[Pagina precedente]...e al suo tempo, sopra le azioni e le quasi secondarie opinioni degli uomini; nè valsero in alcun tempo a cangiare la natura umana, alla quale dee mirare in ogni tempo il poeta. In verità due sorti di opinioni e di dogmi, l'una dall'altra distinta, e che quasi nulla comunicavano insieme, tenevano all'età del Tasso e ne' secoli a lei precedenti gl'intelletti degli uomini. L'una Cristiana, l'altra naturale; quella quasi del tutto inefficace [3151]e inattiva, la cui forza non si stendeva fuori dell'intelletto e ne' termini di questo si restringeva la sua esistenza; l'altra efficace attiva che dall'intelletto stendevasi a influire e muovere la volontà , e governare le operazioni e la vita. Perocchè gli uomini sono sempre mossi dalle opinioni, nè altro che le opinioni può cagionare le loro azioni volontarie, nè v'ha opera umana volontaria che dalla opinione, ossia giudizio dell'intelletto, non derivi. Ma l'intelletto umano è capace di contenere al tempo stesso opinioni e dogmi dirittamente fra se contrarii, e di contenerli conoscendone la scambievole, inconciliabile contrarietà , come accadeva ai detti tempi. Ben diversi dalla primissima età del Cristianesimo, quando un solo genere di opinioni regnava negli animi, cioè quelle della religione, ed era efficace, e stendevasi alla volontà ed al reggimento delle azioni interiori ed esteriori, e della vita. Ma questo durò assai meno di quel che può credere [3152]chi non conosce la storia ecclesiastica, o chi non ci ha riflettuto, o chi in essa si lascia imporre dai nomi, e dal linguaggio tenuto in narrarla. Durò pochissimo, o, se non altro, divenne in breve assai raro. Del resto egli è duopo distinguere in ciascuna età , nazione, individuo le opinioni efficaci dalle inefficaci che nell'intelletto puramente si restringono. Quelle talor possono servire alla poesia, talora non possono (come le presenti, e vedi la pag.2944-6.), talor più, talora meno; queste sempre pochissimo o nulla. Parlo delle opinioni che in se hanno relazione alla pratica e al governo della vita, non dell'altre, che son fuori del mio discorso. P.e. quelle opinioni, illusioni ec. antiche o moderne che derivando dalla immaginazione o dall'esperienza ec. persuasero e occuparono, o persuadono ec. l'intelletto, e nondimeno, non avendo nulla che far colla pratica della vita per lor natura, non influiscono sulla volontà , e sono inefficaci, e queste possono però, ed anche grandemente, servire alla poesia.
Da questa digressione, non aliena, cred'io, dal proposito, tornando in via, ci resta a considerare come sia strano e quasi assurdo che Omero in tempi feroci abbia tanto fatto giuocare la compassione nel suo poema, n'abbia fatto un interesse principale e finale, abbia seguito e ottenuto il suo intento in modo che anche oggidì, mancato l'altro interesse all'Iliade, non si può forse tuttavia legger cosa che [3153]tanto interessi, non avesse riguardo di far cadere ed esaggerare la compassione quasi unicamente sopra i nemici de' greci suoi compatriotti, a' quali scriveva, i quali non istimavano gran fatto la generosità verso il nemico, anzi apprezzavano la qualità opposta; e che i poeti moderni abbiano fatto ed espressamente esclusa la compassione dal grado d'interesse finale, abbiano per lo più evitato di farne cader più che tanta sopra i nemici della parte e dell'Eroe da lor presi a lodare (la compassione per Clorinda nella Gerusalemme non dava scrupolo al Tasso perch'ei la fa morir convertita, e nel medesimo canto la scuopre per cristiana di genitori e di nazione; sì ch'ella cade in ultimo, secondo l'intenzione finale del poeta, sopra una Cristiana), ec. ec. In verità egli sarebbe stato credibile, e certo egli avrebbe dovuto accadere, tutto l'opposto.
