[Pagina precedente]...amo che dall'amor proprio nasce necessariamente l'odio verso altrui ec.
(13. Ott. 1823.)
Cattiva ortografia italiana nel 500. per troppo voler somigliarsi all'uso della scrittura latina. Machiavelli scrive alcune volte (o così portano le sue antiche stampe) sanctissimo per santissimo.
(13. Ott. 1823.)
[3684]Non v'è persona che riesca più intollerabile e che meno sia tollerata nella società , di uno intollerante.
(14. Ott. 1823.)
Mêler ant. mesler, secondo che ho detto altrove, è da misculare o mesculare, come mâle, ant. masle, da masculus.
(14. Ott. 1823.)
Excusso as, excussabilis, excussatus, da excutio is (intorno al qual verbo e suoi affini, come concutio ec. e loro continuativi, mi pare aver detto altrove), vedili nel Forcellini.
(14. Ott. 1823.)
Intorno alla voce anceps, di cui nella mia teoria de' continuativi, vedi la voce am nel Forcell.
(14. Ott. 1823.)
Voci basse e volgari e del latino non illustre ma rustico, e riprovate dagli scrittori anche fino al tempo di S. Girolamo; due delle quali sono ora proprie delle lingue moderne. V. il Forcell. in Annihilare, e il Gloss. ec.
(14. Ott. 1823.)
Nomi in uosus, verbi in uare ec. ec. come altrove in più luoghi. Aggiungi amanuensis. Casuale. Exercitualis. Casuiste, franc. Luctuosus. Fructuosus. Fatuité. fortuitus. mortualia, mortuarius, mortuosus. manualis. manuarius. Questi nomi o verbi o avverbi ec. ch'essendo fatti da nomi della quarta declinazione (come da manus) conservano sempre l'u, mentre quelli fatti da' nomi della [3685]seconda, sempre (o regolarmente) lo perdono, mostrano chiaramente che il genitivo ec. de' nomi della quarta, ch'ora è in us lungo ec. o in u lungo ne' neutri, anticamente fu in uus o in uu ec. V. p.3752. Giacchè si vede che i derivati da' nomi della quarta si formano al modo istesso che i derivati delle voci nelle quali il doppio u ancor si conserva ed è manifesto e fuori di controversia, come dire i derivati de' nomi in uus ec. I quali due in valsero per una sola sillaba, come il doppio u degli ablativi singolari della prima. Sia che questo, e il doppio u, si pronunziassero doppi, o pur semplici, strascinando in certo modo la voce ec. In tutti i modi quest'osservazione si riferisca al mio discorso sui dittonghi latini non considerati da' grammatici, o ch'essi nella pronunzia fossero monottonghi, o dittonghi veramente, o trittonghi ec. che tutto fa egualmente a quello ch'io voglio dimostrare in detto discorso. Perocchè s'anche e' divennero col tempo monottonghi, e ciò fino nella migliore età della lingua latina (come i comuni ae oe ec.), ciò tuttalvolta, anzi più che mai, dimostra che gli antichi latini (de' quali nel detto discorso si parla) pronunziavano sì rapidamente le vocali successive e concorrenti, ch'e' le tenevano tutte insieme (o due o più che fossero) per una sillaba sola, e tale le facevano essere nella pronunzia, e sovente nella scrittura [3686]e ne' versi più o men regolari, più o men rozzi e informi, e massime ne' ritmici, che certo furono propri de' più antichi, come poi de' più moderni, invece de' metrici, o più di questi ec. ma eziandio ne' metrici, ec. ec.
(14. Ott. 1823.)
Alla p.2903. - e conspico o conspicor, despico (v. Forc. in despicatus) e despicor, (e s'altro tale ve n'ha da specio o da' suoi vari composti), a proposito del quale, benchè conspicor si trova ordinariamente in senso nè più nè meno di conspicio, cioè per nulla continuativo, nondimeno è da notare il luogo di Varrone, ap. Forcell. Contemplare et conspicare, idem esse apparet. Dunque conspico è propriamente di significazione continuativo. Vedi ancora l'altro luogo di Varrone dove conspicor è passivo ap. Forcell. ibid. cioè in Conspico.
(14. Ott. 1823.)
Ignotus, ch'è specie di participio, attivamente preso per qui non novit. V. Forcell.
(14. Ott. 1823.)
