[Pagina precedente]...ar spagn. (semplice continuativo di assalire, e derivato dal suo particicipio al modo di cento mila altri verbi; del resto, proprio anche dell'italiano), non dimostrano essi un'origine comune cioè un assalire latino, che non trovandosi negli scrittori, non può essere stato che volgare? V. il Forcell. e il Glossar. se hanno nulla. Nello spurgo di voci senza buona autorità , il Forcell. porta infatti Adsalio, adorior, aggredior. Adsalitura, et Adsaltura, aggressio.
(2. Gen. 1822.)
Alla p.1121. fine. Il verbo periclitari che cosa crediamo noi che sia con quella sua desinenza in tari? Null'altro che un continuativo o frequentativo di un periculari, part. periculatus contratto in periclatus, (come periculum spessissimo in periclum, e qui con più ragione per non dire [2325]duramente periculitari) donde periclitari nè più nè meno come da minatus di minari, minitari. Che è? questo periculor è un sogno? 1. Perchè dunque da periculum o periclum s'ha da far di prima mano periclitor, e non periclor o periculor, secondo tutte le regole? 2. Eccovi periculor presso Festo in Catone, che disse Periculatus sum. (Forcell. in Periculatus). Ed eccovi appunto questo antichissimo verbo dimenticato nella letteratura latina, vivo e verde ne' volgari dal volgar latino derivati. Pericolare diciamo noi (e non periclitare, come potevamo ben dire, ma non può esser oggi parola se non poetica, e forse forse): peligrar gli spagnuoli, ed è lo stesso, perchè in ispagnuolo periculum s'è fatto peligro. Sempre, ? ?? ???????? ?????, i nostri volgari si trovano più simili all'antichissimo che all'aureo latino. V. il Dufresne in Periculare. (4. Gen. 1822.). Abbiamo però anche periclitare. V. la Crusca.
Volgus, volpes dicevano gli antichi latini ec. ec. e cento mila altre voci similmente, adoperando l'o in cambio dell'u. (V. il Forc. [2326]in O, U ec. ec.) Uso proprio del volgo, proprio dell'antichità , e perciò amato anche recentemente da quelli che affettavano antichità di lingua, come Frontone ec. Or quest'uso appunto eccovelo nell'italiano, solito a scambiare in o l'u latino dei buoni tempi, e restituir queste voci nella primitiva loro forma ch'ebbero fra gli antichi latini, e nelle vecchie scritture. È noto che tal costume è più proprio dell'italiano che dello spagnuolo, e più assai che del francese. ec. ec.
(4. Gen. 1822.)
Alla p.2315. È proprio, appunto per queste ragioni, de' mediocri o infimi drammatici, il sopraccaricare d'intreccio le loro opere, l'abbondare di episodi ec. Il contrario è proprio de' sommi. E la ragione è che questi trovano sempre come tener vivo l'interesse dello spettatore (anche in una azione di poca importanza) colla naturalezza dei discorsi, la vivezza, l'energia, collo sviluppo continuo delle passioni, o col ridicolo ec. Quelli non sono mai contenti neppur dopo che hanno trovato o immaginato un caso complicatissimo, [2327]stranissimo, curiosissimo. Esauriscono in un batter d'occhio tutto ciò che il soggetto offre loro. Cioè non sapendone cavare il partito che possono e devono, il soggetto non basta loro se non per poche scene. Fatte o disposte queste; dopo di esse, o nelle scene di mezzo si trovano colle mani vote (per ridondante di passione, di ridicolo ec. che il soggetto possa essere), e non trovano altra via di tener vivo l'interesse e la curiosità , che quella di andare a cercar nuovi episodi, nuove fila, nuovi soggetti insomma, per esaurirli poi essi pure in un momento. Non possono insomma trovarsi un solo istante senza qualche cosa da raccontare, qualche filo da aggiungere alla tela, qualche soggetto ancor fresco, altrimenti non hanno nulla da dire. E quanti autori sono di questo genere? quanti drammi? 999. per mille.
(4. Gen. 1822.)
