[Pagina precedente]...orcere - attorcigliare, attortigliare, intorticciato. Squartare-écarteler.
Et qui rit de nos moeurs ne fait que prévenir Ce qu'en doivent penser les siècles à venir. M. de Rulière, Discours en vers sur les Disputes, rapporté par Voltaire Dict. phil. au mot Dispute.
Dieu puissant! permettez que ces tems déplorables Un jour par nos neveux soient mis au rang des fables. Ibidem.
Corata-coratella, curatella, coradella ec.
Grattare-grattugiare. Sciorinare verbo diminut. V. Monti Proposta.
Macinare, macerare, macina-maciullare, maciulla. Spilluzzicare (da spelare).
Sarmata, stando all'etimologia del nome, significa carrettiere da ????, che in greco vuol dir carro, ed aggiuntavi l'aspirazione sarma. Dal non aver usato que' popoli (dell'alto ed ultimo settentrione dell'Europa e dell'Asia) abitazioni fisse, per aver avuto case traslocabili come specie di carri, [4173]furono da' Greci chiamati Sarmati. Ciampi, nell'Antolog. di Firenze. Febbraio 1826. num.62. p.28. not.6.
(30. Marzo. 1826. Bologna.)
Piaggia, spiaggia, diminutivi positivati di plaga, da plagula, come nebbia da nebula, ec. ec.
Elevato, sollevato, per alto. V. Crus. in Elevatissimo e Sollevatissimo.
A voler che uno possa esser buon comico o buon satirico, è di tutta necessità che questo tale sia, o sia stato degno di satira e di commedia, e ciò per non poco tempo, e in quelle cose medesime che egli ha da porre in riso.
(Bologna. Domenica in Albis. 2. Aprile. 1826.)
Homme emporté per qui s'emporte, che è solito s'emporter. Empressé.
Accuratus, accurato ec. per qui curat, o qui accurat.
Sappiamo da Plinio che chiamavansi pernae dalla lor forma di presciutto alcune conchiglie frequentissime nelle isole Ponticae, o come altri leggono Pontiae. Da esse traevasi la madre perla: e questo nome italiano di perla non viene certamente da altro che da perna o pernula. (Diminutivo positivato.) Amati, Iscrizioni antiche scoperte da non molto tempo, e meritevoli di esser poste a notizia de' dotti. (Articolo del Giornale arcadico, Roma Dicembre 1825. N.84. tom.28.) num.25. p.358.
(Bologna 7. Aprile. 1826.)
Testis-testiculus, testicolo, testicule ec. Citrus citron. Hirundo-hirondelle.
Magnum videlicet illis (Athenaei) temporibus videbatur, duabus linguis posse loqui: quod in nescio quo habitum loco miraculi refert Galenus: ????????? ???, inquit, ??????? ?????, ??? ????? ????? ??, ???????? ???, ??????? ?????????? ???. Bilinguis olim quidam dicebatur: eratque res miraculo mortalibus, homo unus duas exacte linguas tenens. Haec Galenus in secundo de Differentiis pulsuum. Casaub. Animadv. in Athenae. lib.1. cap.2.
(Bologna 14. Aprile. 1826.)
[4174]??? ??????? per non potere, ?? ?????????, vedilo nel Casaub. loc. sup. cit. cap.5. in un verso di Filosseno.
(Bologna 17. Aprile. 1826.)
Tutto è male. Cioè tutto quello che è, è male; che ciascuna cosa esista è un male; ciascuna cosa esiste per fin di male; l'esistenza è un male e ordinata al male; il fine dell'universo è il male; l'ordine e lo stato, le leggi, l'andamento naturale dell'universo non sono altro che male, nè diretti ad altro che al male. Non v'è altro bene che il non essere; non v'ha altro di buono che quel che non è; le cose che non son cose: tutte le cose sono cattive. Il tutto esistente; il complesso dei tanti mondi che esistono; l'universo; non è che un neo, un bruscolo in metafisica. L'esistenza, per sua natura ed essenza propria e generale, è un'imperfezione, un'irregolarità , una mostruosità . Ma questa imperfezione è una piccolissima cosa, un vero neo, perchè tutti i mondi che esistono, per quanti e quanto grandi che essi sieno, non essendo però certamente infiniti nè di numero nè di grandezza, sono per conseguenza infinitamente piccoli a paragone di ciò che l'universo potrebbe essere se fosse infinito; e il tutto esistente è infinitamente piccolo a paragone della infinità vera, per dir così, del non esistente, del nulla.
