[Pagina precedente]...empo, ma non mai di luogo. Quanto al luogo (che monta pur tanto, che è più assai che nel teatro la scena), le sue rimembranze saranno sempre di cose, per così dir, presenti; però tanto men vaghe, men capaci d'illusione, men soggette all'immaginazione e men dilettevoli.
(11. Apr. 1829. Recanati.)
La natura, per necessità della legge di distruzione e riproduzione, e per conservare lo stato attuale dell'universo, è essenzialmente regolarmente e perpetuamente persecutrice e nemica [4486]mortale di tutti gl'individui d'ogni genere e specie, ch'ella dà in luce; e comincia a perseguitarli dal punto medesimo in cui gli ha prodotti. Ciò, essendo necessaria conseguenza dell'ordine attuale delle cose, non dà una grande idea dell'intelletto di chi è o fu autore di tale ordine.
(11. Aprile.)
Delle cognizioni enciclopediche degli antichi (massimamente greci), e del loro scrivere sopra ogni ramo dello scibile, del che altrove, possono dare un'idea, e sono un esempio, anche gli scritti di Cicerone (fra superstiti e perduti) imitatore in ciò, come in tante altre cose, de' greci: il quale a molte delle sue opere (filosofiche, rettoriche ec.) fu mosso, non da alcuna ispirazione (??( particolare, da impulso, da affezione verso quegli argomenti, da trovarsi aver pensato con particolarità su di essi, ma dalla sola voglia, dal desiderio (che però la morte o gli affari gl'impedirono di soddisfare) di compire il ciclo (come Niebuhr chiama quello delle opere di Aristotele) de' suoi scritti sopra ogni dottrina enciclopedica ec. V. la pref. de Officiis.
(12. Apr. 1829.)
Alla p.4473. Così i nostri diminutivi o disprezzativi o frequentativi ec. in accio acciare287 - uccio, ucciare (succiare - succhiare, per suggere); azzo, azzare - uzzo, uzzare; aglio agliare - uglio ugliare (plebaglia, plebacula, germoglio, germogliare ec.). Tutti dal lat. acu - ucu - lus - a - um - lare; ulus, ulare. Gli spagn. in illo, illar ec. (se non forse pochi) non vengono già dal latino in illus (quantillus, tantillus, pusillus, tigillum, pulvillus, catilla, cioè cagnuola), illare (cantillare ec.), nè ci hanno punto che fare. Anche i greci hanno in ????????????. Anche i franc. in ache, acher (s'amouracher, amoraculari) ec. V. p.4496. E in âche ec.
Frequentativi o diminutivi italiani, verbi e nomi.288 V. il pensiero precedente e suoi annessi prima e poi.
Coccolone, penzolone ec. ec.
(13. Apr.)
[4487] Oscillo as. freq. - Serva ancora per i miei pensieri sui verbi latini comincianti in sus, essendo da cillo e ob, interposta la s. Così oscillum ec. V. anche Forc. in obscenus; e in Obs... Os... Sus... Subs...
Alla p.4388. E pure veggiamo che da 3 secoli che la presente ortografia italiana fu a un di presso introdotta, la pronunzia de' parlanti è ancora la stessa: dico in chi parla bene, e la cui pronunzia fu voluta con siffatta ortografia rappresentare. Vale a dir che un Toscano parla oggidì e legge la nostra lingua com'ella sta nelle buone stampe del sec.16., e come la scrivevano allora i corretti scrittori; eccetto gli h inutili, e non mai pronunziati, ed altre tali particolarità , che non rappresentavano la pronunzia neppur d'allora. Del resto, se quel che dice il Foscolo fosse vero, e d'altronde l'ortografia dovesse sempre star ferma, e lasciare andar la pronunzia, ne seguirebbe che prestissimo la lingua parlata e la scritta sarebbero 2. lingue affatto distinte; e la difficoltà dell'imparare a leggere sarebbe enormissima, come è già grande ai francesi inglesi ec., e maggiore senza comparazione che agl'italiani e spagnuoli. Non so che popolarità saria questa: la popolarità di quando la lingua scritta era latina, e la parlata volgare. Fatto sta che non fu ragione, non fu un principio di conservazione di stabilità , di etimologia, quel che produsse e mantenne la pessima e falsissima ortografia francese inglese ec., ma fu solo l'ignoranza e la mala abilità de' primi che posero in iscrittura i volgari, i quali scrissero la lingua più, per così dire, in latino che in inglese ec.; e il non essersi rimediato poi a questo errore in Inghilterra in Francia ec., come si è [4488]fatto in Italia Spagna ec., anzi averlo seguitato. Le discrepanze delle nostre prime ortografie che Foscolo cita, non provano che l'inabilità di que' primi a rappresentar la parola e la pronunzia stessa d'allora.
