[Pagina precedente]...ticamente foradar) da foro as. V. il Gloss. se ha nulla in proposito.
(5. Sett. 1823.)
Alla p.3282. L'uomo (così la donna) debole e bisognoso dell'opera altrui, o nato o divenuto, s'abitua ad essere in qualche modo, più o meno, servito e sovvenuto dagli altri, ed esso a non servire nè aiutare nessuno, perch'ei non può, quando anche da principio il desideri, quando anche per indole sia inclinato a beneficare. Per quest'abito ei contrae l'egoismo, il quale, come vedete, non è ingenito in lui per se stesso, (quando anche ei sia stato sempre debole e bisognoso fin dalla nascita), ma figlio di un abito da lui fatto o più presto o più tardi, incominciato fin dal principio della vita, o sul fior degli anni, o al mezzo, o sul declinare ec. Per quest'abito ei s'avvezza a considerare (se non per ragione, certo praticamente) [3362]gli altri come fatti per lui, e sè come fatto per se solo, ch'è appunto l'egoismo; diventa alieno dalla compassione e dalla beneficenza ch'egli non ha mai potuto o non può più esercitare, di cui non ha mai potuto acquistare o ha dovuto perdere l'abitudine.
(5. Sett. 1823.)
Alla p.3078. Queste medesime anomalie della lingua spagnuola, e quelle molte più della lingua italiana (delle quali vedi la p.2688. segg. e altri luoghi), nelle quali anomalie queste lingue per seguir la latina, abbandonano la norma della loro propria analogia, possono servire a far credere che quando elle dalla propria analogia non si scostano, non perciò abbandonino la lingua latina, ma la seguano, non quale noi la conosciamo, bensì quale ella fu conservata nel volgare; massime se in questi casi si vegga, come spessissimo e forse le più volte si vede, che la lingua italiana o spagnuola seguendo la propria analogia segue ancor quello che sarebbe stato secondo la vera analogia della lingua latina, sebben questa, per ciò che noi ne conosciamo, in moltissimi di questi casi non segua essa analogia sua propria, ma sia anomala e [3363]irregolare. Laonde non sarà da disprezzarsi il testimonio che da' participii regolari italiani o spagnuoli si volesse trarre a provare che anche la lingua latina avesse i participii analoghi a questi (benchè a noi sconosciuti), e da cui questi sieno derivati. P.e. dall'ital. veduto io potrò non vanamente dedurre il latino viditus che sarebbe appunto il regolarissimo latino, siccome quello è il regolarissimo italiano. Massime che siccome in latino visus anomalo, così trovasi ancora in italiano e in ispagnuolo l'anomalo visto, in cui queste lingue lasciano la loro analogia per seguire, non già l'analogia, ma l'anomalia della lingua latina. Veggasi la p.3032. segg. e in particolare la p.3033. marg. Similmente si può discorrere della lingua francese. E generalmente, osservando, si vedrà che quanto ai participi passivi, quello ch'è o sarebbe regolare nelle lingue figlie (salve le solite e regolari modificazioni cioè delle desinenze, dell'i vólto in u nell'italiano, come a pag.3075. e altre tali) è o sarebbe altresì regolare nel latino.
(5. Sett. 1823.)
