[Pagina precedente]...econdo le norme della nostra teoria de' continuativi, qui dichiariamo. La qual etimologia indica ancora il proprio significato di curtare [3570]ch'è appunto tondere, creduto finora al più metaforico, e il proprio significato di curtus che è tonsus. Questo verbo originario di curtare, e affatto conforme a un verbo greco della stessa significazione è da riporsi insieme con quelli che abbiamo dimostrato per mezzo di gustare, potare e s'altri tali n'abbiamo accennati, conformi ai greci ??? ????137 che altrettanto vagliono quanto essi verbi ignoti, e quanto i loro noti continuativi, non altrimenti che ????? vaglia il medesimo che curto. E il discorso e le ragioni addotte per li suddetti verbi, si ripetano in proposito di questo. La forma di questo verbo doveva essere, s'io non m'inganno, e s'è lecito il congetturare, curo is, curti, curtum, ovvero cureo es ui tum, ovvero anche curo as curui curtum, come neco as ui ctum, seco as ui ctum, eneco as ui ctum, reseco ec. i quali supini sembrano contratti da necitum, secitum (non già necatum, secatum), fatti alla forma di domitum da domo as ui, cubitum di cubo as ui138 ec. Onde il primitivo e intero sarebbe curitum, curitus p. curtus.
(1. Ott. 1823.)
Risito da rideo-risus.
(1. Ott. 1823.)
[3571]Alla p.3542. A questo discorso appartengono oltre i verbi in uare, e i nomi in uosus, anche i nomi in ualis che son sempre fatti da' nomi della quarta o da' nomi in uus ec. ec. altrimenti tali nomi fanno alis semplicemente.139 Come ritualis, manualis, tonitrualis ec. ec. da ritus us ec. E così appartengono a questo discorso gli altri o nomi aggettivi o sustantivi, o avverbi, o voci qualunque derivative, che hanno l'u davanti alla desinenza propria della loro specie particolare, qualunque sia e la desinenza e la specie ec.
(1. Ott. 1823.)
Alla p.3541. Il primitivo e proprio significato di spes non fu già lo sperare ma l'aspettare indeterminatamente al bene o al male. V. Forc. in Spes, Spero ec. insperatus ec. Sveton. in Iul. Caes. c.60. §.1. e quivi il Pitisco, i greci in ??????, ?????? ec. gli spagn. in esperar, inesperado ec. ec. gl'it. in speranza, sperare ec. insperato ec. (oggi nel discorso civile non mai, nella scrittura di rado, nel volgare e plebeo discorso conservatore perpetuo dell'antichità spessissimo e più frequentemente ancora che nelle nostre antiche scritture, si usa speranza, sperare ec. p. aspettare semplicemente140 e anche per l'aspettativa determinata al male, ossia il timore, ma in tal caso non [3572]s'usa cred'io che negativamente, oppure non vuole indicar propriamente il timore, ma solo l'aspettativa del male, benchè questo naturalmente sia temibile: come in un autore spagnuolo, estavan esperando la muerte, non vuol dir che la temessero, benchè certo la temevano, ma e' vuol dir solo che s'aspettavano di dover morire, ed esperar ha riguardo alla semplice opinione e giudizio del futuro, non al piacere o dispiacere che da tal giudizio e opinione ci deriva, e al male o bene che dal futuro ci verrà o si aspetta, ed al desiderio o nondesiderio e avversazione del medesimo ec. al che ha pur riguardo la voce timore ec. e la voce speranza ec. nel nostro senso, che vale aspettativa con piacere, con desiderio ec. ec.)141 Richelet in espérer ec. Il detto significato ch'è certamente il primitivo e proprio di spes (e non quello che le dà il Forcellini) rende più probabile che spes sia voce delle primitive, perocchè l'aspettare, l'aspettativa è un'idea che dovette esser tra le prime dinominate, e innanzi allo sperare ec. ch'è una specie dell'aspettare, e un'idea troppo sottile e metafisica ec. ec.
(1. Ott. 1823.)