Questo sistema, benchè urti le nostre idee, che credono che il fine non possa essere altro che il bene, sarebbe forse più sostenibile di quello del Leibnitz, del Pope ec. che tutto è bene. Non ardirei però estenderlo a dire che l'universo esistente è il peggiore degli universi possibili, sostituendo così all'ottimismo il pessimismo. Chi può conoscere i limiti della possibilità ?
[4175]Si potrebbe esporre e sviluppare questo sistema in qualche frammento che si supponesse di un filosofo antico, indiano ec.
Cosa certa e non da burla si è che l'esistenza è un male per tutte le parti che compongono l'universo (e quindi è ben difficile il supporre ch'ella non sia un male anche per l'universo intero, e più ancora difficile si è il comporre, come fanno i filosofi, Des malheurs de chaque être un bonheur général. Voltaire, épître sur le désastre de Lisbonne. Non si comprende come dal male di tutti gl'individui senza eccezione, possa risultare il bene dell'universalità ; come dalla riunione e dal complesso di molti mali e non d'altro, possa risultare un bene.) Ciò è manifesto dal veder che tutte le cose al lor modo patiscono necessariamente, e necessariamente non godono, perchè il piacere non esiste esattamente parlando. Or ciò essendo, come non sì dovrà dire che l'esistere è per se un male?
Non gli uomini solamente, ma il genere umano fu e sarà sempre infelice di necessità . Non il genere umano solamente ma tutti gli animali. Non gli animali soltanto ma tutti gli altri esseri al loro modo. Non gl'individui, ma le specie, i generi, i regni, i globi, i sistemi, i mondi.
Entrate in un giardino di piante, d'erbe, di fiori. Sia pur quanto volete ridente. Sia nella più mite stagione dell'anno. Voi non potete volger lo sguardo in nessuna parte che voi non vi troviate del patimento. Tutta quella famiglia di vegetali è in istato di souffrance, qual individuo più, qual meno. Là quella rosa è offesa dal sole, che gli ha dato la vita; si corruga, langue, appassisce. Là quel giglio è succhiato crudelmente da un'ape, nelle sue parti più sensibili, più vitali. [4176]Il dolce mele non si fabbrica dalle industriose, pazienti, buone, virtuose api senza indicibili tormenti di quelle fibre delicatissime, senza strage spietata di teneri fiorellini. Quell'albero è infestato da un formicaio, quell'altro da bruchi, da mosche, da lumache, da zanzare; questo è ferito nella scorza e cruciato dall'aria o dal sole che penetra nella piaga; quello è offeso nel tronco, o nelle radici; quell'altro ha più foglie secche; quest'altro è roso, morsicato nei fiori; quello trafitto, punzecchiato nei frutti. Quella pianta ha troppo caldo, questa troppo fresco; troppa luce, troppa ombra; troppo umido, troppo secco. L'una patisce incomodo e trova ostacolo e ingombro nel crescere, nello stendersi; l'altra non trova dove appoggiarsi, o si affatica e stenta per arrivarvi. In tutto il giardino tu non trovi una pianticella sola in istato di sanità perfetta. Qua un ramicello è rotto o dal vento o dal suo proprio peso; là un zeffiretto va stracciando un fiore, vola con un brano, un filamento, una foglia, una parte viva di questa o quella pianta, staccata e strappata via. Intanto tu strazi le erbe co' tuoi passi; le stritoli, le ammacchi, ne spremi il sangue, le rompi, le uccidi. Quella donzelletta sensibile e gentile, va dolcemente sterpando e infrangendo steli. Il giardiniere va saggiamente troncando, tagliando membra sensibili, colle unghie, col ferro. (Bologna. 19. Aprile. 1826.). Certamente queste piante vivono; alcune perchè le loro infermità non sono mortali, altre perchè ancora con malattie mortali, le piante, e gli animali altresì, possono durare a vivere qualche poco di tempo. Lo spettacolo di tanta copia di vita all'entrare in questo giardino ci rallegra l'anima, e di qui è che questo ci pare essere un soggiorno di gioia. Ma in verità questa vita è trista e infelice, ogni giardino è quasi un vasto ospitale (luogo ben più deplorabile che un cemeterio), e se questi esseri [4177]sentono, o vogliamo dire, sentissero, certo è che il non essere sarebbe per loro assai meglio che l'essere.
