pavoneggiare, patteggiare, osteggiare, campeggiare, aspreggiare, mareggiare.
Recondito.
Uomo onorato, disonorato; azione disonorata ec.
Verbi in to da nomi femin.
in tas.
Nobilitas - nobilito.
Debilito, mobilito.
Morve - morveau.
Spia - espion, spione (la Crus.
lo crede accrescitivo: male: e [4513]così d'altri tali, ec.
ec.)
Misceo - mixtum - mestare, coi composti ec.
Aggiungasi al detto altrove di meschiare ec.
Canto as, nel Forc., potrà somministrare esempi di uso continuativo.
Il detto intorno ai verbali in bilis, dicasi ancora circa quelli in ivus (nativus ec.), e gli altri tali.
Alla p.4511.
marg.
- e in occio: figlioccio (filiuculus, non filiolus), moccio (muculus), bamboccio, femminoccia, fantoccio, santoccio, casoccia, ec.
- Filleul (filiolus, in altro senso.).
Certe idee, certe immagini di cose supremamente vaghe, fantastiche, chimeriche, impossibili, ci dilettano sommamente, o nella poesia o nel nostro proprio immaginare, perchè ci richiamano le rimembranze più remote, quelle della nostra fanciullezza, nella quale siffatte idee ed immagini e credenze ci erano familiari e ordinarie.
E i poeti che più hanno di tali concetti (supremamente poetici) ci sono più cari.
V.
p.4515.
(21.
Mag.)
Alla p.4428.
Chi pratica poco cogli uomini, difficilmente è misantropo.
I veri misantropi non si trovano nella solitudine, si trovano nel mondo.
Lodan quella, sì bene; ma vivono in questo.
E se un che sia tale si ritira dal mondo, perde la misantropia nella solitudine.
(21.
Mag.)
Alla p.4504.
Furunculus, carbunculus (carbonchio, carbunco, carboncolo, carbuncolo, carbunculo: in una sola terminazione d'una sola voce, quanta varietà di pronunzie! escarboucle) ec.: per lo più da voci che abbiano la n, nel nominativo o nel genitivo, se sono nomi.
(21.
Mag.).
- Del [4514]resto, la contrazione di cul...
in cl..., deve estendersi a tutte l'altre desinenze in ul..., specialmente in gul...
ec.
Dico, quanto alla corruzione subìta da tali desinenze nelle forme volgari.
(22.
Maggio.
1829.
Recanati.).
- Vannozzo, Vannoccio.
Cerviatto, o cerbiatto.
- Le voci in cul..., specialmente precedendo consonante, sono contratte da icul..., come tuberculum da tubericulum, laterculus da latericulus, onde lo spagn.
ladrillo; mangiata la i come in tanti altri casi.
- Che la desinenza acul...
particolarmente, nel latino basso, o volgare ec., avesse forza disprezzativa, come accio acciare, as asse asser franc., azo azar spagn., rilevasi non solo dal consenso di queste 3 lingue figlie circa cotal forma e significato, ma anche dai nostri collettivi disprezzativi in aglia (marmaglia, plebaglia, canaglia, ciurmaglia, giovanaglia ec.), e così, mi pare, spagnuoli; e dalle voci francesi pur disprezzative in ail aille ailler (canaille, rimailler, rimailleur ec.).
Non a caso queste 2 forme in aglio ed accio (e lor corrispondenti), che d'altronde nei nostri idiomi considerati da se non hanno niente di comune, si abbattono ad essere ugualmente disprezzative: esse derivano da una stessa forma latina la loro origine grammaticale: è naturale che da questo principio comune derivino anche la loro significazione disprezzativa.
(23.
Mag.).
- Vittuaglia ec.
Foraggio-are, fourrage-er: v.
spagn.
Bitorzo (bitorcio, quasi bitorculus), bitorzolo ec.
Santocchieria.
Foeniculum - (foenuculum) - finocchio - fenouil.
- La desinenza in gn...
ñ ec.
è per lo più da neus ec.; p.e.
castanea-castagna.
- Aveugle, aveugler - aboculus.
Muraglia.
Pagliuca (Alberti).
Molliccio, molliccico.
v.
p.4515.
Minuto, participio aggettivato, coi derivati ec.
V.
lat.
franc.
spagn.
Soperchio soperchiare, superculus superculare: dello stesso genere che parecchio apparecchiare, pariculus appariculare, di cui altrove; dove la desinenza in cul...
è semplice desinenza e non diminuzione.
Puoi vedere la p.4443.
ec.
Ruina-rovina ec.
[4515]Alla p.4513.
Similmente molte immagini, letture ec.
ci fanno un'impressione ed un piacer sommo, non per se, ma perchè ci rinnuovano impressioni e piaceri fattici da quelle stesse o da analoghe immagini e letture in altri tempi, e massimamente nella fanciullezza o nella prima gioventù.
Questa cosa è frequentissima: ardisco dire che quasi tutte le impressioni poetiche che noi proviamo ora, sono di questo genere, benchè noi non ce ne accorgiamo, perchè non vi riflettiamo, e le prendiamo per impressioni primitive, dirette e non riflesse.
Quindi ancora è manifesto che una poesia ec.
dee parere ad un tale assai più bella che un'altra, indipendentemente dal merito intrinseco.
ec.
ec.
Zoppicare.
Medeor - medico as.
Alla p.4493.
Com'è notato, una gran parte del piacere che i sentimenti poetici ci danno e ci lasciano, consiste in ciò, ch'essi c'ingrandiscono il concetto, e ci lasciano più soddisfatti, di noi medesimi.
Appunto come i sentimenti, come le azioni, nobili, magnanime, pietose; come i sacrifizi ec.
(e come la conversazione di chi ha la vera arte di esser amabile).
E appunto come questi non cadono se non in chi sia felice, contento di se, in chi si stimi ec., così nè più nè meno i sentimenti poetici.
(24.
Mag.)
Alla p.4514.
Lucigno-lo.
- In uomicci-uolo, omici-atto, omici-attolo, e simili, la solita moltiplicazione della forma latina in ulus.
- Coraggio, per cuore (corazon, coraje, courage): v.
Crus., quasi coraculum.
Incorare-incoraggiare.
Visage, envisager, ombrage, ombrager, language, usage, ouvrage ec.
ec.
Questa forma in age ager, è tutta francese, provenzale ec.
Di là la nostra, sì abbondante anch'essa, in aggio, aggia, aggiare; e grandissima parte almeno delle voci che hanno questa desinenza (viaggio-are ec.
Piaggia non è, come dico altrove, [4516]da plagula, ma da plage; e così spiaggia.) Però in ispagnolo tali nomi finiscono per lo più in e (viaje, mensaje ec.
ec.).
- V.
ancora il pensiero seg.
- V.
p.4518.4521.
Alla p.4444.
Vedi nella p.4473.
capoverso penult.
e suoi annessi, l'immenso e svariatissimo uso fatto nel latino volgare o de' bassi tempi, di questa medesima forma in icul...
cul...
ul...
or con forza diminutiva frequentativa ec., or positivata, or come semplice desinenza.
(25.
Mag.).
V.
qui al fine della p.
uso manifesto per le quasi infinite forme che ne derivarono nei nostri volgari.
Dal che si vede che l'uso antichissimo di quella forma, non cessò mai, nè fu men frequente negli ultimi tempi del latino che nei primitivi.
Il detto altrove dell'incontrastabilmente maggior numero di suoni nelle lingue settentrionali che nelle nostre, causa, in parte della lor mala ortografia, per la scarsezza dell'alfabeto latino da loro adottato; è applicabile ai dialetti dell'Italia superiore, perciò difficilissimo ancora a bene scriversi.
Mezzofanti diceva che al bolognese bisognerebbe un alfabeto di 40 o 50 o più segni.
Non è questa la sola conformità che hanno que' dialetti colle lingue settentrionali.
Del resto, i dialetti generalmente sono più ricchi che l'alfabeto comune.
Il toscano parlato ha anch'esso un po' più suoni che le lettere, ma pochi più.
Il marchigiano e il romano quasi nessuno: esse sono veramente (in ciò come in mille altre cose) l'italiano comune e scritto, o il volgare più simile a questo, che sia possibile.
(25.
Mag.)
Gracchiare (da gra gra: v.
Forc.
in graculus), scorbacchiare, scornacchiare, spennacchiare.
Gorgheggiare.
Al capoverso 1.
Anche qui i toscani abbondano più che gli altri, e spesso dove questi usano il positivo (nome o verbo), essi il diminutivo [4517]o frequentativo ec., benchè senza differenza di senso.
Noi amiamo p.e.
spennare, i toscani spennacchiare ec.
ec.
(26.
Mag.)
La natura non ci ha solamente dato il desiderio della felicità, ma il bisogno; vero bisogno, come quel di cibarsi.
Perchè chi non possiede la felicità, è infelice, come chi non ha di che cibarsi, patisce di fame.
Or questo bisogno ella ci ha dato senza la possibilità di soddisfarlo, senza nemmeno aver posto la felicità nel mondo.
Gli animali non han più di noi, se non il patir meno; così i selvaggi: ma la felicità nessuno.
(27.
Mag.)
Bollito per bollente.
Patito.
Indigesto per non digeribile, e per che non ha digerito.
Umanità degli antichi ec.
Vecchi.
Cosa lacrimevole, infame, pur naturalissimo, il disprezzo de' vecchi, anche nella società più polita.
Un vecchio (oggi, in Italia, almeno) in una compagnia, è lo spasso, il soggetto de' motteggi di tutta la brigata.
Nè solo disprezzo: trascuranza, non assisterli, non prestar loro quegli uffizi, quegli aiuti, il cui commercio è il fine e la causa della società umana, de' quali i vecchi hanno tanto più necessità che gli altri.
I giovani sono serviti, i vecchi conviene che si servan da se.
In una medesima stanza, se ad una giovane cadrà di mano il fuso, il ventaglio, sarà pronto chi lo raccolga per lei; se ad una vecchia, a cui il levarsi in piedi, l'incurvarsi, sarà penoso veramente, la vecchia dovrà raccorselo essa.
