[Pagina precedente]...a natura non abbia limitato la specie umana a niun paese, a niuna qualità di paesi; e a differenza di tutte l'altre specie terrestri, a ciascuna delle quali la natura ha destinato sol piccolissima parte del [3652]globo, si vuol ch'ella abbia destinato alla specie umana tutta quanta la terra. Che l'uomo infatto l'abbia occupata tutta, non si può negare. Così egli ha fatto milioni d'altre cose contrarie alla natura propria ed all'universale. Ma argomentar dal fatto, che tale occupazione sia secondo natura, è cosa stolta. Intorno a una specie di esseri che ha fatto e tuttogiorno fa tante cose evidentemente non pur diverse ma contrarie alla natura e propria ed universale, volendo discorrere della sua natura vera, e de' suoi propri e primitivi destini, bisogna ragionare a maiori, perchè il ragionamento a minori diviene impossibile. Ragionare a maiori nel nostro caso, è considerare l'analogia, la quale abbiamo veduto che cosa dimostri. A minori si potrebbe confermare la stessa cosa, col veder le miserie fisiche a cui la specie umana è inevitabilmente soggetta in moltissimi paesi e climi, e le qualità e costituzioni fisiche p.e. de' Samoiedi, la razza de' quali, piccolissima e deforme, si può considerare come una degenerazione della specie umana, cagionata dal clima contrario alla sua natura propria [3653]e primitiva; degenerazione conforme a quella che manifestamente veggiamo in tante specie di animali, piante ec. stabilite da noi fuori de' loro nativi, propri e naturali paesi, climi, terreni ec.
Ed in verità , ragionando anche astrattamente, non vi par egli assurdo, e fuor d'ogni verisimiglianza, e d'ogni proporzione o convenienza o similitudine con quello che in tutte l'altre cose veggiamo, che la natura abbia destinato una medesima e identica specie d'animali a nascere e vivere e prosperare indifferentemente in tante e così immense diversità di climi e di qualità di paesi, quante si trovano in questa terra, quanta è quella (per considerare una sola di tali infinite diversità , cioè quella del caldo e del freddo) che passa tra le regioni polari e l'equinoziale? Che l'ardore, il gelo; l'estrema umidità , l'estrema secchezza; la terra affatto sterile, la sommamente feconda; il cielo sempre sereno, il sempre piovoso; tutte queste cose sieno state dalla natura rendute affatto indifferenti al bene e perfetto e felice e proprio essere della specie umana? [3654]Ch'ella abbia ugualmente disposta la detta specie a tutte queste cose, a tutti questi estremi? Or questo è ciò che seguirebbe dal fatto, cioè dall'universale diffusione di nostra specie, se dal fatto si dovesse argomentare la di lei natura: questo è ciò che suppone veramente e necessariamente nel fatto la detta universal diffusione, e senza cui essa non può non esser cosa snaturatissima e contrarissima al ben essere della specie. Qual altra specie di animali, di vegetali ec. è o può mai parere a un filosofo disposta naturalmente, non dico a tutti i diversi estremi delle qualità de' paesi, come si pretende o è necessario pretendere che lo sia indifferentemente la specie umana; non dico a due soli di tali estremi; ma pure a due differenze in tali qualità , che non sieno molto lontane dagli estremi? Qual proporzione, quale analogia sarebbe tra la detta natura fisica della specie umana, e quella di qualsivoglia altra specie, e di tutte insieme, e tra la natura universale?