(Bologna. 22. Apr. 1826.)
Avisé per accorto ec. Être osé per oser. Voltaire.
Il piacere delle odi di Anacreonte è tanto fuggitivo, e così ribelle ad ogni analisi, che per gustarlo, bisogna espressamente leggerle con una certa rapidità , e con poca o ben leggera attenzione. Chi le legge posatamente, chi si ferma sulle parti, chi esamina, chi attende, non vede nessuna bellezza, non sente nessun piacere. La bellezza non istà che nel tutto, sì fattamente che ella non è nelle parti per modo alcuno. Il piacere non risulta che dall'insieme, dall'impressione improvvisa e indefinibile dell'intero.
(Bologna. 22. Aprile. 1826.)
Poi che s'accorse chiusa dalla spera Dell'amico più bello. Petrar. Son. 79. della I. Parte: In mezzo di duo amanti onesta, altera. Grecismo manifesto. Notisi che il Petrarca non sapeva il greco.
Transgredior, transgressus-transgresser.
Réviser (rivedere): al detto altrove di avvisare ec.
Frango is - nau-fragor aris.
Alla p.4142. Niente infatti nella natura annunzia l'infinito, l'esistenza di alcuna cosa infinita. L'infinito è un parto della nostra immaginazione, della nostra piccolezza ad un tempo e della nostra superbia. Noi abbiam veduto delle cose inconcepibilmente maggiori di noi, del nostro mondo ec., delle forze inconcepibilmente maggiori delle nostre, dei mondi maggiori del nostro ec. Ciò non vuol dire che esse sieno grandi, ma che noi siamo minimi a rispetto loro. Or quelle grandezze (sia d'intelligenza, sia di forza, sia d'estensione ec.) che noi [4178]non possiamo concepire, noi le abbiam credute infinite; quello che era incomparabilmente maggior di noi e delle cose nostre che sono minime, noi l'abbiam creduto infinito; quasi che al di sopra di noi non vi sia che l'infinito, questo solo non possa esser abbracciato dalla nostra concettiva, questo solo possa essere maggior di noi. Ma l'infinito è un'idea, un sogno, non una realtà : almeno niuna prova abbiamo noi dell'esistenza di esso, neppur per analogia, e possiam dire di essere a un'infinita distanza dalla cognizione e dalla dimostrazione di tale esistenza: si potrebbe anche disputare non poco se l'infinito sia possibile (cosa che alcuni moderni hanno ben negato), e se questa idea, figlia della nostra immaginazione, non sia contraddittoria in se stessa, cioè falsa in metafisica. Certo secondo le leggi dell'esistenza che noi possiamo conoscere, cioè quelle dedotte dalle cose esistenti che noi conosciamo, o sappiamo che realmente esistono, l'infinito cioè una cosa senza limiti, non può esistere, non sarebbe cosa ec. (Bologna 1. Maggio. Festa dei SS. Filippo e Giacomo. 1826.). Pare che solamente quello che non esiste, la negazione dell'essere, il niente, possa essere senza limiti, e che l'infinito venga in sostanza a esserlo stesso che il nulla. Pare soprattutto che l'individualità dell'esistenza importi naturalmente una qualsivoglia circoscrizione, di modo che l'infinito non ammetta individualità e questi due termini sieno contraddittorii; quindi non si possa supporre un ente individuo che non abbia limiti.
(2. Maggio 1826.). V. p.4181. e p.4274. capoverso ult.
Tetta-teton (come da mamma, mammella ec.).
[4179]Fammi sentir di quell'aura gentile. Petr. Canz. Amor, se vuo' ch'i' torni al giogo antico. v.31. cioè stanza 3. v.1. Il genitivo per l'accusativo. V. ancora Canz. Quando il soave, stanza 4. v.4 e Son. S'io fossi, v. ult.
(3. Maggio. Festa della S. Croce. Vigilia dell'Ascensione. Bolog. 1826.)
Scorto per accorto, da scorgere per vedere ec. ovvero da scorgere per guidare, avvisare ec. come avisé ec. V. la Crusca.
????? ?? ??? ?????? (confabulationis) ????? (i.e. potatio) ????? ??????. Ap. Athenaeum. Vid. Casaub. Animadvers. l.1. cap. ult. init. Volere per dovere.
(Bologna. 6. Maggio. 1826.). Non vogliono per non debbono. V. Rucellai, Api v.621.
Già è gran tempo che nè i principi nominano, nè ai principi ...
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