E così ancora in casi di malattie ec.
ec.
Spesso i vecchi, anco in uguaglianza di condizione, hanno ad [4518]aiutare e servire i giovani.
E parlo d'aiuti e di servigi corporali.
Ci scandalizziamo di quei Barbari che si fanno servir dalle donne: ma il fatto nostro è lo stesso, se non peggiore.
E viene dallo stesso spietato e brutale, ma naturale principio, che il forte sia servito, il debole serva.
(27.
Mag.)
Alla p.4516.
La forma aiuolo e aiólo in legnaiuolo, erbaiuolo, vignaiuolo, stufaiuolo o stufaiolo, fruttaiuolo o fruttaiolo, calzaiuolo, pesciaiuolo, armaiuolo e simili, è altresì originariamente diminutiva da ariolus (lignariolus ec.).
Così in aruolo, arólo (che è di noi marchegiani), eruolo: pizzicaruolo, pizzicarolo, (Alberti), pizzicheruolo.
- Inguina - (inguinacula plural.).
anguinaglia, anguinaia.
V.
franc.
spagn.
Ventraia.
Tombereau.
Doucereux.
Fiocco - flocon.
Manuale di filosofia pratica.
Memorie della mia vita.
Come i piaceri non dilettano se non hanno un fine fuori di essi, secondo dico altrove, così neanche la vita, per piena che sia di piaceri, se non ha un fine in totale ec.
Bisogna proporre un fine alla propria vita per viver felice.
O gloria letteraria, o fortune, o dignità, una carriera in somma.
Io non ho potuto mai concepire che cosa possano godere, come possano viver quegli scioperati e spensierati che (anche maturi o vecchi) passano di godimento in godimento, di trastullo in trastullo, senza aversi mai posto uno scopo a cui mirare abitualmente, senza aver mai detto, fissato, tra se medesimi: a che mi servirà la mia vita? Non ho saputo immaginare che vita sia quella che costoro menano, che morte quella che aspettano.
Del resto, tali fini vaglion poco in se, ma molto vagliono i mezzi, le occupazioni, la speranza, l'immaginarseli come gran beni a forza di assuefazione, di pensare ad essi e di procurarli.
L'uomo può ed ha bisogno di fabbricarsi esso stesso de' beni in tal modo.
(31.
Mag.)
[4519]Sfilare - sfilacciare - sfilaccicare (v.
Crus.
in Spicciare): filaccica (plural.).
Anche i verbi lat.
in urio si formano da' supini.
Alla p.4449.
Per altro, la conformità di costumi, governo, religione, riti, lingua ec.
fra troiani e greci, che apparisce nelle poesie omeriche, nelle tradizioni ec.
(e che par favorire la congettura del Niebuhr, la quale ha però altri fondamenti), può essa ancora essere ingannevole, e non significare che la poca arte e istruzione di que' vecchi poeti, come dico altrove.
Simili a quei pittori o artefici de' tempi bassi, e ad alcuni anche de' buoni secoli, che rappresentavano personaggi antichi e stranieri vestiti all'uso moderno e nazionale.
Fra' moderni, il Pontedera (Julii Pontederae Antiquitatum lat.
graecarumque enarrationes atq.
emendatt.
praecipue ad veteris anni rationem attinentes; Patav.
1740.; praefat.
libro che mi pare non conosciuto dal Niebuhr), fondandosi parte in detta conformità, parte in altri argomenti, congetturò Trojanos Graecorum quondam fuisse coloniam.
(2.
Giugno.)
Pésolo, pesolone.
(pensulus per penzolo, pendulo ec.).
Sentito per sensibile, vivo; o per sensato.
V.
Crus.
Lego is - lego as, coi composti.
Spigolare, ruzzolare.
Mugolare, mugghiare.
Alla p.4430.
Di tal genere è anco una grandissima parte degli errori e sgrammaticature (sien d'uso generale o individuale) del parlar plebeo, rustico, de' dialetti ec.
Monofagia.
Convivium, ????(????, coena (se è vera l'etimologia da ????(), tutti nomi significativi di comunanza.
ec.
Alla p.4504.
marg.
Anche il nemico, l'offensore, ridotto all'inferiorità all'impotenza, è, non pur compassionevole, ma amabile, allo stesso offeso.
[4520]Par che la natura abbia dato alla debolezza l'amabilità come una sorta di difesa e d'aiuto.
(17.Giugno.)
Beatus, participio aggettivato.
Trambasciato, trangosciato ec.
Trasognato.
Moderato ec., smoderato, immoderato ec.
Invisus per odioso.
(???( ozio chiamavano gli antichi i luoghi, i tempi ec.
degli studi, e gli studi medesimi (onde ancora diciamo, senza intendere all'origine, scuola, e scolare per istudente, e gl'inglesi scholar per letterato, che dall'etimologia sonerebbe ozioso) che per gran parte di noi sono il solo o il maggior negozio.
(7.
Luglio.)
Succhio (succulus) per succo.
?(??, dius-divus.
Ieiunus 1.
participio contratto, a quanto pare, da ieiunatus (così fors'anche festinus); 2.
in senso di qui ieiunavit o ieiunat.
Delirus.
Mordeo, morsum - morsicare, (corrottamente mozzicare, smozzicare), morsecchiare.
Simus costantemente per sumus.
Augusto ap.
Sveton.
in Aug.
c.87.; Messala, Bruto ed Agrippa ap.
Mario Vittorino de Orthographia p.2456.
Manibiae per manubiae pur costantemente nelle iscrizioni Ancirane composte pur da Augusto.
Contibernali in un antico monumento ap.
Achille Stazio ad Sveton.
de Cl.
Rhetoribus.
Bubulcitare.
Alla p.4491.
In un luogo piccolo vi sono partiti, amicizia non v'è.
Vale a dire, che delle persone, per trovarsi ciò convenire ai loro interessi, saranno unite e collegate insieme per certo tempo (per lo più contro altre); ma non mai amiche.
Amicizia non può essere che in città grandi, o pur fra persone lontane.
(8.
Luglio.).
V.
p.4523.
[4521].
Alla p.4512.
La forma in accio acciare, azzo azzare, e le corrispondenti francesi e spagnuole (e così in eccio, iccio ec.), vengono veramente, almeno per lo più, dalla latina in aceus, iceus ec.
Gallinaceus, gallinaccio.
Che fosse proprio del volgare latino il dar questa desinenza ai positivi, nomi o verbi, e ciò senz'alterazione di significato, e che da ciò venga il tanto uso della forma in accio ec.
nelle lingue figlie, massime dove essa non altera la significazione (come in minae minacce, minari minacciare), può congetturarsi, fra l'altro, dal riferito da Svetonio (Aug.
c.87.) che Augusto soleva scrivere pulleiaceus in vece del positivo pullus.
Augusto nelle singolarità delle sue voci ed ortografia riferite da Svetonio (ib.
et c.88.), si accostava al dir volgare: il suo baceolus è il nostro baggeo.
Quest'osservazione dunque serva particolarmente pel Tratt.
del Volg.
lat.
- La forma in ezzare, onde (e non viceversa) eggiare, e le corrispondenti francesi e spagnuole, sono dalla greca frequentativa in (????, e dalla lat.
issare, che di là viene.
Il betissare di Augusto ap.
Sveton.
(87.), da noi si direbbe bietoleggiare.
Cambiato, al solito l'i in e.
(9.
Luglio.)
- Se però ezzare è per ecciare, allora apparterrà al detto qui sopra.
E viceversa se azzo, izzo ec.
è per aggio ec., allora non cadrà sotto il qui sopra detto.
(10.
Luglio.)
- Incumulare - encumbrar - ingomberare.
Molti avverbi e preposizioni delle lingue nostre sono fatte coll'aggiunta di un de affatto pleonastico alle corrispondenti latine.
De retro: diretro, dirietro, dreto, dietro (il volgo marchegiano appunto latinamente: de retro); e poi, [4522]raddoppiato ancora il di, di dietro; derrière, detras.
De ubi: dove.
De unde: donde.
De ante: delante, dianzi, dinanzi, davanti, devant.
De post: di poi, dopo, da poi, depuis, despues.
De mane: dimani ec.
demain.
(11.
Lugl.)
Così di sopra, di sotto, da presso, da lungi, da vicino, da o di lontano.
Quest'uso par fosse proprio del volgar latino 1° perchè comune a tutte 3 le lingue figlie, 2° perchè si trova già in parte nel latino scritto.
Desuper, desubito, derepente; dove il de ridonda: dehinc, deinde; dove il de (come in donde) è ripetuto; perchè già il semplice hinc vale de hic, inde è de in (dein).
Iuvi per iuvavi, ad-iutum ec.
per ad-iuvatum.
La prosa in verità, parlando assolutamente, precedette da per tutto il verso, come è naturale; ma il verso conservato precedette quasi da per tutto la prosa conservata.
(11.
Luglio.)
L'uso degli antichi filosofi greci, di abbracciar col circolo dei loro Trattati tutte le parti dello scibile (uso notato da me altrove), onde esso circolo veniva ad essere un'enciclopedia, fu seguito anche, ne' bassi tempi, da' latini: dico da quelli che scrissero, o in più opere separate o in una sola, de 4r o de 7m disciplinis (come Boezio, Cassiodoro, Marziano Capella, Beda, Alcuino) ec.; piccole enciclopedie, dove però si copiavano per lo più tra loro.
E dico tra loro: i più antichi o non conoscevano, o non avevano, o non leggevano, o non potevano intendere.
(11.
Lugl.)
[4523]Alla p.4520.
fin.
Chi non è mai uscito da luoghi piccoli, come ha per chimere i grandi vizi, così le vere e solide virtù sociali.
E nel particolare dell'amicizia, la crede uno di quei nomi e non cose, di quelle idee proprie della poesia o della storia, che nella vita reale e giornaliera non s'incontrano mai (e certo egli non si aspetta d'incontrarne mai nella sua).
