[Pagina precedente]...nze, agli uomini. E così pure discorrasi de' moderni rispetto agli antichi. In tutto ciò che nella compassione o nella beneficenza richiede piuttosto delicatezza o più delicatezza, finezza, e quasi abilità ed artifizio d'amor proprio, che vivacità , energia, forza e copia del medesimo, e che abbondanza ed intensità di vita; in tutto ciò, dico, e in quello che ad esso appartiene, le donne, i moderni e quelli che nelle predette qualità di delicatezza sono loro analoghi, [3297]superano, ordinariamente parlando, gli uomini, gli antichi, i selvaggi, i villani e così discorrendo. Conforme appunto alle cose dette nelle succitate pagine.
Ond'è che le donne in quanto più deboli e bisognose d'altrui, sieno meno misericordiose e benefiche degli uomini; in quanto di corpo e d'animo più delicate, al contrario. Ma in ciò quelle qualità , cioè la debolezza e il bisogno, credo che ordinariamente prevagliano e sieno di maggiore e più notabile effetto che queste, cioè la delicatezza e simili. Onde, tutto insieme compensato, le donne sieno in verità , generalmente e per natura, più egoiste, e quindi meno misericordiose (massime in quanto alla compassione efficace) e meno benefiche degli uomini. Perocchè molto maggior parte ha nella beneficenza, nella disposizione e nell'atto del sacrificar se stesso, e nell'esclusione dell'egoismo, l'intensità , la forza, l'abbondanza della vita, e quindi dell'amor proprio, che la delicatezza e raffinatezza dell'animo disgiunte dalla forza ed energia ed attività ed interna vivace vita del medesimo. E ciò non pur negli uomini rispetto [3298]alle donne, ma generalmente in chi che sia, rispetto a chi che sia.87.
(28. Agos. 1823.). V. p.3314.
Circa il verbo pascito, e il regolare e primitivo participio di pasco ch'egli dimostra, cioè pascitus, poi contratto in pastus, vedi Forcell. in fine di Compesco, ch'è un composto di Pasco.
(29. Agosto. 1823.)
Distito da disto, dimostrerebbe il suo participio distatus o il supino distatum, se però quel continuativo o frequentativo è vero. Il supino statum di sto è noto. Del resto veggasi la p.3849.
(29. Agos. 1823.)
Alla p.2843. Compesco, dispesco da pasco. Decerpo, discerpo ec. da carpo.
(29. Agosto. 1823.)
Offenso as (offenser), defenso as, defensito as (difensare) da offensus, defensus di offendo, defendo.
(29. Agos. 1823.)
Pattare, impattare, empatar, non so s'abbiano a far nulla con paciscor-pactus. Veggasi il Gloss. in proposito.
(29. Agos. 1823.)
Alla p.3072. I verbi latini neutri hanno ordinariamente il participio in rus con significato neutro. Quieturus cioè qui quiescet (Sveton. in Jul. Caes. c.16. §.2.), mansurus cioè qui manebit, casurus cioè qui [3299]cadet, victurus cioè qui vivet, e altri tali infiniti. Perchè non dunque victus cioè qui vixit, casus cioè qui cecidit, (massime avendovi il verbale casus us, fatto, come altrove osservo esser solito, dal part. in us) ec.? quando pur sembra che quei participii in rus o derivino o almeno suppongano i participii rispettivi in us. Quanto a' verbi attivi, per la stessa ragione, considerando che i lor participii in rus non sono passivi ma attivi, non dovrà fare gran maraviglia, nè parere incredibile che anche i loro participii in us avessero oltre il passivo significato, eziandio l'attivo, come io pretendo.
Celsus, excelsus, praecelsus dubito forte che originariamente non sieno altro che participii in attivo o neutro significato, appartenenti a' verbi neutri cello, excello, praecello. De' quali il primo, cioè cello, ch'è inusitato, ma ch'è sufficientemente dimostrato dagli altri due, suoi composti, e da antecello, v. il Forcell. in Excello.