Alla p.3077. È da notare che gli argomenti ch'io traggo da tali participii spagnuoli a dimostrare [3573]gli antichi participii latini regolari ec. (e così sempre che dallo spagnuolo io argomento all'antico latino, al volgare ec.), sono tanto più valevoli, quanto siccome la lingua francese è nell'estrinseco e nell'intrinseco, fra tutte le figlie della latina, la più remota e alterata dalla lingua madre (secondo ho detto altrove), così la spagnuola è nell'estrinseco la più vicina,142 mentre però nell'intrinseco lo è la italiana, come altrove ho distinto. Ma dell'intrinseco poco ha che fare il nostro discorso. La lingua spagnuola che per la forma esteriore delle parole ha più di tutte le sue sorelle ereditato dalla latina, e che più di tutte le lingue, a sentirla leggere o a vederla scritta, rappresenta l'esterna faccia e il suono della latina e può con essa esser confusa; dev'esser considerata come speciale e principale conservatrice dell'antichità , della latinità , del volgar latino ec. quanto alla material forma delle parole e alla proprietà delle loro inflessioni ec. che è quello che ora c'importa. La qual conformità particolare col latino si può notar nello spagnuolo da per tutto, ma nominatamente e singolarmente [3574]e forse più ch'altrove, nelle coniugazioni de' verbi, il che fa appunto al nostro caso. AMO, AMAS, AMAt, AMAMUS (lo spagnuolo muta l'u in o, e questa è la sola mutazione in tutto questo tempo), AMAtIS, AMANt. Leggansi le sole maiuscole, e s'avrà la coniugazione spagnuola. La quale in questo tempo è tutta latina, salvo l'omissione del t in tre soli luoghi,143 e la mutazione dell'u in o in un luogo, mutazione pur tutta latina (vulgus-volgus ec. ec. ec.) e propria senz'alcun dubbio, anche in questo caso, o di tutto l'antico volgo che parlò latino, o di molte parti e dialetti di esso. Infatti tal mutazione non solo è propria e dell'italiano e del francese in questo medesimo caso sempre, ma ordinarissima e quasi perpetua (massime nell'italiano) in quasi tutti o nella più parte degli altri casi, sì nelle desinenze, sì nel mezzo delle parole o nel principio. V-u-lg-u-s-V-o-lg-o.144 La congiugazione italiana è ben più mutata, e molto più dell'italiana la francese. Basta a noi che le regole e le inflessioni della coniugazione latina sieno specialmente conservate nella spagnuola, ancorchè gli elementi del verbo che non toccano l'inflessione [3575]e la regola della coniugazione sieno alterati, o soppressi ec. Come leo è mutato da lego. Ma la coniugazione di quello essendo similissima alla coniugazione di questo, l'omissione del g, in cui consiste l'alterazione di quello, non indebolisce punto l'argomento che dal suo participio leido si cava a dimostrare il latino corrispondente legitus. E così discorrete degli altri casi e argomenti, o sieno dintorno a' participii, o a checchessia ch'appartenga alle forme generali della congiugazione od'altro ec. È da notare che la suddetta specialissima conformità colla lingua latina, nella quale conformità la spagnuola vince tutte l'altre, fu da questa ed è propriamente conservata;145 e che avvenga che la conformità dell'intrinseco sia di molto maggior peso che non l'estrinseca, nondimeno se la lingua italiana nella conformità col carattere della latina, vince la spagnuola e con essa tutte l'altre moderne, questa conformità non si può dir propriamente da lei conservata, ma riacquistata, e non rimastagli naturalmente e spontaneamente da se, ma restituitagli con arte, dopo già perduta. Perocch'ella fu in grandissima [3576]parte opera de' nostri letterati che la lingua italiana modellarono sulla latina. E così accade generalmente che il carattere di ciascuna lingua è formato e determinato dalla sua letteratura. (Ben è vero che il carattere di questa corrisponde al carattere nazionale, e ch'ella non potrebbe già andar contra la natura e l'inclinazione della lingua, o ciò facendo, non riuscirebbe, o malissimi effetti partorirebbe e poco durevoli). Ma l'estrinseca forma non si conserva se non se naturalmente, e perduta che fosse, quasi impossibile sarebbe il ricuperarla (siccome la forma intrinseca di nostra lingua, o s'attribuisca alla letteratura o a che che si voglia, dovrà sempre dirsi, non propriamente conservata, ma ricuperata). Laonde si può dire veramente che, quanto è alla natura e al popolo, la latinità si è meglio e in maggior parte e più propriamente conservata e conservasi in Ispagna che in alcun'altra parte del mondo. (Per lo meno quanto alle voci e alle norme e regole delle loro inflessioni e modificazioni, perchè quanto alle frasi, anche senza uscir del popolo, pare che la latinità rimanga e siasi sempre conservata ben più in Italia, com'è [3577]di ragione, che altrove, dove forse, parlando di locuzioni popolari, neppur s'introdusse mai quel che tra noi si conserva ancora, o se n'introdusse assai meno, o con differenze nate dalle lingue indigene e dalle diversità de' climi e dall'altre circostanze. Or quel che mai non fu introdotto, o che fu diverso nell'introdursi, non potea conservarsi).