E s'inganna.
Non dico Piladi e Piritoi, ma amicizia sincera e cordiale si trova effettivamente nel mondo, e non è rara.
Del resto, i servigi che si possono attendere dagli amici, sono, o di parole (che spesso ti sono utilissime), o di fatti qualche volta; ma di roba non mai, e l'uomo avvertito e prudente non ne dee richiedere di sì fatti (di tal fatta).
(21.
Luglio.)
Insatiatus per insatiabilis.
Citus, particip.
aggettivato.
Naevus-neo.
Frigus - frio (spagn.).
Ragunare - raunare.
Nego - nier.
Raggi - rai.
Il vescovo Ulfila, se non fu il primo introduttore dell'alfabeto presso la sua nazione (i Goti), gli diede almeno quella forma che noi conosciamo.
Castiglioni ap.
la B.
Ital.
Maggio 1829.
t.54 p.201.
Non solo noi diveniamo insensibili alla lode, e non mai al biasimo, come dico altrove, ma in qualunque tempo, le lodi di mille persone stimabilissime, non ci consolano, non fanno contrappeso al dolore che ci dà il biasimo, un motteggio, un disprezzo di persona disprezzatisima, di un facchino.
(29.
Lug.)
In un trattenimento, chi si vuol divertire, propongasi di passare il tempo.
Chi vi cerca e vi aspetta il divertimento, non vi trova che noia, e passa quel tempo assai male.
(29.
Lug.)
[4524]Est Dicaearchi liber de interitu hominum, Peripatetici magni et copiosi, qui collectis ceteris causis, eluvionis, pestilentiae, vastitatis, beluarum etiam repentinae multitudinis, quarum impetu docet quaedam hominum genera esse consumta; deinde comparat quanto plures deleti sint homines hominum impetu, id est bellis aut seditionihus, quam omni reliqua calamitate.
Cic.
de Off.
II.
5.
(16.).
(5.
Sett.
1829.)
Luccicare.
Albico as.
Rue - ruga (ital.
antico).
Despicere - despicari: e simili.
Burrone, burrato, borro, botro - ?(????.
(12.
Aprile.
1830.
Lunedì di Pasqua.)
È curioso a vedere, che gli uomini di molto merito hanno sempre le maniere semplici, e che sempre le maniere semplici sono prese per indizio di poco merito.
(Firenze 31.
Maggio 1831.)
Eccellente umanità degli antichi.
Quid enim est aliud, erranti viam non monstrare, quod Athenis exsecrationibus publicis sancitum est, si hoc non est? etc.
Cic.
de off.
l.3.
alquanto innnanzi il mezzo.
(Roma 14.
Dic.
1831.)
??(???? l'ubbriaco, appellativo di un Sileno in un vaso antico.
Muséum étrusque du prince de Canino, n.1005.
(Roma 14.
Dic.
1831.)
(?????(???(????(??(?? (vada, cioè eveniat) (?????(???(??(???.
Plat.
Apolog.
Socr.
haud procul ab init.
ed.
Ast.
opp.
t.8.
p.102.
(in marg.
19.
A.) nel Critone (init.
p.164.
in marg.
43.
D.) dice pur Socrate: ?(???(??????(?????(????(???, ??(????(???.
??(?????(????(????(????(?(???? (tutto il contrario).
ib.
138.
(34.
A.) e così altrove nella medesima Apologia.
?(??(????(????(??????(?(??????(????(????????????(????(? ec.
[4525](in vece di ?(????????(), ib.
144.
(36.
D.) - nessuna cosa più...
quanto ec.
idiotismo nostro, usato anche da' buoni e antichi.
(?????(???????(??(?(???(??(???(???(????(????.
ib.
148.
(38.
C.) avrete nome di avere ucciso Socrate.
(Roma 6.
Gennaio 1832.)
Uomini originali men rari che non si crede.
Gli uomini verso la vita sono come i mariti in Italia verso le mogli: bisognosi di crederle fedeli benchè sappiano il contrario.
Così chi dee vivere in un paese, ha bisogno di crederlo bello e buono; così gli uomini di credere la vita una bella cosa.
Ridicoli agli occhi miei, come un marito becco, e tenero della sua moglie.
(Firenze 23.
Maggio.
1832.)
Cosa rarissima nella società, un uomo veramente sopportabile.
Due verità che gli uomini generalmente non crederanno mai: l'una di non saper nulla, l'altra di non esser nulla.
Aggiungi la terza, che ha molta dipendenza dalla seconda: di non aver nulla a sperare dopo la morte.
Grande studio (ambizione) degli uomini mentre sono immaturi, è di parere uomini fatti, e quando sono uomini fatti, di parere immaturi.
(16.
Settem.
1832.)
La cosa più inaspettata che accada a chi entra nella vita sociale, e spessisimo a chi v'è invecchiato, è di trovare il mondo quale gli è stato descritto, e quale egli lo conosce già e lo crede in teoria.
L'uomo resta attonito di vedere verificata nel caso proprio la regola [4526]generale.
(Firenze.
4.
Dic.
1832.)
FINE
1 Vedi a questo proposito la pag.
3441.
2 Non ha niente, e però questo significato è nuovo e da aggiungersi ai vocabolari latini, cioè rodere per pruire.
(non è neutro però giacchè n'abbiamo veduto il passivo) quantunque si potrebbe disputare pro e contra.
Nota ancora che rodere per erodere è bensì raro, appo Celso, pur si trova l.
7.
c.
2.
verso il fine.
Nel lib.
7.
c.
23 c'è il vocabolo rosio che non ha significato chiaro e si può spiegare in un modo e nell'altro, sebbene appena si può prendere anzi non si può per l'azione del corrodere, ma per il senso di ciò, vale a dire di un prurito veemente: fereque a die tertio spumans bilis alvo cum rosione redditur.
E questo mi pare anzi il significato suo certo in questo luogo, come apparisce dal contesto dove nè prima nè dopo non si parla punto nè d'effetti nè di rimedi o altro analogo a corrosione.
Rodere si trova anche in significato dubbio 3.
volte nel l.
7.
c.
26.
sect.
4.
circa il fine e c.
27 dopo il mezzo.
3 ??????? strano.
V.
le mie osserv.
sui Taumasiografi greci.
Mirum hoc videri potest, quod etc.
4 ?????????Dabbene, uomo probo.
5 ??????????? Calunniatore, delatore, spione.
Non sono nomi propri.
6 Osservate in questo proposito che essendo certo non potersi perfezionare il corpo dell'uomo, anzi deperire nella civiltà, e quindi non darsi perfettibilità dell'uomo in quanto al corpo, (la quale infatti niuno asserì nè asserirebbe), tuttavia si sostiene la sua perfettibilità infinita in quanto all'animo (quanto intorno al corpo, volendo anche prendere per perfezioni quelle che oggi si credono tali, e in natura sono la maggior parte il contrario, certo però la perfettibiltà sarebbe finitissima).
7 Articolo del Monthly Magazine nello Spettatore di Milano 15.
Ottob.
1816.
Quaderno 62.
p.
78-79.
intitolato Lingua Persiana.
Parte Straniera.
8 Intorno a Marcaurelio puoi vedere la p.
2166.
fine.
9 Intorno ai participi in tus de' verbi neutri o attivi latini, come essendo di desinenza passiva, avessero spesso la significazione attiva o neutra, v.
le note del Burmanno al Velleio l.2.
c.97.
sect.4.
Infatti il lat.
secondo l'opin.
volgare mancherebbe di participi passati significanti azione, fuorchè deponenti.
V.
Forcellini voc.
Musso.
fine.
e v.
Partusa a um, e Pransus, e Coenatus, e p.
2277.2340.
10 V.
in questo proposito p.
1240-42.
e nota che i verbi in eggiare, par che almeno talvolta abbiano un valore effettivamente continuativo, come fronteggiare, scarseggiare e molti, ma molti altri, e in diversi sensi continui, ben distinguibili dal frequente e dal diminutivo: biancheggiare, rosseggiare, neutri ec.
11 Secondo il Forcellini il verbo obligari si trova in Ovidio nel significato espresso di cogi iuberi, come in italiano si dice essere obbligato a fare ec.
Ma il Forcellini s'inganna.
Ecco il passo di Ovidio con necessario accompagnamento de' versi circostanti, laddove il Forcellini riporta un verso solo (Trist.
1.
el.
2.
v.
81.
seqq.)
Quod faciles opto ventos, (quis credere possit?)
Sarmatis est tellus quam mea VOTA petunt.
OBLIGOR, ut tangam laevi fera litora Ponti;
Quodque sit a patria tam fuga tarda queror.
Obligor qui non significa cogor, iubeor come dice il Forcellini.
e come pare, se si recita questo verso solo, conforme fa egli; ma vuol dire fo voti, mi obbligo io stesso con voti, e non già sono costretto; ed è come dire obligor votis (giacchè questo apparisce dal contesto, e dalla parola vota del verbo antecedente), locuzione dello stesso genere di quelle di Cic.
obligare militiae sacramento, obligare sempiterna religione, obligare scelere; e di Livio obligari foedere; e di Orazio obligare caput suum votis.
in Oraz.
però la significazione di devovere ec.
Vedilo 2.
8.
v.
5.
Od.
V.
p.
2246.
12 Notate in questo proposito che da principio si contrastarono la preminenza il dialetto Veneziano e il Toscano, appunto perchè Venezia era pure insigne pel commercio.
V.
Monti, Proposta ec.
vol.
2.
par.
1 p.
191.
ed anche p.
168.
fine.
13 Altri meglio, flumine.
14 Quasi si verifica in questo senso e modo ciò che quel vecchio disse a Pico, della stupidità dei vecchi stati spiritosi straordinariamente da fanciulli.
15 Si può qui recare l'es.
del verbo sustentare vero continuativo, non di tenere (onde il continuativo tentare) ma del suo composto sustinere.
V.
il Forc.
in sustento.
ex meis angustiis illius sustento tenuitatem, egestatem lenocinio sustentavit ec.
ec.
