[Pagina precedente]...i che accadono durante [3204]la vita a uno stesso uomo, non si può non credere e giudicare che la tanta e inesauribile diversità delle circostanze e degli accidenti che concorrono nella generazione de' vari individui, non diversifichi siccome le loro complessioni, e questa o quella parte del corpo, così eziandio quella in che risiede l'ingegno e l'animo, cioè il cerebro, e quindi il talento e l'indole nativa e primitiva de' vari individui, nazioni ec.
4. L'uomo, anche indipendentemente affatto dalle assuefazioni, ossia in parità di studi, di esercizi, di scienza, di pratica ec., si trova, per così dir, vario d'indole e di talento da se medesimo ancora, non solo dentro la vita, ma dentro la stessa giornata eziandio. Oggi il mio ingegno sarà svegliatissimo, la mia indole piacevolissima, domani tutto l'opposto, senz'alcuna cagione morale nè apparente, ma certo non senza cagioni fisiche, le quali diversamente affettando l'animo, lo tramutano effettivamente d'ora in ora, di giorno in giorno, di stagione in istagione (fu chi disse ch'ei si trovava più atto a comporre nel sommo caldo o nel sommo freddo che nelle medie temperature dell'anno; la [3205]mattina che la sera ec.) ec. ec. e lo ritornano nello stato di prima, ed ora lo rendono atto a una cosa, ora a un'altra, ora a più cose ora a meno, ora più ora meno atto ec. ec. Le diverse circostanze fisiche che evidentemente influiscono, cambiano, recano, tolgono, accrescono, scemano, diversificano ec. ec. le passioni o inclinazioni in uno stesso individuo, in diversi individui, in varie nazioni e climi e tempi ec. indipendentemente affatto e dalla volontà e dall'assuefazione; son tante e sì varie che infinito sarebbe il volerle enumerare e descrivere, coi loro (evidentissimi e incontrastabili) effetti.
5. Spessissimo l'ingegno è svegliato da cause fisiche manifeste ed apparenti, come un suono dolce, o penetrante, gli odori, il tabacco, il vino eccetera73 e quel che dico dell'ingegno, dicasi delle passioni, de' sentimenti, dell'indole ec.; e quel che dico dello svegliare, dicasi del sopire, del muovere, dell'affettare, modificare come che sia, dell'accrescere, dello sminuire, del produrre, del distruggere o per sempre o per certo tempo ec. Tutti questi effetti nei casi qui considerati, non hanno a far coll'assuefazione, e dimostrano per conseguenza che lo spirito dell'uomo [3206]può esser modificato e diversamente conformato da cause, circostanze e accidenti fisici diversi dalle assuefazioni. Così p.e. la luce è naturalmente cagione di allegria, siccome il suono, e le tenebre di malinconia; quella eccita sovente l'immaginazione, ed ispira; queste la deprimono ec. Un luogo, un appartamento, un clima chiaro e sereno, o torbido e fosco, influiscono sulla immaginativa, sull'ingegno, sull'indole degli abitanti, sieno individui o popoli, indipendentemente dall'assuefazione. Così una stagione, una giornata, un'ora nuvolosa o serena; il trovarsi per più o men tempo in un luogo qualunque oscuro o luminoso, senza però abitarvi, tutte queste circostanze fisiche, indipendenti dall'assuefazione e dalle circostanze morali, affettano, quali momentaneamente quali durevolmente, lo spirito dell'uomo, e variamente lo dispongono, e ne producono le assuefazioni, e le differenze di queste ec. ec. ec.
(19. Agosto. 1823.). V. p.3344.
