[Pagina precedente]...?(??? (cioè ricusando l'obbedienza de' magistrati [4299]liberi), ?(???(????(??? ???????(?? (della dominazione dei servi, cioè de' satelliti del tiranno ec.) (??(???????(???(?.
(Pisa. 2. Dic. 1827.)
Alla p. qui dietro. Del resto, questo scompisciamento generale di Firenze procede da quell'eccessiva libertà individuale che vi regna, per la quale Firenze potrebbe molto bene paragonarsi ad Atene del tempo il più democratico, ed applicarsi a lei quello che, alludendo ad Atene, dice di una città eccessivamente democratica Platone nell'ottavo della Repubblica, opp. ed. Astii, tom.4. p.478.
(Pisa. 5. Dic. 1827.)
Alla p.4164. capoverso 3. Epicuro Epist. ad Herodot., ap. Laert. X. segm.37. (????(???(??????(?????(?????(?????( (????(?????(???????(??(?(?(???????(????(????. Quest'uso dell'infinito, è proprio, del resto, anche della lingua franc. spagn. ec.
D'Alembert nel Discours préliminaire de l'Encyclopédie, avendo parlato delle cure, delle fatiche prese, e delle grandissime difficoltà incontrate dagli enciclopedisti, e particolarmente da Diderot per acquistare intorno alle arti, mestieri e manifatture i lumi e le notizie necessarie a trattarne nella enciclopedia, soggiunge: C'est ainsi que nous nous sommes convaincus de l'ignorance dans laquelle on est sur la plûpart des objets de la vie, et de la difficulté de sortir de cette ignorance. C'est ainsi que nous nous sommes mis en êtat de démontrer que l'homme de Lettres qui sait le plus sa Langue, ne connoît pas la vingtieme partie des mots; que quoique chaque Art ait la sienne, cette langue est encore bien imparfaite; que c'est par l'extrême habitude de converser les uns avec les autres, que les ouvriers s'entendent, et beaucoup plus par le retour des conjonctures que par l'usage des termes. Dans un attelier, c'est le moment qui parle, et non l'Artiste.
(Pisa. 17. Dic. 1827.)
[4300]S'andrà schernendo il giovinetto altero Senz'altra (alcuna) pena l'amoroso foco, Chi sarà poi che 'l tuo schernito impero, Voto d'ogni timor non prenda in gioco? Alamanni, Favola di Narcisso, stanza 17. (30. Dic. 1827. Domenica.).
Altronde per altrove. Angelo di Costanzo, Sonetto 44. Mancheran prima ec.
Avale-aguale.
Tallo-??????.
Frugare - Frugolare. Malm. racq. 10mo cantare, stanza 44. Spruzzo - Spruzzolo. Menzini, Satira 9. verso 48.
Cosa curiosa, e notabile per chi vuol conoscere la storia, e dalla storia inferire il valore, delle opinioni degli uomini intorno ai diritti e ai doveri, si è che ne' secoli passati, i Negri erano creduti d'una origine e quindi d'una famiglia stessa co' bianchi, e pur quei medesimi che li tenevano per tali, sostenevano la ineguaglianza naturale di diritti tra i bianchi e loro, la inferiorità dei Negri, e la giustizia della loro servitù, anzi schiavitù ed oppressione: oggi i Negri sono conosciuti di origine, e però di famiglia, onninamente diversa dai bianchi, e quelli che gli hanno per tali, sostengono la loro uguaglianza sociale rispetto a noi, e la parità de' loro diritti, e la totale ingiustizia del farli schiavi, o maltrattarli, o dominarli, e l'assurdità dell'opinione antica in tal proposito. (Pisa 14. Gen. 1828.).
Alla p.4298. Oh gente santa, Che non piscia lì dove vede impresso Segno di croce! Menzini, Sat. 9. vers.56-8.
Al detto altrove di non pareil per senza pari, grecismo; e di pareil, parejo, apparecchiare ec. diminutivi positivati ec. aggiungi. Chiabrera Canzonette, canzonetta 8va al Sig. Luciano Borzone pittore (principio: Se di bella, che in Pindo alberga, musa) stanza 6 ed ult. versi 50-54 ed ultimi. Ah sciocchezza infinita Di qualunque sia core, E follia NON PARECCHIA! (senza pari) Pianger perchè si more, E non perchè s'invecchia. (Pisa. 15. Gennaio. 1828.).
Altronde per altrove. Giusto de' Conti, Bella Mano, Canz. 2. st.5. Capit.4. v.8.