Non avrebbe potuto dire sustineo, sustinuit.
Sostentar la vita in italiano va benissimo; non però in vece sostenere per mantenere, evidente azione continuata.
16 Il fine della letteratura è principalmente il regolar la vita dei non letterati; è insomma l'utilità loro, ed essi se n'hanno a servire.
Ora io non ho mai saputo che la condizione di chi è servito, fosse peggiore e inferiore che non quella di chi serve.
17 Contrariamente.
Non si trovano forse mille contrarietà fra le indoli, opinioni, costumi, di diversi tempi, nazioni, climi, individui, popoli civili fra loro, e rispetto ai non civili, e questi fra se medesimi, ec.? Pur tutti hanno i medesimi principii elementari costituenti la natura umana.
18 Puoi vedere la p.
3075.
19 V.
p.
3469.
20 Le scienze al tutto esatte nel loro modo di dimostrare e nelle loro cognizioni, proposizioni, parti e dogmi, insegnam.
soggetti ec.
come sono le matematiche, lo Speroni (Dial.i Ven.
1596.
p.
194.
mezzo) le chiama scienze certe.
Generalmente però quelle che io qui intendo, le chiama dimostrative (p.
160.
mezzo.
161 princ.
ec.
e così ragioni dimostrative p.
181.
opposte alle probabili persuasive o congetturali); il qual nome abbraccia sì le esatte sì le men certe, speculative e morali o materiali ec.
che sieno.
21 Veggasi la p.
3673-5.
22 Forse a questo discorso appartengono eziandio suspicor o suspico, ed auspico o auspicor, da specio, seppur quello non viene piuttosto da suspicio onis, e questo da auspicium o da auspex auspicis.
Forse ancora, qua si dee riferire plico da plecto, de' quali verbi mi pare aver ragionato altrove in altro modo.
Da plecto-plexus si fanno anche i continuativi amplexor o complexo.
E notare che si trova anche amplector aris in luogo di amplector eris, il che per altra parte confermerebbe che plecto is fosse in continuat.
anomalo di plico, come mi pare aver detto altrove.
V.
p.
2903.
23 Salvo ne' continuatt.
d' temi monosill.
p.
e.
dato, flato, nato ec.
come altroveA questo proposito molto che betere o bitere o bitire sia in continuat.
anomalo (come viso is) di un bo dal gr.
???, come no da ???, do da ???, e altri tali temi monosill.
latt.
fatti da tali verbi greci così contratti.
Ebito sarebbe ??????? ex-eo.
V.
Forc.
in Beto.
V.
p.
3694.
24 Chi sa che lo stesso stipare non venga appunto da ????? piuttosto che da ??????? V.
Forcellini in stipa, stipo, stuppa ec.
Certo s'egli ha che fare con stupa o stipa, esso viene da questa voce, e non al contrario come vuol Servio.
25 Anche gli antichi e primi scrittori latini hanno sapore e modo tutto familiare, sì poeti, come Ennio e i tragici, di cui non s'hanno che frammenti, Lucrezio ec.; sì prosatori, come Catone, Cincio ed altri Cronichisti, di cui pur s'hano frammenti, ec.
26 V.
p.
3351.
27 Seppure però la lingua ebraica ha genio, o altra indole come quella di non averne veruna.
E certo la lingua ebraica per essere informe, può forse esser bene rappresentata e imitata con una traduzione in qualsivoglia lingua, che per esser troppo esatta sia anch'essa informe.
Il che non accadrebbe in verun caso.
Vedi la pag.
2909.2910 fine-2913.
Vedi anche una giunta a questa pagina nella p.
2913.
28 V.
p.
2989.
29 Veggasi la p.
2929.
30 Così Virg.
Georg.
4.
116.7.
31 Veggasi la p.
2998.
e 3007.
32 Non solo gli scrittori ebraici o le varie materie in lingua ebraica, ma neppur essa la lingua ha uno stile, cioè un modo determinato, come l'ha bene, anzi troppo determinato, la francese: perocchè la lingua ebraica è troppo informe per avere uno stile proprio; e precisamente ella è l'estremo contrario della francese quanto all'informità.
V.
la p.
2853.
margine.
V.
p.
3564.
33 V.
la pag.
2841.
fine.
Potus us è da po, non da poto, come motus us è da moveo, non da moto as, e puoi vedere in questo proposito la p.
2975.
principio.
34 Lo comprova anche il significato rispettivo, sì per l'affinità, sì per la continuità ec.
Similm.
da sello muovere, senso analogo a quel di veho, si fa procello, onde procella, che è quasi vexo, e percello; ec.
ec.
ec.
35 Similmente noi figgere-fisso e fitto, del che puoi vedere p.
3284.
e p.
3283.
dove hai fixare affatto analogo di vexare.
Veggasi la p.
3733.
seg.
36 Veggasi la p.
3035.
segg.
37 Parlo di quelle idee che avanzano decisamente lo spirito umano e l'intelletto.
Avvi molte idee nuove, che non son tali se non perchè nuovamente composte d'altre idee già note (al contrario delle idee nuove di cui qui si parla).
Ma queste appartengono la più parte all'immaginazione, e spetta al poeta il proccurarcele.
E l'intelletto non ci guadagna.
Altre nuove idee vengono dirittamente dai sensi, quando vediamo o udiamo ec.
cose non più vedute o udite, le quali idee non si può ora determinare quando siano più semplici e quando più composte delle già possedute.
Ma queste nuove idee non derivano dall'intelletto, del quale adesso ragioniamo.
38 Notisi che i nomi delle lettere ebraiche (onde derivano quei delle greche, che in greco non significano niente) hanno tutti una significazione indipendente affatto dal suono della rispettiva lettera, e son parole della lingua, né hanno relazione alcuna tra loro, né colla rispettiva lettera altro che il cominciare appunto per essa, come alèf, dottrina; beth, casa ec.
39 Da queste osservazioni si deduce quanto la natura e l'ingegno son più ricchi dell'arte e come l'imitatore è sempre più povero dell'imitato.
V.
Algarotti Pensieri.
Opp.
Cremona, t.8.
p.79.
40 V.
Chateaubriand, Génie.
Paris 1802.
Par.
2.
l.2.
ch.10 fin.
t.2.
p.
105-6.
41 Si può vedere la p.
3252.
sg.
3400 sgg.
42 Appo Oraz.
Sat.
II.
I.
V.
ult.
tu missus abibis è lo stesso che missus, cioè absolutus eris, cioè mitteris o absolveris.
I greci ???????? con participio: uso analogo al nostro ec.
ec.
43 Si può vedere la p.
3036.
44 Disguisare mi par nostro antico V.
Crus.
45 Come fornicare da fornix fornicis, ad altri assai; duplico da duplex, triplico ec.
frutico da frutex, rusticor da rusticus.
Veggasi la p.
3752-4.
46 Propago as da pango is.
Vedi la p.
3752-3.
47 Vedi p.
3041.
48 Veduto sarebbe appunto il regolarissimo viditus, secondo il detto a pag.
3074.
sqq.
3362-3.
Così da fundo regolarm.
funditus dimostrato da funditare; da medeo, meditus dimostrato da meditare, come altrove dico, cioè p.
3352-60.
49 Censeo-censitus e census a um, onde census us, secondo l'osservaz.
da me fatta circa tali verbali della 4a.
Notabile è che censitus intero negli scrittori latt.
è più raro e più moderno che il contratto census.
Cosa simile alla presente di visus p.
visitus.
V.
p.
3815.
fine.
50 Notate però che similim.
si dice populus (onde populo o populor) e popellus.
In Fedro IV.
7.
V.
22.
fabella è vero diminutivo di fabula, come popellus lo è di populus.
In tal caso favella e favellare che i lat.
dicevano fabula e fabulare.
appartengono alla classe de' nostri diminutivi presi in vece de' positivi.
Abbiamo anche favola positivo, ma in altro senso, pur latino però.
V.
p.
3062.
51 Spagn.
asar.
It.
lessare ec.
52 V.
p.
3816.
53 Parido o parida partic.
di terminaz.
passiva, s'usa dagli spagn.
attivam.
p.
che ha partorito.
Estar parida, esser puerpera, ec.
54 Così l'h è accidentale in dich'io in giuochi ec.
ec.
55 Puoi vedere la p.
3544.
56 Veggasi la p.
3452 fine-58.
57 V.
la p.
3448.
segg.
e in particolare 3450-1.
58 Veggasi la p.
3451-2.
59 Petr.
Tr.
della Fama cap.
2.
terzina 48.
60 Erano allora i politici privati più di numero in Italia che altrove, l'opposto appunto di oggifì, perchè pure al contrario di oggidì, era in quel secolo maggiore in Italia che altrove e più comune e divulgata nelle diverse classi, la coltura, e l'amor delle lettere e scienze ed erudizione per una parte (le quali cose tra noi si trattavano in lingua volgare, e tra gli altri p.
lo più in latino, fuorchè in Ispagna), e per l'altra una turbolenta libertà fomentata dalla molteplicità e piccolezza degli Stati, che dava luogo a poter facilmente trovar sicurezza e impunità, col passare i confini e mutar soggiorno, chi aveva o violate le leggi, o troppo liberam.
parlato o scritto, o offeso alcun principe o repubblica nello stato italiano in ch'ei dapprima si trovava.
61 Nótisi che il Tasso proccurò eziandio di render nazionale l'argomento della Gerusalemme col dare tra' Cristiani le maggiori parti del valore a due italiani; Tancredi di Campagna nel Napoletano il qual era patria del Tasso, e Rinaldo d'Este progenitore del Duca a cui il Tasso indirizzava il poema.
E Rinaldo si è propriamente, non pure il secondo, ma l'altro Eroe della Gerusalemme con Goffredo, come ho detto a suo luogo, e, secondo l'intenzione del Tasso, a parti uguali, ma in effetto e' riesce maggior di Goffr.
62 V.
p.
3173.
Vedi ancora particolarm.
lo Speroni Oraz.