[3364]Il subito passaggio dal grave, serio, lento, malinconico, passionato, raccolto e, come si dice, dall'adagio (s'io non m'inganno) all'allegro, all'accelerato, al dissipato, all' étourdi ec. ec. tanto usitato nella nostra musica, anzi proprio di quasi tutte le nostre arie ec., non solo non ha fondamento alcuno nella natura, ma anzi è generalmente contrarissimo alla natura, nella quale niente v'ha di subitaneo, e molto manco il passaggio da' contrarii ne' contrarii. Oltre che, astraendo pure dal subitaneo, l'allegro nuoce al passionato, spegne o raffredda la passione negli animi degli uditori, contrasta bruttamente con quello che precedette; l'effetto dell'una parte della melodia nuoce, contrasta, distrugge quello dell'altra; è inverisimile che un malinconico parli in tuono allegro, un passionato in tuono dissipato, e si abbandoni al gaio, allo scherzevole, all'insouciant, al pazzeggiare ec. ec. Nondimeno l'assuefazione che chiunque ha udito musica, deve tra noi aver fatto a questi tali passaggi, ce li fa parer convenientissimi, ce li fa aspettare come naturali, come richiesti dalla melodia ec. precedente, come dovuti, come proprii assolutamente della composizione musicale; fa che il nostro orecchio li richiegga come spontaneamente e naturalmente (e così è infatti, perchè l'assuefazione è seconda natura); anzi, mancando essi, ci fa considerar questa mancanza come sconvenienza; fa che il nostro orecchio desideri alcuna cosa, non resti soddisfatto, anzi resti come choqué e révolté della mancanza, deluso spiacevolmente dell'aspettativa; insomma fa che tal mancamento [3365]produca il senso e il giudizio dell'imperfetto, del mutilo, del disavvenevole, e quindi del disaggradevole, e quindi del brutto musicale.95 (5. Sett. 1823.). Dunque l'idea del contrario del brutto, cioè del bello e della convenienza musicale, dipende ed è determinata dall'assuefazione, tanto che se questa è, non solo non naturale, ma contraria alla natura, anche quel bello e quella convenienza, cioè l'idea che noi n'abbiamo è, non solo oltre natura, e non fondata sulla natura, nè prodotta dalla natura, ma contro natura.
(6. Sett. 1823.)
J'ai vu quatre sauvages de la Louisiane qu'on amena en France, en 1723. Il y avait parmi eux une femme d'une humeur fort douce. Je lui demandai, par interprète, si elle avait mangé quelquefois de la chair de ses ennemis, et si elle y avait pris goût; elle me répondit qu'oui; je lui demandai si elle aurait volontiers tué ou fait tuer un de ses compatriotes pour le manger; elle me répondit en frémissant, et avec une horreur visible pour ce crime. Voltaire. Correspondance du Prince Royal de Prusse (depuis Frédéric II.) et de M. de Voltaire. Lettre 31. Octobre, [3366]à Cirey. 1737. tome 1.r de la Correspondance de Frédéric II, Roi de Prusse, 10e de la collection des Oeuvres Complettes de Frédéric II, Roi de Prusse, 1790. p.142.
(6. Sett. 1823.)
La lingua latina s'introdusse, si piantò e rimase in quelle parti d'Europa nelle quali entrò anticamente e si stabilì la civilizzazione. Ciò non fu che nella Spagna e nelle Gallie. Quella fino dagli antichi tempi produsse i Seneca, Quintiliano, Columella, Marziale ec. poi Merobaude, S. Isidoro ec. e altri moltissimi di mano in mano, i quali divennero letterati e scrittori latini, senza neppure uscire, come quei primi, dal loro paese, o quantunque in esso educati, e non, come quei primi, in Roma. Le Gallie produssero Petronio Arbitro, Favorino ec. poi Sidonio, S. Ireneo ec. La civiltà v'era già innanzi i romani stata introdotta da coloni greci. Di più la corte latina v'ebbe sede per alcun tempo. La Germania benchè soggiogata anch'essa da' Romani, e parte dell'impero latino, non diede mai adito a civiltà nè a lettere, nè a' buoni nè a' mediocri nè a' cattivi tempi di quell'impero. Ella fu sempre barbara. Non si conta fra gli scrittori latini di veruna latinità [3367](se non dell'infimissima) niuno che avesse origine germanica o fosse nato in Germania, come si conta pur quasi di tutte l'altre provincie e parti dell'impero romano. Quindi è che la Germania benchè suddita latina, benchè vicina all'Italia, anzi confinante, come la Francia, e più vicina assai che la Spagna, non ammise l'uso della lingua latina, e non parla latino (cioè una lingua dal latino derivata), ma conserva il suo antico idioma. (Forse anche fu cagione di ciò e delle cose sopraddette, che la Germania non fu mai intieramente soggiogata, nè suddita pacifica, come la Spagna e le Gallie, sì per la naturale ferocia della nazione, sì