Nella mia teoria de' continuativi ho discorso in differente luogo di exercitare e di arctare, quello continuativo di exerceo, questo di arceo. Nótisi che exerceo è un de' composti di arceo (almeno così giudico), come coerceo, onde forse (sebbene ei [3687]fa coercitum) è coarctare ec. come ho detto parlando di arctare ec.
(14. Ott. 1823.)
Sella è certamente un diminutivo positivato di sedes (o di sedia, di cui altrove), come tra noi seggiola e seggetta sono diminutivi positivati di seggia, corruzione di sedia, che parimente abbiamo, cioè seggia e sedia, siège ec. Gli spagnuoli silla, pur diminutivo positivato. Sella it. selle franc. in uno de' significati del lat. sella. Gli spagnuoli anche qui silla. Sella per sedia, sede, è di Dante. Sella in senso lordo, v. la Crusca. Sella lat. è diminutivo come trulla e simili. Diminutivo del diminutivo, sellula. Quindi sellularius, il cui senso si può dir positivo. Così bene spesso formula lat. formola ec. per forma.
(14. Ott. 1823.)
Alla p.3618. fine. Io credo che niun de' verbi di questo genere abbia perfetto proprio, nè i tempi che ne dipendono, nè supino, nè participio in us, ma li tolgano in prestito dal verbo originale. Che se questo non esiste, io credo che un tempo esistesse. P. es. di suesco, adolesco, cresco ec. che hanno perfetto e supino, io credo che esistessero verbi originali, come sineo, adoleo ec. di cui fossero propri i detti perfetti e participii, giacchè [3688]il perfetto e participio o supino regolare e dovuto di suesco ec. sarebbe suesci, suescitum, non suevi, suetum. Così dico di glisco, il quale non ha nè perfetto nè supino. Così di adipiscor, di nascor, di nosco. Se ciò è vero, notus, natus, non sarebbero contrazioni di noscitus (questo esistè come prova il verbo noscitare), di nascitus e questo ancora è provato da nasciturus (nè adeptus di adipiscitus) come ho detto altrove in più luoghi, ma participii e supini proprii d'ignoti verbi da cui nosco, nascor ec. sarebbero stati formati. E nosco non verrebbe da ??????, come ho detto p.2777., ma sarebbe stato anche in latino un verbo originale no (diverso da nare) conforme al greco ??? (come ??? do, ??? po che altrove abbiam dimostrato, e simili monosillabi di cui ho detto in più luoghi); dal qual no sarebbe stato fatto il verbo nosco, non per uso greco, ma per uso latino, (e secondo la ragion latina di formazione e significato ec.) concordevole in questa parte quanto al materiale della formazione o della forma col greco, che ebbe pur ?????? e ?????, onde ??????? e ???????? che suonan lo stesso di nosco. Ma concordevole per pura combinazione particolare, anzi singolare forse. V. p.3826.
Io credo certo che tutti questi tali verbi [3689]sieno originariamente fatti da altri verbi ignoti, come vivesco dal noto vivo,157 hisco dal noto hio, e altri tali di questa desinenza in sco. E lo credo perchè, come vivesco significa divenir vivo, cioè divenir quello che dal verbo vivo è significato essere, cioè esser vivo, e come hisco significa aprirsi, cioè divenire aperto, mentre hio significa essere o stare aperto ec.; così tutti i detti verbi nosco, nascor, adipiscor, sinesco, adolesco, cresco ec. di cui non si conoscono gli originali, significano però divenire, incominciare a essere o a fare quella tal cosa o azione, venir essendo o soffrendo ec.158 che è proprietà del significato de' verbi latini in sco. E stimo che dovessero avervi per tutti questi, altrettanti verbi originali che significassero il pieno essere quella tal cosa, il pieno fare o patire quella tale azione o passione. Come vivo rispetto a vivesco, hio rispetto ad hisco, ed altri tali non pochi. Così augesco rispetto ad augeo neutro (v. Forcellini in Augeo sulla fine). Così scisco da scio, è propriamente [3690]divenire sciens, cioè quasi imparare, intendere, conscius, certior fieri, divenire, esser fatto consapevole, e quel che i latini dicono discere, il qual verbo (che manca del supino) spetta pure a questa categoria. E poichè i perfetti e supini di tali verbi (se e' gli hanno) non sono regolari, io credo che ciò sia perchè questi non son loro, ma di