Ven.
1596.
p.
23.
e p.
56.
109.
e Castiglione, Cortegiano e.
Ven.
1541.
carta 173; ed.
Ven.
1565.
p.
423-24, libro 4.
63 Veggasi la p.
3451-2.
64 p.
3125.
65 Argante, Clorinda, Solimano.
Questi ed Argante sono anche espressam.
emuli, ma tutti tre pari di valore.
Altri eroi degl'infedeli non v'ha nella Gerus.
V.
p.
3535.
66 Di questi interessi accidentali vedi la pag.
2645-8.
67 Anche Omero e Dante hanno assai che fare per ridestar la nostra immaginaz.
Contuttociò, quantunque la fantasia di L.
Byron sia certo naturalm.
straordinaria, nondimeno è pur vero che anch'ella è in grandiss.
parte artefatta, o vogliamo dire spremuta a forza, onde si vede chiaram.
che il più delle poesie di L.
Byr.
vengono dalla volontà e da un abito contratto dal suo ingegno, piuttosto che da ispiraz.
e da fantasia spontaneam.
mossa.
68 Veramente di tutti i poemi epici, il più antico, cioè l'Iliade, è, quanto all'insieme, allo scopo totale e non parziale, al tutto e non alle parti, all'intenzion finale e primaria, non episodica, addiettiva e secondaria e quasi estrinseca, accidentale ec.; è, dico il più sentimentale, anzi il solo sentimentale; cosa veramente strana a dirsi, e che par contraddittoria ne' termini, ed è infatti mostruosa ed opposta alla natura de' progressi e della storia dello spirito umano e degli uomini, e delle differenze de' tempi, alla natura rispettivamente dell'antico al moderno, e viceversa ec.
È anche il poema più Cristiano.
Poichè interessa pel nemico, pel misero ec.
ec.
69 Veggasi la p.
3289-91.
70 V.
Tasso, Gerus.
17.
93-4, dove parla d'Alfonso II.
di Mod.a e confrontalo coi luoghi dello Speroni da me notati p.
3132.
marg.
princip.
V.
p.
4017.
71 Può vedersi la p.
3491-4.
circa la timidità che è propria di questo secondo genere e che affatto impedisce di essere stimato nella società, distrugge qualunque stima si potesse esser conceputa di un individuo prima di conoscerlo ec.
Ella è sovente comune anche al primo genere, ma solo con quelli di cui hanno soggezione, laddove nel secondo con tutti, perchè questi tali hanno soggezione di se stessi.
Ella è affatto esclusa dal genere intermedio, e questo è il solo che ne sia sempre esente e al tutto sicuro.
72 L'abitudine di sempre pensare, e di poco parlare; di raccor tutto dentro e poco versar di fuori; di trattenersi con se stesso, di stare raccolto come un devoto, di poco agire, poco conversar nelle cose del mondo, poco trattare, per attendere agli studi; spendere tutte le sue facoltà nel proprio interno ec.
ec.
tutte queste cose rendono l'individuo incapace di portarsi bene nella società quanto un altro che sia pur di molto meno talento; perocchè a lui manca l'esercizio dell'operare, del conversare, di parlare (massime di cose frivole, come bisogna ec.) e le dette sue qualità ed abitudinipositive escludono anche positivamente la capacità di contrarre le abitudini e di aquistare le qualità sociali.
Così la gravità a cui un tale individuo è neccessariam.
abituato, la serietà, il pigliar le cose per l'importante, e se non importano lasciarle, esclude la possibilità di aquistar la leggerezza, l'abito di dar peso naturalm.
alle cose minime, di scherzare, d'interessarsi con verità p.
le bagattelle, di trovar materia di discorso dove assolutam.
non ve n'ha ec.
ec.
tutte cose necessarissime in società: pigliar le cose, le materie, anche importanti e serie, da lato non importante e non serio, o trattarle non seriamente, superficialmente, scherzevolmente ec.
ec.
e come bagattelle ec.
ec.
e le profonde a fior d'acqua ec.
ec.
73 V.
p.
3386.
fine.
74 Maggiormente sconvenevole però si è questo nella musica che nella poesia.
Perocchè la scienza musicale, in ordine alla musica è di più basso e ben più lontano rango, che non è la poetica in ordine alla poesia.
Il contrappunto è al musico quel che al poeta è la grammatica.
La musica non ha un'arte che risponda a quel ch'è la poetica alla poesia, la rettorica all'oratoria.
Ben potrebbe averla, ma niuno ancora ha pensato a ridurre a principii e regole le cagioni degli effetti morali della musica e del diletto che da lei deriva, e i mezzi per produrli ec.
75 Vedi la pref.
di Timeo al suo Lessico Platonico appo il Fabric.
B.
G.
edit.
vet.
9.419.
76 Così anche parecchi inglesi, e generalmente tutti coloro che non sono assuefatti e non conoscono altro che studi e cose esatte.
Ma certo è che di tali filosofi, metafisici, politici-matematici, ed aridi, ve n'ha più copia fra' ted.
e dipoi fra' gl'ingl.
che altrove, come in Francia o in Italia.
77 Similm.
dicasi di nex, onde neco, eneco ec.
78 Puoi vedere le pagg.
3084-90.
79 Pendendo però più al sud.
80 Puoi vedere la p.
2989-91.
81 Veggansi le pagg.
3765-8.
82 Ciò per la varietà de'dialetti, o per altro, in modo però che le voci formate per tali alterazioni sono generalmente proprie degli scrittori greci o de' poeti; onde a noi partoriscono la stessa difficoltà, qual se ne fosse la cagione e l'origine e quando questa pur fosse particolare, la difficultà che a noi viene è ordinaria e generale ec.
83 Da ((( o da ((?????(????????, doppia alterazione.
84 Che l'amor proprio sia maggiore ne' fanciulli e ne' giovani che nell'altre età, segno n'è quella infinita e sensibilissima tenerezza verso se stessi, e quella suscettibilità e sensibilità e delicatezza intorno a se medesimi che coll'andar degli anni e coll'uso della vita proporzionatam.
si scema, e in fine si suol perdere.
85 Da queste teorie séguita che le bestie, avendo meno vita dell'uomo, perocchè hanno meno spirito e più del materiale, e di ciò ch'esiste e non vive ec., debbano aver meno amor proprio, e più egoismo; e così è infatti: e che tra loro la specie men viva, come il polipo, la lumaca ec.
dev'esser la più egoista: e che scendendo ai vegetabili e quindi per tutta la catena delle creature, si può dir che più scema la vita più cresca l'egoismo, onde l'éssere il più inorganizzato, sia in certo modo il più egoista degli esseri.
ec.
86 Anche i climi, anche le stagioni, come influiscono sul più e sul meno della vita o vitalità, attività interna o esterna ec.
debbono anche influire sul più e meno dell'amor proprio, e quindi anche dell'egoismo, e quindi anche della disposizione naturale alla misericordia, alla benevolenza ec.
Veggansi le pagg.
2752.-5, 2926.
fine-28.
87 Secondo questi discorsi una donna vecchia, massime vivuta nella gran società, dev'essere la più egoista persona umana (p.
natura, e regolarmente parlando) che possa concepirsi.
88 Puoi vedere il Dialogo Delle Lingue dello Speroni dalla p.
121.
in poi, cioè tutto il discorso tra il Lascari e il Peretto, sino alla fine del Dialogo.
89 Perocchè anche altri istituti egli seguì, ed altri fini si propose, tutti bellissimi e savissimi, ma che non appartengono al nostro proposito.
90 Osservisi che instigo propriam.
è continuativo p.
la significaz., perocchè instinguo propriamente significa l'atto del pungere, e quindi dello spingere, dell'indurre, ma instigo significa lo stimolare, lo stare attorno, il far ressa p.
indurre.
L'instinguere è lo scopo dell'instigare.
91 È però più verosimile che venga insidiare (cui v.
p.
3350.).
Altrimenti farebbe piuttosto insidor aris, come sedo as da sedeo (o da sido is) del che altrove.
92 Lo dice Svetonio nello stesso cit.
luogo: vulgo canebantur.
93 Nel freddo si ha la forza di agire, ma non senza incomodo.
La temperatura dell'aria che vi circonda, opponendosi à ce que voi possiate uscir di casa e di camera senza patimento, vi consiglia l'inazione e l'immobilità nel tempo stesso che vi dà la forza dell'azione e del moto.
Si può dir che se ne sente la forza e la difficoltà nel tempo stesso.
Nel caldo tutto l'opposto.
Si sente la facilità dell'azione e del moto nel tempo stesso che se ne scarseggiano le forze.
L'uomo prova espressamente un senso di libertà fisica che viene dall'amicizia dell'aria e della natura che lo circonda, un senso che lo invita al movimento e all'azione, ch'egli talora confonde con quello della forza, ma che n'è ben differente, come l'uomo si può avvedere, quando cedendo all'inquietezza che quel senso gl'ispira, e dandosi all'azione, la totale mancanza di forze che gli sopraggiunge, gli toglie quel senso di libertà, e l'obbliga a desiderare e cercare il riposo.
Anche per se medesima la debolezza e il rilasciamento prodotto da causa non morbosa, come dal caldo, dà una certa facilità di determinarsi all'azione al movimento al travaglio, più che la tensione prodotta dal freddo.
Può parere un paradosso, ma l'esperienza anche individuale lo prova.
Pare che il corpo rilasciato sia più maneggiabile a se medesimo.
Bensì la sua capacità di travagliare è poco durevole.
ec.
94 Si trova anche ????????? e ???????????.
95 Il detto passaggio è direttam.
contrario all'imitazione, che dev'essere l'immediato scopo e l'ufficio della musica, come dell'altre belle arti e della poesia, che dovrebb'essere inseparabile dalla musica (e così viceversa), e tutt'una cosa con essa ec.
Di ciò di altrove.
96 Il latino si stabilì in Inghilterra a un di presso come il greco nell'alta Asia, e l'italiano in Dalmazia, nell'isole greche e siffatti dominii de' Veneziani: cioè come lingua di qualunque persona colta e della scrittura, ma non parlata dal popolo, benché fosse intesa.
