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Alla p.4211. Arato, (???(???? v.108. parlando degli uomini della età d'oro: ?(?????????(????(?????(?????(?(??????, ?(?(??????(????????????????, ???(?????????(, ?(???, (così, come si sia, ????) ?'(????(??????(??' (?(???????(?????, ??(??(????(????(???(?(???????(?(??????, ???????? E v. 179. ???'?(??????(????????(???(??? '???(?????(??? (ridondante) (?(???? (taciuto, oscuro, ignoto ec.) ??????(?????. (??'(?????(??(???(???(???(??(???' (????, (??(???(??(??(????(???. E così altrove più volte nello stesso poema usa l'avverbio ?(???. E così ancora altri poeti; e prima di tutti probabilmente Omero. V. l'indice delle parole omeriche.
Alla p.4210. lin.1. Questa inclinazione e quest'uso di applicare a luoghi e persone ben note e prossime i racconti (veri o finti) appartenenti a persone e luoghi lontani, ed anche di rimodernarli, cioè applicar de' racconti vecchi, e talora vecchissimi, a tempi e persone moderne, ha mille esempi, che si possono notare anche giornalmente: ed io ho udito in città d'Italia, molto tra se distanti, raccontare varie novellette, varie pretese origini di proverbi, varie goffaggini insigni ec. come accadute nominatamente ad una tal persona di quella tal città ; e così in ciascuna città ; e per tutto la stessa novelletta con nome diverso; e molte di tali novellette io le aveva già sin dalla puerizia sentite raccontare nella mia patria e da' miei, sotto i nomi di persone della mia città stessa o della provincia: ed alcune ne ho anche trovate negli antichi novellieri italiani, sotto altri nomi, le quali ora si raccontano come di poco tempo addietro, e di persone conosciute dagli stessi che le raccontano, o da quelli da cui essi le hanno udite. (Bolog. 23. Ottob. 1826.). Altra conformità degli antichi coi moderni, poichè anche gli antichi ebbero lo stesso vezzo, come si è veduto.
[4225]Alla p.4202. Spesse volte in occasioni di gran travaglio e afflizione d'animo, io mi sono consolato così. Ho dimandato a me stesso: Certo questa è una sventura grande: ma posso io non affliggermi di questa cosa? L'esperienza mia propria, di più altre volte, mi obbligava a risponder di sì, che io poteva: ma il non affliggersene sarebbe cosa irragionevole: la sventura è grande e vera. - Lasciamo star che sia vera: ma affliggendomene la posso io dissipare o scemare? - Nulla. - Non affliggendomene, crescerà ella punto, o me ne verrà punto di danno? - Punto. - Dunque come sarà irragionevole il non affliggermene? E se questo è ragionevole, se mi è utilissimo (il che è manifesto), se io lo posso, perchè non lo vorrò? - Vi giuro che questo discorso era efficace; che la mia volontà si determinava secondo esso, ed otteneva il suo effetto; e che io mi consolava e non pativa.
(Bologna. Domenica, 29. Ottob. 1826.)
Alla p.4211. Nicias de Lapidibus, ap. Stob. serm.98. ???(??(???, dice di una certa pietra della Tracia: ????(??'?(????? ??(??(??????(?? fa benissimo. Callisthenes Sybarita libro 13. rerum Galaticarum, ib. ????????????' (???(??????(??(??( (di un certo pesce) ?(???, ?(???(????(??????(?(??(grumo salis), (???(???????????(???(?????????(????(???? (ad quartanas. Gesner.). Archelaus lib.1. de fluviis, ib. ????(?????'?(???(?( (in un fiume dell'Etolia) ???(????(?????????????????(??, ?(????????(??????????(?????(??(??????(??(?????. Ctesias Cnidius lib.2. de Montibus, ib. ????(?????'?(???(?( (in un monte della Misia) ?(????(??(???(????????????(?????, (???(???????????(???(??(???(? (vitiligines) ??(??(????. Clitophon Rhodius lib.1. Indicorum, ib. dice di un'erba dell'India: ????(??'?(????????(??(??(???? (ad morbum regium).
(Bologna 30. Ottobre. 1826.)
Alla p.4210. lin.1. Timica, donna Pitagorica, fatta tormentare da Dionigi tiranno di Siracusa, perchè rivelasse i secreti o misteri della [4226]sua setta, si tagliò co' denti la lingua, e la sputò in faccia al tiranno. Giamblico, Vita di Pitagora, cap.31. Imitazione della storia di Leena amica di Armodio e Aristogitone, come osserva il Menagio, il quale vedi, Hist. Mulier. philosopharum, segm.94-98. E molte di siffatte narrazioni parallele si debbono interamente agli scrittori imitanti in altra materia le tradizioni e storie antiche ec.