(13. Apr.)
La vera (e naturale) perfezione dell'ortografia è che 1. ogni segno, come si pronunzia nell'alfabeto, così nella lettura sempre; 2. e nell'alfabeto esprima un suono solo. 3. non si scriva mai carattere da non pronunziarsi, nè si ometta lettera da pronunziarsi.
(13. Apr.)
Alla p.4439. Quando io mi sono trovato abitualmente disprezzato e vilipeso dalle persone, sempre che mi si dava occasione di qualche sentimento o slancio di entusiasmo, di fantasia, o di compassione, appena cominciato in me qualche moto, restava spento. Analizzando quel ch'io provava in tali occorrenze, ho trovato, che quel che spegneva in me immancabilmente ogni moto, era un'inevitabile occhiata che io allora, confusamente e senza neppure accorgermene, dava a me stesso. E che, pur confusamente, io diceva: che fa, che importa a me questo (la bella natura, una poesia ch'io leggessi, i mali altrui), che non sono nulla, che non esisto al mondo? V. p.4492. E ciò terminava tutto, e mi rendeva così orribilmente apatico com'io sono stato per tanto tempo. Quindi si vede chiaramente che il fondamento essenziale e necessario della compassione, anche in apparenza la più pura, la più rimota da ogni relazione al proprio stato, passato o presente, e da ogni confronto con esso, è sempre il se stesso. E certamente senza il sentimento e la coscienza di un suo proprio essere e valere qualche cosa al mondo, è impossibile provar mai compassione; anche escluso affatto ogni pensiero o senso di alcuna propria disgrazia speciale, nel qual caso la cosa è notata, ma è ben distinta da ciò ch'io dico. E al detto [4489]sentimento e coscienza, come a suo fondamento essenziale, la compassione si riferisce dirittamente sempre; quantunque il compassionante non se n'accorga, e sia necessaria un'intima e difficile osservazione per iscoprirlo. Quel che si dice dei deboli, che non sono compassionevoli, cade sotto questa mia osservazione, ma essa è più generale, e spiega la cosa diversamente Ciò che dico del sentimento di se stesso, e della considerazione e stima propria, vale ancora per la speranza: chi nulla spera, non sente, e non compatisce; anch'egli dice: che importa a me la vita? Fate qualche atto di considerazione a chi si trova spregiato, dategli una speranza; una notizia lieta; poi porgetegli un'occasione di sentire, di compatire: ecco ch'egli sentirà e compatirà . Io ho provato, e provo queste alternative, e di cause e di effetti, sempre rispondenti questi a quelle: alternative attuali, o momentanee; ed alternative abituali e di più mesi, come, da città grande passando a stare in questa infelice patria, e viceversa. Il mio carattere, e la mia potenza immaginativa e sensitiva, si cangiano affatto l'uno e l'altra in tali trasmigrazioni.
(Recanati. 14. Aprile. Martedì santo. 1829.)
Possibilis da possitum, secondo che ho mostrato altrove della formazione in bilis dai supini: nuova prova del sup. situm di esse.
(14. Aprile.)
Lattato per latteo. E simili altri aggettivi di colori.
Lacteolus per lacteus. aggett. V. Forc. in aureolus, argenteolus ec. e negli altri aggettivi di colori.
Che l'antico bito sia un continuativo di vio as? onde viator, viaticus ec.
Vinciglio (vinculum), avvincigliare (avvinculare, altrimenti avvinchiare, avvinghiare.).
[4490]Romoreggiare. Pavoneggiare. Atteggiare. Veleggiare.