Questa mirabile e così lunga conservazione di sì speciale conformità col latino nella lingua spagnuola, conformità che passa quella conservata nella stessa sede dell'antico latino, cioè in Italia, dee riconoscersi dalle stesse circostanze che rendono e sempre resero gli spagnuoli, o loro permisero e permettono di essere così tenaci de' loro istituti, costumi, opinioni, religione ec.; così stazionari nel loro carattere, nel grado della loro civiltà ; così lenti ne' loro progressi sociali ec. tanto che oggidì, dopo il rapido corso incominciato e tenuto dalle altre nazioni nell'ultimo secolo, la Spagna, a paragone del resto d'Europa, viene ad aver più del barbaro che del civile: (onde è famoso il detto, mi pare, di Mons. de Pradt, che la Spagna appartenendo all'Africa, per [3578]isbaglio geografico si fa parte d'Europa). La stessa gravità e posatezza delle maniere negl'individui spagnuoli, la lunghezza delle lor cerimonie, de' loro preparativi alle operazioni manco importanti, e cose simili, sono indizio della stabilità del carattere, costumi e opinioni nazionali; perchè generalmente, come tutte le cose in natura osservano la legge dell'analogia, gl'individui delle nazioni lente ne progressi sociali, letterarii e simili, e tenaci del loro essere, sono tardi nell'operare e di carattere riposato, e dove gl'individui son tali, tale è la nazione, e per lo contrario nel caso opposto. E così discorrasi di ciascun'altra qualità nazionale, che suol generalmente trovarsi ritratta e quasi compendiata negl'individui.
Or tornando al proposito, le dette circostanze si possono dividere in geografiche, naturali e storiche. Se guardiamo alle prime, il sito della Spagna ch'è in uno estremo d'Europa, facendola poco frequentata dagli stranieri, rende la nazione poco soggetta a variarsi. Le seconde sono il clima, e il carattere nazionale in quanto alla parte fisica. Questo negli spagnuoli è pigro e molle [3579]e vago del riposare e dello stare più che dell'azione e del movimento, o certo capace di contentarsi facilmente del riposo, per poco che l'operare gli sia impedito o reso difficile. Così suole ne' climi caldi e felici. La terra molle e lieta e dilettosa Simili a se gli abitator produce (Tasso Gerus. 1.62.) Le circostanze istoriche corrispondono alle suddette, e da esse sono influite e modificate ordinariamente, onde sono piuttosto da considerar com'effetti che come cagioni. Pur non lasciano talvolta di esser eziandio cagioni. Considerandole rispetto alla Spagna, le troveremo essere or l'uno or l'altro, onde talvolta le troveremo come sorelle di quell'effetto di cui cerchiamo l'origine (dico della singolare conservazione della latinità ), talvolta come madri. Nella generale inondazione di barbari che infestò le contrade culte di Europa, la Spagna non ebbe (credo) che i Vandali, (o gli Ostrogoti) ec. i quali anche poco vi si mantennero; certo assai meno che in Italia non fecero i Goti, i Longobardi e i tanti e sì varii popoli che la travagliarono e vi fondarono e tennero regni ec. [3580]La Spagna ebbe lunghissimo tempo i mori, e questi, potenti e regnanti. Ma che, non le religioni, non le lingue, non i costumi, non il sangue di questi conquistatori stranieri e degl'indigeni e in gran parte sudditi, si mescolarono insieme mai. Due sangui, due religioni, due lingue, due maniere di vita,...
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