Io dico dunque per fermo, che la specie umana per sua natura, secondo le intenzioni della natura, volendo poter conservare il suo ben essere, [3655]non doveva propagarsi più che tanto, e non era destinata senon a certi paesi e certe qualità di paesi, de' limiti de' quali non doveva naturalmente uscire, e non uscì che contro natura. Ma come contro natura ella giunse a un grado di società fra se stessa, ch'è fuor d'ogni proporzione con quella che hanno l'altre specie, e che in mille luoghi s'è dimostrato esser causa del suo mal essere e corruzione ec., così contro natura si moltiplicò e propagò strabocchevolmente; perocchè questa moltiplicazione, come poi contribuì sommamente ad accelerare, cagionare, accrescere i progressi della società , cioè della corruzione umana, così dapprincipio non ebbe origine se non dal soverchio e innaturale progresso d'essa società . Quanto le specie sono meno socievoli o hanno minor società , tanto meno si moltiplicano; e viceversa. Vedesi ciò facilmente nelle varie specie d'animali, e anche di piante ec. Vedesi ancora ne' selvaggi e ne' popoli più naturali, il numero della cui popolazione è per lo più stazionario come il loro stato sociale, il loro carattere, costume ec. (e tale doveva egli essere, secondo [3656]natura, in tutta la specie umana; e tale par che sia nell'altre specie d'animali). Piccole isole, segregate affatto dall'altre terre, hanno da tempo immemorabile fino a' dì nostri, sempre ugualmente bastato alla popolazione racchiusa in esse, e tale certo ve n'ha, non ancora scoperta, che ancor basta alla sua popolazione, e basteralle fino a tempo illimitato, o in perpetuo. Ne' paesi dove, dopo la prima occupazione fattane dagli uomini, la società non ha fatto altri progressi, non si è stretta niente di più che allor fosse, neanche il numero degl'individui umani è cresciuto, e la moltiplicazione appena v'ha luogo. Al contrario nelle società colte, e tanto più al contrario (salvo però molte altre circostanze naturali o sociali che giovano o nocciono per se alla moltiplicazione) quanto elle sono più colte. Dal che si vede che la soverchia moltiplicazione del genere umano, e la sua propagazione che da lei nasce e che ne è necessario effetto, non sono cose che vengono dalla natura, se non fino a un certo e conveniente grado. E necessaria alla soverchia diffusione del genere umano è stata, fra l'altre cose, la [3657]navigazione, così evidentissimamente contro natura; mentre questa anzi avrebbe dovuto insegnarla e renderla facilissima e non, com'è, pericolosissima ec. ec. ec., se la detta propagazione, a cui l'arte del navigare era necessaria, fosse stata secondo le sue intenzioni.
Come ho detto, altre specie sono naturalmente più, altre meno atte a moltiplicarsi, altre destinate a più e più diversi paesi, altre a meno e men diversi. Che la specie umana sia piuttosto delle seconde che delle prime, si può per analogia dedurre dal suo stesso essere nel suo genere, cioè nel genere animale, la più perfetta e suprema e migliore. Perocchè veggiamo che in ogni genere di vegetali, di minerali ec. le specie migliori son le più rare, le meno trasferibili fuor de' luoghi natii ec. Quella pianta più d'ogni altra perfetta, che abbiam supposto di sopra, sarebbe verisimilmente la più rara, la più limitata a certa sorta di paese, di terreno. Le men perfette, a proporzione. Così pure a proporzione nel genere animale. Le migliori specie sarebbero le [3658]più rare, le più scarse nell'intrinseco numero ec. (Se tra le migliori e superiori vogliamo contare la scimia, l'uomo selvatico ec. che più s'avvicinano all'uomo, il fatto confermerebbe la mia supposizione). Ed essendo il genere animale nella natura terrestre, il migliore; e la specie umana essendo la sommità del genere animale, e quindi di tutte le specie e generi di esseri terrestri; ne seguirebbe ch'ella naturalmente dovesse essere di tutte le specie terrestri la più rara, e la più limitata nel numero e ne' luoghi.
Con questi discorsi alla mano, e tenendo fermo che la propagazione della nostra specie accadde per la massima parte contro natura, io risponderò facilmente a chi dalle qualità di tali o tali paesi abitati ora dagli uomini, volesse dedurre che tali o tali istituti, costumi, usi, invenzioni ec. ec. non insegnati nè suggeriti, anzi contrariati dalla natura, e per lunghissimo tempo stati necessariamente ignoti ec. sieno, malgrado della natura, necessarii alla specie umana, alla sua vita, al suo ben essere. Io considererò tali costumi ec. come i rimedii dolorosi o disgustosi de' morbi, i quali tanto [3659]sono naturali quanto essi morbi, che non sono naturali o avvengono contro le intenzioni e l'ordine generale della natura. La natura non ha insegnato i rimedii perchè neanche ha voluto i morbi; così s'ella ha nascosto p.e. il fuoco, non l'ha fatto perchè l'uomo dovesse di sua natura cercarlo con infinita difficoltà , usarlo con infinito pericolo ec. ma perch'ella non ha voluto che l'uomo vivesse e abitasse in luoghi dove gli facesse bisogno di fuoco, (nè si cibasse di ciò che senza fuoco non è mangiabile nè atto per lui ec.). E in questo modo e con questo mezzo ribatterò infinite obbiezioni di simil genere contro la mia teoria dell'uomo; chè certo il detto mezzo si estende a infinita diversità di cose.
