[Pagina precedente]...cresce le bellezze, ora le scema, ora finge quelle che non ci sono, o scuopre le più difficili a vedere, e le più fine, e rende sensibilissimi ad ogni menoma cosa ec. ora nasconde quelle che ci sono, anche le più notabili, rende incapaci di sentir nulla ec. Intendo di escludere dalla conoscenza ogni sorta di passione relativa, e considero solamente l'applicare che fa il lettore tutto quello che legge, all'autore ch'egli ben conosce. Il che spontaneamente e inevitabilmente, quanto [1833]inavvedutamente, modifica il giudizio e il senso, in mille guise indipendenti dalla propria natura di ciò che si legge o vede o sente ec.
(3. Ott. 1821.)
V. il 17. avvertimento di F. Guicciardini, intorno a quel mio pensiero che nessuno si vuol guadagnare la benevolenza di uno a costo di tirarsi addosso l'odio di un altro.
(3. Ott. 1821.)
Chi non ha o non ha mai avuto immaginazione, sentimento, capacità di entusiasmo, di eroismo, d'illusioni vive e grandi, di forti e varie passioni, chi non conosce l'immenso sistema del bello, chi non legge o non sente, o non ha mai letto o sentito i poeti, non può assolutamente essere un grande, vero e perfetto filosofo, anzi non sarà mai se non un filosofo dimezzato, di corta vista, di colpo d'occhio assai debole, di penetrazione scarsa, per diligente, paziente, e sottile, e dialettico e matematico ch'ei possa essere; non conoscerà mai il vero, si persuaderà e proverà colla possibile evidenza cose falsissime ec. ec. Non già perchè [1834]il cuore e la fantasia dicano sovente più vero della fredda ragione, come si afferma, nel che non entro a discorrere, ma perchè la stessa freddissima ragione ha bisogno di conoscere tutte queste cose, se vuol penetrare nel sistema della natura, e svilupparlo. L'analisi delle idee, dell'uomo, del sistema universale degli esseri, deve necessariamente cadere in grandissima e principalissima parte, sulla immaginazione sulle illusioni naturali, sul bello, sulle passioni, su tutto ciò che v'ha di poetico nell'intero sistema della natura. Questa parte della natura, non solo è utile, ma necessaria per conoscer l'altra, anzi l'una dall'altra non si può staccare nelle meditazioni filosofiche, perchè la natura è fatta così. La detta analisi in ordine alla filosofia, dev'esser fatta non già dall'immaginazione o dal cuore, bensì dalla fredda ragione che entri ne' più riposti segreti dell'uno e dell'altra. Ma come può far tale analisi colui che non conosce perfettamente tutte le dette cose [1835]per propria esperienza, o non le conosce quasi punto? La più fredda ragione benchè mortal nemica della natura, non ha altro fondamento nè principio, altro soggetto di meditazione speculazione ed esercizio che la natura. Chi non conosce la natura, non sa nulla, e non può ragionare, per ragionevole ch'egli sia. Ora colui che ignora il poetico della natura, ignora una grandissima parte della natura, anzi non conosce assolutamente la natura, perchè non conosce il suo modo di essere.
Tale è stata ed è una grandissima parte de' più acclamati filosofi dal 600 in poi, massime tedeschi e inglesi. Avvezzi a non leggere, a non pensare, a non considerare, a non istudiare, che filosofia, dialettica, metafisica, analisi, matematica, abbandonato affatto il poetico, spoeticizzata del tutto la loro mente, assuefatti ad astrarre totalmente dal sistema del bello, e a considerare e porre la loro professione le mille miglia lontano da tutto ciò che spetta all'immaginazione e al sentimento, [1836]perduto affatto l'abito del bello e del caldo, e immedesimati con quello del puro raziocinio, del freddo ec. non conoscendo altra esistenza nella natura che il ragionevole, il calcolato ec. e libero da ogni passione, illusione, sentimento, essi errano a ogni tratto, e all'ingrosso, ragionando colla più squisita esattezza. È certissimo ch'essi hanno ignorato ed ignorano la massima parte della natura, delle stesse cose che trattano, per impoetiche ch'elle sieno (giacchè il poetico nell'effettivo sistema della natura è legato assolutamente a tutto), la massima parte della stessa verità , alla quale si sono esclusivamente dedicati.
