[Pagina precedente]...e la nostra lingua. [3057]Veramente nessuna nazione in questa parte è così savia, e niuna scrittura così vera, perfetta e filosofica come l'italiana. Gli antichi greci se le potrebbero paragonare, se non che poche voci forestiere li ponevano in pericolo di guastar la loro ortografia.
(27. Luglio. 1823.)
Condiscendere, condiscendenza, condecender o condescender, condescendre, condescendance ec. vengono dal greco ???????????? per condiscendenza è in S. Gio. Crisost. nel Sermone Quod nemo laedatur nisi a seipso ???? ??? ?????? ?? ????????? ?????? ?????????? ???????, che incomincia ???? ??? ??? ???? ??????????, cap.11. Opp. Chrysost. ed. Montfaucon, t. 3. p.457. B. Vedi i Glossar. latino e greco. V. p.3071.
Sopra per contro (v. Crusca in Sopra §.2. Venire sopra alcuno, Dare sopra. Il Bocc. Nov. 17. Acciocchè sopra, cioè contro, Osbech dall'una parte con le sue forze discendesse. E v. pur la Crusca in Scendere. §.1.) è pretto grecismo (ignoto nel buon latino) e grecismo dell'ottimo e purissimo greco. I greci dicono ??? nel medesimo senso, sì quando questa preposizione è separata, sì nella composizione, come ????????? ec. ??????????.
(28. Luglio 1823.)
[3058]Alla p.3053. fine. Posar spagn. per abitare, onde posada ec. Pausar spagn. ec. V. i Diz. spagn. - Repossione per repos-it-ionem trovasi in un'antica iscrizione latina recentemente scoperta, e illustrata dal Ciampi (in una lettera data da Varsavia e stampata nell'Appendice al Giornale di Milano due o tre anni fa); e sta con significazione di luogo da riporre robe.
(28. Luglio. 1823.). V. p.3060.
Corruptio optimi pessima. Questo proverbio si verifica nominatamente negli uomini, negli spiriti sensibilissimi che col tempo e coll'uso del mondo divengono più insensibili degl'insensibilissimi per natura, come ho detto altrove, e danno nell'eccesso contrario ec.
(28. Luglio. 1823.)
Persone imperfette, difettose, mostruose di corpo, tra quelle che non arrivano a nascere e si perdono per aborti, sconciature ec. non volontarie nè proccurate; tra quelle che son tali dalla nascita, e muoiono appena nate o poco appresso, per vizi naturali interni o esterni; quelle che così nate vivono e si veggono e si ponno facilmente contare, annoverando le mostruosità e difettosità d'ogni sorta; quelle finalmente che tali son divenute dopo la nascita, più [3059]presto o più tardi, naturalmente e senza esterna cagione immediata, voglio dire o per vizio ingenito sviluppatosi in séguito, o per malattia qualunque naturalmente sopravvenuta; sommando dico e raccogliendo tutti questi individui insieme, si vedrà a colpo d'occhio e senza molta riflessione che il loro numero nel solo genere umano, anzi nella sola parte civile di esso, avanza di gran lunga non solamente quello che trovasi in qualsivoglia altro intero genere d'animali, non solamente eziandio quello che veggiamo in ciascheduna specie degli animali domestici, che pur sono corrotti e mutati dalla naturale condizione e vita, e da noi in mille guise travagliati e malmenati; ma tutto insieme il numero degl'individui difettosi e mostruosi che noi veggiamo in tutte le specie di animali che ci si offrono giornalmente alla vista, prese e considerate insieme. La qual verità è così manifesta, che niuno, io credo, purchè vi pensi un solo momento e raccolga le sue reminiscenze, la potrà contrastare. Simile differenza si troverà in questo particolare fra le nazioni civili e le selvagge, e proporzionatamente fra le più civili e le meno, secondo un'esatta scala, come tra' francesi italiani tedeschi spagnuoli ec.
[3060]Quali conseguenze si tirino da queste osservazioni, è così facile il vederlo, come esse conseguenze sono evidentissime, ed hanno quella maggior certezza che possa avere una proposizione dimostrata matematicamente, e dedotta matematicamente da un'altra di cui non si possa dubitare.
(28. Luglio. 1823.)
Porgo per porrigo is, sincope usata dagli antichi latini e volgare tra noi. V. Forcell. in Porgo e massime il luogo di Festo.
(28. Luglio. 1823.)
