[Pagina precedente]... tali sono facilissimi a piangere come i fanciulli. Ciò può accadere anche nel fiore e vigor dell'età per debilitamento passeggero o durevole delle forze fisiche, e con esse delle facoltà mentali. Io n'ho veduto gli esempi. Tutto ciò si applichi al mio discorso fatto per provare che v'ha differenze naturali ed ingenite fra' talenti, al qual proposito veggasi ancora la [3945]p.3891, e 3806-10. e il pensiero seguente.
(6. Dec. 1823.)
Alla p.3923. marg. Similmente i gran talenti di rado si trovano in corpi forti. In parità di circostanze e d'altro, i più deboli son più furbi de' più forti, anche per naturale disposizion fisica, non considerando le abitudini ec. di cui altrove in proposito delle donne. Difficilmente si troverà gran furberia in uomo pingue (se la pinguedine non gli è malattia ed accidente ec.) ancorchè esercitato in tutto quello che più favorisce e più richiede furberia. Neanche gran talento nè fino in un corpo grosso, e meno in corpo pingue ec. ec. Le diversità de' talenti si conoscono in gran parte e sogliono corrispondere, non solo alle varie conformazioni e disposizioni del cranio ec. interiori o esteriori ec. ma eziandio del resto della persona in genere, e di parecchie sue parti in particolare. Queste osservazioni si applichino alla materia del pensiero precedente.
(6. Dec. 1823.)
Alla p.3898. Museau. Niffolo, v. la Crus. in Niffo. Questa voce è anche del Rucellai, Api, v.990, il quale scrive nifolo, da nifo, ch'è pur della Crusca. - Bisogna notare, quando il positivo non si trovi nella lingua a cui spettano i diminutivi che paiono positivati, se forse anticamente quel positivo vi si trovò, proprio di essa lingua, o venuto di dove che sia, e trovandovisi non ebbe lo stesso senso che ha oggi quel diminutivo. E ciò quando anche in altre lingue si trovi quel positivo col medesimissimo senso di quel tale diminutivo. P.e. in italiano [3946]si trova muso e vuol dir lo stessissimo che museau, che certo viene da una voce simile; ma chi sa che in francese una volta non si trovasse muse in senso diverso? (v. gli spagnuoli). E veggasi a questo proposito il detto a pag.3152. sulla voce fourreau. (6. Dec. 1823.).
Alla stessa pag. margine. Alcune di queste voci potrebbero anche venire dal latino o ignoto, o volgare, o barbaro ec. e se ne vegga il Gloss. ed anche il Forcell. ec.
(6. Dec. 1823.)
La lingua greca appartiene veramente e propriamente alla nostra famiglia di lingue (latina, italiana, francese, spagnuola, e portoghese), non solo perch'ella non può appartenere ad alcun'altra, e farebbe famiglia da se o solo colla greca moderna; non solamente neppure per esser sorella o, come gli altri dicono, madre della latina (nel primo de' quali casi ella dovrebbe esser messa almeno colla latina, e nel secondo è chiaro ch'ella va posta nella nostra famiglia), ma specialmente e principalmente perchè la sua letteratura è veramente madre della latina, la qual è madre delle nostre, e quindi la letteratura greca è veramente l'origine delle nostre, le quali in grandissima parte non sarebbero onninamente quelle che sono e quali sono (se non se per un incontro affatto fortuito) s'elle non fossero venute di là . E come la letteratura è quella che dà forma e determina la maniera di essere delle lingue, e lingua formata e letteratura sono quasi la stessa cosa, o certo [3947]cose non separabili, e di qualità compagne e corrispondenti; e come per conseguenza la letteratura greca (oltre le tante voci e modi particolari) fu quella che diede veramente e principalmente forma alla lingua latina, e ne determinò la maniera di essere, il carattere e lo spirito, di modo che la lingua e letteratura latina, quando anche fossero nate, formate e cresciute senza la greca, non sarebbero certamente state quelle che furono, ma altre veramente, e in grandissima parte diverse per natura e per indole e forma, e per qualità generali e particolari, e