La scienza della natura non è che scienza di rapporti. Tutti i progressi del nostro spirito consistono nello scoprire i rapporti. Ora, oltre che l'immaginazione è la più feconda e maravigliosa ritrovatrice de' rapporti e delle armonie le più nascoste, come ho detto altrove; è manifesto che colui che ignora una parte, o piuttosto una qualità una faccia della natura, legata con qualsivoglia cosa che possa formar soggetto di ragionamento, ignora un'infinità di rapporti, e quindi non può non ragionar male, non veder falso, non iscuoprire imperfettamente, non lasciar di vedere [1837]le cose le più importanti, le più necessarie, ed anche le più evidenti. Scomponete una macchina complicatissima, toglietele una gran parte delle sue ruote, e ponetele da parte senza pensarvi più; quindi ricomponete la macchina, e mettetevi a ragionare sopra le sue proprietà , i suoi mezzi, i suoi effetti: tutti i vostri ragionamenti saranno falsi, la macchina non è più quella, gli effetti non sono quelli che dovrebbero, i mezzi sono cambiati, indeboliti, o fatti inutili; voi andate arzigogolando sopra questo composto, vi sforzate di spiegare gli effetti della macchina dimezzata, come s'ella fosse intera; speculate minutamente tutte le ruote che ancora lo compongono, ed attribuite a questa o quella un effetto che la macchina non produce più, e che le avevate veduto produrre in virtù delle ruote che le avete tolte ec. ec. Così accade nel sistema della natura, quando l'è stato tolto e staccato di netto il meccanismo del bello, ch'era congegnato e immedesimato [1838]con tutte le altre parti del sistema, e con ciascuna di esse.
Ho detto altrove che non si conosce perfettamente una verità se non si conoscono perfettamente tutti i suoi rapporti con tutte le altre verità , e con tutto il sistema delle cose. Qual verità conosceranno dunque bene quei filosofi che astraggono assolutamente e perpetuamente da una parte essenzialissima della natura?
La ragione e l'uomo non impara se non per l'esperienza. Se la ragione vuol pensare e operare da se, e quindi scoprire, e far progressi, le conviene conoscere per sua propria esperienza; altrimenti l'esperienza altrui nelle parti essenziali della natura, non potrà servirle che a ripetere le operazioni fatte da altri.
Quindi si veda quanto sia difficile a trovare un vero e perfetto filosofo. Si può dire che questa qualità è la più rara e strana che si possa concepire, e che appena ne sorge uno ogni dieci secoli, seppur uno n'è mai sorto. (Qui riflettete quanto [1839]il sistema delle cose favorisca il preteso perfezionamento dell'uomo mediante la perfezione della ragione e della filosofia.) È del tutto indispensabile che un tal uomo sia sommo e perfetto poeta; ma non già per ragionar da poeta; anzi per esaminare da freddissimo ragionatore e calcolatore ciò che il solo ardentissimo poeta può conoscere. Il filosofo non è perfetto, s'egli non è che filosofo, e se impiega la sua vita e se stesso al solo perfezionamento della sua filosofia, della sua ragione, al puro ritrovamento del vero, che è pur l'unico e puro fine del perfetto filosofo. La ragione ha bisogno dell'immaginazione e delle illusioni ch'ella distrugge; il vero del falso; il sostanziale dell'apparente; l'insensibilità la più perfetta della sensibilità la più viva; il ghiaccio del fuoco; la pazienza dell'impazienza; l'impotenza della somma potenza; il piccolissimo del grandissimo; la geometria e l'algebra, della poesia. ec.
Tutto ciò conferma quello che altrove [1840]ho detto della necessità dell'immaginazione al gran filosofo.
(4. Ott. 1821.). V. p.1848. fine. e 1841.
