[Pagina precedente]...i in Francia ad istanza di quei principi ec. e colà stampati (v. Mazzucchelli, Vita dell'Alamanni), siccome molti altri libri italiani originali o tradotti si pubblicavano allora o si ristampavano fuor d'Italia, nella quale certo niun libro francese, inglese, tedesco si pubblicava o ristampava originale, e ben pochissimi tradotti (francesi o spagnuoli); tutte queste cose, e cento altre simili notizie e indizi di cui son pieni [3068]i libri del 500, del 600, e anche de' principii del 700, dimostrano quanto la lingua italiana fosse divulgata. Nondimeno ella ha lasciato ben poche o niuna parola agli stranieri (eccetto alcune tecniche, militari, di belle arti ec. che spettano ad altro discorso) mentre la lingua francese tanti vocaboli e frasi e modi e forme ha comunicato e comunica a tutte le lingue colte d'Europa, e in esse le ha radicate e naturalizzate per sempre, e continuamente ne radica e naturalizza. Segno che la letteratura è debol fonte e cagione e soggetto di universalità per una lingua, perocchè una lingua universale per la sola letteratura (e per questo lato fu veramente universale l'italiana a que' tempi, quanto mai lo sia stato alcun'altra fra le nazioni civili) non rende ?????????? le nazioni in ch'ella si spande, e non è mai se non materia di studio e di erudizione (????????). Quindi poco profonde radici mettono nell'altre lingue le sue parole: e terminata l'influenza della sua letteratura [3069]termina la sua universalità (non così, terminata l'influenza della nazion francese è terminata nè terminerà l'universalità della sua lingua, nè così della greca ec.), e si dimenticano e disusano ben presto quelle parole e modi che lo studio e l'imitazione della sua letteratura aveva forse introdotto nelle letterature straniere, ma non più oltre che nelle letterature. Quando in Francia a tempo di Caterina de' Medici, la nostra lingua si divulgò per altro che per la letteratura, allora l'italianismo nel francese non appartenne alla letteratura sola, e in questa medesima eziandio fu maggiore assai che negli altri tempi o circostanze, onde, non so qual degli Stefani, scrisse quel dialogo satirico del quale ho detto altrove più volte.
Il Menagio, Regnier Desmarais, il Milton ec. che scrissero e poetarono in lingua italiana, sono esempi non rinnovatisi, cred'io, rispetto ad alcun'altra lingua moderna, se non dipoi rispetto alla francese, e certo non dati nè imitati mai dagl'italiani, se non appresso [3070]parimente quanto al francese. S'è vero che nel 500 v'avessero cattedre di lingua italiana tra' forestieri, come dice Alberto Lollio, esse erano, cred'io, le uniche dove s'insegnasse lingua moderna forestiera nè nazionale, nè mai vi fu cosa simile in Italia per nessun'altra lingua moderna (eccetto forse in Propaganda di Roma) fino a questi ultimissimi tempi (v'è ora qualche cattedra di lingua moderna in Italia? Dubito assai: di lingua italiana? dubito ancor più). È noto poi che la letteratura e lingua spagnuola nel suo secolo d'oro che fu il 500. come per noi, si modellò in gran parte sull'italiana, colla qual nazione la Spagna ebbe allora purtroppo che fare.
(30. Luglio. 1823.)
Benedetto Buommattei nell'Orazione delle lodi della lingua toscana detta da lui l'anno 1623. nell'Accademia Fiorentina (Vita del Buommatt. in fronte alla sua Grammat. ed. Napoli 1733. p.22. princ.), verso il fine, cioè nella succitata Raccolta di Torino p.299. fine - 300. e appiè della sua Gramatica, ediz. cit. p.273. fine, dice della universal [3071]diffusione della lingua toscana a quel tempo ciò che ivi puoi vedere.
(30. Luglio. 1823.)
Dompter da domitare, inseritoci il p, come in emptus, sumptus (sumpsi ec.) e simili, e come alcuni fanno in temptare che nel Cod. de Rep. di Cic. è scritto temtare, come anche si scrive emtus, sumtus, peremtus ec. Veggasi la p.3761. fine. E il Richelet nel Diz. scrive domter con tutti i suoi derivati similmente, e vuol che si pronunzi donter, dontable ec. così anche altri Dizionari moderni. Così dompnus e domnus contratto da dominus. E a questo discorso appartiene la voce somnus fatta da ????? e, come dice Gellio, da sypnus - o supnus-sumnus-somnus. V. il Glossar. se ha niente che faccia a proposito.