1. Quella raffinatezza dell'amor proprio e della facoltà di sentire, la quale è necessaria perchè la compassione trovi luogo nell'animo umano, [3154]la produce, e seco il piacere ch'altri ne gusta non fu in alcun modo propria de' tempi d'Omero, e proprissima di quelli di Virgilio e de' moderni, perocch'ella nasce dalla civiltà . Parlo qui della compassione inefficace, qual è quella che si prova leggendo un poema, e che spesso e facilmente ha luogo negli animi civili, massime destandovela lo charme e l'artifizio della poesia, e degli abili prosatori. La compassione efficace la qual ci muove a sovvenire alle miserie altrui, nasce anch'essa dalla detta raffinatezza, e quindi dalla civiltà , ma richiede una raffinatezza maggiore di quella che la civiltà soglia ordinariamente produrre e produca nel comune degli uomini, e una facoltà naturale di sentire maggior dell'ordinaria, e quindi ella è e fu in ogni tempo ben rara.
2. Poco ai tempi d'Omero valeva ed operava quello che negli uomini si chiama cuore, moltissimo l'immaginazione. Oggi per lo contrario (e così a' tempi di Virgilio) l'immaginazione [3155]è generalmente sopita, agghiacciata, intorpidita, estinta; difficilissimo è ravvivarla anche al gran poeta, il quale altresì difficilmente può esser oggi gagliardamente ispirato dalla immaginativa, ed esser grande per quella parte che propriamente spetta all'immaginazione e per ciò che da lei deriva, come furono Omero e Dante. Se l'animo degli uomini colti è ancor capace d'alcuna impressione, d'alcun sentimento vivo, sublime e poetico, questo appartien propriamente al cuore. Ed infatti oggidì appresso gli altri poeti di verso e di prosa, il cuore è sottentrato universalmente e quasi del tutto all'immaginazione, quello gl'ispira, quello essi mirano a commuovere, e su quello realmente operano sempre ch'ei sono atti a riuscire nel loro intento. I poeti d'immaginazione oggidì, manifestano sempre lo stento e lo sforzo e la ricerca, e siccome non fu la immaginazione che li mosse a poetare, ma essi che si espressero dal cervello e dall'ingegno, [3156]e si crearono e fabbricarono una immaginazione artefatta, così di rado o non mai riescono a risuscitare e riaccendere la vera immaginazione, già morta, nell'animo de' lettori, e non fanno alcun buono effetto. Così dico di quelle parti che ne' moderni scrittori sono di pura immaginazione. Lord Byron è un'eccezione di regola, forse unica, per se stesso. V. p.3477. Quanto all'effetto delle sue poesie sopra i lettori, dubito ch'elle debbano essere eccettuate dal numero delle altre poesie d'immaginazione. V. p.3821. L'animo nostro è troppo diverso dal suo. Male ei ci può restituire quella immaginativa ch'egli ha conservata, ma che noi abbiamo per sempre perduta.67 Ora tra i poeti epici egli è pure strano che Omero antichissimo abbia tanto mirato al cuore, e che Virgilio e i moderni non si sieno proposti per oggetto finale ed essenziale de' loro poemi che di muovere l'immaginazione. Perocchè il soggetto essenziale e unico principale de' loro poemi si è un Eroe felice e un'impresa felicemente [3157]terminata. Ora la felicità non vale che per la maraviglia, la quale spetta all'immaginazione e nulla al cuore. Tanto possono fare errare i più grandi spiriti le regole e l'arte, e tanto nascondere la natura dell'uomo, de' tempi, delle cose, traviarli dal vero, travisar loro e occultare il proprio scopo e la propria essenza di quelle cose medesime ch'essi intraprendono ed alle quali esse regole appartengono.
3. Le idee, i principii di generosità , di equità , di umanità , di beneficenza verso il nemico sì ne' giudizi sì ne' sentimenti sì nelle azioni, nacquero, si può dir, dopo Omero, mitigati che furono i ferocissimi e implacabili ed eterni odi nazionali, proprii degli uomini ancor vicini a natura.68 Essi principii sono massimamente comuni ed efficaci ne' tempi moderni, ne' quali non vi possono avere odi nazionali, non avendovi quasi nazioni, e niuno individuo considera, come anticamente, per nemici personali quelli della nazione, i quali altresì ed effettivamente nol sono nè per sentimento nè per fatto, ma nemici [3158]solamente del suo re ec. Anzi i detti principii oggi degenerano in totale indifferenza verso il nemico della nazione, la qual porta a non distinguerlo quasi affatto dall'amico. Or non è egli maraviglioso che il poema d'Omero sia cento volte più imparziale e generoso verso i nemici della sua propria nazione, che non sono i poemi moderni verso la parte contraria a quella ch'in essi si celebra? e tanto che volendo nella Iliade investigare i proprii sentimenti del poeta, e non mirando se non se all'espressione di questi, appena si potrebbe oggi distinguere se Omero fosse greco o troiano, o d'una terza nazione, e in quest'ultimo caso, per qual di quelle due fosse più propenso nel suo animo.