Alla p.2842. principio. Defectus a um sembra avere il significato neutro di is qui defecit in parecchi luoghi, de' quali v. Forcell. in defectus a um, e il Fedro di Desbillons, Manheim 1786. p. LVII. ad lib. I. fab. 21. vers. 3. Quietus a um da quiesco. V. in particolare il Desbillons loc. cit. p. LXII. ad II.8. v. 15. Usurpatus a um. V. Cic. ad fam. IX. 22. verso il princ.
(28. Luglio. 1823.). V. p.3074.
Alla p.3058. Assus (e così semiassus) per assatus sarebbe una contrazione che farebbe al proposito. Se però assare non viene appunto da assus, il quale in tal caso sarebbe participio di verbo ignoto. E s'ei fosse il medesimo che arsus (v. Forcell. in Assus), il che non è inverisimile, [3061]stante l'antico uso latino di pronunziare e scrivere la s per la r (del che altrove cioè per 2991. segg.) assare sarebbe lo stesso che arsare, voce de' bassi tempi, della quale altrove, continuativo di ardeo, e più regolare ec. nella pronunzia che assare.51 V. p.3064. Elixus per elixatus (che pur si dice) sarebbe altra contrazione al proposito, se però elixo non viene da elixus, come ho detto di assus. E veggasi a questo proposito la p.2757 8. e 2930. marg.
(29. Luglio. 1823.)
Niuna cosa nella società è giudicata, nè infatti riesce più vergognosa del vergognarsi.
(29. Luglio 1823.)
In proposito di favella, favellare, hablar ec. di cui molto distesamente ho ragionato altrove, veggansi le voci francesi habler, hablerie, hableur ec. Essi hanno anche fable ec. come noi pur favola ec. e gli spagnuoli fabula ec. dall'altro significato latino di fabula, fabulari ec. (29. Luglio. 1823.). Vedi pur lo spagn. habla e hablilla ec. ser habla o hablilla del pueblo.
(29. Luglio. 1823.)
[3062]Alla p.3055. marg. Asinus-asellus in vece di asinellus, che sarebbe intero e regolare, e che noi diciamo. Opera-opella ec.
(29. Luglio. 1823.)
Esse conveniens alicui rei pro convenire; il participio attivo coll'ausiliare esse, all'italiana. V. Fedro Fab. 27 v. 1. l. 1. e Ovid. Trist. 1. 1. v. 6. ed anche il Fedro di Desbillons, Manheim 1786. p. LIX.
(29. Luglio 1823.)
Altri due italianismi veggansi in Fedro II. 5. v. 25., e 8. v. 4. - Desbillons loc. cit. p. LXIV e LXV. E notinsi i luoghi di Varrone il quale parla del latino illustre. Altro eziandio III. 6. v. 5. - Desbill. p. LXXI. Ma Fedro seguiva o s'appressava in molte cose al latino volgare. Quindi è ch'ha delle frasi tutte sue, cioè che non si trovano negli altri autori latini, e che sono sembrate non latino. Vedi il Desbillons p. XXII-VI. e gli altri che trattano della sua latinità. Niuno de' quali, io credo, ha osservato la vera cagione della differenza di questa latinità della più nota. Tutti gli scrittori latini (anche antichi e veri classici) che hanno del familiare nello stile, come, oltre i Comici, Celso (che s'accosta molto a Fedro quanto può un prosatore a un poeta, e che fu pur creduto non appartenere al secolo d'oro) e [3063]lo stesso Cesare, inclinando per conseguenza più degli altri al linguaggio volgare, (benchè moderatamente e con grazia, come molti degl'italiani, p.e. il Caro), si accostano eziandio più degli altri all'andamento, sapore ec. e alle frasi, voci o significazioni ec. dell'italiano. Così pure fa Ovidio fino a un certo segno, ma per altra ragione, cioè per la negligenza e fretta che non gli permetteva di ripulire bastantemente il suo linguaggio, di dargli dovunque il debito splendore, nobiltà ec.; di tenersi sempre lontano dalla favella usuale: insomma perchè non sapeva o non curava di scrivere perfettamente bene, e si lasciava trasportare dalla sua vena e copia, con poco uso della lima, siccome per lo stile, così per la lingua.
(29. Luglio. 1823.)
Alla p.3040. fine. Asellus, capella equivalgono ad asinus, capra. Vedi a questo proposito il Forcell. in catellus.
(30. Luglio. 1823.). V. p.3073.
Come da nosco-notus, noscito, così da nascor-natus, nasciturus, del che mi pare di aver detto altrove.
