[Pagina precedente]...etto. Oggi par poco, e basta appena a far impressione poetica tutta la novità e l'ardire che è nel Fausto o nel Manfredo. - Può servire a un Discorso sul romanticismo.
(1. Aprile. 1829.)
L'imaginazione ha un tal potere sull'uomo (dice Villemain, Cours de littérature française, Paris 1828. nell'Antolog. N.97. p.125. in proposito del generale entusiasmo destato dai canti ossianici al lor comparire, ed anco al presente), i suoi piaceri gli sono così necessari, che, anche in mezzo allo scetticismo di una società invecchiata, egli è pronto ad abbandonarvisi ogni volta che gli sono offerti con qualche aria di novità . - Verissimo. Il successo delle poesie di Lord Byron, del Werther, del Genio del Cristianesimo, di Paolo e Virginia, Ossian ec., ne sono altri esempi. E quindi si vede che quello che si suol dire, che la poesia non è fatta per questo secolo, è vero piuttosto in quanto agli autori che ai lettori.
(1. Aprile. 1829.)
Alla p.4470. Pur quelle ????(????, così imposture come sono, le quali quantunque non antichissime, pur sono certamente antiche (l'Orelli, al quale però io non consento, nelle note, p.633, le crede anteriori a Pirrone e agli Scettici; e nella pref. del vol., scritta dopo le note, p. X. le stima poco posteriori al filosofo Crisippo, [4480]anzi, p. XI. sospetta che sieno più antiche di Crisippo e dello stesso Platone; benchè le riconosca indubitatamente per imposture nelle note, e per opera di un sofista nella pref.: e il Visconti, Mus. Pio-Clem. t.3. p.97. ed. Mil., nelle note all'imagine di Sesto Cheronese filosofo del tempo degli Antonini, le fa pluribus seculis antiquiores (Orell.), di esso Sesto), possono ben servire a darci un'idea dell'antichissima prosa greca, a noi necessariamente sì poco nota; poichè quell'impostore, per mentir l'antichità , giudicò servirsi di un linguaggio di quella forma. Nei frammenti, sì morali e politici, e sì matematici e fisici, che portano il nome di Archita pitagorico (i quali io non so se sieno di Archita (Orell. pref. p. XI.), nè di quale Archita (ib. p.672.); ma in parecchi di loro credo veder caratteri e segni certi di molta antichità ), l'arte dello esprimere i pensieri in prosa, si vede non più bambina; non però adulta; ma quasi ancora fanciulla: un aggirarsi, un confondersi spesso, uno stentare (un sudare in) a darsi ad intendere, a disporre e congiungere insieme gl'incisi e i periodi.
(2. Aprile. 1829.)
Stentato, stentatamente ec.
Alla p.4438. E che altro che una diascheuasi era quella onde o libri interi, o passi e frammenti d'autori greci, dal dialetto in che erano scritti originalmente, venivano ridotti al parlar greco comune, e talora anche a qualche altro dialetto? (Orelli, ib. t.2. p.720. fin.) cosa frequentissima. Così il moderno editore del libro ???(??(????(?????(???(???? che porta il nome di Ocello lucano, Rudolph (Rudolphus), crede quel libro e dorica dialecto in communem conversum (Orell. ib. p.670. fin. p.671. lin.9.): e in fatti, che che sia dell'autenticità , certo assai sospetta, di quel libro (Orell. ib. Niebuhr Stor. roman. ec.), la quale il Rudolph si sforza di sostenere contro il Meiners (che la combatte in Geschichte der Wissenschaften in Griechenland und Rom), certo è che, mentre il libro si legge ora in lingua comune, se ne trovano ap. Stob. (colla citazione del titolo di esso libro) alcuni passi in dialetto dorico. (Libellus ???(??(????(?????(???(???? etiamnum exstat integer: quanquam non Dorica dialecto qualis primum scriptus ab Ocello fuerat, ut ex fragmentis a Stob. servatis perspicue apparet: sed a Grammatico aliquo ut facilius a lectoribus intelligeretur, in ????(? dialectum transfusus... Loca ex hoc Ocelli libro ap. Stob. Eclog. phys. p.44.45. (lib. I c. 24., ed. Canter.). Vide et p.59. - Fabric. B. G. t.1. p.510. seq.) (2. Aprile. 1829.). Così nei florilegi di Stobeo, d'Antonio e di Massimo, e in questi ultimi due specialmente, molti frammenti di diversi autori, sono mutati dall'ionico, o da altro de' dialetti greci, nel dir comune. (Orell. ib. p.729. [4481]num.6., e t.1. p.114. lin.26., p.515. lin.14-16., ec.) (2. Aprile. 1829. Recanati.)