(Recanati 16. Nov. 1826.)
?(???????(??(????(?????(. Fragm. Teletis ex commentario de comparatione divitiarum et paupertatis ap. Stob. serm.95. ?(???????????(?????(????(???, ed. Basil. 1549. p.522. V. Mannuccii Adagia, Venet. 1609. col.469. - Una rondine non fa Primavera. V. la Crus. Proverbio greco passato nel volgare e popolare italiano.
Alla p.4212. fin. Perictyones Pythagoricae ex libro de Mulieris concinnitate, ap. Stob. serm.83. ?(???????(???(?(????(corpus) ?(??(?(??? (raquirit) ?(?(??(???, ???(?????(???(???, ?(?????(?????(??( (??????(?????(????(???. Parla biasimando la sontuosità del vestire.
Alla p.4165. È usato pur da Hierocles, lib. de Amore fraterno ap. Stob. serm.82. (????(????????(?????????(?, p.475. verso il fine, ed. Basil. 1549.
(Recanati. 15. Nov. 1826.)
Bellissima è l'osservazione di Ierocle nel libro de Amore fraterno, ap. Stobeo serm. ???????????????????????????etc. 84. Grot. 82. Gesner. che essendo la vita umana come una continua guerra, nella quale siamo combattuti dalle cose di fuori (dalla natura e dalla fortuna), i fratelli, i genitori, i parenti ci son dati come alleati e ausiliari ec. E io, trovandomi lontano dalla mia famiglia, benchè circondato da persone benevole, e benchè senza inimici, pur mi ricordo di esser vissuto in una specie di timore [4227]o timidezza continua, rispetto ai mali indipendenti dagli uomini, e questi, sopravvenendomi, avermi spaventato, ed abbattuto e afflitto l'animo assai più del solito, non per altro se non perchè io mi sentiva essere come solo in mezzo a nemici, cioè in mano alla nemica natura, senza alleati, per la lontananza de' miei; (Recanati. 16. Nov. 1826.) e per lo contrario, ritornando fra loro, aver provato un vivo e manifesto senso di sicurezza, di coraggio, e di quiete d'animo, al pensiero, all'aspettativa, al sopravvenirmi di avversità , malattie ec.
????(?? diminutivo positivato per ?(????. V. Casaub. ad Athenae. l.4. c.16.
Faquin, facchino ec. - ?(?????. V. Casaub. ad Athenae. l.4. c.16.
Indulgeo indultum-indultar spagn.
Senza porvi altro studio (cioè alcuno). Varchi, Ercolano, Venez. Giunti 1570. p.94. verso la fine.
Io ho veduto delle Commedie più sporche e più disoneste che quelle d'Aristofane; ho veduto de' Sonetti disonestissimi e sporchissimi; ho veduto delle Stanze che si posson chiamare la sporchezza e disonestà medesima. Id. ib. p.245. E gran parte della lingua spagnuola ritiene ancora oggi della lingua de' Mori. Ib. p.260.
(Recanati. 26. Nov. Domenica. 1826.)
I Francesi, per qualificare un uomo che stimino, soglion dire c'est un homme extrêmement aimable, gl'Inglesi he is a very sensible man, gl'Italiani, è un uomo di garbo; segno manifesto, pare a me, di quanto i primi pongano sopra ogni altra cosa i piaceri della conversazione, e la scienza della urbanità ; i secondi la ragionevolezza e il buon senso; gli altri la compostezza delle maniere, e l'accortezza di condursi nella vita. Algarotti, Lettere varie, Lettera al Sig. Barone N. N. a Hertzogenbrück. Berlino 10. Marzo 1752. fine. Opp. ed. Cremona, Manini 1778-84. tomo 9. 1783. p.69.
(28. Nov. 1826.)
