[Pagina precedente]...o non si appagava dell'ammirazione di un secolo, ma tutti in perpetuo dovevano esser testimoni della sua potenza e contribuire a pascere la sua vanità : se per diletto, per bellezza, ornamento ec. tutto questo s'aveva da propagare nel futuro in perpetuo; se per utile tutte le generazioni avvenire avevano a partecipare di quella utilità ; se il principe, se il comune, se i privati, se per comodo, per onore, per vantaggio particolare o pubblico; se in memoria di successi ricordevoli o privati o pubblici; se in ricompensa di virtù, di belle azioni, di beneficii pubblici o privati; se in onor privato o pubblico, di vivi o di morti; se in testimonianza d'amore ec. ec. qualunque fine si proponessero, qualunque [3437]effetto dovesse seguitare a quell'opera, esso aveva ad essere eterno, s'aveva a stendere in tutto l'avvenire, non aveva a cessar mai. Le grandi illusioni onde gli antichi erano animati non permettevano loro di contentarsi di un effetto piccolo e passeggero, di proccurare un effetto che avesse a durar poco, instabile, breve; di soddisfarsi d'una idea ristretta a poco più che a quello ch'essi vedevano. L'immaginazione spinge sempre verso quello che non cade sotto i sensi. Quindi verso il futuro e la posterità , perocchè il presente è limitato e non può contentarla; è misero ed arido, ed ella si pasce di speranza, e vive promettendo sempre a se stessa. Ma il futuro per una immaginazione gagliardissima non debbe aver limiti; altrimenti non la soddisfa. Dunque ella guarda e tira verso l'eternità .
Fu proprio carattere delle antiche opere manuali la durevolezza e la solidità , delle moderne la caducità e brevità . Ed è ben naturale in un'età egoista. Ell'è egoista perchè disingannata. Ora il disinganno, [3438]come fa che l'uomo non pensi se non a se, così fa che non pensi se non quasi al presente; di quello poi che sarà dopo di lui, non si curi punto nè poco. Oltre che l'egoista è vile, sì per l'egoismo, sì per altre parti e cagioni. E l'età moderna ch'è quella del despotismo tranquillo, incruento e perfezionato, come può non essere abbiettissima? Ora un animo basso non si sa levar alto, nè proporsi de' fini nobili, nè cape l'idea dell'eternità in menti così anguste, nè l'uomo abbietto può riporre la sua felicità nel conseguimento d'obbietti sublimi.
Ne' tempi intermedi fra l'antico e il moderno, osservando i monumenti materiali che n'avanzano, si trovano evidenti segni e dell'antiche illusioni e del sopravvegnente disinganno. Si vede anche grandissima solidità in molte barbariche opere de' bassi tempi, (anche private, anzi per lo più tali) certo a paragone delle moderne. Chi può paragonare la solidità di queste con quella degli edifizi pubblici o privati del 500, in Italia massimamente. In Roma, dove v'ha monumenti d'ogni età dalle egiziane alla presente, si può in questi [3439]considerare la sommità , la decadenza, il distruggimento dell'umana immaginazione e illusioni; anzi pur le diverse sommità e decadenze ec. delle medesime; e le diverse età dell'immaginazione ec. e la storia delle nazioni non solo, ma in genere dello spirito umano spiritualmente considerato, malgrado la materialità degli oggetti. Si può cominciare dall'obelisco di piazza del popolo, e finire, tornando poco distante da quello, nel palazzo Lucernari che ancor si fabbrica. Quel denaro che da noi si spende in tabacchiere, e in astucchi, gli antichi lo spendevano in busti e statue, e dove per una vittoria si fa ora giuocare un fuoco di artifizio, essi muravano un arco di trionfo. Algarotti, Pensieri, pensiero 13.115
Si possono applicare queste considerazioni anche alla letteratura. Non s'usavano anticamente le brochures, nè gli opuscoli e foglietti volanti, nè scritture destinate a morire il dì dopo nate. E quello ancora che si scriveva per sola circostanza e per servire al momento, scrivevasi in modo ch'e' potesse e dovesse durare immortalmente.
