[Pagina precedente]... persone e delle circostanze loro, abituali o passeggere o qualunque. Per es. una medesima scena della natura diversissime sorte d'impressioni può produrre e produce negli spettatori secondo le dette differenze; come dire se quel luogo è natio, e quella scena collegata colle reminiscenze dell'infanzia ec. ec. se lo spettatore si trova in istato di tale o tal passione, ec. ec. E molte volte non produce impressione alcuna in un tale, al tempo stesso che in un altro la fa grandissima. Così discorrasi delle parole e dello stile che n'è composto e ne risulta, e sue qualità e differenze ec. e questa similitudine è molto a proposito.
[3953]Queste osservazioni si applichino al detto da me altrove sopra quanto debba naturalmente esser diverso il giudizio degli uomini circa il pregio ec. delle scritture, siccome è naturalmente diversissimo l'effetto loro (anche lasciando affatto da parte l'invidia l'ignoranza e cose tali che variano o falsificano i giudizi per colpa umana, sebbene anch'esse inevitabili e naturali); e quanto la fama degli scritti, scrittori, stili ec. dipenda dalle circostanze, e da infinite e diversississime circostanze, e combinazioni di circostanze. L'arte dello scrittore si riduce e deve ridurre a osservar qual effetto quali idee, appresso a poco ed in grosso e confusamente parlando, producano o sogliano produrre tali o tali parole e combinazioni e usi loro nel più degli uomini o de' nazionali generalmente considerati, nel più delle circostanze di ciascheduno e nelle più ordinarie, per natura o per gli abiti più invalsi ec. ec. E gli scritti, scrittori e stili che sono in maggior fama e pregio, son quelli che meglio e più felicemente hanno osservato le dette cose e regolatisi secondo le dette osservazioni e saputo trarne vantaggio ed applicarle all'uso e conformarvi i loro modi di scrivere; non quelli che a tutti, neanche a' nazionali, in ogni tempo e circostanza loro, piacciono e producono lo stesso effetto, e nello stesso grado, o pur solamente producono effetto qualunque, o una stessa sorte di effetto; chè tutto questo è impossibile ad uomo nato e di niuno o poeta o scrittore ec. libro, stile ec. si verifica, nè è per verificarsi mai, [3954]nè mai si verificò.
Si applichino eziandio le dette osservazioni alla difficoltà o impossibilità di ben tradurre, a ciò che perde un libro nelle traduzioni le meglio fatte, all'assoluta impossibilità , e contradizione ne' termini, dell'esistenza di una traduzione perfetta, massime in riguardo ai libri il cui principal pregio, o tutto il pregio o buona parte spetti allo stile, all'estrinseco, alle parole ec. o col cui effetto queste sieno particolarmente ed essenzialmente legate ec., come debbono esser necessariamente più o meno tutti i libri di vera poesia in verso o in prosa ec. ec. (7. Dec. 1823.). - Si estendano ancora le dette osservazioni alla diversità delle idee concomitanti di una stessa parola ec. e quindi dell'effetto di una stessa scrittura ec. secondo i tempi, e le nazioni, i forestieri o nazionali, posteri più o meno remoti, o contemporanei ec. E quindi alla poca durevolezza ed estensione possibile della fama e stima di una scrittura per ottima ch'ella sia, almeno dello stesso grado e qualità di fama e stima, e del giudizio di essa ec., massime essendo impossibili le traduzioni perfette, o dall'antico nel moderno, o d'uno in altro moderno ec., come di sopra. E le differenze occasionate ne' lettori da quelle de' tempi, costumi, climi, luoghi ec. ec. ec.
(7. Dec. 1823.)
Quoi qu'on en dise, il vaut mieux être heureux par l'erreur que malheureux par la vérité. Lettres du Roi de [3955]Prusse et de M. d'Alembert. Lettre 101. du Roi, fin. Parla del vantaggio delle illusioni.
(8. Dec. Festa della Concezione Immacolata di Maria Vergine Santissima. 1823.)
Grazia dal contrasto. Parolacce in bocca di donne o di forme e maniere maschili, o gentili e delicate ec. Parole, discorsi, modi, atti, pensieri ec. tiranti al maschile, assennati, dotti ec. in donne di forme ec. maschili o all'opposto ec. S'intende di donne avvenenti ec. e che la maschilità non passi i termini del grazioso nello sconveniente ec. V. p.3961.
