[Pagina precedente]...tet, et saepe omne genus???(? complectitur. Unde illud in fine trium Hymnorum (homericor.), manifestum istius moris vestigium: (???(????(?(?(??(???????????(??????(?????(??(???? (Wolf. §.25. p. CVII. not.) Cioè passerò a qualcuno de' canti omerici, a cui gl'inni sacri servivano di proemii, perciò dagli antichi sovente chiamati ????(?????????(???????(?, ????(????????(?????? etc. I rapsodi componevano o cantavano or l'uno or l'altro di tali proemii secondo il luogo e l'occasione del recitare gli squarci omerici, il nume protettor del paese, la solennità ec. Vedi le mie osservazioni sui 3. generi di poesia, lirico, epico, drammatico; le quali riceveranno luce altresì dalle presenti. V. p.4460.
E in fatti il poema epico è contro la natura della poesia. 1° Domanda un piano concepito e ordinato con tutta freddezza: 2° Che può aver a fare colla poesia un lavoro che domanda più e più anni d'esecuzione? la poesia sta essenzialmente in un impeto. È anche contro natura assolutamente impossibile che l'immaginazione, la vena, gli spiriti poetici, durino, bastino, non vengano meno in sì lungo lavoro sopra un medesimo argomento V. p.4372. È famosa, non meno che manifesta, la stanchezza e lo sforzo di Virgilio negli ultimi 6. libri dell'Eneide scritti veramente per proposito, e non per impulso dell'animo, nè con voglia. V. p.4460. - Il Furioso è una successione di argomenti diversi, e quasi di diverse poesie; non è fatto sopra un piano concepito e coordinato in principio; il poeta si sentiva libero di terminare quando voleva; continuava di spontanea volontà , e con una elezione, impulso, (??( primitiva ad ogni canto; e certo in principio non ebbe punto d'intenzione a quella lunghezza. - I lavori di poesia vogliono per natura esser corti. E tali furono e sono tutte le poesie primitive (cioè le più poetiche e vere), di qualunque genere, [4357]presso tutti i popoli.
Si obbietterà la drammatica. Direi che la drammatica spetta alla poesia meno ancora che l'epica. Essa è cosa prosaica: i versi vi sono di forma, non di essenza, nè le danno natura poetica. Il poeta è spinto a poetare dall'intimo sentimento suo proprio, non dagli altrui. Il fingere di avere una passione, un carattere ch'ei non ha (cosa necessaria al drammatico) è cosa alienissima dal poeta; non meno che l'osservazione esatta e paziente de' caratteri e passioni altrui. Il sentimento che l'anima al presente, ecco la sola musa ispiratrice del vero poeta, il solo che egli provi inclinazione ad esprimere. Quanto più un uomo è di genio, quanto più è poeta, tanto più avrà de' sentimenti suoi propri da esporre, tanto più sdegnerà di vestire un altro personaggio, di parlare in persona altrui, d'imitare, tanto più dipingerà se stesso e ne avrà il bisogno, tanto più sarà lirico, tanto meno drammatico. In fatti i maggiori geni e poeti che hanno coltivata la drammatica, (coltivata perchè l'hanno creduta poesia, ingannati dal verso, come Virgilio fece un poema epico perchè credè che Omero ne avesse fatto), peccano sempre in questo, di dar se stessi più che altrui. V. p.4367. L'estro del drammatico è finto, perch'ei dee fingere: un che si sente mosso a poetare, non si sente mosso che dal bisogno d'esprimere de' sentimenti ch'egli prova veramente V. p.4398. Noi ridiamo delle Esercitazioni de' sofisti: che avrà detto Medea ec. che direbbe uno il quale ec. Così delle Orazioni di finta occasione, come tante nostre del 500, cominciando dal Casa. Or che altro è la drammatica? meno ridicola perchè in versi? Anzi l'imitazione è cosa prosaica: in prosa, come ne' romanzi, è più ragionevole: così nella nostra commedia, dramma in prosa, ec.
