[Pagina precedente]...vo di ???, o piuttosto lo stesso verbo diversamente pronunziato ec.) verrebbe a essere originalmente stretto affine di bito o beto per etimologia, come lo è per significato compagno. Del resto il significato di bito e ????? (alterazione di ??? come ????? di ??? ec. ec. del che altrove) è propriamente lo stesso. Bito is continuativo sarebbe come nicto is, piso is e simili di cui a' lor luoghi. Dell'esistenza de' quali però, o di alcuni di loro, si dubita. Pur gli uni possono servir di appoggio agli altri, e i certi ai dubbi, riportandoli alla nostra teoria, ed a' nostri principii di formazione ec. i quali mostrano l'analogia che v'è tra gli uni e gli altri, sinora non osservata. ec.
(15. Ott. 1823.). V. p.3710.
Aiguille, aguglia, aguja, guglia (co' lor derivati ec.) diminutivo sovente positivato, dal lat. aculeus, altresì diminutivo come equuleus. Anche il greco ????????? quando significa guglia è un diminutivo positivato. ?????????? e aguglia o guglia, aiguille, aguja suonano cose simili tra loro anche nel senso proprio.
(15. Ott. 1823.)
[3695]Alla p.2777. fine. Il g protatico avanti la n, trovasi nel latino aggiunto eziandio a voci semplicemente latine, non greche, come al tema nascor in molti de' suoi composti: adgnascor, agnatus, prognatus, cognatus, cognatio ec. ed anche nel semplice gnatus. Così gnavus, gnavare ec. per navus, navare, e ignavus per iñavus. V. Forcell. in gnarus,
ignarus, e nelle voci suddette e simili ec.
(15. Ott. 1823.). V. p.3727.
Alla p.2996. marg. Nigreo - nigrico - nigro as. Se nigro venisse da nigreo apparterrebbe forse alla nostra teoria, almen quanto alla derivazione e formazione, e sarebbe a notare che il suo verbo originale sarebbe della seconda, non della 3a. Ma forse nigro viene a dirittura da niger gri. Nigrico o da nigreo, o da nigro.
(15. Ott. 1823.)
Obsoleto as da obsolesco - obsoletus. (15. Ott. 1823.). Ma questo non è continuativo. Esso significa obsoletum reddere, significato alienissimo della sua formazione. Ei non è che di Tertulliano e d'altri d'inferior latinità (Forcell. e Gloss.). La sua barbarie è maggiormente manifesta per la nostra [3696]teoria de' continuativi la quale fa vedere l'improprietà e disanalogia totale (perchè niuno altro esempio ve n'ha, ch'io sappia, nel buon latino) del suo significato ed uso.163 Completare, compléter ec. voce moderna, sarebbe di simile genere di significazione perocch'ella propriamente vale far completo; benchè questo viene a coincidere col senso del verbo originario complere, il che non accade in obsoletare, perchè obsolesco è neutro e obsoleto attivo. Di completare mi ricordo aver detto altrove. Questi tali verbi son fatti da' rispettivi participii (come obsoletus, completus) già passati in aggettivi, e non come participi ma come aggettivi, onde e' non spettano alla nostra teoria. E' sono assaissimi. Forse ve n'ha anche nel buon latino, sotto questo aspetto. Ma meno, cred'io, che nel basso latino, e fra' moderni.
(15. Ott. 1823.)
Alla p.2996. fine. Obsoleo, obsolesco da obs e oleo, olesco. Vedi il pensiero seguente.
(15. Ott. 1823.)