Dimostrato che nell'idea del bello non convengono nè gli uomini naturali fra loro, nè gli spiriti incorrotti e semplici come quelli de' fanciulli, e quindi ch'essa idea non si trova una in natura; e che d'altronde gli uomini colti, savi, esercitati, profondi, [3207]gli artisti medesimi e i poeti ec. disconvengono circa il bello, ed anche in cose essenziali, più o meno, secondo la differenza delle nazioni, climi, opinioni, assuefazioni, costumi, generi di vita, secoli; disconvengono, dico, eziandio bene spesso dove credono di convenire (perocchè tra loro non s'intendono); disconvengono tra loro, e dai fanciulli, e dagli uomini o naturali o ignoranti; e che tali differenze circa l'idea del bello, si trovano fra individuo e individuo in una stessa nazione, si trovano in un medesimo individuo in diverse età e circostanze, si trovano, e costantemente, fra nazione e nazione, clima e clima, secolo e secolo, civili e non civili; si trovano fra barbari e barbari, dotti e dotti, ignoranti e ignoranti, selvaggi e selvaggi, colti e colti, più e men barbari, più e men civili, fanciulli e fanciulli, adulti e adulti, intendenti e intendenti, artisti ed artisti, speculatori e speculatori, filosofi e filosofi; dimostrato, dico, tutto questo, come ho già fatto in molti luoghi, viene a esser provato che il bello ideale, unico, eterno, immutabile, universale, è una chimera, poichè nè la natura l'insegna o lo mostra, nè i filosofi o gli artisti l'hanno mai scoperto o lo scuoprono, a forza di osservazioni [3208]e di cognizioni, come si sono scoperte e si scuoprono le altre idee stabili e invariabili appartenenti alle scienze del vero ec. ec.
(20. Agosto. 1823.)
Che quello che nella musica è melodia, cioè l'armonia successiva de' tuoni, o vogliamo dire l'armonia nella successione de' tuoni, sia determinata, come qualsivoglia altra armonia ovver convenienza dall'assuefazione, o da leggi arbitrarie; osservisi che le melodie musicali non dilettano i non intendenti, se non quanto la successione o successiva collegazione de' tuoni in esse è tale, che il nostro orecchio vi sia assuefatto; cioè in quanto esse melodie o sono del tutto popolari, sicchè il popolo, udendone il principio, ne indovina il mezzo e il fine e tutto l'andamento, o s'accostano al popolare, o hanno alcuna parte popolare che al popolare si accosti. Nè altro è nelle melodie musicali il popolare, se non se una successione di tuoni alla quale gli orecchi del popolo, o degli uditori generalmente, siano per qualche modo assuefatti. E non per altra cagione riesce universalmente grata la musica di Rossini, se non perchè [3209]le sue melodie o sono totalmente popolari, e rubate, per così dire, alle bocche del popolo; o più di quelle degli altri compositori, si accostano a quelle successioni di tuoni che il popolo generalmente conosce ed alle quali esso è assuefatto, cioè al popolare; o hanno più parti popolari, o simili, ovver più simili che dagli altri compositori non s'usa, al popolare. E siccome le assuefazioni del popolo e dei non intendenti di musica, circa le varie successioni de' tuoni, non hanno regola determinata e sono diverse in diversi luoghi e tempi, quindi accade che tali melodie popolari o simili al popolare, altrove piacciano più, altrove meno, ad altri più, ad altri meno, secondo ch'elle agli uditori riescono o troppo note e usitate; o troppo poco; o quanto conviene, colla competente novità che lasci però luogo all'assuefazione di far sentire in quelle successioni di tuoni la melodia, la qual dall'assuefazione degli orecchi è determinata. Onde una medesima melodia musicale piacerà più ad uno che ad altro individuo, più in [3210]una che in altra città , piacerà universalmente in Italia, o piacerà al popolo e non agl'intendenti, e trasportata in Francia o in Germania, non piacerà punto ad alcuno, o piacerà agl'intendenti e non al popolo; secondo che le assuefazioni di ciascheduno orecchio circa le successioni de' tuoni, saranno più o meno o nulla conformi o affini agli elementi o membri (????) che comporranno essa melodia, ovvero a quello che si chiama il motivo.