4. Oggi, come ho già detto, e proporzionatamente eziandio a' tempi di Virgilio, si può dir che più non esista interesse pubblico, se non in quei pochi che le cose pubbliche amministrano, e che il pubblico rappresentano, [3159]anzi, si può dir, lo compongono e costituiscono. Ed è ben cosa ragionevole e consentanea che l'interesse pubblico negli altri più non esista (e chi governa non legge poemi). Ora dunque i poemi il cui soggetto non è che qualche felicità e gloria nazionale, poco possono oggidì interessare, o certo assai meno che a' tempi d'Omero. Ma la sventura, e massime degl'immeritevoli, è sempre dell'interesse privato di ciascheduno uomo. Niuno è che non si stimi infelice e conseguentemente nol sia, e niuno è parimente che non si reputi immeritevole della infelicità ch'ei sostiene. Queste disposizioni benchè comuni a tutti i tempi, sono massimamente sensibili oggidì, poichè per le circostanze politiche la vita non ha più come vivamente occuparsi e distrarsi, e d'altronde il lume della filosofia dissipa ben tosto, o soffoca nel nascere, o impedisce del tutto qualunque illusione di felicità . Quindi eziandio indipendentemente dalla compassione, egli era [3160]tanto più conveniente oggidì che a' tempi d'Omero il far molto giuocare ne' poemi epici le sventure degli uomini, quanto che oggi il sentimento della infelicità nelle nazioni civili è più vivo che fosse mai nel genere umano, ed è il sentimento e il pensiero per così dir dominante, da cui niuno oramai trova più come distrarsi. E la infelicità individuale degli uomini è, per così dire, il carattere o il segno di questo secolo. Tutto al contrario di quel d'Omero, il quale forse godette di quella maggior felicità o minore infelicità che possa godersi dall'uomo nello stato sociale, e che sempre risulta dalla grande attività della vita e dalle grandi e forti illusioni, cose proprissime di quel tempo, massime nella Grecia. Or dunque oggidì le sventure cantate da' poeti, non possono non interessar grandemente, e più che in ogni altro tempo, e tutti; essendo il sentimento della propria sventura l'universale e più continuo sentimento degli uomini d'oggidì, ed amando naturalmente gli uomini di parlare e [3161]udir parlare delle cose proprie, e riguardando ciascheduno la infelicità come propria sua cosa, e dilettandosi gli uomini singolarmente di quelli che loro più si assomigliano, nè potendosi trovar somiglianza più universale che quella della infelicità , e compiacendosi ciascheduno di vedere in altrui o di legger ne' poeti i suoi propri sentimenti, e contando per somma ventura ogni volta ch'egli incontra o nella vita o ne' libri qualche notabile conformità o di casi o di circostanze o di opinioni o di carattere o di pensieri o d'inclinazioni o di modi o di vita e abitudini, colle sue proprie; e consolandosi ciascheduno delle sue sventure coll'esempio vivamente rappresentato, e più col vederle quasi celebrate e piante in altrui (e ciò in soggetto e circostanze e persone e avvenimenti illustri, come son quelli cantati ne' poemi epici), innalzando il concetto di se stesso quasi il canto del poeta avesse per soggetto la di lui stessa infelicità , ed intenerendosi nella lettura quasi sui proprii mali. Chè in verità qualora leggendo i poeti (versificatori o prosatori) o le storie noi ci sentiamo [3162]commuovere da quelle vere o finte calamità , e ci lasciamo andare alle lagrime, crediamo forse di piangere le miserie altrui ma più spesso e più veramente, o più inte...
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