Così il turco in Grecia ec.
97 Vell.
II.
90.
2.
3.
Flor.
II.
17.
5.
Liv.
28.
12.
98 Petr.
Son.
La gola, il sonno.
99 Puoi vedere le pagg.
2979-80.
e 3717-20.
100 V.
p.
3728.
101 Massimam.
modi e significati.
102 La storia offrirà molte prove di fatto della conformità fra l'indole spagnuola e italiana (e greca).
Fra l'altre cose, l'abuso pubblico e privato della religion cristiana fatto nella Spagna, non ha nella storia moderna altro più simigliante che quello fatto in Italia, e quanto all'opinioni, e quanto alle azioni, e quanto alle istituzioni, leggi, usi, costumi ec.
e tutto ciò ch'è influito dalla religione.
Veggansi le pp.
3572-84, e massime dalla 3575.
in poi.
103 Veggasi fra l'altre, la p.
2906.
segg.
104 Massime ne' prosatori: quanto a' poeti vedi la p.
3419.
105 Veggasi la p.
2989.
106 Molto meno io vorrei consigliare che la lingua o lo scrittore italiano si modellasse sulla lingua spagnuola, molto alla nostra inferiore in perfezione, benchè conforme in carattere.
Oltre che una lingua già perfetta non si dee modellare, anzi dee fuggir di modellarsi sopra alcuna altra, sia quanto si vuole perfettissima.
E così a proporz.
discorrasi della letteratura ec.
107 Questo viene a essere, se così vogliamo chiamarlo, un latinizzare, grecizzare ec.
l'italiano, ma affatto insensibilmente, e indistinguibilm.
dall'italianizzare; un latinizzare non diverso dall'italianizzare ec.
108 V.
p.
3738.
109 Intendo per occupaz.i gli spassi ec.
110 V.
p.
3561.
111 V.
p.
3428.
112 Puoi vedere la pag.
3429.
113 Secondo il detto a p.
3397-9.
e 2906.
114 Veggasi a questo proposito la Parte de la Chronica del Peru di Pedro de Cieça de Leon.
e Anvers 1554.
8.vo piccolo.
cap.
53.
fine.
a car.
146.
p.
2.
cap.
62.
63.
100.
101.
principio.
115 V.
ancora la Correspond.
du Prince royal de Prusse et de Voltaire dans le oeuvres complettes du Roi de Prusse 1790.
t.
10.
lettre 96.
de Voltaire p.
422.
et suiv.
116 Quel che si è detto della durevolezza, dicasi ancora della grandezza e magnificenza.
117 A pag.
30-1.
118 Veggasi la pag.
3122.
119 O sistemi di repubblica o di legislazione, praticabili o non praticabili, ma certo non praticati, e solo immaginati e composti da' rispettivi autori.
V.
Aristot.
Polit.
1.
2.
p.
74.
171.
179.
fine.
116.1.4.
p.
289-92.
p.
358.
fine.
120 Pare che anche Eraclide Pontico scrivesse de optimo statu civitatis, senza però aver mai trattato le cose pubbliche.
V.
Cic.
ad Quint.
fratr.
3.
ep.
5.
Victor.
ad Aristot.
Polit.
p.
171.
Meurs.
t.
5.
p.
114.
B-C.
t.
6 p.
270.
F.
121 Così le ????????? di Diogene Cinico e di Zenone.
V.
il Laerz.
e la pref.
del Vettori alla politica d'Aristot.
p.
3.
verso il fine.
Qua spettas ancora la Ciropedia.
V.
ivi.
p.
5.
122 Ed Aristotele era pur de' più devoti all'osservazione, tra' filosofi antichi.
123 Aristotele p.e.
non la cercò, ne Teofrasto ec.
124 Esempi analoghi di frasi vediki nell'Alberti in faillir.
125 Veggansi le pagg.
3186-91.
126 ????????, genii, lares, penates, manes ec.V.
Forcell.
in tutte queste voci.
127 V.
p.
3544.
128 L'uomo non desidera la felicità assolutamente, ma la felicità umana (così gli altri animali), nè la felicità qualch'ella sia, ma una tale, benchè non definibile, felicità.
Ei la desidera somma e infinita, ma nel suo genere, non infinita in questo senso ch'ella comprenda la felicità del bue, della pianta, dell'Angelo e tutti i generi di felicità ad uno ad uno.
Infinita è realmente la sola felicità di Dio.
Quanto all'infinità, l'uomo desidera una felicità come la divina, ma quanto all'altre qualità ed al genere di essa felicità, l'uomo non potrebbe già veramente desiderare la felicità di Dio.
L'uomo che invidia al suo simile un vestito, una vivanda, un palagio, non è propriamente mai tocco nè da invidia nè da desiderio dell'immensa e piena felicità di Dio, se non solo in quanto immensa, e più in quanto piena e perfetta.
Veggasi la p.
3509.
massime in margine.
129 Nella rimembranza è molte volte il contrario, che più corto pare il tempo passato senza occupazione e uniformemente, perchè allora nella memoria l'una ora l'un dì si confonde e quasi sovrappone coll'altro, in modo che ,olti paiono un solo, non avendovi differenza tra loro, nè moltitudine di azioni o passioni che si possa numerare, l'idea della qual moltitudine si è quella che produce l'idea della lunghezza del tempo, massime passato ec.
Ma di questo pensiero altrove s'è scritto.
130 Se non è, può essere, e al nostro caso tanto è il poter essere quanto l'essere in fatto.
Immaginiamo, se non è, che sia, e come di un'ipotesi discorriamo di quello che necessariam.
seguirebbe se così fosse.
Essendo l'ipotesi possibiliss.a e similiss.a al vero, l'argomento avrà la medesima forza, e tanto nel caso presente varrà e proverà l'immaginazione e la supposizione, quanto la verità, tanto il supposto e l'immaginato quanto il vero ed effettivo.
131 V.
p.
3989.
132 Parecchi, pareil, onde appareiller, sono da pariculus ec.
V.
Gloss.
ec.
parejo (cioè par) parejura ec.
Pelleja, pellejo, pellico; pelliccia; pelisse; spag.
mod.no pellìz, da pellicula ec.
Lo spag.
ha anche il positivo, piel.
Semilla.
Soleil, Ouaille da ovicula ec., come oveja spag.
133 Puoi vedere la p.
3846.
134 V.
p.
3571.
135 Di un'altra qualità che sommamente contribuisce allo stesso effetto vedi le pagg.
3564-8.
136 P.
3074 segg.
137 ???? propriam.
è gustare facio.
Trovasi però in Erodoto p.
gusto ch'è (o dicesi da' Lessicografi) il proprio ???????.
Così ??? e ????? co' composti loro, che propriam.
sono attivi, e valgono sedere facio ec.
s'usano a ogni tratto in senso neutro, p.
sedere ec.
che è proprio de' loro passivi.
E così, credo, avviene in altri tali verbi.
Onde guo in lat.
potè bene essere propriam.
gusto neut.
138 Puoi vedere la p.
2814-5.
e 3715-7.
139 Manuarius, Manuatus sum (da manuo o manuor), Mortualia, Mortuarius, Mortuosus, Flexuosus, Flexuose.
Portuosus, saltuosus, flatoso.
140 Anche ne' nostri antichi scrittori questo uso di sperare ec.
non sembra esser che volgare.
141 Altrettanto dicasi del greco, lat.
spagn.
franc.
antico nelle quali lingue altresì sperare ec.
non istà mai propriam.
per temere, come dicono, ancorchè sia detto di male, ma solo p.
aspettare.
V.
Forcell.
in Spero.
142 V.
p.
3818.
143 È naturale agli organi degli spagn.
di non amare la pronunzia del t, onde nelle voci venute dal lat.
spessissimo lo mutano in d ch'è più dolce (come fanno anche gl'italiani in alcuni luoghi intorno alle voci italiane), spessissimo lo tralasciano, come in questo nostro caso fanno, in parte anche gl'ital.
e i franc.
144 Sicchè amamos p.
amamus non si dee neppure chiamar mutazione quanto allo spagnuolo, non essendo stata fatta da esso ma nel latino medesimo, anzi non essendo stata neppur in latino altro che un accidente, una qualità, una maniera di pronunzia.
Insomma amamos è latino; e lo spagn.
in questa voce è puro (ed antico e non men che moderno) latino conservato nel lat.
volgare.
ec.
145 V.
p.
3638.
146 Divenire-diventare fa a questo proposito.
147 Dicono i precettisti che le persone d'ugual merito possano esser più, purchè l'interesse sia un solo (così ne' drammi, così nell'epopea ec.).
E si pregiano molto di questa distinzione, come acuta e sottile e ben giudiziosa.
Ora i due suddetti termini non possono stare insieme.
148 Certam.
l'eccesso della pazienza, massime nella conversazione e nelle tenui relazioni giornaliere degli uomini si può dir che sia odiosa, o certo dispiacevole, o almen dispregevole, e lo spregevole è non solo inamabile, ma quasi odioso, e chi è disprezzato, oltre che non può essere amato nè interessare, difficilmente è senza un certo odio o avversione.
La pazienza è di tutte le virtù forse la più odiosa o la meno amabile, e ciò massimamente doveva essere presso gli antichi, e presso noi ancora, quando la consideriamo in personaggi e circostanze antiche, come in Ulisse.
149 Queste considerazioni hanno tanto maggior forza in favore di Omero, e in favore della nostra opinione che vuol che si segua il suo esempio, quanto che è natura della poesia il seguir la natura, e vizio grandiss.
e dannosiss.
anzi distruttivo d'ogni buono effetto, e contraddittorio in lei, si è il preferire alla nat.
la ragione.
La mutata qualità dell'idea dell'Eroe perfetto ne' poemi posteriori l'Iliade, proviene da quello stesso principio che poi crescendo, ha resa la poesia allegorica, metafisica ec.
e corrottala del tutto, e resala non poesia, perchè divenuta seguace onninam.
della ragione, il che non può stare colla sua vera essenza, ma solo col discorso misurato e rimato ec.
