[Pagina precedente]...vidente continuativo del verbo originale. Effoetus ec.
Fabula, fabulor ec. - favella, favellare: diminutivi ec. Prezzolare.
Il nostro antico fante per parlante, e di qui per uomo, co' suoi diminutivi, come fanciullo (cioè uomicciuolo) che ancor s'usa, senza conoscerne la forza e l'etimologia, fantoccio ec. ec. non è egli evidentemente l'antico, e negli scritti perduto o disusato, fans, da for; di cui anche in-fans fa fede, e quasi nello stesso senso? Vedi Forcell. Gloss. ec. e Foscolo sopra l'Odissea di Pindemonte (21. Apr.). I marchegiani (gran conservatori del latino) ancor oggi: un lesto fante ec. in parlar burlesco.
Tympanus - timballo, diminut. V. franc., spagn.
La ricordanza del passato, di uno stato, di un metodo di vita, di un soggiorno qualunque, anche noiosissimo, abbandonato, è dolorosa, quando esso è considerato come passato, finito, che non è, non sarà più, fait. Così o detto altrove del licenziarsi da persone anco indifferenti ec.
(21. Apr. 1829.)
Specio-speculor.
Alla p.4488. Ancora: che ardisco io formar de' pensieri nobili, che da tutti son tenuto per uom da nulla. Il primo fondamento di qualunque o immaginazione o sentimento nobile, grande, sublime (e tali sono i poetici e sentimentali [4493]di qualunque natura: anche i dolci, teneri, patetici ec.: tutti inalzano l'anima), è il concetto di una propria nobiltà e dignità . Anzi la facoltà e l'efficacia di esse immaginazione e sentimento, sì abitualmente e sì attualmente sono in proporzione sempre del detto concetto, sì abituale, e sì attuale. Ogni sentimento o pensiero poetico qualunque è, in qualche modo, sublime. Poetico non sublime non si dà . Il bello, e il sentimento morale di esso, è sempre sublime. Ora il concetto di una propria nobiltà , sembra ridicolo, è respinto con dolore, come una illusione perduta, quando uno si trova disprezzato, abitualmente o attualmente, da quei che lo circondano. Però in questi casi, il provar quella quasi tentazione a sentire ec., è penoso, perchè vi rinnuova il pensiero della vostra abiezione. Certo, egli è proprietà ed effetto essenziale d'ogni immaginazione e sentimento di natura poetica, l'inalzar l'anima: al che si oppone direttamente quello stato di spregio ec., quel concetto, quel sentimento di se stessa, che la deprime.
(22. Aprile. 1829, Recanati.). V. p.4499.4515.
Indulgenza nelle città grandi verso le persone mediocri in qualunque genere, e verso i difetti e ridicoli (pur d'ogni genere) di queste e delle insigni (difetti che si perdonano in grazia de' pregi, ed anche della semplice compagnia che quelle persone fanno) maggiore assai che ne' luoghi piccoli; appunto al contrario di ciò che in questi si crede. ec. ec.
(23. Aprile)
Affumare, affummare - affumicare. Arsiccio, arsicciare, abbruciacchiare ec. Pallare-palleggiare. Che pallare per quassare, venga da ?(????
Pigna, dialetto marchegiano - pignatta, pignatto, pignattino ec. V. la p.4498. Il diminut. pignatta dimostra il suo positivo pigna.
Homme ec. distingué. Arrondi per rond.
Agli uomini paghi in buona fede e pieni di se, gli altri uomini sono quasi tutti amabili; li veggono volentieri, ed amano la lor compagnia. Perocchè si credono stimati, ammirati, ?????????(???? generalmente dagli altri; chè senza [4494]ciò non sarebbero nè pieni nè paghi di se. Ora è naturale che chi è creduto ammiratore, sia amabile agli occhi di chi si crede ammirato. Perciò questi tali (che parrebbe dovessero essere sommi egoisti) bene spesso sono benevoli, compagnevoli, servizievoli molto, buoni amici. Talvolta anche modesti, per la piena e tranquilla certezza (la certa e riposata credenza) che hanno del loro merito (o di loro vantaggi qualunque, come nobiltà , ricchezza, potenza e simili.) (Rosini).
(26. Aprile.)