(8. Dec. Festa della Concezione. 1823.)
Da chaudron (caldaio), diminutivo di chaudière (calderone), chaudronnier in senso positivo cioè calderaio. Infiniti sono e in latino e massime nel latino basso e nelle lingue figlie i derivati e di questo e d'altri molti generi, e sorte di significati ec. V. p.4006. ec. che avendo un senso positivo, e corrispondente a quello del positivo da cui hanno origine, sono però fatti da un diminutivo (usitato o no, ed anche semplicemente supposto) di esso positivo, sia ch'esso diminutivo abbia un uso positivato, o no, ec. e che tali voci derivino dal latino, o no, ec.224 Forse la ragione di tali derivativi che in senso positivo sono formati da' diminutivi, si è che essi e fors'anche i diminutivi da cui derivano, hanno un senso frequentativo o cosa simile.225 Infatti la diminuzione in senso di frequentazione assolutamente e unicamente, ovvero in compagnia di questo senso, è comunissima nel latino nell'italiano ec. come altrove in più luoghi. E molti assoluti frequentativi (verbi o nomi ec.) non sono che per la forma diminutiva che hanno, e questa si è la sola che in essi indica la frequenza ec. sia che i positivi di senso o di forma o d'ambedue ec. si trovino ed usino, o no, neanche vi possano essere, come spesso accade in italiano, ec. p.e. balbettare non ha nè potrebbe [3956]avere balbare, al quale però equivarrebbe ec.
(8. Dec. Festa dell'immacolata Concezione di Maria. 1823.)
Dico altrove che i verbali in us us derivano da' supini, ec. Osservisi il supino in u. Questo non sembra esser altro che l'ablativo del verbale in us us. Di modo che io credo che il supino in um altresì originariamente non sia altro che l'accusativo singolare del verbale rispettivo in us us, usitato o inusitato che sia, poichè il supino in u non è altro che l'ablativo di quello in um, e che il supino in u sembra evidentemente appartenere a un nome della quarta. ec.
(8. Dec. 1823. Festa della Concezione.
Italianismi nello Spagnuolo, del che altrove. Quizà (cioè forse) voce che fino ne' Vocabolari del 600 si dà per antica (bench'io la trovo in uso, anche frequente, presso i moderni eziandio). Pretto e manifesto italianismo, sì per la forma (in ispagnuolo si direbbe quien sabe?), sì pel significato, poichè anche noi, massime nel linguaggio parlato, e questo familiare, usiamo non di rado chi sa? chi sa che non, chi sa se ec. per forse o in sensi simili.
(8. Dec. Festa della immacolata Concezione di Maria. 1823.)
Si dice con ragione, massime delle cose umane, e terrene, che tutto è piccolo. Ma con altrettanta ragione si potrebbe dire, anche delle menome cose, che tutto è grande, parlando cioè relativamente, come ancor parlano quelli che chiamano tutto piccolo, perchè nè piccola nè grande non è cosa niuna assolutamente. Sicchè non è per vero dire nè più ragionevole nè più filosofico il considerare qualsivoglia cosa umana o qualunque, come piccola, che il considerare essa medesima cosa come grande, e grandissima ancora, se così piace. E ben vi sono quasi altrettanti aspetti e riguardi, tutti egualmente [3957]degni di filosofo, altrettanti, dico, per la seconda affermazione che per la prima. Ed anche il mondo intero e universo e tutta la università delle cose o esistenti o possibili o immaginabili, a paragone di cui chiamiamo piccole e menome le cose umane, terrene, sensibili, a noi note, e simili, può nello stesso modo esser considerata come piccola e menoma cosa, e d'altro lato come grande e grandissima. Niente manco che mentre delle cose umane si chiamano piccole verbigrazia quelle degli oscuri privati a paragone di quelle de' vastissimi e potentissimi regni, e nondimeno queste ancora, grandissime a paragon di quelle, si chiamano da' filosofi piccolissime e nulle sotto altro rispetto, è ben ragionevole che sotto diversi rispetti, quelle eziandio de' privati ed oscurissimi individui, sieno chiamate, anche da' filosofi, grandi e grandissime, di grandezza niente men vera o niente più falsa che quella delle cose de' massimi imperii.