[3440]Cicerone dopo dato un consiglio al senato o al popolo, da mettersi in opera anche il dì medesimo, dopo perorata e conchiusa una causa, ancor di una piccola eredità si poneva a tavolino, e dagl'informi commentari che gli avevano servito a recitare, cavava, componeva, limava, perfezionava un'orazione formata sulle regole e i modelli eterni dell'arte più squisita, e come tale, consegnavala all'eternità . Così gli oratori attici, così Demostene di cui s'ha e si legge dopo 2000 anni un'orazione per una causa di 3 pecore: mentre le orazioni fatte oggi a' parlamenti o da niuno si leggono, o si dimenticano di là a due dì, e ne son degne, nè chi le disse, pretese nè bramò nè curò ch'elle avessero maggior durata.
(15. Sett. 1823.)116
Il giovane innanzi la propria esperienza, per qualunque insegnamento udito o letto, di persone stimate da lui o no, amate o disamate, credute o non credute, ec. non si persuaderà mai efficacemente che il mondo non sia una bella cosa, nè deporrà il desiderio e la speranza ch'egli ha della vita e degli uomini e de' piaceri sociali, nè l'opinione favorevolissima, e nel fondo del cuore, [3441]fermissima, della possibilità , anzi probabilità di esser felice pigliando parte alla vita, all'azione ec. Perchè? perchè quest'opinione, desiderio, speranza, non è capriccio ma natura, nè si estirpa dall'animo, come le opinioni o passioni accidentali, nè val tenerezza e pieghevolezza e docilitate d'età nè d'indole a render queste cose estirpabili. Altrimenti sarebbe estirpabile la natura stessa, la quale ha provvveduto di speranza alla fanciullezza e alla gioventù, e agguagliato colla speranza il desiderio di quelle età .
(15. Sett. 1823.)
Altrove ho rassomigliato il piacere che reca la lettura di Anacreonte (ed è nel principio di questi pensieri)117 a quello d'un'aura odorifera ec. Aggiungo che siccome questa sensazione lascia gran desiderio e scontentezza, e si vorrebbe richiamarla e non si può; così la lettura di Anacreonte; la quale lascia desiderosissimi, ma rinnovando la lettura, come per perfezionare il piacere (ch'egli par veramente bisognoso d'esser perfezionato, anche più che ispirar desiderio d'esser continuato), niun piacere si prova, anzi non si vede [3442]nè che cosa l'abbia prodotto da principio, nè che ragion ve ne possa essere, nè in che cosa esso sia consistito; e più si cerca, più s'esamina, più s'approfonda, men si trova e si scopre, anzi si perde di vista non pur la causa, ma la qualità stessa del piacer provato, chè volendo rimembrarlo, la memoria si confonde; e in somma pensando e cercando, sempre più si diviene incapaci di provar piacere alcuno di quelle odi, e risentirne quell'effetto che se n'è sentito; ed esse sempre più divengono quasi stoppa e s'inaridiscono e istecchiscono fra le mani che le tastano e palpano per ispecularle. Di qui si raccolga quanto sia possibile il tradurre in qualsiasi lingua Anacreonte (e così l'imitarlo appostatamente, e non a caso nè per natura, senza cercarlo), quando il traduttore non potrebbe neanche rileggerlo per ben conoscer la qualità dell'effetto ch'egli avesse a produrre colla sua traduzione; e più che lo rileggesse e considerasse, meno intenderebbe detta qualità , e più la perderebbe di vista; perocchè lo studio di Anacreonte è non pure inutile per imitarlo o per meglio [3443]gustarlo o per ben comprendere e per definire la proprietà dell'effetto e de' sentimenti ch'esso produce, ma è piuttosto dannoso che utile; nè la detta proprietà si può definire altrimenti che chiamandola indefinibile, ed esprimendola nel modo ch'ho fatto io con quella similitudine ec. Nè certo alla prima lettura si può essere il traduttore, o l'imitatore, o verun altro, ben avveduto e chiarito e informato del proprio ed intero carattere di Anacreonte; dico chiarito, e compresolo in modo ch'ei possa esattamente e data opera esprimerlo, nè pur significarlo distintamente a se stesso, nè concepirne e formarne idea chiara e precisa; chè queste qualità della idea sono contraddittorie e incompatibili colla natura di detto effetto e carattere.
(16. Sett. 1823.)