altri verbi originali, ne' quali essi sarebbero regolari, e stimo che tale irregolarità e tali perfetti e supini, convenienti ad altri verbi, e sconvenienti (per analogia grammaticale) a quei verbi a cui ora appartengono, dinotino altri verbi originali perduti. Massime che si trovano vestigi de' supini ec. regolari di detti verbi ch'ora esistono, come noscitare, nasciturus, che mostrano i regolari supini di nascor e nosco, cioè noscitus e nascitus; i quali non è verisimile che sieno stati contratti essi medesimi in natus e notus, e che sieno grammaticalmente tutt'uno con questi.159 Il difettivo novi novisti, usato in senso presente ec. (ond'e' non si può considerare per parte di nosco, come fanno i grammatici) è, secondo me, un avanzo e un segno [3691]evidente di no verbo perduto, che nel perfetto fece novi, e nel supino notum (come po fece potum che ancor resta, onde potare: resta anche potus participio. ec.), voci poi trasportate al suo derivato nosco, che grammaticalmente è in verità difettivo, non men di novi isti con cui egli è supplito, facendo d'ambo un solo.160 Così memini è avanzo e segno certo di meno perduto, anzi rimasto difettivo; da cui reminiscor o reminisco (mancante di perfetto e supino) che spetta pure a questa categoria, e s'altri v'ha, suoi compagni; come, secondo me, comminiscor, che viene, credo, da meno (non da mens come Forcell.), a cui o a commeno (ignoto) spetta, grammaticalmente parlando, il participio commentus, contratto da menitus o da commenitus. (Puoi vedere la p.2774.)
Del resto se in qualunque modo si volesse credere, come si è creduto finora, che p.e. suevi suetum sieno propri perfetti e supini di suesco, e non tolti in prestito, allora si dovrà dire che anche scivi scitum che sono della [3692]stessa forma, sieno propri e veri di scisco, ch'è della stessa forma, genere di significato e categoria di suesco. Ma il verbo sciscitor dimostrando il supino sciscitum è un altro esempio che conferma, come noscito, la mia opinione. E la conferma altresì il vedere che il perfetto e il supino di scisco sono infatti, grammaticalmente, gli stessi che quelli di scio, verbo noto ed esistente e usitato, e verbo riconosciuto fuor di dubbio per origine di scisco. V. p.3763.
Niteo es ui - nitesco is. Albeo es - albesco is. Nigreo es ui - nigresco is. Flaveo es - flavesco is. Horreo es ui - horresco is. Candeo es ui - candesco is - excandesco is ui (notate lo stesso perfetto di candeo, che certo, almeno grammaticalmente, è di excandeo ignoto, e non, come dicono, di excandesco. Così dite di extimesco, e pertimesco, is, [3693]che hanno il perfetto ui, il quale grammaticalmente è certo di un pertimeo e di un extimeo, da timeo che ha infatti timui. E trovasi veramente pertimens, e fors'anche il verbo extimeo.) Notesco is ui ec. Vireo - Viresco. Valeo - Valesco - Convalesco, ui. Sanesco, Consanesco ui. Fluesco. Liquesco. Seneo, Senesco, Consenesco ui. Crebresco is ui. Flammesco is. (14. Ott. 1823.). Tutti questi verbi in esco significano fio col participio attivo de' rispettivi verbi in eo. Cioè nitens fio, candens fio. ec. Concupisco is - concupio. Il proprio senso de' verbi in sco, è quale l'abbiam definito: pur se ne troverà che o sempre o per lo più o talvolta abbiano un senso diverso, p.e. conforme a quel de' loro verbi originali noti o ignoti.161 Ciò non fa meraviglia. Il simile ho notato accadere ne' continuativi. E questo esempio de' verbi in sco, del cui proprio significato non v'è controversia,162 può servire a rispondere a chi dal non continuativo senso di molti continuativi, o in molti casi ec., volesse trarre argomento di riprovare la nostra teoria della vera e propria e regolare significazione de' continuativi ec.
(14. Ott. 1823.)
Credito as da credo itus.
(14. Ott. 1823.)
Circa il verbo nicto, di cui altrove, vedi Forc. in nico is. Inclino molto a credere che quello sia continuativo di questo, anzi che d'altro verbo; dico [3694]quel nicto che sta appresso a poco per ??? ec.
(14. Ott. 1823.)
Alla p.2819. marg. Vado che è ???? (derivati...
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