sì nel tutto, sì nelle parti maggiori o minori, da quelle che furono; stante, dico, tutto questo, la letteratura greca (oltre lo studio immediato fattone da' formatori delle nostre lingue, come da quelli della latina) viene a esser veramente la madre e l'origine prima delle nostre lingue, come la latina n'è la madre immediata; le quali lingue (anche la francese che insieme colla sua letteratura è la più allontanata dalla sua origine, e dalla forma latina, e dall'indole della latina, e quindi eziandio della greca) non sarebbero assolutamente tali quali sono, ma altre e in grandissima parte diverse sì nello spirito, sì in cento e mille cose particolari, se non traessero primitivamente origine in grandissima parte dal greco per mezzo del latino. E veramente la lingua greca mediante la sua letteratura è prima (quanto si stende la nostra memoria dell'antichità ) e vera ed efficacissima causa dell'esser sì la lingua e letteratura latina, sì le nostre lingue e letterature, anche la francese, tali quali elle sono, [3948]e non altre; chè per natura elle ben potrebbero essere diversissime in molte e molte cose, anche essenziali ed appartenenti allo spirito ed all'indole ec. e alquanto diverse più o meno in altre molte cose più o meno essenziali o non essenziali. E forse non mancano esempi di altre letterature e lingue antiche o moderne, anche meridionali ec., che non essendo venute dal greco, sono diversissime, anche per indole ec. e nel generale ec. non meno o poco meno che ne' particolari, dalla latina e dalle nostrali. E ne può esser prova il vedere quanto la francese si è allontanata, anche di spirito, dalla latina e dalla greca alle quali era pur conformissima nel 500 ec. (vedi la p.3937.), senz'aver mutato clima ec. Certo i tempi nostri son diversissimi da quelli de' greci e de' latini, quando anche il clima sia conforme, diversissime sono state e sono le nostre nazioni, loro governi, opinioni, costumi, avvenimenti e condizioni qualunque, sì tra loro, sì ciascuna di esse da se medesima in diversi tempi, sì dalla greca, e dalla latina eziandio. Nondimeno le loro lingue e letterature sono state conformi, massime fino agli ultimi secoli, e tra loro, e tra' vari lor tempi, e colla greca e latina ec. Sicchè tal conformità non si deve attribuire nè solamente nè principalmente al clima, nè ad altre circostanze naturali o accidentali, ma all'accidente di esser derivate effettivamente dal greco e latino, chè ben potevano non derivar da nessuno, o derivare d'altronde ec. ec.
Lascio che, come ho detto altrove, le lingue e letterature italiana e spagnuola, massime antiche, e più quanto più si considerano nel loro antico ed anche informe stato, e la francese antica ec., somigliano per l'indole ec. al greco forse più [3949]che il latino, e quasi senza forse più che al latino, e tengono del greco ec.
(6. Decembre. 1823.)
Disserto as da dissero ertum.
(7. Dec. Vigilia dell'Immacolata Concezione della SS. Vergine Maria)
Alla p.3885. Allora l'italiano era principalmente noto e considerato dagli stranieri come lingua del Metastasio,223 e per li drammi del Metastasio, insomma come lingua dell'Opera. Peggio sarebbe se Federico avesse pigliato idea dell'italiano, com'è pur verisimile, da quello del suo Algarotti ec.
(7. Dec. 1823.)
Participii aggettivati ec. di che altrove in più luoghi. Da molti participii si son fatti de' vocaboli che non son che aggettivi, perchè non hanno alcun verbo di cui poter essere participj, come innocens, invictus, intentatus (che non hanno innoceo, invinco ec.) e cento mila altri. E vedi a proposito d'invictus e simili, il luogo citato a p.3938. Nondimeno questi tali vocaboli conservano ancora un senso di participio, eccetto alcuni alcune volte (come illaudatus per illaudabilis, vedi il Forcell.), che oltre al non essere più participii perchè non hanno verbo, hanno anche ricevuto un secondo cangiamento cioè nella significazione.