(31. Luglio. 1823.)
Alla p.3057. Similmente angustia per angoscia (ch'è corruzione di angustia) o in simile significato par che venga dal greco, quanto cioè alla metafora. ???????????, in questo senso e in San Basilio Magno nell'Omil. o sermone ??????????? de gratiarum actione, opp. ed. Garnier, t. 2. p.26. D. cap. 2. È da veder però se tali metafore vennero a noi da' greci, o a' greci dal latino (v. p.e. Forcell. in angustia: anche noi diciamo in tal senso strette, strettezza ec.) o dal latino-barbaro. [3072]V. il Gloss. lat. (perchè il greco non ha niente) e lo Scapula.
(31. Luglio. 1823.)
Alla p.2841. marg. Di tali participii passivi di verbi neutri (e fors'anche di verbi attivi) adoperati in senso neutro (fors'ancora attivo), anzi non in altro senso che in questo, cioè non mai passivamente ne abbondano le lingue figlie della latina. Stato, caduto, uscito, svaporato, esalato, venuto, andato, salito, sceso, sorto, vissuto, morto, ec. Anzi quasi tutti i verbi neutri hanno nelle dette lingue tali participii col detto senso e non altro.
(31. Luglio. 1823.).53 V. p.3298.
Ho discorso altrove della voce camara o camera. V. Fedro IV. 22. v. 29. e ivi il Desbillons e gli altri.
(31. Luglio 1823.)
I Romani, che tanto fecero con la virtù, e col sangue, riconoscevan nondimeno ogni cosa dalla Fortuna; Dea più ch'altro Nume da loro adorata. Onde Lucio Silla che vinse la Virtù, e i Trionfi, e i sette Consolati di G. Mario, si fè chiamare il Felice, e teneasi esser della Fortuna figliuolo. Ed Augusto pregò gli Dii, che [3073]dessero al nipote la sua fortuna, la quale fu stupenda. Bern. Davanzati. Orazione in morte del Gran Duca di Toscana Cosimo primo.
(1. Agosto. dì del Perdono. 1823.)
Alessandro Magno schifò quel (consiglio) d'Aristotile, che volea ch'egli trattasse i Greci da parenti, e i Barbari da bestie, e sterpi. Id. ib.
(1. Agosto. dì del Perdono. 1823.)
Alla p.3063. Scrupulus diminutivo di scrupus, usato però sempre, ch'io sappia, in luogo del positivo nei sensi metaforici, eccetto solamente appo Cic. de repub. III. 16. p.244. Anzi eziandio nel senso proprio, fuor d'un luogo di Petronio, non so che si trovi mai adoperato il detto positivo. Ma il diminutivo bensì. Così dico di calx per lapis, da cui calculus. V. Forcell. in calculus e calx.
(1. Agosto. dì del Perdono. 1823.)
Aborto as da aborior-abortus, o dal semplice orior. Il nostro abortire e il lat. abortio is (se questo verbo è vero) sarebbero continuativi anomali. Il franc. avorter è il lat. abortare. V. lo [3074]spagnuolo e il Gloss. se ha nulla.
(1. Agosto. dì del Perdono. 1823.)
Appellito as da appello-appellatus, onde lo spagn. apellidar, apellido sostantivo ec.
(1. Agosto. 1823.)
Reditus a um. V. l'Oraz. di Claudio Imp. (citata in altri casi dal Forcell. come in appellito) ap. Gruter. p.502. col. 1. v. 36. Cretus, concretus ec. V. Forcell. Pertaesus, Distisus, Fisus, diffisus, confisus ec. V. Forc. Exoletus cioè qui exolevit. Conspiratus. V. Forc. in fine vocis. Census a um. V. Forc. Status a um. V. Forc. nel principio di questa voce, massime il luogo d'Ulpiano. Nuptus a um. Falsus. V. Forc.
(1. Agos. 1823.)
