[Pagina precedente]...ristica indole); laddove la francese non può per niun modo prendere la forma nè lo stile dell'altre lingue, nè altra forma alcuna che la sua propria. E non pur dell'altre lingue che da lei sono aliene, per così dire, di famiglia e di sangue, come l'inglese, la tedesca, la russa ec. le quali pur possono vestire ed hanno vestito o vestono la forma della francese; ma neanche delle cognate, nè delle sorelle, come dell'italiana e della spagnuola; nè della lingua stessa sua madre, come della latina.
(12. Ott. Domenica. 1823.)
Colla medesima proporzione che altri viene perfettamente e veramente conoscendo e intendendo le difficoltà del bene scrivere, egli impara [3674]a superarle. Nè prima si conosce e intende compiutamente, intimamente, distintamente e a parte a parte tutta la difficoltà dell'ottimo scrivere, che altri sappia già ottimamente scrivere. E ciò per la stessa ragione per cui l'arte di bene scrivere, e il modo, e che cosa sia il bene scrivere, non può essere compiutamente conosciuto e inteso se non da chi compiutamente possegga la detta arte, cioè sappia interamente metterla in opera. Sicchè in un tempo medesimo e si conosce la difficoltà del perfetto scrivere, e s'impara il modo di vincerla e se n'acquista la facoltà . E solo colui che sa perfettamente scrivere ne comprende sino al fondo tutta la difficoltà , nè altrimenti può mai bene scrivere, ancorch'ei già sappia compiutamente farlo, che con grandissima difficoltà . Coloro che male scrivono, stimano che il bene scrivere sia cosa facile, e scrivono al loro modo agevolmente, credendosi di scriver bene. E peggio e' sogliono scrivere, più facile stimano che sia lo scriver bene, e più facilmente scrivono. Il considerare il bene scrivere per cosa molto difficile, è certissimo segno di esser già molto avanzato [3675]nel sapere scrivere, purchè questo tale sia veramente ed intimamente persuaso della difficoltà ch'ei dice, e non la affermi solamente a parole e mosso da quello ch'ei n'intende dire, e dalla voce comune. (Perocchè anche chi non sa scrivere, dice che il bene scrivere è molto difficile, ma e' nol dice per coscienza nè per prova nè con vera persuasione, e s'egli è uno di quelli che s'intrigano di scrivere e che presumono di saperlo fare, certo è ch'egli in verità non crede che ciò sia difficile, come comunemente si dice, e com'ei pur dice cogli altri). Per lo contrario lo stimare che il bene scrivere sia cosa facile o poco difficile, e il confidarsi di poterlo e saperlo agevolmente fare, o poterlo apprender con poco, è certo segno di non saper far nulla, e di esser sui principii nel possesso dell'arte, o molto indietro. (Così è generalmente di tutte le arti, scienze ec.) Da queste osservazioni si dee raccogliere quanti possano esser quelli che perfettamente conoscano il pregio, e stimino il travaglio, il sapere, l'arte e l'artifizio di una perfetta scrittura e di un perfetto scrittore, del che a pagg.2796-9.
(12. Ott. 1823. Domenica.)