[4358]L'imitazione tien sempre molto del servile. Falsissima idea considerare e definir la poesia per arte imitativa, metterla colla pittura ec. Il poeta immagina: l'immaginazione vede il mondo come non è, si fabbrica un mondo che non è, finge, inventa, non imita, non imita (dico) di proposito suo: creatore, inventore, non imitatore; ecco il carattere essenziale del poeta. Quum philosophus ille (Plato), primus, ut nobis videtur, ex aliquot generibus, MAXIME SCENICO, poëticae arti naturam affingeret??(????? etc. Primariam illius sententiam de arte poëtica suscepit Aristoteles in celebratiss. libello, correctam quidem passim a se, verum ne sic quidem explicatam, ut cuique generi Carminum satis conveniret; adeo didascalicum genus ab eo prorsus excluditur. Neque post Aristot. quisquam philosophor. veram vim illius artis aut historicam interpretationem recte assecutus videtur. (Wolf. 36. p. CLXIV-V.). Questa definizione di Platone, definizione di quel genere dialettico, esercitativo, anzi ludicro, secondo cui egli metteva p.e. la rettorica colla?????????( ec. (v. il Gorgia, e il Sofista, specialmente in fine.), è la sola origine di questa sì inveterata opinione che la poesia sia un'arte imitativa. V. p.4372. fine.
Ma, lasciando questo discorso ad altra occasione, basta ora rispondere che in origine e presso i greci (come tutte le cose in origine sono più ragionevoli), i drammi furono assai più brevi componimenti che ora, e quasi senza piano, cioè con intreccio semplicissimo. Omnino vero utilissimum esset, undecumque collecta unum in locum habere, quae in libris veterum vel praecepta de arte poëtica, vel iudicia de poëtis suis sparsim leguntur. [4359]Docerent ea, ni fallor, cum optimis, quae exstant, Carminibus comparata, quam sero Graeci in poeti didicerint TOTUM PONERE, ac ne Horatium quidem, qui illud praecipit, eius praecepti eosdem fines ac nostros philosophos constituisse. Erunt ei praecipue haec disquirenda, qui dramata Graecorum ad antiquae artis leges exigere volet. Quodsi in his saepius ab historica ratione deflexit Aristoteles, tanto magis admiranda est viri perspicacitas, qua saeculum suum praecucurrit. V. p.4458. (Wolf §.29. p. CXXV. not.)
Del resto, vedesi insomma che l'epica, da cui apparentemente derivò la drammatica280 (anzi piuttosto da' canti, non ancora epici, ma lirici, de' rapsodi: Wolf.), si riduce per origine alla lirica, solo primitivo e solo vero genere di poesia: solo, ma tanto vario, quanto è varia la natura dei sentimenti che il poeta e l'uomo può provare, e desiderar di esprimere.
(29. Agos. 1828.). V. p.4412. fine.
Quanti errori, assurdi, contraddizioni per aver voluto giudicare Omero secondo i costumi, le opinioni, le instituzioni moderne o più note, ed applicarle a' suoi poemi! Si è supposta in lui una mostruosa mescolanza di dialetti, perchè il dialetto o lingua ch'egli usò, si divise poi in più dialetti diversi. V. p.4405. Si è creduto ch'egli fosse esattissimo pittore de' costumi eroici, greci e troiani, quando in fatti egli non ha dipinto che i costumi de' suoi propri tempi, ed ai troiani ha dato nomi e costumi greci. V. p.4408. fin. (Necesse haberem longam disputationem ingredi de omni ratione qua Homerus in descriptione heroicae vitae versari solet. Non enim apud illum nisi bis terve hoc genus reperio eruditae artis, quod poëtae [4360]cultiorum aetatum affectant, quum superiorum fabulosa gesta scenae reddentes cavent sedulo, ne priscam sinceritatem novis moribus infucent, quo facilius lectorib. vel spectator., propter antiquitatis peritiam incredulis, imponant, eosque rebus ac personis, quibus cummaxime volunt, interesse et tota mente quasi cum illis vivere cogant. Wolf. loc. cit. alla p.4343. §.1. p. XCII. arte non posseduta neanche dai drammatici greci. Scilicet, ut nihil dicam de more Tragicorum (graec.), novas consuetudines in heroicum aevum transferendi, ec. §.19. p. LXXXIII. not.): e poi nel tempo stesso, come se Omero avesse avuto e descritto opinioni caratteri e costumi moderni, egli è stato ripreso per le assurdità , le inumanità ec. che a giudicare i suoi poemi secondo queste opinioni e costumi, vi si ritrovano. (V. le mie osservazioni sopra il dritto delle genti a que' tempi, la compassione, il patriotismo ec. ec.) Altro di questi errori vedilo p.4383-4. Finalmente gli si è attribuita un'intenzione e un'arte di poema epico, ch'egli non ha mai avuta, e che gli è d'assai posteriore; e poi egli è stato straziato, deriso ec. perchè i suoi poemi in mille cose si son trovati lontanissimi dal rispondere alle regole di quest'arte, che noi dicevamo aver cavate da essi; a quel piano, che noi abbiamo formato ed attribuito loro; a quell'unità che noi abbiam fatto l'onore di prestar loro ec. (31. Agos. 1828.). Ma ben in cose più gravi di queste, ad errori ed assurdi ben più dannosi, ci ha tratti e trae di continuo la nostra frenesia di volere accomodare ogni cosa al nostro modo di vedere, e spiegare ogni cosa secondo le nostre idee.