Puoi vedere la p.
2944.
sgg.
150 Minutus a um particip.
tanto aggettivato che se n'è fatto anche il diminut.
minutulus ec.
Quietus.
Lautus il quale ha anche variato la significaz.
in modo che in questa non si potrebbe mai riconoscere p.
partic.
ed essa è diversiss.
da quella che lautus ancora ha, propria sua, come participio.
Certus.
V.
Forc.
151 V.
p.
3635.
152 Exerceo, coerceo ec.
es ui itum.
Mentre che arceo, ch'è il semplice di questi verbi, fa arctum, come si dimostra dall'aggett.
arctus, secondo il detto altrove in proposito.
placeo-taceo-noceo es ui itum.
Perchè nocitum e non docitum? Se non per pura casualità d'uso nel pronunziare?
153 Fromba e frombola, coi derivati dell'uno e dell'altro.
Puoi vedere la p.
3968-9.
3992.
capoverso 1.3993.
capov.
ult.
3994.
fin.
4000.
fin.
- 4001.
4003.
pauget empaqueter ec.
Noi volgarm.
pacco e pacchetto.
V.
l'Alberti e gli spagnuoli.
154 Perocchè amor vero cioè che abbia effettivamente per proprio fine l'oggetto amato, o vogliamo dire il suo bene e la sua felicità, non si dà in alcuno essere, neppure in Dio, se non verso lo stesso amante.
155 Questo suppone lo stato di società ch'io combatto.
156 V.
p.
3811.
157 V.
p.
3708.
158 Secondo ch'e' sono neutri o attivi ec.
di senso, e così i rispettivi verbi originali ec.
159 Posco ha poposci, cioè, tolta la duplicazione (ch'è un accidente), posci, regolare, e non povi.
Perchè dunque nosco novi? Posco non ha il supino oggidì.
Perchè scisco scivi, suesco evi, e non suesci, nosci ec.?
160 Che novi novisti spetti ad altro verbo che a nosco, provasi e dal suo significato del presente (or perchè ciò s'e' fosse il proprio perfetto di nosco? il quale ha pure il presente ec.) e dell'imperf.
nel piuccheperf.
ec.; e dal vedere che i grammatici, sebbene da un lato l'appropriano a nosco, dall'altro lato tutti, antichi e mod.ni lo considerano e chiamano difettivo, come memini, nè più nè meno.
Dunque gli suppongono un altro tema, e questo ignoto, come a memini, odi ec.
161 V.
p.e.
la definiz.
di tremisco nel Forcell.
162 Vi sono anche molti altri esempi simili di molti generi di verbi che p.
negligenza degli scrittori, o per dimenticanza del loro primo destino ec.
escono sovente de' termini del modo e proprietà generali del loro significato ec.
ec.
163 V.
Forc.
in oleto.
164 Neo-nevi, flevi ec.
ec.
165 V.
p.
3708.
166 Tutti i nostri perf.
in etti sono primitivam.
e veram.
in ei, quando anche questa desinenza in molti verbi non si possa più usare, e sia divenuta irregolare, perchè posta fuori dall'uso, da quell'altra benchè corrotta e irregolare in origine, come appunto lo fu evi introdotta p.
evitar l'iato, come etti.
E qui ancora si osservi la conservaz.
dell'antichissimo e vero uso fatta dal volgar latino sempre, sino a trasmettere a noi i perf.
della 2.a in ei.
Puoi vedere la p.
3820.
167 Impleo (compleo ec.) - deleo (v.
la p.
3702) es evi etum.
Perchè dunque p.e.
dolui e non dolevi? come delevi che v'è sola lettera di svario.
Perchè dolitum e non doletum? O se dolui, perchè delevi e non delui? (v'ha però forse abolui, ed anche adolui ec.
p.
3702.
e ivi marg.) V.
p.
3715.
168 Suo is ha sui, e non ha che questo.
Abluo-Diluo ec.
lui.
Veggasi la p.
3732.
Assuo assui ec.
e gli altri composti di suo.
169 V.
p.
3885.
170 Puoi vedere il pensiero seg.
e p.
3710.
capoverso 1.
ec.
ec.
171 Così sutum da suo è contraz.
di suitum.
V.
la fine del pensiero precedente.
Ablutum da abluo.
Dilutum ec.
Lautum (onde lotum) è contraz.
di lavitum, e dimostra quel che ho detto della confusione tra l'u e 'l v.
V.
p.
3731.
172 Fors'anche da quei della prima, come p.e.
se consanesco fosse fatto da consano as neutro (v.
Forc.
in consano) nel qual caso anche sanesco sarebbe fatto da un sano neutro.
173 Puoi vedere p.
2814-5.
e 3570.
174 V.
p.
3723.
175 Certus: qui crevit.
Certa mori: quae crevit, cioè decrevit, mori, senso attivo, anzi in certo modo, transitivo ec.
E qui in simili moltiss.
casi, certus è adoperato in senso di participio, non di aggettivo, come in altri molti casi, massime quando si dice di cose.
Ma quando di persone, dubito ch'e' sia mai altro che participio, onde anche certior può forse fare al caso nostro ec.
ec.
176 Anzi gli u in iuvavi sarebbero tre, giacchè tanto era p.
gli antt.
l'u che il v ec., onde p.
es.
in pluvi si chiamava duplex u ec.
V.
Forc.
in Luo fine, in U ec.
e l'Encyclopédie in U ec.
e l'Hofman in U ec.
177 P.
2928-30.
178 V.
p.
3736.
179 Gli spagn.
hanno veram.
anche pujante.
Hanno pure potente, potencia, potentem.
ec.
ma questi probabilm.
sono tolti poi dal latino: pujante e pujanza ec.
sono i propri spagnuoli: bensì torti alquanto di significaz.
cioè usati, almeno comunem., p.
forte, robusto, forza, robustezza ec..
180 Nomenclator p.
nominclator ec.
non è che l'alteraz.
di pronunzia, e così mille casi simili.
(come quello di cui nel marg.
della pag.
seg.
cioè imaguncula).
181 Imaguncula, incuncula, homuncio, homunculus, latrunculus è lo stesso che imagincula (v.
la p.
3007.
fra l'altre), e però fatto dagli obliqui d'imago, e non dal retto, come parrebbe a prima vista.
E così dicasi dell'altre simili voci.
182 Agnomen, agnomentum ec.
cognomen ec.
ignotitia (p.
innotitia), tutti derivati da noo.
Ignoro ec.
183 Ne' composti notum o gnotum si cambia in gnitum (cognitum ec.) fuorchè in ignotus nome, e in ignotus partic.
e supino.
V.
anche agnotus ec.
184 V.
p.
3851.
185 V.
p.
3071.
186 Come il suicidio, o il tormentar se stesso per odio, quello è, questo, se potesse essere, sarebbe evidentemente contro natura, così la guerra tra gl'individui d'una specie medesima, le uccisioni scambievoli, e i mali qualunque proccurati da' simili ai simili, sono cose evidentemente contro natura, mentre pur sono assolutamente inevitabili, e non accidentali (se non a una per una, non generalmente e tutte insieme), ma essenziali e costanti in qualsivoglia società stretta.
V.
p.
3928.
187 Vedi la pag.
3813.
188 Terminò questa prima parte nel Perù l'anno 1550, in età d'anni 32.
de' quali n'avea passati 17.
nell'Indie meridionali, come dice nell'ultime linee del tomo.
189 L'antropofagia era e fu p.
lunghissimi secoli propria di forse tutti i popoli barbari e selvaggi d'America, sì meridionale che settentrionale (escludo il paese comandato dagl'incas, i quali tolsero questa barbarie, e l'impero messicano e tutti i paesi un poco colti ec.) e lo è ancora di molti, e lo fu ed è di moltissimi altri popoli selvaggi affatto separati tra loro e dagli americani.
L'antropofagia fu ben conosciuta da Plinio e dagli altri antichi ec.
ec.
E forse tutti i popoli ne' loro principii (cioè p.
lunghissimo tempo) furono antropofagi.
V.
p.
3811.
190 Puoi vedere la p.
3891.
191 Fuseau.
Figliuolo (filiolus), figliuolanza ec.
Al detto altrove di scabellum, sgabello ec.
aggiungi il franc.
escabeau ed escabelle.
192 Sellula.
Asellulus.
193 Anche in adbito (che veggasi) il Forc.
ha adbito is con questo solo es.
di Plauto.
194 Anche tra noi ramoscello ec.
molte volte è positivato, massime nel dir moderno.
195 Puoi vedere la p.
3842.
seg.
196 V.
p.
3905.
197 V.
la pag.
3835.
seg.
e 3846.
fine-8.
198 V.
la p.
seg.
199 Vedi la pag.
3520-5.
200 Puoi vedere p.
3835.
seg.
3842.
seg.
201 Avisado p.
prudente, accorto, e anche dello spagn.
ma dubito che in ispagn.
avisar abbia quel tal senso attivo analogo a questo di accorto ec., il quale egli ha tra noi.
V.
p.
3899.
202 V.
p.e.
Forcell.
in fruniscor p.
fruiscor, qualunque de' due sia anteriore.
E chi sa che prima non fosse sio, interposta poscia la n p.
evitare l'iato, come in greco nel fine delle voci, e come forse v'hanno altri es.i in latino, e fra questi forse il predetto fruniscor.
203 Detonat uit.
Intono avi ed ui ec.
204 Vedi la pag.
3871.
205 V.
p.
3900.
206 V.
p.
3875.
fine.
207 Se non in quanto essi sono più capaci di occupazione e distrazion forte dell'animo, e quando essi si trovano attualmente in tale stato (che accade loro più frequentem.
che agli altri p.
molte ragioni) del che vedi la pag.
3878.
principio.
208 Puoi vedere la p.
3885.