[3676]Alla p.3349. Non è da trascurare una differenza che si trova fra il carattere, il costume ec. degli antichi settentrionali e abitatori de' paesi freddi, e quel de' moderni; differenza maggior di quella che suol trovarsi generalmente dagli antichi ai moderni. Perocchè gli antichi settentrionali ci sono dipinti dagli storici per ferocissimi, inquietissimi, attivissimi non solo di carattere, ma di fatto, per impazienti del giogo, sempre vaghi di novità , sempre macchinanti, sempre ricalcitranti e insorgenti, e per quasi assolutamente indomabili e indomiti. Germani, Sciti ec. I moderni al contrario sono così domabili, che certo niun popolo meridionale lo è altrettanto. E tanto son lungi dalla ferocia, che non v'ha gente più buona, più mansueta, più ubbidiente, più tollerante di loro. E se v'ha parte d'Europa dove meno si macchini, e si ricalcitri al comando, e si desideri novità e si odi la soggezione, ciò è per l'appunto fra i popoli settentrionali. In questa tanta diversità di effetti hanno certamente gran parte da un lato la diversità de' governi antica e moderno, dall'altro la poca coltura del popolo nelle regioni settentrionali. Ma grandissima parte v'ha certamente ancora la differenza materiale della vita. Gli antichi [3677]settentrionali, ma difesi contra le inclemenze dell'aria dalle spelonche, proccurantisi il vitto colla caccia (Georg. 3. 370. sqq. etc.), alcuni anche erranti e senza tetto, come gli Sciti ec., erano anche più ????????? di vita, che non sono i meridionali oggidì. Introdotti gli usi e i comodi sociali, i popoli civilizzati del Nord divennero naturalmente i più casalinghi della terra. Niuna cosa rende maggiormente quiete e pacifiche sì le nazioni che gl'individui, niuna men cupidi, anzi più nemici di novità , che la vita casalinga e le abitudini domestiche, le quali affezionano al metodo, rendono contenti del presente ec. come ho detto ne' pensieri citati in quello a cui questo si riferisce. Quindi è seguìto che non per sole circostanze passeggere e accidentali, come la maggiore o più divulgata e comune coltura di spirito ec. ma naturalmente e costantemente, nel sistema di vita sociale, e dopo resa la civiltà comune al nord come al sud, i popoli del mezzogiorno, come meno casalinghi, sieno stati, sieno, ed abbiano a essere più inquieti e più attivi di quelli del settentrione, sì d'animo, sì di fatti, [3678]al contrario di quello che porterebbe la pura natura degli uni e degli altri comparativamente considerata. Ond'è che i settentrionali moderni e civili sieno in verità molto più diversi e mutati da' loro antichi, che non sono i meridionali dagli antichi loro, sì di carattere, sì di usi, di azioni ec.
Ed è a notare in proposito della vita casalinga, metodica e uniforme, ch'ella contribuisce a mettere in attività l'immaginazione, a destare e pascere le illusioni, a far che l'uomo abbondi d'immagini e di deliri, e con questi facilmente faccia di meno delle opere, e basti a se stesso, e trovi piaceri in se stesso, ad accrescere la vita e l'azione interna in pregiudizio dell'esterna; assai più che non fanno la bellezza e la vitalità della natura ne' paesi meridionali. Qui gli uomini sono distratti e dissipati, e versati al di fuori, ed hanno sempre sotto gli occhi il mondo, e gli altri uomini, e la vita, e la società e la realtà delle cose; il che distrugge o impedisce l'immaginazione e l'illusione, e produce la noia, e quindi la scontentezza del [3679]presente e il desiderio di novità . Ma nella vita casalinga, la solitudine, l'esser sempre, o il più del tempo, raccolto in se stesso, l'esser privo o scarso di distrazioni, stante il metodo e l'uniformità della vita e la poca società , lascia libero il campo alle facoltà dell'anima di agire, di svilupparsi, di ripiegarsi sopra se stesse, di meditare, di pensare, di riflettere, d'immaginare, e produce necessariamente un'abitudine di pensiero, che nuoce sommamente, o anche esclude, sì l'abito sì l'inclinazione sì l'atto dell'operare. E d'altronde l'esser gran parte del tempo, lontano dal mondo, dalla società , dagli uomini di fuori; l'abitudine di veder la vita e le cose umane ordinariamente da lungi, produce naturalmente le illusioni e i bei sogni e i castelli in aria, e lascia libero l'immaginare e il figurarsi, e il crearsi il mondo e gli uomini e la vita a suo modo, e dà luogo alla speranza; o perduta ch'ella sia, le agevola il ritorno (perchè la speranza, purchè sia lasciata fare, e non sia continuamente respinta dalla realtà , per natura dell'uomo indubitatamente e presto ritorna); o indebolita, le dà agio di ristorarsi e rintegrarsi; [3680]o moribonda, la conserva, se non altro, in vita; o fa insomma, che in parità di circostanze, ella sia sempre maggiore che non sarebbe in una vita in mezzo al mondo; e tien lungi, o ritarda, o minora il disinganno, o ne indebolisce gli effetti, o ne ristringe l'estensione ec.