Coraggio propriamente detto non si dà in natura, è una qualità immaginaria e di speculazione. Chi nel pericolo non teme, non pensa al pericolo, o abituato a non riflettere, o avvezzo a quei tali casi, o distratto da faccende o da altri pensieri in quel punto. Chi pensa al pericolo, teme; eccetto se la morte, o quel qualunque danno imminente, nell'opinion sua non è male. In tal caso, quel pericolo non è pericolo a' suoi occhi. Ma creder male una cosa, conoscersi in pericolo d'incorrervi, aver presente al pensiero il pericolo, e non temere; questo è il vero coraggio; e questo è impossibile alla natura. I così detti coraggiosi, rimangono maravigliati quando ne' pericoli veggono altri che temono; e dimandano perchè. Essi non si erano accorti del rischio, o vi avevano fatto piccolissima attenzione. V. un tratto di Carlo 12 re di Svezia, assediato in Stralsund, ap. Voltaire, liv.8. ed. Londr. 1735. t.2. p.160-1.
(26. Aprile. 1829.)
[4495]?????(?????(?????(????????????(?? ec. Noi non abbiamo che invidiare invidiabile ec. (e così i francesi porter envie, digne d'envie, ec.), voci assai dure e incivili. Più umana, o per dir meglio, più civile in ciò, come in tante altre cose, anche la lingua dei Greci. (26. Apr.). Féliciter franc. si accosta talvolta a ?????(????, per metafora, specialmente nel senso reciproco.
Ventare, sventare - ventolare, sventolare, ventilare (lat. ventilo), venteggiare.
Pargoleggiare ec. Vanare - vaneggiare. Per esser vano v. vaneggiare anche nel Petr. Tr. del Tempo: E vedrai 'l vaneggiar di questi illustri.
(26. Apr.)
Tinea (noi tigna), teigne, intignare ec. - tignuola. V. Forcell.
Gringotter. Parlottare. Cantacchiare. Vezzeggiare. Bamboleggiare. Boursiller.
Acutus da acuo, participio aggettivato, e non più riconosciuto per participio. Argutus, cioè qui arguit.; e participio aggettivato. Desolato per solo (uomo o luogo). V. Crus., Forcell.
Parvulus, parvolo. pargolo. Pluvia, piova - pioggia.
Pargolo è diminutivo. Pur è già antiquato, e nella prosa non si usa più che il sopraddiminutivo pargoletto. Tanta è la tendenza del popolo a diminuire. Così in Toscana oggi non odi più piccolo, ma piccino.
(27. Apr.). In lat. pusillus per l'antiquato pusus.
Pina - pinocchio. V. Crus. Innamoracchiare, innamorazzare, amoreggiare.
Gravato per grave. Petr. L'aere gravato e l'importuna nebbia.
Ci piace e par bella una pittura di paese, perchè ci richiama una veduta reale; un paese reale, perchè ci par da dipingerci, perchè ci richiama le pitture. Il simile di tutte le imitazioni (pensiero notabile). Così sempre nel presente ci piace e par bello solamente il lontano, e tutti i piaceri che chiamerò poetici, consistono in percezion di somiglianze e di rapporti, e in rimembranze.
(Recanati. 27. Aprile. 1829.)
Life. to live. E simili innumerabili.
[4496]Folâtre, folâtrer. Folleggiare, pazzeggiare ec. V. Crus.
Dives, divitis, divititae ec. - dis, ditis, Dis Ditis, ditare ec.
Recupero - recipero. V. Forc.
Recisamentum par che indichi un recisare. V. Gloss.
Trouble, troubler (turbula, turbulare).
Fustigo, remigo, navigo, laevigo, fatigo, litigo.
Remotus, secretus, occultus, riposto ec. participii aggettivati.
Covaccio - covacciolo (accovacciare ec.). E simili altri in accio-acciolo, acciare - acciolare. Così in acchio acchiolo ec. Vedi la p.4473. capoverso 9, coi pensieri annessi, anteriori o posteriori al presente. Notisi che la desinenza in ulus a um, ulare ec. già era compresa nella forma in accio, acchio, aglio ec. (come qui in covaccio, che è un cubaculum) acciare ec.; sicchè nella forma in acciolo, acchiolo, acciolare ec. viene ad essere ripetuta.