Quante volte diss'io Allor pien di spavento, Costei per fermo nacque in paradiso. Petr. Canz. Chiare fresche e dolci acque. ??? ?????? ?? ???????? ?? ??? ???? ??????? ?? ???????? ???????? Saffo ap. Longin. sezione 10. È proprio dell'impressione che fa la bellezza [3444](e così la grazia e l'altre illecebre, ma la bellezza massimamente, perch'ella non ha bisogno di tempo per fare impressione, e come la causa esiste tutta in un tempo, così l'effetto è istantaneo) è proprio, dico, della impressione che fa la bellezza su quelli d'altro sesso che la veggono o l'ascoltano o l'avvicinano, lo spaventare; e questo si è quasi il principale e il più sensibile effetto ch'ella produce a prima giunta, o quello che più si distingue e si nota e risalta. E lo spavento viene da questo, che allo spettatore o spettatrice, in quel momento, pare impossibile di star mai più senza quel tale oggetto, e nel tempo stesso gli pare impossibile di possederlo com'ei vorrebbe; perchè neppure il possedimento carnale, che in quel punto non gli si offre affatto al pensiero, anzi questo n'è propriamente alieno; ma neppur questo possedimento gli parrebbe poter soddisfare e riempiere il desiderio ch'egli concepisce di quel tale oggetto; col quale ei vorrebbe diventare una cosa stessa (come profondamente, benchè in modo scherzevole osserva Aristofane nel Convito di Platone): ora ei non vede che questo possa mai essere. [3445]La forza del desiderio ch'ei concepisce in quel punto, l'atterrisce per ciò ch'ei si rappresenta subito tutte in un tratto, benchè confusamente, al pensiero le pene che per questo desiderio dovrà soffrire; perocchè il desiderio è pena, e il vivissimo e sommo desiderio, vivissima e somma, e il desiderio perpetuo e non mai soddisfatto è pena perpetua.Ora a lui pare e che quel desiderio non sarà mai soddisfatto (o non ne vede il come, e gli par cosa troppo ardua e difficile e improbabile), e ch'esso non sarà mai per estinguersi da se medesimo, come quando proviamo un dolor vivissimo, ci pare a prima giunta ch'ei sarà perpetuo, e che ne sia impossibile la consolazione, e che niuna cosa mai lo consolerà . Tutto questo accade principalmente (ed oggimai unicamente) ai giovani prima d'entrar nel mondo, o sul loro primo ingresso (talvolta, e non di rado, ancora ai fanciulli). I quali e son più suscettibili di vivezza d'impressione e di vivezza di desiderio ec., e sono inesperti del quanto presto e facilmente l'amore [3446]o si dilegui o si soddisfaccia, e del come; e che al mondo non v'ha cosa veramente amabile; e di quanto sia facile ottenere ogni cosa ch'ei brama da quegli oggetti ch'ei stima inaccessibili ec. ec.
Del resto, generalizzando, è da osservare che il primo concepimento d'un desiderio vivissimo di cosa difficile a ottenere, il qual concepimento non ha più luogo se non se ne' fanciulli e nella prima gioventù, è sempre accompagnato da spavento, e ciò si spiega colle cagioni sopraddette. Massime se la cosa è o pare impossibile ad ottenere; l'uno e l'altro de' quali casi è ben frequente nelle suddette età . Alle quali, per queste ragioni, i desiderii come son penosissimi nella lor durata e nel loro corso, così riescono spaventosi nella or nascita (e più quel d'Amore, ch'è più penoso, perchè più forte; massime negl'inesperti). E si dice per ischerzo, ma non senza ragione di verità , che bisogna soddisfare ai desiderii de' fanciulli per non trovargli morti dietro alle porte.
(16. Sett. 1823.)
Fermezza di carattere e facoltà di generalizzare formano quelli che si chiamano uomini superiori: essi sanno pensare e sanno operare: [3447]dice M. Say ne' Cenni sugli uomini e la Società . Ma la fermezza di carattere è di due sorti, che nascono da principii affatto contrarii, l'una da forza d'animo, e da acutezza d'ingegno ec.; l'altra da stupidità di spirito, da incapacità di ragionare, di comprendere ec. e quindi di mutare opinione, da scarsezza d'ingegno, ottusità e tardità di mente ec. E il come, è facile a concepirlo ec.
(16. Sett. 1823.)
Gli uomini straordinari, b...
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