Il nostro favorare par dimostrato nel latino da favorabilis, favorabiliter, giusta il detto da me altrove della formazione in bilis dai supini de' verbi. E così, da simili prove d'ogni genere, note generalmente o non note, altre infinite voci. E certo, che infinite voci volgari, anche radici ec., non superstiti nel latino noto, e che noi non sappiamo donde derivare, e cerchiamo forse nel settentrione ec., sieno pure e prette latine (latino scritto o solamente parlato, voglio dire non letterario), si conferma coll'osservazione d'ogni giorno. Borghesi ha trovato nelle lapidi (e dee stare nella nuova edizione del Forcell.) la voce drudus i, (17. Aprile. Venerdì Santo. 1829.) la cui origine, non che essa medesima, nessuno avrebbe cercato nell'ant. latino
(18. Apr.)
Babil, babiller, babillard ec. Gaspiller, gaspillage ec. Gazouiller ec. Plumasserie, plumassier.
Observito as.
Beccare - bezzicare. Piccare - pizzicare. Piovizzicare (marchigiano), e pioviccicare (id.). Piluccare - spilluzzicare. Appiccare - appicciare, appiccicare.
Scioperato, désoeuvré. Homme répandu. (Rousseau, pensées I. 202.). Dissipé.
Erto (erectus), participio aggettivato.
Perdonare, pardonner, perdonar, voce di forma ed apparenza affatto latina e antica: per, omnino, penitus, ad extremum, come in pereo, perdo, perimo, perdomo, perduro, ec. ec. e donare cioè condonare.
I participii in us de' verbi neutri ec. sono comprovati da quelli di forma e senso corrispondente, che hanno i medesimi verbi in italiano francese spagnuolo.
Ci paiono poetichissime, ed amiamo a ripetere, moltissime frasi scritturali, che non sappiamo che significhino, anzi che rapporto abbiano quelle voci tra loro, (come l'abominazione della desolazione, ec. ec.): e ciò per quel vago, e perchè appunto non sappiamo precisare a noi stessi, e non intendiamo se non confusissimamente e in generalissimo, che cosa si voglian dire.
(19. Aprile. Pasqua.)
[4491]Amitié, amistà , amistad - amicitas, nell'ignoto latino. V. Forc. Gloss. ec. Così nimistà ec.
Altra circostanza che muta alternamente il carattere, è il passare da città grande a piccola, da città forestiera alla patria, e viceversa. In quelle il carattere è più franco, aperto, benevolo; in queste al contrario, per la collisione degl'interessi, invidie de' conoscenti, amor proprio continuamente punto ec. Esperienza mia propria ec. Quindi, come per tante altre cagioni (v. il mio Discorso sui costumi presenti degl'Italiani) più dabbene generalmente i privati nelle città grandi che ne' luoghi piccoli ec. ec. Pensiero da molto stendersi e spiegarsi.
(19. Apr. Pasqua. 1829.). V. p.4520.
Alla p.4462. Neanche per rapporto allo stato sociale sarebbe possibile di credere che tutte le qualità degli uomini sieno destinate dalla natura a svilupparsi. Lascio le cattive (come noi diciamo) e visibilmente dannose alia società (che sono infinite): neppur le buone ed utili. Vedi circa i talenti, Rousseau, Pensées, part. I. p.197. fin. ep. 198. Amsterd. 1786. (19. Apr. 1829.)
Continuo - continovo, coi derivati e gli altri simili. Manuale - manovale, Mantua - Mantova.
Altro ostacolo alla durata della fama de' grandi scrittori, sono gl'imitatori, che sembrano favorirla. A forza di sentire le imitazioni, sparisce il concetto, o certo il senso, dell'originalità del modello. Il Petrarca, tanto imitato, di cui non v'è frase che non si sia mille volte sentita, a leggerlo, pare egli stesso un imitatore: que' suoi tanti pensierini pieni di grazia o d'affetto, quelle tante espressioni racchiudenti un pensiero o un sentimento, bellissime ec. che furono suoi propri e nuovi, ora paiono trivialissimi, perchè sono in fatti comunissimi. Interviene agl'inventori in letteratura e in cose d'immaginazione, come agl'inventori in iscienze e in [4492]filosofia: i loro trovati divengono volgari tanto più facilmente e presto, quanto hanno più merito.
(20. Apr. 1829.)
L'on n'est heureux qu'avant d'être heureux. Rousseau, Pensées, I. 204. Cioè per la speranza.
La seule raison n'est point active; elle retient quelquefois, rarement elle excite, et jamais elle n'a rien fait de grand. Ib. 207.
Famulus ec. - familia ec.
Follico as.
Foetus a um, evidente participio senza verbo noto. V. Forc. Da foetus foeto as, e...
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