[Pagina precedente]... invenzione ed uso dell'alfabeto e sua successiva applicazione alle varie lingue; e queste benchè bambine, pure certamente più formate, e meno incerte, arbitrarie, istabili, informi che al detto tempo, in cui l'uomo non aveva ancora mai usato nè conosciuto nè avuto esempio alcuno di lingua non che perfetta, ma degna del nome di lingua, al contrario di allora che si conoscevano e s'erano [3960]parlate, scritte ec. ec. sì generalmente per tanti secoli le lingue greca e latina sì perfette, oltre tante altre colte; e finalmente non ostante la somma civiltà e il punto di perfezione a cui sono arrivate e in cui si trovano le cognizioni ec. dello spirito umano in questi tempi, e la tanta esattezza divenuta sua propria in ogni cosa, e caratteristica di questi secoli, e la facoltà d'invenzione e di applicazione ec. e gusto e frequenza di riforme e di perfezionamenti ec. ec. Si giudichi dunque con queste proporzioni della difficoltà , irregolarità ec. delle scritture antiche ec. come sopra.
(8. Dec. 1823. Festa della immacolata Concezione di Maria Vergine Santissima.)
Disperser da dispergo-dispersum. (8. Dec. 1823. Festa della immacolata Concezione di Maria Vergine Santissima.).
Il v non è che un'aspirazione ec. Tovaglia it. - toalla, che anche si scrive toballa (Cervantes, D. Quijote), e toaja spagn.
(9. Dec. Vigilia della Venuta della S. Casa. 1823.)
Participii passivi in senso attivo o neutro ec. Atentado cioè prudente accorto cauto ec. da atentar cioè tastare. Corrisponde appunto al lat. cautus, voce che originariamente è participio, e che spetta a questa medesima categoria, come altrove. Similmente l'ital. avvisato e simili, di cui altrove. V. ancora i Diz. spagn. in recatado, recatar ec.
(9. Dec. 1823.)
Che mentar, rammentare, ammentare ec., o se non altro il primo, non venga da mente,227 ma dal sup. mentum dell'inusitato meno di cui non sussiste in latino che il perf. memini, e del quale altrove?
(9. Dec. Vigilia della Venuta della S. Casa. 1823.). V. p.3985
[3961]Che recatar ec. sia quasi recautare da recautum di un recaveo? V. i Diz. spagn. e il Gloss. ec.
(9. Dec. 1823.). V. p.3964
Altrove ho notato non so qual verbo composto con preposizione latina inusitata nelle lingue moderne, ch'è usitato nelle lingue moderne e non si trova nel latino. Di questi tali sì verbi sì vocaboli qualunque, ve ne sono moltissimi nelle lingue nostre, e l'argomento da me fatto intorno al suddetto verbo si deve stendere a tutti questi altri.
(9. Dec. 1823.). V. p.3969.
Alla p.3955. marg. Ovvero che la sua straordinarietà sia di quelle che producono un bello straordinario (e quindi grazioso, anzi tale che si chiama piuttosto grazia che bellezza) cioè un accozzamento di parti ec. che non sogliono riunirsi insieme a produrre e formare il bello, ma tra cui non v'ha sconvenienza veruna, del qual genere di bellezza, e di grazia, che può però essere di molte specie, ho detto altrove, non so se estensivamente a tutte le specie di cui tal genere è capace.
(9. Dec. 1823.). V. p.3971.
Ippocrate nel libro de aere, aquis et locis (p.29. class.1 dell'ediz. del Mercuriale. Venet. 1588. fol. ap. Iuntas, in due tomi, ciascuno diviso in due classi) parla di una nazione che chiama de' Macrocefali, presso i quali stimandosi ???????????? quelli ch'avessero la testa più lunga, era legge che a' bambini ancor teneri, quanto più presto colle mani si riducesse la figura della testa in modo che fosse lunga e così si facesse crescere obbligandola con fasce e altre stretture. Aggiunge ch'al tempo suo questa legge e questo costume non s'osservavano più, ma che i bambini naturalmente nascevano colla testa così figurata, perchè prodotti da genitori che tale l'avevano. Che però negli ultimi tempi già non nascevano e non erano più tutti [3962]nè tanti, come prima, di lunga testa, per lo disuso della legge.