E quanto al fuoco in particolare, dal quale abbiam preso occasione di questo discorso; che ne' luoghi temperati o caldi, soli destinati dalla natura all'uomo, e ne' quali infatti si vede che la vita de' popoli non corrotti ancora, o men corrotti, dalla società , fu ed è più naturale che altrove, e men bisognosa d'invenzioni e mezzi e usi [3660]ec. ascitizi, e meno effettivamente di essi contaminata e alterata (si sa d'altronde e si vede sempre più chiaro per le storie e i monumenti e avanzi delle memorie antichissime, che si vanno di dì in dì più scoprendo e intendendo, che un paese caldissimo fu la culla, ed io aggiungo, la propria e natural sede di nostra specie); che ne' paesi caldi, dico, la specie umana non abbia mestieri di fuoco a vivere e a ben vivere secondo natura (non secondo società , chè la vita sociale senza fuoco non può stare), si vede con effetto v.g. ne' Californii; i quali, ch'io sappia, non usano fuoco in alcun modo, vivendo in caldissima temperatura, che lor risparmia il fuoco non men che le vesti; e cibandosi solo d'erbe e radici e frutta e animali che colle proprie mani disarmate raggiungono, vincono e prendono, e altre tali cose, tutto crudo. Ma quivi proprio, accanto a loro e tra loro, i missionarii ed altri europei quivi stabiliti, morrebbero certo se non usassero fuoco. La necessità del fuoco non vien dunque da' climi ec. Intanto quei Californii sono a cento doppi nel fisico più sani, forti, allegri d'aspetto, e certo nel morale e nell'interno felici, che non questi europei.
[3661]Non sarà alieno da questo proposito il prevenir chi volesse obbiettare che moltissimi degli usi invenzioni ec. che hanno cagionato la corruzione del genere umano, o vi hanno contribuito, o da essa son nate, e l'hanno accresciuta ec. si trovano esser comuni o a tutti o a moltissimi popoli, anche selvaggi, anche affatto divisi tra loro, e diversissimi ec. anche privi fino agli ultimi momenti d'ogni commercio col resto del mondo ec., o alla massima parte dei popoli ec. (com'è l'uso del fuoco); e da ciò volesse dedurre che tali usi, invenzioni ec. benchè dalla natura contrariate, pur dalla natura dell'uomo erano richieste, ed a lei convengono, ed essa presto o tardi immancabilmente le scuopre, le adotta ec. Rispondo che tutte le cose persuadono una essere stata la culla del genere umano, e da un solo principio esser derivate tutte le nazioni, e da un solo paese uscite, e ad una sola origine doversi tutte riferire. Certo per lunghissimo tempo ebbe tutto il genere umano stretta relazione insieme, stante la prossimità de' luoghi che esso, accrescendosi e dilatandosi, veniva di mano in mano [3662]occupando. Prima che alcuna parte dell'uman genere, o vogliamo dire alcun popolo, restasse così disgiunta dall'altre che niuna relazione avesse seco loro, era certamente già , non pur nata, ma notabilmente avanzata la corruzione del genere umano. Poichè, fra l'altre cose, questa medesima propagazione di esso genere, che le sue parti appoco appoco divise l'una dall'altra, non potè aver luogo senza ch'e' fosse già corrotto, come dico nel pensiero antecedente, e la navigazione molto meno, senza cui non pare che il genere umano si potesse tanto diffondere, sino a perdere ogni communicazione tra le sue parti. Da qualunque causa per tanto e in qualunque modo nascesse e crescesse la corruzione e lo snaturame...
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