È da notare che la lingua spagnuola, per suo quasi perpetuo costume e regola, conserva ne' participii de' verbi latini della 2da e 3a maniera l'antica e regolare e piena forma della quale ho discorso altrove, non ostante che nel latino conosciuto ella sia alterata, contratta, o anomala. Ne' quali casi la lingua italiana suol seguire ciecamente la latina ancorchè contro la regola e proprietà delle sue coniugazioni, e inflessioni, come ho detto altrove in proposito di arsare. P.e. 1. tenido, venido, e cento simili sono participii intieri, cioè tenitus, venitus, [3075]in luogo de' contratti che usa la lingua latina conosciuta, cioè tentus, ventus ec. Noi in questo e in molti altri casi mutiamo bene spesso l'i in u (scambio che può essere anch'esso antichissimo) dicendo tenuto, venuto ec. I francesi cambiano sovente e comprendono nella lettera u tutte le lettere itus: tenu, venu da tenitus, venitus e così ordinariamente. 2. Corregido è participio intero e senza mutazione di lettera alcuna, cioè corregitus, dal qual regolare participio la lingua latina fece corregtus per contrazione, e indi mutato il g nell'affine palatina, correctus ch'è solo participio rimasto nel latino conosciuto, e nell'italiano. Similmente leido (se non che lo spagnuolo omette il g in tutto questo verbo) è il primitivo e regolare legitus (dimostrato da legitare) e da questo viene, non già da lectus, da cui il nostro letto. Anzi, perchè veggiate la differenza, da lectus sostantivo lo spagnuolo non fa leido, ma lecho (voce antica), [3076]equivalendo il ch spagnuolo assai spesso al ct latino. 3. Movido, nacido, conocido e cento simili sono participii e interi e irregolari, in luogo di contratti ed anomali. Movitus per motus. Nascitus (dimostrato, oltre l'analogia, da nasciturus, come altrove ho notato) per natus ch'è solo oggi nel latino e nell'italiano e nel francese Cognoscitus, dimostrato, come altrove ho detto, da noscito, per cognitus, ch'è unico nel latino, unico nel francese. Nell'italiano v'è cognitus e v'è anche cognoscitus, mutato al solito l'i in u, e dico mutato, perchè in conosciuto, l'i è accidentale della scrittura, non proprio della parola, e serve solamente a dinotar la pronunzia delle lettere sc, che poste avanti l'u senza l'intrapposizione della i, si profferirebbero in altro modo.54 Del resto nacido ec. è proprio lo stesso che nascitus, omessa la s per proprietà moderna, perchè gli antichi la [3077]scrivevano, come pure in crecer (onde crecido-crescitus-cresciuto, per cretus-cru), condecender ec. ec. La lingua spagnuola suol essere regolarissima in questi tali participii, più assai dell'italiana, più della francese, e conservare più di ambedue l'antichità e primitiva proprietà latina, anzi conservarla si può dir, pienamente. E ciò non meno nè in diverso modo quando la latina conosciuta è irregolare o contratta, che quando ell'è regolare e semplice, come da habitus, havido o habido, che noi colla solita mutazione diciamo avuto. Ora questo havido nello spagnuolo ha la stessissima forma di tenido ec. Ma non così in latino, benchè teneo sia della stessa forma di habeo.55 V. p. 3572. fine.
Non è tuttavia che alcune volte la lingua spagnuola non segua in tali participi ciecamente o l'anomalia o la contrazione della lingua latina, come suol far l'italiano e il francese e non ne divenga essa stessa anomala, come le altre due. Di visto, e quisto (che però si dice anche regolarmente querido) dico altrove. Da facere, hacer, [3078]ella non fa pienamente hacido, facitus, ma contrattamente hecho da factus (fatto, fait), anticamente fecho, mutato il ct in ch per proprietà spagnuola, come in derecho, provecho ec. ec. e come ho pur detto altrove; e l'a cambiato in e, come in trecho da tractus, in leche da lacte ablativo (Perticari vuol che si dica dall'accusativo tolta la m; ma ecco che l'accusativo di lac è lac: vedi però il Forcell. appo il quale lac è mascolino in più esempi), e come i latini ne' composti, conFECTUS ec., in echar da jactare. Dov'è notabile che anche noi e i francesi facciamo la stessa mutazione: gettare, jeter, come i latini ne' composti: obiectare ec. Da dicere non decido o dicido, ma dicho-dictus-detto-dit.
(1. Agos. 1823.). V. p.3362.
La più bella e fortunata età dell'uomo, la sola che potrebb'esser felice oggidì, ch'è la fanciullezza, è tormentata in mille modi, con mille angustie, timori, fatiche dall'educazione e dall'istruzione, tanto che l'uomo adulto, anche in mezzo all'infelicità che porta la cognizion del vero, il disinganno, la noia della vita, l'assopimento della immaginazione, non accetterebbe di tornar fanciullo colla condizi...
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