Alla p.1128. principio. Da cheF (come da cabo acaBar in ispagnuolo e noi pure diciamo condurre ec. a capo, venire a capo ec.) si fa in francese acheVer, mutata la f in v. Scambio (come altrove [2328]ho detto, cioè p.2070. fine,) frequentissimo anche in francese, e frequentissimo per regola come nel caso addotto, e non già per arbitrio, come schifare che si può dire ugualmente schivare. (4. Gen.1822.). Da clavis clef, da cervus cerf, da nervus nerf, ec. ec. ec. Cioè tolta la desinenza al solito, in vece di pronunziare nerv, pronunziarono nerf ec.
Alla p.155. poco sopra il fine. È anche maniera continuativa fra noi star facendo dicendo, ec. V. la Crusca. Anzi il verbo stare, e per sua natura in tutte le lingue (giacchè egli è propriamente ed essenzialmente un continuativo di essere), e per proprietà della nostra, è il più adattato, o piuttosto è precisamente quello ch'esprime la continuità o durata di qualsivoglia azione (sebbene non molto elegantemente). P.e. s'io vorrò esprimere la forza di un continuativo latino, non avrò che ad usare in italiano il verbo stare col gerundio esprimente quell'azione, e per lectare dirò star leggendo, massime se l'azione non è affatto di moto, o materiale o ideale, e metaforico ec. Ma volgarmente diciamo tutto giorno anche star passeggiando, o camminando, o viaggiando e simili, e propriamente e perpetuamente adoperiamo in questa forma il verbo stare in luogo di universale continuativo.
(4. Gen. 1822.). V. p.2374.
[2329]Alla p.1136. fine. Fra le molte prove che si potrebbero addurre di ciò, cavate dalla veramente profonda e non superficiale investigazione della più remota antichità , v'è anche questa. Noi diciamo che lo spirito denso dei greci fu bene spesso trasformato dai latini in una s. Ma il fatto sta che gli antichissimi monumenti greci hanno essi medesimi il sigma, dove poi si costumò di porre lo spirito denso, e forse anche in luogo del lene. V. Iscriz. antiche illustrate dall'Ab. Gaetano Marini, p.184. e soprattutto il Lanzi, della lingua Etrusca. Questo che cosa dimostra? dimostra secondo me, che l'antichissima forma di quelle tali parole comuni ab antichissimo al greco e al latino, era infatti colla s in principio, e non collo spirito; che questo per indole di loro pronunzia fu coll'andar del tempo sostituito dai greci parlatori, e poi dagli scrittori, al sigma, e non viceversa la s allo spirito dai latini; che per conseguenza la forma latina è più antica della greca, la pronunzia cioè e la scrittura latina di tali parole; e che quindi in esse i latini hanno conservato l'antichità e il primitivo più dei [2330]greci. V. p.2143. segg. 2307-8. ed altri miei passi su questo punto di antichità . E quante altre simili osservazioni si potrebbono fare sulle antichissime parole, proprietà , ortografie ec. delle due lingue: osservazioni le quali mostrerebbero che quello che comunemente crediamo venuto dalla Grecia nel Lazio, o è tutto al rovescio, o vien da origine comune; e che quelle differenze che in tali cose s'incontrano fra il greco e il latino e che da noi sono attribuite a corruzione sofferta da quelle parole ec. passando nel Lazio, si debbono invece attribuire a corruzione sofferta in Grecia; e nel Lazio conservano la loro forma antichissima, e non differiscono dalla greca, se non perchè questa s'è allontanata essa stessa dal primitivo assai più della latina.
(5. Gen. 1822.). V. p.2351. fine. e 2384.
Alla p.1153. Tali versi de' comici, giambici, ec. erano quasi ritmici, cioè regolati e misurati piuttosto sul numero delle sillabe, e la disposizione degli accenti, (poco anche osservata) che sul valore e quantità di ciascuna sillaba. Dunque vuol dire che secondo il ritmo, tali vocali doppie si dovevano pronunziare piuttosto come monosillabe che dissillabe [2331]ec. Dunque pel volgo, anzi nella pronunzia quotidiana esse erano monosillabe, e non altrimenti, fino agli ultimi tempi della lingua latina (giacchè questo med. costume si può molto più notare ne' versi espressamente ritmici de' bassi tempi) ec. ec.
(5. Gen. 1822.)