Odio verso i nostri simili. Galateo morale. Umanità degli antichi. - Da che viene quel fenomeno sì incontrastabile, sì universale senza eccezione; che è impossibile essere spettatori di un piacer vivo, provato da altri (non solo uomini, anche animali), massime non partecipandone, senza sperimentare un irresistibile senso di pena, di rabbia, di disgusto, di stomaco? - piaceri sì morali, sì fisici. - piaceri venerei, insoffribili a vedere in altri, sì uomini, sì anche animali: insoffribili anche agli animali, sì in quei della propria specie, sì in altri. - Perchè sì spiacevole in natura la vista del piacer d'altri? - Il Casa nel Galateo prescrive che non si mangi o beva in compagnia o presenza altrui con dimostrazione di troppo gran piacere: Cleobulo ap. Laerz., notato da me altrove, che non si faccia carezze alla moglie in presenza d'altri. V. p. seg. - In fatto di donne generalmente, in fatto di galanteria, la cosa è notissima; insoffribile non solo la vista, ma i discorsi, i vanti, di fortune altrui. Il y a toujours dans les succès d'un homme auprès d'une femme quelque chose qui déplaît, même aux meilleurs [4482]amis de cet homme. Corinne, liv.10. ch.6., t.2. p.161. 5me édit. Paris 1812. - Può servire anco al Galateo morale - e al Trattato de' sentimenti umani (3. Apr. 1829.) - e al pensiero sulla monofagia, massime in proposito de' servitori ec.
Alla p. preced. (V. Orell. Opusc. graec. moral. t.1. p.138, e le note) e ciò è anche oggi di creanza universale, e quasi naturale.
(3. Apr. 1829.)
Dal pensiero precedente apparisce (e l'esperienza lo prova) che vera amicizia difficilmente può essere o durare tra giovani, malgrado il candore, l'entusiasmo ec. proprio dell'età . E ve ne sono anche altre ragioni. Più facile assai l'amicizia tra un giovane e un vecchio o un provetto. - L'odio verso i simili, che essendo di ogni vivente verso ogni vivente, è maggiore verso quei della specie, ancor nella specie stessa è tanto maggiore, quanto un ti è più simile. - Hanno gli Ebrei in un loro libro di sentenze e detti varii (che si dice tradotto di lingua arabica, ma verisimilmente è pur di fattura ebraica) (Orell. Opusc. graec. moral. t.2. Lips. 1821., praef. p. XV.), che non so qual sapiente, dicendogli uno: io ti sono amico, rispose: che potria fare che non mi fossi amico? che non sei nè della mia religione, nè vicino mio, nè parente, nè uno che mi mantenga? (sentent. 269. Apophthegm. Ebraeor. et Arabum ed. a Io. Drusio: Franequerae 1651.) - Quodam dicente, Amo te, Cur, inquit, me non amares? Non enim es ejusdem mecum religionis, nec propinquus meus, nec vicinus, nec ex iis, qui me alunt. Orell. ib. p.506-7.
(4. Apr. 1829.)
Il più certo modo di celare agli altri i confini del proprio sapere, è di non passarli mai.
(4. Apr. 1829.)
Moestus da moereo (moeritus, moesitus, moestus, come torreo - tostus, questus, quaestus ec.) 1. participio in us con senso neutro e presente. 2. participio aggettivato. 3. non più riconosciuto per participio. Vedi Forcell. ec.
(4. Apr.). Se non è da maereor.
[4483]Alla p.4437. (dove la sgrammaticatura continua e il balbettare, viene dall'esser gli autori forestieri, grecizzanti non greci, o dall'affettare il dir non greco, l'imitazione del linguaggio scritturale dei 70 ec.).
L'imperfetto indicativo pel congiuntivo. Se io sapeva (avessi saputo) questo, non andava (non sarei andato) ec. Ch'ogni altra sua voglia Era (sarebbe stata) a me morte, ed a lei infamia rea. Petr. Canz. Vergine bella. Anche il più che perfetto. S'io era ito ec., non mi succedeva ec. E in francese si j'étais (s'io fossi) ec. ec. - Pretto grecismo.
(4. Apr. 1829.)
Ebbero anche i greci de' libri di Mémoires secrets. Tali sono gli Aneddoti o Storia Arcana di Procopio, e gli altri mentovati dal Fabric. a questo proposito. Vedilo, B. Gr. t.6. p.253. sqq. e specialmente p.255. not. (n.).