Non sarebbe fischiato oggidì, non dico in Francia, ma in qualunque parte del mondo civile, un poeta, un romanziere ec. che togliesse per argomento la pederastia, o l'introducesse in qualunque modo; anzi chiunque in una scrittura alquanto nobile s'ardisse di pur nominarla senza perifrasi? Ora la più polita nazione del mondo, la Grecia, l'introduceva nella sua mitologia (Ganimede), scriveva elegantissime poesie su questo soggetto, donna a donna (Saffo), uomo a giovane (Anacreonte) ec. ec. ne faceva argomento di dispute o trattati rettorici o filosofici (I. ep. greca di Frontone), ne parlava nelle più nobili storie colla stessissima disinvoltura, con cui si parla degli amori tra uomo e donna ec. Anzi si può dir che tutta la poesia, la filosofia e la filologia erotica greca versasse principalmente sulla pederastia, essendo presso i greci troppo volgare e creduto troppo sensuale, basso, triviale, indegno della poesia ec. l'amor delle donne, appunto perchè naturale. V. il Fedro, il Convito di Platone gli Amori di Luciano ec. Il vantato amor platonico (sì sublimemente espresso nel Fedro) non è che pederastia. Tutti i sentimenti nobili che l'amore inspirava ai greci, tutto il sentimentale loro in amore, sia nel fatto sia negli scritti, non appartiene ad altro che alla pederastia, e negli scritti di donne (come nella famosa ode o frammento di Saffo ???????? ec.) all'amor di donna verso donna. Basta conoscere un sol tantino la letteratura greca da Anacreonte ai romanzieri, per non dubitar di questo, come alcuni hanno fatto. (epist. di Filostrato, Aristeneto ec.) E Virgilio il più circospetto non solo degli antichi poeti, ma di tutti i poeti, e forse scrittori; certo il più polito ed elegante di quanti mai scrissero; intendente, gelosissimo, e [1841]modello di finezza, e d'ogni squisitezza di coltura, in un tempo ec. ec. ridusse ed applicò all'infame pederastia il sentimento, e ne fece il soggetto di una storietta sentimentale nel suo Niso ed Eurialo.
(4. Ott. 1821.)
Alla p.1831. principio. V. il pensiero precedente, e nota che forse all'esuberanza di vita si può attribuire la grande universalità della pederastia nella Grecia, e in oriente (dove credo che questo vizio ancor domini), mentre fra noi bisogna convenire che questo è un vizio antinaturale, un'inclinazione che il solo eccesso di libidine snaturante i gusti e l'inclinazioni degli uomini, può produrre. Così discorrete degli antichi (certo esuberanti di vita) rispetto ai moderni.
(4. Ott. 1821.)
Alla p.1840. La ragione senza notizia del sistema del bello, delle illusioni, entusiasmo ec. e di ciò che spetta all'immaginazione e al cuore, è essa medesima un'illusione, e un'artefice di mitologia, come lo sono le dette cose. Bensì di una bruttissima, [1842]e acerbissima mitologia. La stessa essenziale inimicizia della ragione colla natura, la pone in necessità di perfettamente conoscerla, il che non si può senza sentirla. Come può ella combattere un nemico che non conosca punto? Ora la natura in quanto natura è tutta quanta essenzialmente poetica. Da che natura e ragione sono nemiche per essenza, l'una dipende o è legata essenzialmente coll'altra, come lo sono tutti i contrari; e non si può considerar l'una isolatamente dall'altra. O piuttosto non si può considerar la ragione staccatamente dalla natura (bensì al contrario) perchè la ragione sebbene nemica, è posteriore alla natura, e da lei dipendente, ed ha in lei sola il fondamento e il soggetto della sua esistenza, e del suo modo di essere.
(4. Ott. 1821.)
Oggi la gara di onore è più fra coloro che compongono una stessa armata che fra le armate nemiche; anticamente per lo contrario: oggi per conseguenza il soldato invidia e quindi odia il suo compagno più [1843]che il nemico; anticamente per lo contrario: oggi egli si duol più di un vantaggio riportato da un suo emulo sopra il nemico, che de' vantaggi del nemico; anticamente per lo contrario: oggi insomma anche nelle armate dove regna quella utilissima e grande illusione che si chiama punto di onore, tutto è egoismo individuale; anticamente tutto era egoismo nazionale. Signori filosofi, giacchè non si può fare a meno dell'uno o dell'altro, quale vi sembra il migliore? Anticamente erano emule le nazioni, oggi gl'individui, e più quelli ...
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