[4228]Molto impropriamente la questione del sommo bene è stata chiamata la questione dei fini. Il fine dell'uomo è noto e certo a ciascuno che interroghi se medesimo: un piacere perfetto, non dico in se, e però non importa se sommo o non sommo, ma perfetto rispetto ad esso uomo; un piacere che lo contenti del tutto. Questo è il nostro fine, notissimo a tutti, benchè poi non si possa conoscere di qual natura sia o possa essere questo piacere perfetto, niuno avendolo sperimentato mai; e per conseguenza che cosa e di qual natura sia o possa essere la felicità umana. Se la virtù, o la voluttà del corpo, o altre cose tali, possano proccurare all'uomo il piacere perfetto; o qual di loro più; o in somma donde possa o debba l'uomo conseguire il piacer perfetto che egli desidera, e che è il suo fine, questo può ben cadere e cade in questione; ma tal questione è dei mezzi, non già dei fini. Il fine è certo, il mezzo s'ignora, e la cagione di questa ignoranza è in pronto. La cagione, dico, si è che il mezzo o i mezzi di ottener questo fine, che niuno ha mai ottenuto, non esistono al mondo; che per conseguenza il sommo bene, che ci possa o debba dare il piacer perfetto che cerchiamo, non si trova, è un'immaginazione, come lo è questo piacer perfetto esso stesso, quanto alla sua natura; e che infine l'uomo sa e saprà ben sempre che cosa desiderare, ma non mai che cosa cercare, cioè che mezzo che cosa possa soddisfare il suo desiderio, dargli il piacer perfetto, cioè che cosa sia il suo sommo bene, dal quale debba nascere la sua felicità .
(Recanati. 28. Nov. 1826.)
Ritorta-ritortola. Primulus a um, e primulum per
primus e primum avv. Osservisi che son voci dei Comici,
cioè del dir volgare.
Anticato per antico. V. Crusca.
Far le corna a uno - ?(???(??????????(?, detto della moglie. Artemidoro de somniis cap.12. che lo chiama ?(????(?????. V. Tassoni Varietà di pensieri, lib.9. cap.30.
[4229]Datti de' polli, latte, capretti, giuncate, e delle altre delizie, che tutto l'anno ti serba. Pandolfini Tratt. del governo della famiglia, ed. Milano 1811. p.81. (Recanati 30. Nov. Festa di S. Andrea. 1826.). Vi si allegheranno degli altri. Caro Apologia, Parma 1558. p.26. In Esiodo non sono delle voci che non sono in Omero? Ib. p.26-27. E così spessissimo.
Senza fargli altra risposta, cioè niuna. Sannazz. Arcadia, prosa 11. fine.
Observe the French people, and mind how easily and naturally civil their address is, and how agreeably they insinuate little civilities in their conversation. They think it so essential, that they call an honest man and a civil man by the same name, of honnête homme; and the Romans called civility humanitas, as thinking it inseparable from humanity. Chesterfield Letters to his son, lett.95.
È naturale all'uomo, debole, misero, sottoposto a tanti pericoli, infortunii e timori, il supporre, il figurarsi, il fingere anco gratuitamente un senno, una sagacità e prudenza, un intendimento e discernimento, una perspicacia, una esperienza superiore alla propria, in qualche persona, alla quale poi mirando in ogni suo duro partito, si riconforta o si spaventa secondo che vede quella o lieta o trista, o sgomentata o coraggiosa, e sulla sua autorità si riposa senz'altra ragione; spessissimo eziandio, ne' più gravi pericoli e ne' più miseri casi, si consola e fa cuore, solo per la buona speranza e opinione, ancorchè manifestamente falsa o senza niuna apparente ragione, che egli vede o s'immagina essere in quella tal persona; o solo anco per una ciera lieta o ferma che egli vede in quella. Tali sono assai sovente i figliuoli, massime nella età tenera, verso i genitori. Tale sono stato io, anche in età ferma e matura, verso mio padre; che in ogni cattivo caso, o timore, sono stato solito per determinare, se non altro, il grado della mia afflizione o del timor mio proprio, di aspettar di vedere o di congetturare il suo, e l'opinione e il giudizio che [4230]egli portava della cosa; nè più nè meno come s'io fossi incapace di giudicarne; e vedendolo o veramente o nell'apparenza non turbato, mi sono ordinariamente riconfortato d'animo sopra modo, con una assolutamente cieca sommissione alla sua autorità , o fiducia nella sua provvidenza. E trovandomi lontano da lui, ho sperimentato frequentissime volte un sensibile, benchè non riflettuto, desiderio di tal rifugio. Ed è cosa mille volte osservata e veduta per prova come gli uomini di guerra, anche esperimentatissimi e veterani, sogliano pendere nei pericoli, nei frangenti, nelle calamità della guerra, dalle opinioni, dalle parole, dagli atti, dal volto, di qualche lor capitano, eziandio giovane e immaturo, che si abbia guadagnato la lor confiden...
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