[4301] Infamato per infame. Id. ib. Capit.3. v.88. Dannata (per dannevole) vista, e di mirarsi indegna. Chiabr. Canz. Cosmo, sì lungo stuol, lieto in sembianza. v.25. stanz.4. v.1. Patito. Viso patito. Uomo, cavallo, panno patito ec. Si dice anche in Toscana.
Memorie della mia vita. La privazione di ogni speranza, succeduta al mio primo ingresso nel mondo, appoco appoco fu causa di spegnere in me quasi ogni desiderio. Ora, per le circostanze mutate, risorta la speranza, io mi trovo nella strana situazione di aver molta più speranza che desiderio, e più speranze che desiderii ec.
(Pisa. 19. 1828.)
V'è di quelli ostinati, Che per un blittri (della qual voce, derivata dal greco, dico altrove: vuol dire per un nulla) categorematico Lascerian stare la broda e 'l companatico. Magalotti, Sonetto colla coda; che incomincia: Acciò conosca ognun quanto diverso. vers.27-29. Parla de' fanatici scolastici e peripatetici del suo tempo.
(Pisa. 22. 1828.)
Raperonzo - raperonzolo. Cotogno - cotognolo. V. Crus.
??(???? - trebbiare, forse da tribulare, che forse è un frequentativo di un inusitato tribere da ??(????.
(Pisa. 28. 1828.)
E disse fra suo core: l'ho mal fatto. Pulci Morg. maggiore, XII. 28.
Disse Rinaldo: A te, sanza altre scorte, (nessuna scorta) Venuti siam per l'oscura foresta. Ib. canto 17. st.35.
E disse fra suo cor: costui fia quello. Ib. c.22. st.228.
Sottosopra fu buon sempre l'ardire: Ha la fortuna in odio un uom da poco, Ed è nimica de gli sbigottiti (soliti a sbigottirsi ec.). Berni, Orl. inn. c.35. st.3.
Oramai si può dire con verità , massime in Italia, che sono più di numero gli scrittori che i lettori (giacchè gran parte degli scrittori non legge, o legge men che non iscrive). Quindi ancora si vegga che gloria si possa oggi sperare in letteratura. In Italia si può dir che chi legge, non legge che per iscrivere; quindi non pensa che a se, ec.
(Pisa. 5. Feb. 1828.)
[4302]Uno de' maggiori frutti che io mi propongo e spero da' miei versi, è che essi riscaldino la mia vecchiezza col calore della mia gioventù; è di assaporarli in quella età , e provar qualche reliquia de' miei sentimenti passati, messa quivi entro, per conservarla e darle durata, quasi in deposito; è di commuover me stesso in rileggerli, come spesso mi accade, e meglio che in leggere poesie d'altri: (Pisa. 15. Apr. 1828.) oltre la rimembranza, il riflettere sopra quello ch'io fui, e paragonarmi meco medesimo; e in fine il piacere che si prova in gustare e apprezzare i propri lavori, e contemplare da se compiacendosene, le bellezze e i pregi di un figliuolo proprio, non con altra soddisfazione, che di aver fatta una cosa bella al mondo; sia essa o non sia conosciuta per tale da altrui.
(Pisa. 15. Feb. ult. Venerdì di Carnevale. 1828.)
Pelo matto, pasta matta ec. -??(?????(?????.
Ciascuna stella negli occhi mi piove Della sua luce e della sua vertute. Dante Rime, lib.2. Ballata 3. Io mi son pargoletta bella e nova.
(Pisa. 19. Marzo Festa di S. Giuseppe. 1828.)
?????(? - bombire. A. di Costanzo, Stor. del R. di Napoli, lib.6. nella traduzione della lettera del Petrarca sopra il terremoto di Napoli.
(Pisa. 12. Apr. Sabato in Albis. 1828.). V. Crusca.
Prolato as.