Del resto s'io dico che i continuativi e i frequentativi si facevano da' participii in us, piuttosto che da' supini (in um o in u), intendo dell'origine di questa formazione, e de' suoi [3300]primi tempi, e dell'antichità ec. In séguito, quando anche l'altre proprietà di tali verbi così formati erano già mal note, trascurate, cambiate ec. come altrove ho detto, non contendo che chi volesse formare nuovi verbi di questo genere, non li formasse piuttosto dal supino che dal participio in us del verbo originale (sia che questo participio non esistesse più, o che fosse per anche in uso), o vero indifferentemente dall'uno o dall'altro; o che mancando ancora il supino, non facesse che seguire l'analogia degli altri verbi così formati. Solamente osservo 1°. che non perchè molti continuativi e frequentativi che si leggono negli scrittori dell'aureo tempo o de' molto posteriori, non si trovino ne' più antichi, si dee perciò sempre e facilmente conchiudere ch'essi fossero allora nuovi, e coniati appunto da quello o da quegli scrittori, o in quel secolo in cui lo troviamo. 2°. Che l'uso di participii in us di verbi neutri, e d'altri di verbi attivi in significati attivi, non fu solamente proprio dell'antichissima latinità , ma anche dell'aurea, e della declinante e corrotta eziandio (fino forse a passare alle lingue [3301]figlie: v. la p.3072.), come apparisce dal luogo di Velleio altrove da me notato, e dai vari esempi degli autori che usarono i cosiffatti participii da me sparsamente notati (i quali esempi si possono vedere nel Forcellini), sia che li prendessero a uno a uno da' più antichi, o dall'uso d'allora; o che l'uso durasse in genere per tutti o quasi tutti i verbi neutri e attivi, ad arbitrio dello scrittore e del parlatore, o pur dell'uno soltanto o dell'altro ec.
(29. Agos. 1823.)
Come l'uomo sia quasi tutto opera delle circostanze e degli accidenti: quanto poco abbia fatto in lui la natura: quante di quelle medesime qualità che in lui più naturali si credono, anzi di quelle ancora che non d'altronde mai si credono poter derivare che dalla natura, nè per niun modo acquistarsi, e necessariamente in lui svilupparsi e comparire, non altro sieno in effetto che acquisite, e tali che nell'uomo posto in diverse circostanze, non mai si sarebbero sviluppate, nè sarebbero comparse, nè per niun modo esistite: come la natura non ponga quasi [3302]nell'uomo altro che disposizioni, ond'egli possa essere tale o tale, ma niuna o quasi niuna qualità ponga in lui; di modo che l'individuo non sia mai tale quale egli è, per natura, ma solo per natura possa esser tale, e ciò ben sovente in maniera che, secondo natura, tale ei non dovrebb'essere, anzi pur tutto l'opposto: come insomma l'individuo divenga (e non nasca) quasi tutto ciò ch'egli è, qualunque egli sia, cioè sia divenuto. Qual cosa pare più naturale, più inartifiziale, più spontanea, meno fattizia, più ingenita, meno acquistabile, più indipendente e più disgiunta dalle circostanze e dagli accidenti, che quel tal genere di sensibilità con cui l'uomo suol riguardare la donna, e la donna l'uomo, ed essere trasportato l'uno verso l'altra; quel tal genere, dico, di affetti e di sentimenti che l'uomo, e massimamente il giovane nella prima età , senz'ombra di artifizio, senza intervento di volontà , anzi tanto più quanto egli è più giovane, più semplice ed inesperto, e quanto meno il suo carattere [3303]è stato modificato e influito dall'uso del mondo e dalla conversazione degli uomini e pratica della società , suol provare alla vista o al pensiero di donne giovani e belle, o nel trattenersi seco loro; e così le donne giovani cogli uomini giovani e belli? quel tressaillement, quell'emozione, quell'ondeggiamento e confusione di pensieri e di sentimenti tanto più indistinti e indefinibili quanto più vivi, che parte par che abbiano del materiale, parte dello spirituale, ma molto più di questo, in modo che par ch'egli appartengano interamente allo spirito, anzi alla più alta e più pura e più intima parte di esso? Or questo genere di sentimenti e di affetti e di pensieri, questa qualità del giovane, cioè questa tale sensibilità , e la facoltà ed abito di provare questi siffatti sentimenti, non è