(30. Agosto. 1828.)
M. Bilderdijk, poeta il più riputato degli Olandesi viventi, ed anche famoso erudito e scienziato (viveva 1826.), in una memoria van het Letterschrift [4361](sur les caractères d'écriture), in- 8°. Rotterdam 1820., adhère à l'opinion que les anciens alphabets ne contenaient que des consonnes. (Bull. de Féruss. loc. cit. alla p.4312. t.6. 1826. art.152. p.183.) Questo però per ragioni e spiegazioni diverse da quelle da me addotte altrove.
(31. Agosto 1828.)
Alla p.4340. Il a paru cette année (1824.) à Leipzig un livre qui doit attirer l'attent. des amat. de la littér. slavonne. C'est un recueil de chansons serviennes en 3. vol. publié par Vouk Stéphanovitch littérateur servien très connu et auteur d'une grammaire et d'un lexique servien. Voici le compte qu'en a rendu le journal des savans de Goettingue (1823. n.177. et 178.) "Ces chants serviens n'ont point été émpruntés aux vieilles chroniques; ils ont été recueillis de la bouche même du peuple. Comme ils ne furent jamais écrits, jamais non plus ils n'ont ni vieilli ni ne sauraient vieillir". Ib. t.5. Janv. 1826. art. 24. p.26.
(31. Agos. 1828.). V. p.4372.
Vouk Stéphanovitch et quelques autres littérateurs serviens modernes ont cru bien faire d'introduire de nouvelles lettres ainsi qu'une orthographe étrangère tout-à -fait barbare chez les Slaves. Pourquoi ne pas s'en tenir à l'ancien alphabet cyrillien? (V. il pensiero precedente e quelli a cui si riferisce). Ib. extrait du Fils de la patrie (Giorn. russo), n.26, p.241, 1824.
(31. Agos. 1828.)
Commentatio historico-critica de Rhapsodis. in 4°. de 22 pag. Vienne 1824. Cet opuscule contient, en premier lieu, l'étymologie du mot (?????(?. (?(???(?((???????(??(?(?, ou (?(???(?(?(?((??(?(????. L'Auteur [4362]expose ensuite les raisons qui lui font adopter cette étymologie. 'P(??????(?(? est expliqué d'après Wolf (§.23. p. XCVI. not. dei Prolegom. ec.): Carmina modo et ordine publicae recitationi apto connectere. V. p.4366. '????????( et '????(??? sont désignés comme synonymes dans le sens de (??????(. Viennent ensuite des obss. historiques sur l'art des rhapsodes grecs, divisées en 4 périodes. La 1. va jusqu'à Homère; la 2. comprend l'âge d'or des rhapsodes, jusqu'à Pisistrate; la 3, l'âge d'argent, jusqu'à Socrate; la 4, l'âge d'airain, s'occupe de la dégradation de l'art des rhapsodes. L'énumération des rhapsodes distingués termine cet opuscule. Ib. Mars, art.231. p.170.
(Agos. 1828.)
Alla p.4312. Plusieurs peuplades de l'Afrique, de l'Amérique ou de la Polynésie, chez lesquelles une écriture tout-à -fait étrangère s'est introduite avec la prédication du christianisme, lorsque leur langage avait été élaboré, dans l'absence de toute écriture, pendant une longue suite de siècles, pouvaient etc. Ib. 1826. t.5. p.338-9. art.485.
Alla p.4340 fin. Dissertatio, histor. inaug. de Guilielmo Tellio, libertatis Helveticae vindice, quam examini submittet J.-J. Hisely. In 8° VIII et 69. pag. Groningen, 1824. (Bek's Allg. Repertor., 1825., 1r vol., p.213.)... Dans le chap.2. l'aut. examine les faits historiques attaqués par Freudenberger. Il résulte de cet examen que G. Tell est injustement accusé d'homicide. Ib. 1826. t.6. art.138. p.162. V. p.4372.
Alla p.4322. fin -. M. Granville Penn donne lecture (à la séance du 21 juin 1826, de la Société royale de Littérature de Londres) d'une notice intéressant...
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