(4. Apr. 1829.)
Sinizesi. Dittonghi ec. Deesse dissillabo. Cesare ap. Donat. Vit. Terent.
Alla p.4415. ?(?????(???(??(????(???(???(????????(??(??(?(???(??????(??. gratia carminis Quod nuper in libellis meis (meglio mea, cioè genua) super genua posui. Batracom. v.2. 3. E la Batracomiomachia è pure una parodia omerica. Eschilo fu nel 5to sec. av. G. C., nato circa il 525. (4 Aprile. 1829.). ?(???? pugillares qui forma litterae ? plicabantur: postea quivis liber. Scap.
L'interesse nell'epopea, nel dramma, non nasce dal nazionale, ma dal noto, dal familiare. Se le cose e le persone antiche e straniere ci sono (come sono in fatti) tuttavia più note, più familiari, più ricche di rimembranze che le nazionali e le moderne, anzi se le nazionali non ci sono nè familiari nè cognite; la conseguenza è chiara, quanto alla scelta dei soggetti, volendo cercare il piacere. I nazionali nostri sono i Greci, i Romani, gli Ebrei ec. coi quali siamo convissuti fin da fanciulli. (5. Aprile. Domen. di Passione. 1829.). Volendo poi mirare all'utile, è un altro affare; ma in tal caso non bisogna dimenticare quel detto della Staël (Corinne, liv.7. ch.2): Il (Alfieri) a voulu marcher par la littérature à un but politique: ce [4484]but était le plus noble de tous sans doute; mais n'importe, rien ne dénature les ouvrages d'imagination comme d'en avoir un. (5me édit. Paris 1812. t. I. p.317.).
Errori popolari degli antichi. Parlerò di questi errori leggermente, come storico, senza entrare a filosofare sopra ciascuno di essi e sopra la materia a cui appartengono; cosa che mi menerebbe in infinito, e vorrebbe non un Trattatello, ma un gran Trattato. In questo secolo, stante la filosofia, e stante la liaison che hanno acquistata tutte le cognizioni tra loro, ogni menomo soggetto facilissimamente diviene vastissimo. Tanto più è necessario, volendo pur fare un libro, che uno sappia limitarsi, che attenda diligentemente a circoscrivere il proprio argomento, sì nell'idea de' lettori, e sì massimamente nella propria intenzione; e che si faccia un dovere di non trapassare i termini stabilitisi. (Chi non sa circoscrivere, non sa fare: il circoscrivere è parte dell'abilità negl'ingegni, e più difficile che non pare. Vedi p.4450. capoverso 6.) Altrimenti seguirà o che ogni libro sopra ogni tenuissimo argomento divenga un'enciclopedia, o più facilmente e più spesso, che un autore, spaventato e confuso dalla vastità di ogni soggetto che gli si presenti, dalla moltitudine delle idee che gli occorrano sopra ciascuno, si perda d'animo, e non ardisca più mettersi a niuna impresa. Il che tanto più facilmente accadrà , quanto la persona avrà più cognizioni e più ingegno, cioè quanto più sarà atto a far libri.
(6. Aprile. 1829.). - Io non presumo con questo libro istruire, solo vorrei dilettare.
[4485]Alla p.4429. Però io per me, se uno mi chiedesse p.e.: credi tu che (( abbia a far nulla con dies? risponderei: non so... Oh come? che nè pure una lettera hanno comune? - Così dies e giorno, replicherei, non han comune una lettera, e pur questa voce nasce da quella.
(6. Apr. 1829.)
Sinizesi, Dittonghi ec. Le contrazioni e circonflessioni de' greci, che altro sono che sinizesi ec. ec.?
(6. Apr. 1829.)
Penato per penante. Crus. volg. marchegiano.
(????????(????, coi derivati ec. V. Scapula ec.
Seccare, seccatore ec. V. Scapula in (???(?, coi derivati.
Merlo. merlotto. Scricchiolare, scricchiolata.
Rattenuto per cauto ec. Affermi, mal affermi per fermo, mal fermo.
Del Saggio sopra l'origine unica delle cifre e lettere di tutti i popoli, per M. De Paravey, Paris, 1826., Dissertazioni tre del P. Giacomo Bossi. Torino 1828. St. Reale (sic) 8° di p.103.
(11. Apr.)
Chi ha viaggiato, gode questo vantaggio, che le rimembranze che le sue sensazioni gli destano, sono spessissimo di cose lontane, e però tanto più vaghe, suscettibili di fare illusione, e poetiche. Chi non si è mai mosso, avrà rimembranze di cose lontane di t...
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