Or vedi la par.1. della Cronica del Peru di Pietro de Cieça (della quale op. v. la p.3795-6.), capitulo 26. car.66. p.2-67. p.1. e cap.50. car.136. p.2. ed altrove, circa la stessa costumanza di figurar le teste de' bambini a lor modo, propria di molte popolazioni selvagge dell'America meridionale. Or che relazione ebbero mai questi coi Macrocefali? E questo costume è forse cosa che la natura l'insegna, e in cui gli uomini facilmente, benchè per solo caso, debbano concorrere? Si applichi questa osservazione a quelle sopra l'unicità dell'origine del genere umano; l'antica e ignota divisione di popoli già ????????, poi, fino da quando comincia la memoria delle storie, lontanissimi e separatissimi e diversissimi; l'unicità delle invenzioni e scoperte, dell'origine di moltissimi usi o abusi ec. ec. molti de' quali si danno oggi per naturali solo per esser comuni, e son comuni solo per esser nati prima della divisione del genere umano, o dello allontanamento delle sue parti, e sua dilatazione ec.228 E a questo medesimo proposito si applichi il luogo greco da me citato a pag.2799. dove si narra un costume simile o conforme a quello di tanti e tanti altri selvaggi antichi, moderni, presenti, che nulla hanno avuto a far mai (in tempi che si sappiano) nè cogli Sciti di cui quivi si parla, nè tra loro. V. p.3967. E quanti altri sono i costumi, credenze ec. affatto conformi tra selvaggi i quali non si può vedere come abbiano mai potuto aver, non ch'altro, notizia, gli uni degli altri; isolani, remotissimi. Eppur le dette conformità sono sovente tali e tante, ed anche così diffuse, e per altra parte così lontane, contrarie ec. alla natura, che [3963]per una parte sarebbe stolto l'attribuirle al caso, per l'altra non se [ne] può trovare cagione alcuna probabile, se non se ec. - Uso delle settimane ec. ec.
(9. Dec. Vigilia della Venuta della S. Casa. 1823.)
Situla-sitella, tabula-tabella. V. la pag.3844.
(9. Dec. 1823.)
Il Forc. dice che sportella è diminutivo di sportula, benchè pur si trova sporta, di cui sportula è diminutivo. Forse si troverà che tutti i diminutivi in ellus ella ellum sono fatti da nomi (o verbi ec.) in ulus, noti o ignoti, diminutivi o no, positivati o assoluti ec.229 In tal caso sportella sarebbe un sopraddiminutivo di sporta, giusta l'uso sì frequente in italiano de' doppi e tripli diminutivi, e come ho detto altrove di anellus da anulus, se non che anulus è in significato diverso o per natura o per estensione dal suo positivo ec. Catena-catella. Catus-catulus catellus catellulus (v. il Forc. in tutte queste voci). Vitulus vitellus. (v. il Forc. in Catellus). Vitellus è positivato, almeno nelle nostre lingue, ec. Catinus catillus, catinum-catillum, catillo as, catillo onis, ec. Patina o patena-patella (positivato; v. il Forc.). Pare che da patina sarebbe piuttosto patilla che patella. Patellarius ec. vedi la pag.3955. Se fosse vero che i diminutivi in ellus non fossero che da' vocaboli in ulus (e i verbi in ellare diminutivo, da quelli in ulare, e così gli avverbi ec.), catillus e gli altri simili, o sarebbero contrazioni di catinulus (e allora non deriverebbero, ma sarebbero tutt'uno col nome in ulus) o vero di catinellus fatto da un catinulus (che pur si trova). (9. Dec. 1823.). Cistela sarebbe diminutivo di cistula e non di cista ec. (9. Dec. Vigilia della Venuta della Santa Casa. 1823.). V. p.3968.
[3964]Alla p.3961. principio. Catus per cautus, v. Forcell. Recatar per recautar sarebbe un grandissimo arcaismo (quanto alla soppressione dell'u) conservato in una lingua moderna ec.
(9. Dec. 1823.). V. p.3980.
Dico altrove che bisogna esattamente distinguere tra' vocaboli e modi latini conservati nelle lingue moderne, o ricuperati per mezzo della letteratura, scienze, diplomatica, politica, canoni, giurisprudenza, cose ecclesiastiche, liturgie ec. (o conservati ancora per questi mezzi, ma non per l'uso della favella ordinaria ec.). La stessa distinzione bisogna fare circa le forme delle parole ec. atteso massimamente che le ortografie moderne sono state da principio ed anche in seguito lungo tempo modellate sul latino, peccarono assai e lungamente per latinismo che nella rispettiva lingua parlata non si trovava, furono inesattissime ec. di tutte le quali cose ho detto in più luoghi.