Conseguenza e prova di queste osservazioni si è che infatti i settentrionali per una parte sono più profondi e sottili speculatori, più filosofi, massime nelle scienze astratte, o parti più astratte di esse, o generi più astratti ec., e insomma più pensatori, che i meridionali; onde la Staël chiama la Germania la patrie de la pensée. E per altra parte, cosa che sembra contraria sì alla detta qualità , sì alla natura rispettiva de' settentrionali e meridionali, sono più immaginosi e più poeti veramente e più sensibili, entusiasti, e di fantasia più efficace e forte (quanto però al poetare, non quanto all'operare; e quanto a ciò ch'è opera del solo spirito, non del corpo), e più inventivi originali e fecondi che non sono i meridionali. Ma ciò, secondo le suddette osservazioni, si deve intendere, ed è infatti, de' soli settentrionali e meridionali moderni, stante le moderne circostanze degli uni e degli altri. Negli antichi, stante la diversità di tali circostanze, doveva essere [3681]ed era tutto l'opposto, cioè i meridionali più immaginosi, fecondi ec. de' settentrionali, conforme alla vera natura, e alla natural proprietà degli uni e degli altri. Sicchè la detta superiorità de' settentrionali moderni ec. è veramente uno de' tanti accidenti sociali; bensì di quelli costanti e connaturali all'essenza della civiltà assolutamente, e che durando la civiltà appo gli uni e appo gli altri popoli, non possono mai venir meno.
Del resto l'immaginazione de' settentrionali rispetto alla meridionale quanto è, generalmente e tutta insieme, più forte, viva, vigorosa, attiva, feconda e maggiore, tanto ancora è piùsombre, lugubre, trista, malinconica, funesta e, si può dir, brutta. Perocchè, lasciando l'altre circostanze, essa è nutrita dalla solitudine, dal silenzio, dalla monotonia della vita; e la meridionale dalle bellezze e dalla vitalità ed attività della natura; e le opere di quella nascono tra le pareti di una camera scaldata da stufe; le opere di questa nascono, per così dire, sotto un cielo azzurro e dorato, in [3682]campagne verdi e ridenti, in un'aria riscaldata e vivificata dal sole.
(13. Ott. 1823.)
Alla p.3637. Anzi l'amore che noi portiamo al cibo e simili cose che o ci servono o ci dilettano, si potrebbe piuttosto chiamare odio, perocch'esso, mirando solamente al nostro proprio bene, ci porta a distruggere, in vista di esso bene, o a consumare in qualunque modo e logorare e disfare coll'uso, l'oggetto amato; o ad esser disposti a disfarlo o pregiudicarlo se, e quanto, e come il nostro bene, e l'uso che perciò abbiamo a farne, lo richiedesse. Quale è l'odio che il Lupo porta all'agnello, e il falcone alla starna, i quali veramente non odiano nè la starna nè l'agnello, anzi, secondo che noi sogliamo discorrere dell'altre cose, si dovrebbe dire ch'essi gli amassero. Ma perciocchè questo amore li porta a ucciderli e distruggerli per loro proprio bene, perciò noi lo chiamiamo odio e inimicizia. (V. Speroni Dialogo 5° Ven. 1596. p.87-8.) Or tale nè più nè meno si è l'amore degli uomini primitivi verso le femmine, se non quanto il piacere ch'essi ne bramano e ricercano non richiede la distruzione di quelle. Ma [3683]s'e' la richiedesse, l'amor delle donne porterebbe i primitivi a distruggerle, tanto è lungi ch'e' ne gli ritenesse. Siccome infatti ei gli porta a non avere riguardo alcuno agl'incomodi e ai danni fisici che molte volte loro recano per soddisfare al desiderio proprio, nel proccurarsi il proprio piacere con esse ec., anche potendo far questo senza danneggiare. Ed accade pure (eziandio fra' civili) che volendo con esse proccurarsi il proprio piacere, o potendo o non potendo a meno, o prevedendolo o non prevedendolo, e' le uccidano, o loro sieno cagione di morire in breve o fra certo tempo, o di soffrir grandemente nella sanità corporale, anche per sempre. E non sono elle uccise tuttodì dagli amanti nell'onore? ec. ec. Così fatto e non altro si è l'amore de' primitivi verso le donne; e delle donne altresì verso gli uomini, proporzionatamente alla natura e alle forze di quelle rispetto a questi. E forse solamente dei primitivi? Queste osservazioni si applichino a quelle in cui provi...
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