(8. Dec. 1823.)
In tutta l'America, abitata certo e frequentata da tempi remotissimi, poichè non s'ha notizia nè memoria alcuna del quando incominciasse, non si è trovato alcuna sorta di alfabeto nè orma alcuna di alfabeto, nè cosa che alla natura di esso si avvicinasse. Non ostante la molta e maravigliosa coltura, le arti, manifatture, fabbriche ammirabili, politica squisita e legislazione, ed altre grandi e numerose parti di civiltà che si trovarono nel paese soggetto al regno degl'Incas,226 cominciato da tre secoli prima della scoperta e conquista d'esso paese (cioè nel sec.13.); e più ancora nel Messico, la cui civilizzazione credo che sia ancora più antica. Dico [3958]dell'ultima e più nota civiltà , poichè s'hanno molti indizi, e di tradizioni patrie, e d'avanzi d'edifizi e monumenti di gusto e maniera diversa da quelli dell'ultima epoca di civiltà , e d'altre cose, che dimostrano esservi state altre epoche in cui questa o quella parte dell'America (in particolare il Perù) fu, non si sa fino a qual segno, civile o dirozzata. Massime che l'America fu soggetta a rivoluzioni frequentissime e totali ne' paesi ov'elle accadevano, trasmigrazioni e totali estinzioni d'interi popoli e città , e devastazioni e assolamenti d'intere provincie, per la ferocia e frequenza e quasi continuità delle guerre, come ho detto altrove in più luoghi (v. la pag.3932. fra l'altre, con quelle ivi citate, e il pensiero a cui quest'ultime appartengono). La scrittura del regno degl'incas si faceva con certi nodi (Algarotti Saggio sugl'Incas. opp. Cremona t.4. p.170-1); quella del Messico consisteva in pitture. Queste osservazioni si applichino al detto altrove 1. sopra l'unicità dell'invenzione dell'alfabeto, 2. sopra la difficoltà di questa invenzione tanto necessaria alla civiltà , e quindi tanto principal cagione dello snaturamento dell'uomo ec., 3. sopra le differenze essenziali tra lo stato de' popoli anche civili, che non abbiano avuto relazioni tra loro, 4. sopra l'unicità di tutte o quasi tutte le invenzioni più difficili, e più contribuenti alla civiltà , dimostrata dall'esser esse, benchè necessarissime, state sempre ignote ai popoli, anche fino a un certo segno civili, che non hanno avuto che fare cogli europei ec. dopo esse invenzioni, o viceversa agli europei ec. benchè civilissimi, quelle degli altri popoli, ancorchè molto addietro in coltura, e ciò per lunghissimi secoli, fino al cominciamento delle relazioni scambievoli degli europei ec. e di tali popoli.
(8. Dec. Festa della Concezione. 1823.)
[3959]Quanta fosse la difficoltà e dell'invenzione dell'alfabeto, e della sua applicazione alla scrittura, e alle diverse lingue antiche successivamente, e quanta dovesse essere l'irregolarità e falsità delle prime scritture alfabetiche e delle prime ortografie (difetti che si veggono ancora notabilissimi nelle più antiche scritture, cioè nell'orientali, come ho detto altrove, p.e. nell'ebraica, ch'è senza vocali, come molte altre orientali ec., difetti perpetuati poi in esse scritture, fino anche a' nostri tempi, in quelle che sono ancora in uso ec.), si può congetturare dalle cose dette da me altrove in più luoghi circa la difficoltà dell'applicare primieramente la scrittura alle lingue moderne, e regolarne l'ortografia, e farla corrispondere al vero suono ec. delle parole, e circa l'irregolarità e falsità delle ortografie moderne ne' loro principii, anzi pur fino all'ultimo secolo in Italia, ed altrove, massime in Francia, sino al dì d'oggi; non ostante e che si avessero modelli chiarissimi, completissimi e perfettissimi di scrittura e ortografia nel latino e nel greco; e che l'uso dello scrivere fosse da tanti secoli fino a quel tempo inclusivamente, così comune; e che gli uomini fossero tanto men rozzi e più sperti in ogni cosa che non al tempo della prima...
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