(9. Dec. Vigilia della Venuta. 1823.)
Parlo altrove de' dialetti d'Omero. Posto che il dialetto Ionico non fosse il comune o il più comune, e perciò prescelto, l'avere Omero scritto in un dialetto piuttosto che nella lingua comune, non prova altro se non che questa a' suoi tempi non v'era; e il non esservi prova che non vera ancora letteratura greca formata, perchè nè questa poteva esservi senza quella, e la mancanza di lingua comune è segno certo ed effetto non d'altro che della mancanza di letteratura nazionale o della sua infanzia, poca diffusione ec. Similmente dico di Democrito ec. Ctesia è più moderno, ma forse anteriore al pieno della letteratura ateniese, [di] Erodoto230 e degli altri che ne' più antichi tempi scrissero ne' dialetti loro nativi e non in lingua comune. Del resto se Omero usò e mescolò anche gli altri dialetti più di quello che poi fosse fatto dagli altri scrittori greci, anche poeti, prevalendo però in lui l'ionico, il simile fece Dante, che [3965]usò e mescolò i dialetti d'Italia molto più che poi gli altri, anche poeti, e a lui vicini, non fecero, e che oggi niuno farebbe, perchè v'è lingua comune, e questa certa e formata e determinata, e tutto ciò principalmente a causa della letteratura. Se poi alcuni, come Empedocle e Ippocrate, non essendo ioni ec., scrissero nell'ionico,231 ciò fu perchè Omero l'aveva usato e fatto famoso e atto alla scrittura, e creduto solo o principalmente capace di essere scritto, nel modo stesso che poi l'abbondanza degli scrittori ateniesi, maggiore che quella degli altri, rese comune, e per sempre, il dialetto attico, o una lingua partecipante massimamente dell'attico, e lo ridusse ad essere il greco propriamente detto sì nell'uso dello scrivere, sì in quello del parlare, massime delle persone colte;232 e nel modo stesso che in Italia per simil cagione è avvenuto rispetto al toscano, mentre prima, come in Grecia l'ionico invece dell'attico, così in Italia si era fatto comune ec. non il toscano, ma il siculo ec. per la coltura di quella corte e poeti ec. e loro abbondanza preponderante ec. Onde molto s'ingannano, secondo me, quelli sì antichi (vedi i luoghi cit. alla pagina 3931.) sì moderni (che sono, io credo, non pochi) i quali riconoscono l'uso o preponderanza del dialetto ionico in Omero, in Ippocrate ec. e nelle scritture dell'antica Grecia da questo, che il dialetto ionico, secondo loro, o almen quello di detti scrittori quale egli si è ec. era l'antico dialetto attico, e usato dagli ateniesi. Il che, se non hanno altri argomenti per provarlo, certamente non è provato dall'uso di quegli scrittori, poichè che diritto e che mezzo aveva allora il dialetto ateniese per esser preferito agli altri nelle scritture? Essi cadono nel solito errore, [3966]sì comune per sì lungo tempo (e fin oggi) in Italia, anche fra' più dotti e imparziali, circa il dialetto toscano, cioè di credere che l'attico prevalesse agli altri dialetti per se (mentre niun dialetto prevale per se, giacchè quanto all'ordine, forma ec. esso non l'ha prima della letteratura, quanto alla bellezza del suono materiale ec. questo è un sogno, perchè a tutti i popoli e parti di essi è più bello degli altri suoni quello che gli è dettato dalla natura, e quindi quello del dialetto nativo, e imparato nella fanciullezza ec.), e non per causa della preponderante letteratura e scrittori attici, la qual causa a' tempi d'Omero ec. non esisteva, anzi Atene non aveva, che si sappia, scrittore alcuno, non che n'abbondasse particolarmente ec. Neanche era potente, nè commerciante, nè che si sappia, assai culta, o più culta degli altri, seppure aveva coltura alcuna notabile. Bensì lo erano gl'ioni ec. e questo appunto produsse o fece possibile un Omero ec. Se poi hanno altre prove della detta proposizione, certo ragionano a rovescio pigliando per effetto la ca...
[Pagina successiva]