per niun modo naturale nè innata, ma acquisita, ossia prodotta di pianta dalle circostanze, e tale che se queste non fossero state, l'uomo neppur conoscerebbe nè potrebbe pur concepire questa qualità , nè anche sospettare d'esserne capace. [3304]Il genere umano naturalmente è nudo, e, seguendo la natura, almeno in molte parti del globo, egli non avrebbe mai fatto uso de' vestimenti, siccome le vesti sono affatto ignote p.e. ai Californii. Nè l'uomo nè il giovane non avrebbe mai veduto nè immaginato nelle donne (e così la donna negli uomini) nulla di nascosto. E nulla vedendo di nascosto, nè potendo desiderare o sperar di vedere, e ben conoscendo fin dal principio la nudità e la forma dell'altro sesso, egli non avrebbe mai provato per la donna altro affetto, altro sentimento, altro desiderio, che quello che per le lor femmine provano gli altri animali; nè avrebbe concepito intorno a lei altro pensiero che quello di mescersi seco lei carnalmente; nè l'aspetto o il pensiero o la compagnia della donna avrebbe in lui cagionato, neppur nella primissima gioventù, verun altro effetto che un desiderio il più puramente e semplicemente sensuale che possa mai dirsi, un impeto a soddisfare tal desiderio, ed un piacere (molto languido in se stesso per l'abitudine e l'assuefazione incominciata sin dalla nascita, e sempre continuata) altrettanto carnale che quel desiderio, e interamente, unicamente [3305]e manifestissimamente materiale, cioè appartenente e derivante dalla sola materia e dal senso, nè più nè meno che quel piacere che in lui avrebbe prodotto la vista di un color rosso bello e vivo o altra tal sensazione; se non solamente che quel diletto sarebbe stato per natura maggiore di questi; siccome tra gli altri diletti, o naturalmente o per circostanze, qual è maggiore qual è minore, non in se, ma rispetto agli uomini e agli animali, insomma agli esseri che li provano, e ne' quali essi diletti nascono ed hanno l'essere.
Tale sarebbe stato l'uomo in natura per rispetto alla donna, e la donna per rispetto all'uomo. Ma introdotto l'uso de' vestimenti (e di più que' costumi e quelle leggi fattizie ed arbitrarie di società che impediscono o difficultano il torli di mezzo quando si voglia ed occorra), la donna all'uomo (massime al giovane inesperto) e l'uomo alla donna sono divenuti esseri quasi misteriosi. Le loro forme nascoste hanno lasciato luogo all'immaginazione di chi le mira così vestite. Per l'altra [3306]parte l'inclinazione e il desiderio naturale dell'un sesso verso l'altro non ha, per questo cangiamento di circostanze esteriori, potuto nè cessare nè scemare nel genere umano, niente più che negli altri animali. L'uomo dunque (e così la donna verso l'uomo) si è veduto sommamente e sopra tutte le cose trasportato, com'ei fu sempre, verso un essere il quale non più, come prima, se gli rappresentava e se gli era sempre rappresentato dinanzi tutto aperto e palese, e tale e tanto, quale e quanto esso è; ma verso un essere quasi tutto a lui nascosto, un essere che sin dalla sua nascita non se gli è rappresentato nè agli occhi nè al pensiero, o non suole rappresentarsegli, che velato tutto e quasi arcano. Ecco da una circostanza così estrinseca, così accidentale, così removibile, com'è quella de' vestimenti, mutato affatto, massime nella fanciullezza e nella prima gioventù il carattere e le qualità dell'un sesso rispettivamente all'altro. La vista, il pensiero, la conversazione di [3307]questo essere sopra tutti e invincibilmente amato e desiderato, ma le cui forme non cadono (almeno abitualmente) sotto i suoi sensi, e che per conseguenza, essendone celate le forme (che sono sì gran parte e dell'uomo e d'ogni cosa), e di più impeditane o fattane difficile la libera conversazione, e quindi anche l'intera conoscenza del suo animo, costumi ec., per conseguenza, dico, è divenuto per lui tutto misterioso; il pensiero dico e la vista e il consorzio di questo essere l'immerge in una quantità di concezioni, d'immaginazioni, d'illusioni, di sentimenti, vivissimi e profondissimi perchè quell'essere gli è per natura dolcissimo e carissimo, ma nel tempo stesso confusissimi, incertissimi, per l...
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