E di qui, e non d'altronde, nasce la diversità de' gusti musicali ne' diversi popoli. Dico ne' popoli, e non dico negl'intendenti, i quali avendo tutti un'arte uniforme, distinta in regole, universalmente abbracciata e riconosciuta, co' suoi principii fissi e invariabili e universali, siccome quelli di qualsivoglia altra scienza che tale è in Italia quale in Polonia, in Portogallo, in Isvezia; nel giudicare di una melodia musicale, non mirano all'orecchio, ma alle regole e a' principii ch'essi hanno nella loro arte o scienza, cioè nel contrappunto; ed essendo esse regole e principii dappertutto gli stessi e dappertutto ugualmente riconosciuti, i giudizi che i diversi intendenti pronunziano non possono grandemente [3211]disconvenire gli uni dagli altri, e tanto meno quanto essi più sono intendenti. Ma non così de' popoli, e de' non intendenti, i quali non hanno altra regola e canone che l'orecchio, e questo non ha altri principii che le sue proprie assuefazioni, e non già alcuni dettati e infusi universalmente dalla natura, come si crede. E però le nostre melodie non paiono pur melodie a' turchi a' Cinesi nè ad altri barbari, o diversamente da noi, civili. Che se questi pure alcuna volta se ne dilettano, il diletto non nasce in loro dalla melodia, cioè dal senso della successiva armonia de' tuoni, la quale essi non sentono nè comprendono, posto pur ch'ella fusse tra noi l'una delle più popolari; ma nasce da' puri suoni per se, e dalla delicatezza, facilità , rapidità , volubilità del loro succedersi, mescolarsi, alternarsi (sia nella voce o in istrumenti), dalla dolcezza delle voci o degl'istrumenti, dal sonoro, dal penetrante e da simili qualità de' medesimi, dalla soavità eziandio de' rapporti rispettivi d'un tuono coll'altro in quanto alla facilità e alla delicatezza del passaggio da questo a quello (laddove i passaggi nelle [3212]musiche de' barbari sono asprissimi, perchè fatti da tuoni a tuoni troppo lontani o da corde a corde troppo distanti), e insomma da cento qualità (per così dire, estrinseche) della nostra musica che nulla hanno a fare colla rispettiva scambievole armonia o convenienza de' tuoni nella lor successione, cioè colla melodia, e col senso e gusto della medesima, che nè i turchi nè gli altri barbari, udendo la nostra musica, non provano punto mai. La qual cosa appunto, salva però la proporzione, accade ai non intendenti di musica e al popolo fra noi, quando egli odono, come tutto dì avviene, di quelle melodie che nulla o troppo poco hanno del popolare. Niun diletto ne provano, se non quello, per così dire, estrinseco, che di sopra ho descritto, e che nasce dalle qualità della musica, diverse e indipendenti dall'armonia de' tuoni nella successione. Di queste non popolari melodie, che sono la più gran parte della nostra musica, parlerò poco sotto. E per conchiudere il discorso de' barbari e delle nazioni che hanno circa la musica idee e gusti e sentimenti affatto diversi da' nostri, dico che in essi, siccome [3213]fra noi, le assuefazioni determinano quali sieno le successive collegazioni de' tuoni che sieno tenute per melodie, e le assuefazioni cagionano, siccome fra noi, il senso e il piacere d'esse melodie, quando elle sono udite. E questo, se in essi popoli, non v'ha teoria musicale, accade a tutta la nazione. Se alcun d'essi popoli ha teoria musicale, come l'hanno i Chinesi, diversa però dalla nostra, gl'intendenti fra loro hanno altra cagione che determina il loro giudizio e produce in loro il diletto circa le melodie; e questa cagione si è, come nei nostri intendenti, la conformità di quelle cotali successioni de' tuoni co' principii e i canoni della loro teoria o arte o scienza musicale, i quali principii e canoni essendo diversi da' nostri, diverso eziandio dev'essere il giudizio di quegl'intendenti circa le varie, o nazionali o forestiere, melodie, da quello de' nostri, e diverso similmente il piacere. E così è infatti nella China, dove e il popolo (che dappertutto, dovunque esiste una musica, avrebbe giudicato nello stesso modo) e gl'intendenti (il che non potrebbe avvenire nelle nazioni barbare che non hanno teoria musicale [3214]sufficientemente distinta per principii e regole, e ordinata e compiuta, come l'hanno i Chinesi), giudicarono espressamente più bella la loro musica che l'Europea, la quale i nostri, favoriti in ciò espressamente da un loro imperatore, volevano introdurvi, insieme colle nostre teorie. E ciò furono, se ben mi ricorda, i Gesuiti.
Ho detto in principio che la melodia nella musica non è determinata se non dall'assuefazione o da leggi arbitrarie. Del...
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