209 Questo però, se non viene da gesticulus /ch'è voce moderna e solo di Tertulliano) può essere piuttosto frequentativo che diminut.
o un misto dell'uno e dell'altro, come tanti nostri verbi italiani, di cui altrove ex professo.
210 Puoi vedere le Lettere di Federico II.
e d'Alembert, Lett.
49.
p.
125.
seg.
paragonandola colla lett.
45.
p.
117.
e lettera 47.
p.
120.
fine - 121.
e lett.
53.
p.
135.
fin e lett.
70.
p.
185.
fine.
211 Ne quidem p.
nec quidem, nequam ec.
dove il ne è privativo, ec.
212 Anche abbiamo accettare (accepter ec.) da acceptare, ma non di capto bensì di accipio-acceptus ec.
213 Veggasi la pag.
3921-27.
214 L'ubbriachezza accrescendo la vita e il sentimento di essa, fa nel med.
tempo che l'individuo non rifletta (naturalmente), non consideri questa vita e questo sentimento, che il suo spirito consideri e s'interessi a questo sentimento accresciuto, assai meno ancora ch'ei non suole al sentimento ordinario e minore, e tanto meno quanto egli è più cresciuto.
V.
p.
3931.
215 Puoi vedere a questo proposito le pagg.
3797-802.
e sopra alcune anche più orribili barbarie, uno o due de' luoghi del Cieça citati a p.
3796.
216 V.
p.
3945.
217 V.
p.
3938.
218 V.
p.
3932.
219 V.
Forc.
fisus, confisus, diffisus, ec.
220 Impercettibile ec.
(da perceptum) -concepibile ec.
da concepitum.
221 Puoi vedere la p.
3986.
222 Chi sia accorto, facilmente distingue e nella speculazione e nella pratica, e in ciascuna persona e caso particolare, e nel generale, il carattere e costume puntiglioso, e i fatti puntigliosi, dal carattere ec.
ch'io qui descrivo (il quale non è neppur lo stesso che quello del Burbero benefico di Goldoni) che certo in realtà sono cose molto diverse e distinte.
223 Puoi ved.
La lett.
101 del Re di Pruss.
a d'Alembert, onde apparisce che il Metastasio s'avea fuor d'Italia pel principale ingegno italiano di que' tempi.
224 Vedi la pag.
3963.
lin.
18.
3980.
lin 3.4.
225 Purulentus, purulentia ec.; esculentus, virulentus, vinolentus v.
la pag.
3968-9.
3992.
temulentus ec.
nidulor, se non è freq.
o frequen-dimin.
226 V.
il Saggio di Algarotti sugl'Incas.
227 V.
il Gloss.
ec.
Ramentevoir franc.
Antico.
228 Puoi ved.
la p.
3988.
Si può applicare al discorso sopra le barbarie della società umana ec.
(p.
3797-802.).
229 Capsula, parva capse; capsella, parva capsula.
Forc.
Pare che, se non altro, il Forc.
creda che il diminut.
in ellus ec.
dinoti maggior diminuz.
che quello in ulus ec., quando anche ei non lo creda sempre o non mai un sopraddiminutivo.
Oculus-ocellus (oculus, come dico altrove, non è diminut.
come altrove io aveva detto, o è positivato ec.
sicchè ocellus non è sopraddiminutivo ec.).
230 V.
p.
3982.
231 V.
p.
3982.
232 Del resto l'uso dell'ionico fatto anticam.
dagli non ionici prova con certezza che il ionico o era il greco comune, o il più comune, o il solo o il più applicato e quindi atto alla letteratura e al dir colto ec.
o il più famoso ec.
V.
p.
3991.
233 V.
p.
seg.
234 V.
p.
3990.
235 Diminutivo non in franc.
Ma fatto da una forma non diminut.
lat.a Vedi però la p.
3991.
capoverso 1.
e 3985.
princip.
236 P.
e molti verbi in ailler, come ferrailler, tirailler, rimailler, grappiller, folâtrer ec.
(puoi ved.
la p.
3980.
capoverso 1.) babiller.
237 mungo, pungo, iungo ec.
-nctum.
238 Così in latino: p.e.
v.
Forcell.
in Dium.
E certo da ???? dev'essere divus; e v.
Forc.
in Divus.
239 V.
ancora i derivati ec.
di ungula, unghia, ongle.
240 Puoi ved.
la p.
3992.
capoverso 3.
e la p.
3753.
marg.
241 Così è infatti: advertid que ec.
D.
Quijote.
242 V.
il pens.
precedente e p.
3996.
capoverso 1.
2.
e ult.
ec.
questa desin.
in on è comune cioè tanto masc.
che fem.
o l'uno e l'altro insieme ec.
Se il nome in on, essendo aggettivo ha il femm.
in one o onne, non è diminut.
anzi dubito che un aggett.
in on sia mai de' diminut.
- Compagnon (fem.
compagne) sostantivo.
243 Dubito però che in franc.
la desinenza in in ine ec.
nè abbia ora, nè abbia mai avuto la forza diminutiva in nessun modo.
V.
la pag.
3993.
capoverso 4.
marg.
244 In simil senso di verbigrazia ec.
o analogo a questo, mi par che si usi eziandio lo spagn.
luego.
245 Altra volta ve lo trovo per benigno, favorevole (fue mas agradecida y liberal la natura que la fortuna).
Desagradecido p.
ingrato.
D.
Quij Leido p.
che ha letto, alletterato (ib.
leido en cosas de Caballeria andantesca, cioè, che ha letto romanzi di Cavalleria, come quivi si vede).
246 Così grappo e grappolo, di cui altrove; e v.
il Gloss.
247 Seggia, seggio e seggiolo, co' derivati ec.
del che altrove.
Cuccio e cucciolo, ciotto e ciottolo coi derivati, composti ec.
Ciccia e cicciolo o sicciolo.
Chiappole, bruscoli, pappolate, ec.
Frotta e frottola.
Tetta e tettola: v.
la pag.
4007.
248 Così scrive l'Alberti, nócciolo.
Così da cochlea, chiócciola: noi marchegiani cuccióla.
249 Voltolare, rivoltolare, avvoltolatamente.
Vagellare (Crus.), vagolare e avagolare (Alberti), da vagari.
250 Morchia (noi marchigiani morca) - amurca.
251 Veggasi la p.
4014.
capoverso 4.
252 Conocido, desconocido, p.
conoscente, cioè grato, e sconoscente, come diciamo noi l'uno e l'altro, come anche disconoscente.
V.
la Crusca in disconosciuto esempio 2.
dove vale che non conosce, ch'è privo di conoscimento, e nota ch'è di Guittone, cioè antichissimo.
253 ((((( p.
falso, frusta in luogo di Alessi Comico ap.
Ateneo l.
13.
p.
562.
D.
fin.
male inteso dal Dalechampio.
254 V.
Ancora lo stesso Luc.
l.
178.
lin.
25.26.
dove pur sottintendesi ?? o ????.
255 Desaguisar, desaguisado, aguisado ec.
256 Pregiato p.
prezioso o pregevole, immensus p.
immetibilis.
257 Veggasi la p.
4026.
capoverso 5.
258 P.
3827.
259 Così diciamo l'amicizia altrui, la conoscenza altrui, le offese altrui e simili frasi dove l'altrui ha relazione a colui solo di cui si parla, sia persona o cosa, cioè in somma ridonda.
E così mill'altre frasi.
260 V.
per es.
Lucrez.
l.
2.
v.
9.
261 Certo la puniz.
porta seco più infamia che la colpa.
262 Spagn.
gloton, glotoneria, glotonear ec.
263 Anche Cesare Dittat.
fu divinizzato, con flamine ec.
ec., dopo la morte almeno.
V.
gli storici e Sveton.
in fine della sua vita.
264 V.
Saavedra Idea de un Principe politico Christiano, Amst.
1659.
ap.
Iansson Iuniorem.
empresa 25.
p.
225-6.
265 Similm.
discorrasi delle donne, in proporzione ec.
266 Neo nes nevi netum.
267 Farneticare.
268 V.
Hist.
de l'Acad.
des Sciences, an.
1734.
p.
20-23.
t.
1.
ed.
d'Amsterdam in 12.°
269 V.
Creuzer, Meletemata, dov'è il framm.
di Dicearco.
270 Così appunto la pensavano gli antichi.
V.
Casaub.
ib.
l.
8.
c.
14.
init.
271 V.
anche Eliano Var.
Ist.
272 Non bisogna tuttavolta usar le figure a man piena: gosa goffa e che ec.
273 Inconsideranza e spensieratezza del futuro.
274 Ministro, funzionario qualunq.
275 V.
p.
4256.
fin.
276 Scriveva il Chester.
quelle cose circa il 1750: il Tradutt.
ital.
del Maff.
furon pubblicati del 1720.
277 (M.
Schubarth n'a donc par remarqué qu'Homère ne chante qua la colère d'Achille et non la guerre entière de Troie? N.
du R.)
278 V.
p.
4388.
279 V.
p.
4431.
280 V.
la pag.
4408.
capoverso 2.
281 V.
p.
4483.
282 V.
p.
4483.
283 V.
p.
4465.
284 Fauto e Faustolo, il pastore che salvò Romolo e Remo bambini.
285 Così anco de' verbi in are, alla qual terminaz.
aggiungono un ol.
(sfondare- sfondolare, sfondolato).
V.
la pag.
4496.
capoverso 8.
e 4509.
capoverso 3.
e 4512.
286 Prossimo (? ???????, ? ?????), p.
simile ec., viene anche dal greco p.
mezzo del Cristianes., quantunq.
in Forc.
abbia qualcosa di simile in qutori pagani.
287 Pare che i lat., almeno de' bassi tempi, usassero come disprezzativa la forma in Acul.
288 I verbi, tutti della Ia.
289 Crever, se crever, - crevasser.
290 Intrico as, tricae-tricasserie, tracasser, tracas ec.
(tricaculae) coutelas, freddiccio, rossiccio, e simili aggettivi.
291 V.
la p.
4496.
capoverso 9.
292 V.
il pensiero seg.
...
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