Alla p.928. L'Asia fu la prima a brillare nel mondo per la potenza: essa ebbe le prime nazioni le prime patrie, e perciò ella regnò o colle colonie, o colle leggi medesime e col governo le altre parti del mondo che da lei furono popolate. Dopo l'Asia, o contemporaneamente, l'Egitto divenne nazione e patria, e l'Egitto divenne conquistatore e quasi centro del mondo sotto Sesostri ec. La Grecia chiamata bambina presso Platone, perchè recentissima rispetto alle dette nazioni; la Grecia, quel piccol tratto d'Europa, divenne à son tour il centro del mondo, e la più potente parte di esso, perchè? Perch'ella in quel tempo era divenuta nazione e patria, mentre l'Asia e l'Egitto aveano cessato di esserlo, e conservava il costume naturale, perduto dagli Asiatici ec. E dopo [2332]che la Grecia a causa di questa preponderanza, essendosi resa formidabile ai più grandi regni, pervenne poi anche a conquistarli, distrusse l'immenso impero Persiano, compreso l'Egitto, e mediante le conquiste di Alessandro, l'Asia l'Affrica, l'Europa divennero effettivamente greche, e provincie greche, dopo tutto ciò per qual motivo quell'Italia fin allora sconosciuta nel mondo, ignota nel numero delle nazioni e delle potenze, crescendo a poco [a poco], ingoiò la Grecia e il suo impero, e stabilì il propro regno sulle ruine di quello di Semiramide, di Ciro, di Alessandro ec. ec.? Perchè l'Italia più tardi delle altre parti del mondo era divenuta nazione: la natura già fuggita anche dalla Grecia, restava in questo fondo d'Europa: vi sorgeva la mediocre civiltà (più vicina all'eccesso della barbarie, che all'eccesso della civilizzazione a cui dopo gli Assiri, gli Egizi, i Persiani, erano arrivati anche i greci); e questa li fece padroni del mondo: e sempre che la mezzana civiltà troverassi in mezzo o a popoli non tocchi affatto da incivilimento, o a popoli [2333]pienamente inciviliti (quale fu poi il caso de' settentrionali sull'impero romano, e lo è oggi di nuovo, massime riguardo alla Russia, sul resto d'Europa); sempre che una nazione una patria esisterà in mezzo a popoli che non abbiano mai avuta, o per l'estremo incivilimento abbiano perduta la nazione e la patria; la mezzana civiltà trionferà di tutto il mondo, e quella nazione che resta, o che nasce, per piccola che sia, diverrà conquistatrice, e segnerà il suo nome nel catalogo delle nazioni che hanno dominato universalmente; finchè questo medesimo dominio non la ridurrà allo stato delle potenze da lei vinte, e distruggerà il suo potere. Il che oggi, stante la marcia accelerata delle cose umane, avverrà più presto che non soleva anticamente.
In questo catalogo delle nazioni dominanti ne' diversi tempi, dove io ho detto l'Asia, tu devi dividere e porre successivamente le diverse nazioni dell'Asia ch'ebbero impero: gl'indiani forse, e prima di tutti; gli Assiri, i Medi, i Persiani, forse [2334]anche i Fenici, e i loro coloni Cartaginesi ec. E l'impero francese (nato, vissuto e morto in vent'anni, il che serve di prova di fatto a ciò che dico sulla fine della pagina precedente) merita anch'esso un posto fra questo genere d'imperi. Perocchè sebbene la nazion francese è la più civile del mondo, pure ella non conseguì questo impero, se non in forza di una rivoluzione, che mettendo sul campo ogni sorta di passioni, e ravvivando ogni sorta d'illusioni, ravvicinò la Francia alla natura, spinse indietro l'incivilimento (del che si lagnano infatti i bravi filosofi monarchici), ritornò la Francia allo stato di nazione e di patria (che aveva perduto sotto i re), rese, benchè momentaneamente, più severi i loro dissolutissimi costumi, aprì la strada al merito, sviluppò il desiderio, l'onore, la forza della virtù e dei sentimenti naturali; accese gli odi e ogni sorta di passioni vive, e in somma se non ricondusse la mezzana civiltà degli antichi, certo fece poco meno (quanto comportavano i tempi), e non ad altro si debbono attribuire quelle azioni dette barbare, di cui fu sì feconda [2335]allora la Francia. Nata dalla corruttela, la rivoluzione la stagnò per un momento, siccome fa la barbarie nata dall'eccessiva civiltà , che per vie stortissime, pure riconduce gli uomini più da presso alla natura.
(6. Gen. dì dell'Epifania. 1822.)
La m...
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