(30. Luglio. 1823.)
[3064]Similmente morior-mortuus-moriturus ec. ec.
(30. Luglio 1823.)
Alla p.3061. Che assare venga da ardere, e sia lo stesso che arsare, oltre la verisimiglianza ch'ha in se medesimo, considerando i significati di tali verbi, si fa eziandio più probabile osservando che il nostro arrostire (franc. rôtir) ch'equivale ad assare, viene da urere ch'equivale quasi ad ardere (preso attivamente, come noi sovente lo prendiamo, e come bisogna considerarlo nel caso nostro: v. Forcell. in ardeo e arsus participio passato, i Diz. franc. in arder, e lo spagnuolo). E che arrostire venga da urere, si dimostra guardando ch'egli è corruzione (o che altro si voglia) d'abbrostire il quale originariamente è il medesimo verbo; e che abbrostire è quasi il medesimo che abbrostolire, il qual è corruzione di abbrustolare; e che abbrustolare, detratte le lettere abbr (non so come premessegli) è appunto il latino ustulare, il cui significato è nè più nè meno quello di abbrustolare; e che ustulare è fatto da ustus di urere. Abbrustiare voce fiorentina è quanto al materiale lo stesso che abbrustolare, mutato il tol [3065](lat. tul) in ti, secondo il costume della lingua nostra (e massime della fiorentina e toscana), come da oc-ul-us occh-i-o, da masc-ul-us masch-i-o, che i fiorentini dicono mastio ec. come ho detto altrove (così da misc-ul-are misch-i-are, i fiorentini mistiare). Le lettere abbr abr o br paiono nelle nostre lingue esser proprie, non so perchè, delle voci di questo tal significato o simile; come in abbrostire e ne' sopraddetti (i francesi non conservano che l'r, cioè rostir, ma questa sembra essere un'aferesi di abbrostire, o abrustire che sarebbe un vero latino-barbaro), in brustolare, abbruciare ec., bruciare ec., abbronzare ec. abbruscare (v. l'Alberti), brûler, abrasar ec. Forse queste tutte sono corruzioni del latino amb (ambustus, amburere ec.). Veggasi il Glossario se ha nulla in proposito. Veramente abbruciare, bruciare, brûler, abrasar sembrano non appartenere al latino, e da quella origine da cui essi vennero, fu tolto forse ancora l'uso di premettere le lettere abbr, abr, br ad altre voci di significato affine al loro, [3066]benchè venute d'altra origine, cioè latina ec.
(30. Luglio. 1823.)
Che la lingua italiana mediante la letteratura sia stata per più secoli divulgatissima in Europa, e più divulgata che niun'altra moderna a quei tempi, o certo per più lungo spazio (perchè la lingua spagnuola per certo tempo lo fu forse altrettanto, e in Italia nel 600 trovo stampate le Novelle di Cervantes in ispagnuolo, mentre oggi in tanta diffusione della lingua francese, che niuno è che non la intenda, è ben difficile che tra noi si ristampi un libro francese di letteratura o divertimento in lingua francese), raccogliesi da parecchi luoghi e notizie da me segnate qua e là, e da molte altre che si possono facilmente raccorre. Vedi in particolare Andres, Stor. della letterat. parte 2. l. 1. poesia inglese, ed. Ven. del Loschi, t. 4. p.116. 117. 119., la Vita di Milton, l'Orazione di Alberto Lollio in lode della lingua toscana, nelle Prose fiorentine, part. 2. vol. 4. ed. Ven. 1730-43. p.38 39, dov'è un passo molto interessante a questo proposito. Ma si noti che in altre edizioni come in quella [3067]della Raccolta di prose ad uso delle regie scuole, ed. 3a Torino, 1753. p.309. questo passo, siccome tutta l'orazione, è notabilissimamente mutato; e veggasi la prefazione al citato vol. delle Prose fior. p. X-XI. Veggasi ancora Speroni Oraz. in morte del Bembo nelle Orazioni stampate in Ven. 1596. p.144-5. La Canzone de' Gigli del Caro, mandata in Francia, e fatta apposta per colà, come anche il Commento alla medesima secondo che dice il Caro in una delle sue lettere al Varchi, il conto fattone in Francia ec. (vedi la Vita del Caro); la Canzone del Filicaia per la liberazione di Vienna, mandata in Germania, e credo anche in Polonia, e colà molto lodata, come si vede nelle lettere del Redi;52 i poemi dell'Alamanni fatt...
[Pagina successiva]