Alla p.3687. Che adoleo o certamente il semplice oleo esistesse una volta, vedi il Forcell. in Obsolesco, principio. Dico un oleo e un adoleo diverso [3697]da quelli che ancora esistono, o con diverso significato. Qual fosse questo significato nol saprei dire. Il Forc. l.c. dice cresco, ma questo è il significato de' derivativi adolesco ec. e proprio del genere e forma grammaticale d'essi derivativi. Si può anzi dire che il tema che noi cerchiamo esista ancora; in obsoleo cioè ed in exoleo, de' quali però v. il Forc. Se obsolesco è da obsoleo, exolesco da exoleo, ciò è lo stesso che dire che adolesco, inolesco ec. sono da adoleo inoleo ec. Tutti questi da un medesimo tema, e la ragion degli uni è quella degli altri. Da ben diverso tema deriva il verbo obsolesco chi lo deriva (e fors'anche obsoleo) da ob e soleo (Forcell. l.c.). Ma chi fa così mostra non aver considerato i fratelli carnali di obsolesco ne' quali la prima s non comparisce; nè il verbo exoleo, fratello di obsoleo, il quale non può esser che da ex e oleo. Negar che questi verbi sieno fratelli è da stolto. Il significato lo prova. Exolesco e obsolesco vagliono, si può dire, altrettanto. Gli altri corrispondono, secondo le preposizioni rispettive. [3698]Di più, soleo ha forse il perfetto solui o solevi? fa forse nel supino soletum? nel participio soletus? Or così fa ed ha obsoleo. E se obsoleo non ha che fare con soleo, come dunque obsolesco? si potrà negare che questo venga da obsoleo? oltre che ciò è più ch'evidente per se, e per tanti altri esempi analoghi, nol mostra l'esempio affatto compagno, di exolesco da exoleo? Finalmente che la prima s di obsolesco e di obsoleo spetti alla preposizione ob, vedi la p.2996. e le quivi richiamate.
Del resto chi volesse dire che il proprio preterito perfetto di oleo, adoleo e simili fosse e dovesse essere olui, adolui ec. onde adolevi inolevi ec. non sieno propri di adoleo, inoleo (ignoto), ma di adolesco veramente e di inolesco ec., osservi che anche l'altro oleo ne' composti fa olevi per olui (Forc. in oleo);164 e che queste desinenze evi ed ui, sono in verità una sola, cioè varie solamente di pronunzia, perchè gli antichi latini massimamente, e poi anche i non antichi, o meno antichi, ed anche i moderni ec., confondevano spessissimo l'u e il v165 (che già non ebbero se non un solo e comune carattere): sicchè olevi è lo stesso che olui, interposta la e per dolcezza, ovvero olui è lo stesso che olevi, omessa la e per proprietà di pronunzia. Giacchè il v di questo e l'u di quello non furono mai considerate [3699]da' latini se non come una stessa lettera. Così nell'ebraico, così nelle lingue moderne, sino agli ultimi tempi, e dura ancora ne' Dizionari delle nostre lingue (come ne' latini) il costume di ordinar le parole come se l'u e il v nell'alfabeto fossero una lettera stessa, ec. ec. ec. Dunque non saprei dire, nè credo che si possa dire, se il vero e regolare e primitivo perfetto della seconda coniugazione abbia la desinenza in evi o in ui, se sia docui o docevi: e piuttosto si dee dire che, se non ambo primitive, ambo queste desinenze son regolari, anzi che sono ambo una stessa. Io per me credo che la più antica sia quella in evi, anticamente ei (conservata nell'italiano: potei, sedei ec. che per adottata corruzione e passata in regola, si dice anche sedetti166 ec.), poi per evitar l'iato e?i, e poi evi (come ho detto altrove del perfetto della prima: amai, conservato nell'italiano ec., ama?i, amavi), indi vi (docvi) o ui (docui), ch'è tutt'uno, e viene a esser contrazione di quella in evi (docevi). Ed è ben consentaneo che da doceo si facesse primitivamente nel perfetto, docei, [3700]conservando la e, lettera caratteristica della 2da coniugazione come l'a nella prima, onde l'antico amai. Ma l'u com'ebbe luogo nella desinenza de' perfetti della seconda, essendo una lettera affatto estranea alle radici (come a doceo) ec.?167 Si risponde facilmente se si adottano le cose sopraddette: altrimenti non si può spiegare. L'u ebbe luogo nella seconda, come il v, ch'è la stessa lettera, ebbe luogo nella prima e nella quarta: per evitar l'iato. L'u e il v ne' perfetti di queste coniugazioni e nelle dipendenze de' perfetti sono dunque lettere affatto accidentali, accessorie, estranee, introdotte dalla proprietà della pronunzia, contro la primitiva forma d'essi verbi, benchè poi passate in regola nel latino scritto. Passate in regola nelle due prime. La quarta è l'unica che conservi ancora il suo perfetto primitivo (come la terza generalmente e regolarmente, che non patì nè poteva patire quest'alterazione) insieme col corrotto: audii, audivi. Il latino volgare per lo contrario non conservò, e l'italiano non conserva, che i primitivi: amai, dovei, udii. Queste osservazioni mostrano l'analogia (finora, [3701]credo sconosciuta) che v'ebbe primitivamente fra la ragion grammaticale, la formazione la desinenza de' perfetti della 1. 2. e 4. e che v'ha effettivamente fra l'origine delle forme e desinenze di tutti e tre. Analogia oscurata poscia e resa invisibile dalle alterazioni che dette desinenze variamente ricevettero nella pronunzia, nell'uso ec., le quali alterazioni passate in regola, furono poi credute forme primitive ec. Forse la coniugazione in cui più verbi si trovino che abbiano il perfetto (e sue dipendenze) veramente primitivo, e ciò senz'averlo doppio come que' della quarta, ne' quali l'un de' perfetti non è primitivo, si è la 3a.