Alla p.4486. Anche la forma in as asse (crevasse crevasser ec.)289 asser (frigo, fricasser)290 ace acer spesse volte, non è altro che la latina in acul..., la nostra in accio acciare, azzo azzare ec. Così la spagnuola in azo aza azar. Minae, minor, minaccia, minacciare, menace ec., amenaza ec. Così fors'anco in êche, eche, ec. ec. esse, isse, ec. oisse, ousse ec. isser ec.; e in ezo, izo (granizo) ec. izar ec. acho, echo ec. achar ec. Così talvolta la nostra in asso, assare, esso ec. Similmente le nostre in olo, olare, olo (gragnòla) ec. uolo uolare, icciuolo, o a-ucciuolo (filiolus, figliuolo) ec. tutte dal latino ul..., o talvolta ol... V. p.4498. - Così la francese analoga in eul, euil ec. ec. (linceul). Tutte queste forme vengono, dico, dall'unica latina, o che questa abbia forza diminut. ec., o che sia semplice desinenza, del che vedi la pag.4442-4. - V. ancora il pensiero qui precedente. (30. Apr.). Anche sovente la spagnuola allo allar - ullo ullar; e forse la francese al [4497] alle, aller - uller. Così forse spesso anche la nostra in allo (timballo per timpano) allare - ullo ullare (culla da cunula, cullare, colla, collare, da chordula, fanciullo (v. la p.4492. capoverso 7.), maciulla, maciullare). Notandum però che anco i latini hanno la forma diminutiva ec. in ill..., ell... oll... (corolla, v. p.4505.), ull..., fors'anche all..., sì in verbi sì in nomi. - Mirabil cosa in quante maniere diverse si è corrotta la pronunzia latina, anche dentro una stessa nazione; cosa notabile assai nella scienza delle etimologie. E da ciò in gran parte deriva la tanta superiorità dell'italiano sul latino in abbondanza e varietà di forme frequentative, diminutive ec., superiorità notata da me altrove, parlando de' frequentativi latini. - Vedi anche la p.4490. capoverso 5.
(1. Mag.). V. p.4500.
Piovegginare. Piovigginare. Gergo - jargon. Frego - fregacciolo, sfregacciolo, fregacciolare. Impiastrare - impiastricciare. Ram-mentare - di-menticare, s-menticare ec.
Masticare: da un mansitum - mastum (pinsitus - pistus) di mandere, come da mixtum misticare.
Dello stesso secolo è mancare di poesia, e volere nella poesia sopra ogni cosa l'utile, il linguaggio del popolo; bandirne l'eleganza; privarla della maggior parte del bello, ch'è la sua essenza; o, contro la propria natura di essa, subordinare il bello (e quindi il sublime, il grande ec. V. la p.4492. fin. e sq.) al vero, o al così detto vero. È naturale e conseguente che un secolo impoetico voglia una poesia non poetica, o men poetica ch'ei può; anzi una poesia non poesia.
(2. Mag.)
Alla p.4273. Così gli stranieri, dopo avere snaturata la loro scrittura per voler esprimer con essa piuttosto la pronunzia latina che la volgare, abituati poi a questo snaturamento, anzi dimenticatolo, e pigliando [4498]per naturale e per logico il loro modo di scrivere, vengono a snaturare la pronunzia latina, facendo dal latino scritto al pronunziato quella differenza che sono usati e necessitati a fare dalla pronunzia alla scrittura de' loro volgari. (2. Mag. 1829. Recanati.). È naturale e conseguente, che chi scrive male la propria lingua, legga male le altre. Massime quelle che non gli sono note se non per iscrittura.
(2. Mag.)
Alla p.4496. Come parvolus per parvulus: e regolarmente dopo vocale, come lacteolus, flammeolus, bracteola, lanceola, Tulliola, filiolus ec., e così ne' verbi. - Fors'anche la nostra forma in atto attare (attolo attolare), probabilmente da acchio ec. piuttosto che da asso. E quindi anche la diminuzione ec. in etto ettare, otto, utto ec. ec. E quindi anco la francese in et ette etter eter, ot ote (barbote) otte otter oter ec. (becqueter, piquer - picoter.): e la spagnuola in ito ecito ec. oto ec. Certo poi la spagnuola in ico ecico ec. ec.
(3. Maggio. 1829.)
Che libertar sia un liberatare o liberitare (meritare - mertare), è provato anche da libertus, participio aggettivato, mera contrazione di liberatus.
L'assenza di ogni special sentimento di male e di bene, ch'è lo stato più ordinario della vita, non è nè indifferente, nè bene, nè piacere, ma dolore e male. Ciò solo, quando d'altronde i mali non fossero più che i beni, nè maggiori di essi, basterebbe a piegare incomparabilmente la bilancia della vita e della sorte umana dal lato della infelicità . Quando l'uomo non ha sentimento di alcun bene o male particolare, sente in generale l'infelicità nativa dell'uomo, e questo è quel sentimento che si chiama noia.
(4. Maggio. 1829.)
...
[Pagina successiva]