M. Newton avoit donné la solution de ce problême...; e M. Fatio de Duillier venoit d'en publier une solution très embarassée... M. Bernoulli, effrayé des calculs de M. Fatio, se mit à cercher par une autre voie le solide de la moindre résistance, et ne fut pas long-tems à le trouver. Les grands Géometres connoissent certe éspece de paresse qui préfere la peine de découvrir une vérité à la contrainte peu agréable de la suivre dans l'ouvrage d'autrui; en général ils se lisent peu les uns les autres, (Nota. Nous ne disons [4303]point qu'ils ne se lisent pas, mais qu'ils se lisent peu: en ce genre un coup d'oeil jetté sur un ouvrage suffit aux maîtres pour le juger. Il n'en est pas de même en Littérature.) et peut-être perdroient-ils à lire beaucoup: une tête pleine d'idées empruntées n'a plus de place pour les siennes propres, et trop de lecture peut étouffer le génie au lieu de l'aider. Si elle est plus nécessaire dans l'étude des Belles-Lettres que dans celle de la Géométrie, la différence de leurs objets er des qualités qu'elles exigent, en est sans doute la cause. La Géométrie ne veut que découvrir des vérités, souvent difficiles à atteindre, mais faciles à reconnoître dès qu'on les a saisies; et elle ne demande pour cela qu'une justesse et une sagacité qui ne s'acquierent point. Si elle n'arrive pas précisément à son but, elle le manque entièrement; mais tout moyen lui est bon pour y arriver; et chaque esprit a le sien, qu'il est en droit de croire le meilleur: au contraire, le mérite principal de l'éloquence et de la Poësie, consiste à exprimer et à peindre; et les talens naturels absolument nécessaires pour y réussir, ont encore besoin d'être éclairés par l'étude réfléchie des excellens modeles, et, pour ainsi dire, guidés par l'expérience de tous les siècles. Quand on a lu une fois un problême de Newton, on a vu tout, ou l'on n'a rien vu, parce que la vérité s'y montre nue et sans réserve; mais quand on a lu et relu une page de Virgile ou de Bossuet, il y reste encore cent choses à voir. Un bel esprit qui ne lit point, n'a pas moins à craindre de passer pour un écrivain ridicule, qu'un Géometre qui lit trop, de n'être jamais que médiocre. D'Alembert, Éloge de M. Jean Bernoulli. [4304]Non si potrebbe dire della metafisica appresso a poco il medesimo che della Geometria, e così scusare chi in metafisica amasse più di pensare che di leggere; chi pretendesse di essere metafisico senz'aver letto o inteso Kant; chi si contentasse talvolta di conoscere i risultati e le conclusioni delle speculazioni e ragionamenti de' metafisici celebri, per poi trovarne da se stesso la dimostrazione, o convincersi della loro insussistenza? La metafisica ha colle matematiche non poche altre somiglianze: anche in metafisica una proposizione dipende spesso da una serie di proposizioni per modo ch'è impossibile vederne colla mente la dimostrazione tutta in un punto; e spesso chi è salito per questa serie fino a quell'ultima verità , ne acquista la convinzione, e ne vede allora perfettamente le ragioni, che d'indi a poco non saprebbe più rendere nemmeno a se stesso, benchè la convinzione gli duri. Anche in metafisica, come in affari di calcolo, moltissime proposizioni e verità si credono sulla sola fede di chi ha fatto il lavoro necessario per iscoprirle e renderle certe; lavoro troppo lungo e difficile per essere rinnovato e rifatto, o seguito a passo a passo da altri, anche uomini della professione.
(Pisa. 17. Aprile. 1828.)
- (Il cui genio (di Laplace) è per me come quei Veri che pochi veggono, ma che son creduti da tutti, perchè uno spirito superiore li vede e li mostra. Daru, Risposta al discours de réception di Royer-Collard all'Accad. Franc. nell'Antologia di Firenze, n.86. p.138.).
Alla p.4264. De toutes les langues cultivées par les gens de lettres, l'italienne est la plus variée, la plus flexible, la plus susceptible des [4305]formes différentes qu'on veut lui donner. Aussi n'est-elle pas moins riche en bonnes traductions, qu'en excellente musique vocale, qui n'est elle-même qu'une éspece de traduction. D'Alembert, Observations sur l'art de traduire, premesse al suo Essai de traduction de quelques morceaux de Tacite.
Les taches qu'on peut faire disparoître en les effaçant, ne méritent presque pas ce nom; ce ne sont pas les fautes, c'est le froid qui tue les ouvrages; ils sont presque toujours plus défectueux par les choses qui n'y sont pas, que par celles que l'auteur y a mises. Id. ib.
(Pisa. 8. Maggio. 1828.)
Alla p.4298. fine. In Pisa, su un canto della piazza dello Stellino, oltre la croce dipinta, v'è la leggenda: Rispetto alla Croce. V. p.4307.
Nous n'acquérons guere de connoissances nouvelles que pour nous désabuser de quelque illusion agréable, et nos lumieres sont presque toujours aux dépens de nos plaisirs. D'Alembert, Réflexions sur l'usage et sur l'abus de la philosophie dans les matiere...
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