Tornando a proposito, adultum mutato l'o in u al solito: volgus - vulgus ec. come ho detto in 100 altri luoghi. Così da colo colui, colitum - coltum - cultum. Vedi la pag.3853-4. di adolesco e di adoleo è contrazione di adoletum, anzi di adolitum, supino regolare di adoleo, come docitum di doceo, poi contratto in doctum. Infatti inolesco (o piuttosto l'ignoto inoleo) ha inolitum non inoletum. Obsoletum, exoletum e simili, sono irregolari, e corruzioni dell'ignoto exolitum, obsolitum. Se però docitum non è corruzione di docetum, che sarebbe regolare come amatum da amare. Ovvero [3702]se doctum non è contrazione di docetum, come docui di docevi. Onde il regolare e primitivo supino della 2. sia in etum da ere, come exoletum, netum, fletum, suetum (dall'ant. sueo) ed altri tali, e come amatum da amare; e quelli in itum, come exercitum, habitum ec. sieno corruzioni, come domitum e simili sono corruzioni di domatum ec. Io così credo. V. p.3704. e 3853. 3871.
Si attribuisce ad adolesco anche il perfetto adolui. Forc. in adolesco.
Aboleo es evi itum pur da oleo. Prisciano ammette anche abolui. Abolesco neutro. Deleo es evi etum pur da oleo. V. Forc. in Deleo e Leo es. Oboleo es ui. Obolitio. Suboleo es ui - Subolesco is.
Adoleo nel senso nel quale ei può aver generato adolesco si trova veramente ancora. Forc. in Adoleo. Siccome adolesco trovasi ancora in senso conforme all'usitato di adoleo. Forc. in adolesco.
Il senso di oleo (diverso o tutt'uno con l'oleo che ancora abbiamo) dovette esser poco diverso da cresco. Infatti obsoleo di senso appena o nulla differisce da obsolesco. Così dunque dovette essere adoleo rispetto a adolesco. ec. V. Forcell. in Adoleo. Il quale forse da bruciare ne' sacrifizi fu trasferito ad accrescere, come per lo contrario mactare [3703]da accrescere ad immolare, sacrificare ec. E similmente si potrà dire di oleo ec. ec. Cioè che il suo primo significato fosse ulire (com'è oggi), indi abbruciar cose odorifere ec. (come adoleo), indi accrescere o crescere, nel qual ultimo senso ei sarà stato preso ne' composti-derivati, adolesco, exolesco ec. nel composto obsoleo, in exoleo ec. ed avrà prodotto il derivato olesco, cioè cresco, di cui v. Forcell. e vedilo ancora in macto ec. ec. e in sobolesco.
(15. Ott. 1823.)
Alla p.3688. principio. Che cretum e cretus non sieno propri di cresco (v. Forc. cresco fine), ma di altro verbo, lo dimostra la differenza del significato. (cretus da cerno è altra voce). Cretus vale generato. Io tengo certo ch'esso sia contrazione di creatus; che cresco sia fatto da creo as, come hisco da hio as; e ch'ei vaglia propriamente quasi venirsi creando, generando, formando; che è veramente quello che fa chi cresce; a ciascun momento si forma e genera quello che a lui aggiungi e in che consiste il suo incremento. L'incremento è una continua formazione e generazione, [3704]non del tutto, ma delle parti accedenti ec. ec. V. Forc. in Crementum e cretus. Quest'etimologia non è stata forse data da alcuno. E ciò perchè niuno, credo, ha considerato cresco come un verbo della nostra categoria de' verbi in sco fatti da altri originali, con analoga variazione di significato ec. Noi e la troviamo e la confermiamo per mezzo dell'analogia e proprietà generale del significato, formazione ec. de' verbi in sco. Cretus non è dunque di cresco ma di creatus, e ciò anche per la significazione, laddove gli altri tali, suetus, p.e. per grammatica è di sineo, per si...
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