per esser ella sui confini delle romane conquiste, e prossima ai popoli d'Europa non conquistati, e nemici de' romani, e sempre inquieti e ribellanti, onde ad essa ancora nasceva e la facilità , e lo stimolo, e l'occasione, e l'aiuto e il comodo di ribellare). Senza ciò la lingua latina avrebbe indubitatamente spento la teutonica, nè di essa resterebbe maggior notizia o vestigio che della celtica e dell'altre che la lingua latina spense affatto in Ispagna e in [3368]Francia. Delle quali la teutonica non doveva mica esser più dura nè più difficile a spegnere. Anzi la celtica doveva anticamente essere molto più colta e perfetta o formata che la teutonica, il che si rileva sì dalle notizie che s'hanno de' popoli che la parlarono, e delle loro istituzioni (come de' Druidi, de' Bardi, cioè poeti ec.), e della loro religione, costumi, cognizioni ec. sì da quello che avanza pur d'essa lingua celtica, e de' canti bardici in essa composti ec. L'Inghilterra par che ricevesse fino a un certo segno l'uso della lingua latina, certo, se non altro, come lingua letterata e da scrivere.96 Ella ha pure scrittori non solo dell'infima, ma anche della media latinità , come Beda ec. Ma era già troppo tardi, sì perchè la lingua latina era già corrotta e moribonda per tutto, anche in Italia sua prima sede, sì perchè l'impero latino era nel caso stesso. Quindi i Sassoni facilmente distrussero la lingua latina in Inghilterra, ancora inferma e mal piantata, propria solo dei dotti (com'io credo), e le sostituirono la [3369]teutonica, trionfando allo stesso tempo (almeno in molta parte dell'isola) anche dell'idioma nazionale, indigeno, ????????? e volgare, cioè del celtico ec., al qual trionfo doveva pure aver già contribuito la lingua latina, soggiogata poi anch'essa, e più presto ed interamente dell'indigena, da quella de' conquistatori. Laddove nelle Gallie i Franchi non poterono mica introdurre la lingua loro, benchè conquistatori, nè estirpar la latina, ben radicata, e per lunghezza di tempo, e perchè insieme con essa erano penetrati e stabiliti nelle Gallie, i costumi, la civiltà , le lettere, la religione latina, e perchè quivi detta lingua non era già propria ai soli dotti, ma comune al volgo, ond'essi conquistatori l'appresero, e parlata ec. Così dicasi de' Goti, Longobardi ec. in Italia; de' Vandali ec. in Ispagna. Che se la lingua latina in Italia, in Francia, in Ispagna, trionfò delle lingue germaniche benchè parlate da' conquistatori, può esser segno ch'ella ne avrebbe pur trionfato nella Germania ov'elle parlavansi da' conquistati, se non l'avessero impedito le cagioni dette di sopra. Perocchè si vede che la lingua latina trionfava [3370]dell'altre, non tanto come lingua di conquistatori e padroni, superante quella de' conquistati e de' servi, nè come lingua indigena o naturalizzata, superante le forestiere, avventizie e nuove; quanto come lingua colta e formata, superante le barbare, incolte, informi, incerte, imperfette, povere, insufficienti, indeterminate. Altrimenti non sarebbe stato, come fu, impossibile ai successivi conquistatori d'Italia, Francia, Spagna, il far quello che i latini ne' medesimi paesi, conquistandoli, avevano fatto; cioè l'introdurre le proprie lingue in luogo di quelle de' vinti. Nel mentre che i Sassoni in Inghilterra, certo nè più civili nè più potenti de' Franchi, de' Goti, de' mori, ec. i Sassoni, dico, in Inghilterra, e poscia i Normanni, trionfavano pur senza pena delle lingue indigene di quell'isola, perchè mal formate ancor esse, benchè non affatto barbare, ed anzi (p.e. la celtica) più colte ec. delle loro. Ma queste vittorie della lingua latina sì nell'introdursi fra' conquistati, e forestiera scacciare le lingue indigene; sì nel mantenersi malgrado i conquistatori, e in luogo di cedere, divenir propria anche di questi, si dovettero, come ho detto, in grandissima parte, alla civiltà dei [3371]costumi latini e alle lettere latine con essa lingua introdotte o conservate: di modo che detta lingua non riportò tali vittorie, solamente come colta e perfetta per se, ma come congiunta ed appartenente ai colti e civili costumi, opinioni e lettere latine. Perocchè, come ho detto, sempre ch'ella ne fu disgiunta, cioè dovunque la civiltà e letteratura latina, e l'uso del viver latino, o non s'introdusse, o non si mantenne, o scarsamente s'introdusse o si conservò; nè anche s'introdusse la lingua latina, come in Germania, o non si mantenne, come accadde in In...
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