(7. Dec. Vigilia della Concezione. 1823.)
Participii passivi in senso attivo o neutro ec. Dañado da dañar per dañante, cioè nocente, dannoso. S'usa in forma aggettiva, come si deve anche intendere d'altri moltissimi di tali participii, o latini o moderni, sempre così usati, o per lo più, o talvolta, dico, in forma aggettiva.
(7. Dec. 1823.)
[3950]Alla p.3942. Anzi l'uomo, e lo spirito umano massimamente e i suoi progressi, e quelli dell'individuo, e delle sue facoltà , manuali o intellettuali ec. e lo sviluppo delle sue disposizioni, del suo spirito, talento, immaginazione ec. tutto è, si può dire, imitazione - Viceversa di quel che si è detto l'assuefazione è una specie d'imitazione; come la memoria è un'assuefazione, e viceversa ogni assuefazione una specie di memoria e ricordanza, secondo che ho detto altrove.
(7. Dec. Vigilia dell'Immacolata Concezione. 1823.)
Non si dà ricordanza senza previa attenzione, ec. come altrove. Questa è una delle principali cagioni per cui i fanciulli, in principio massimamente, stentano molto a mandare a memoria, e più degli uomini maturi, o giovani. Perocchè essi sono distratti e poco riflessivi ed attenti, per la stessa moltiplicità di cose a cui attendono, e facilità , rapidità e forza con cui la loro attenzione è rapita continuamente da un oggetto all'altro. Gli uomini distratti, poco riflessivi ec. non imparano mai nulla. Ciò non prova la lor poca memoria, come si crede, ma la lor poca o facoltà o abitudine di attendere, o la moltiplicità delle loro attenzioni, il che si chiama distrazione. Perocchè la stessa troppa facilità di attendere a che che sia, o per natura o per abitudine, la stessa suscettibilità della mente di esser vivamente affetta e rapita da ogni sensazione, da ogni pensiero; moltiplicando le attenzioni, e rendendole tutte deboli, sì per la moltitudine, e confusione, sì per la necessaria brevità di ciascuna, [3951]da cui ogni piccola cosa distoglie l'animo, applicandolo a un altro, e per la forza stessa con cui questa seconda attenzione succede alla prima, cancellando la forza di questa, rende nulla o scarsissima la memoria, deboli e poche le reminiscenze. E così la stessa facilità e forza eccessiva di attendere produce o include l'incapacità di attendere, e così suol essere chiamata, benchè abbia veramente origine dal suo contrario, cioè dalla troppa capacità di attendere (come sempre il troppo dà origine o equivale e coesiste al nulla o alla sua qualità o cosa contraria); e l'eccesso della facoltà di attendere si riduce alla mancanza o alla scarsezza di questa facoltà , secondo che detto eccesso è maggiore o minore. Ciò ha luogo principalmente, per regola e ordine di natura, ne' fanciulli. - Laddove una sensazione ec. una sola volta ricevuta ed attesa, basta sovente alla reminiscenza anche più viva, salda, chiara, piena e durevole, essa medesima mille volte ripetuta e non mai attesa non basta alla menoma reminiscenza, o solo a una reminiscenza debole, oscura, confusa, scarsa, manchevole, breve e passeggera. Perciò venti ripetizioni non bastano a chi non attende per fargli imparare una cosa, che da chi attende è imparata talora dopo una sola volta, o con pochissime ripetizioni estrinseche ec.
(7. Dec. Vigilia della Concezione. 1823.)
[3952]Dal detto altrove circa le idee concomitanti annesse alla significazione o anche al suono stesso e ad altre qualità delle parole, le quali idee hanno tanta parte nell'effetto, massimamente poetico ovvero oratorio ec., delle scritture, ne risulta che necessariamente l'effetto d'una stessa poesia, orazione, verso, frase, espressione, parte qualunque, maggiore o minore, di scrittura, è, massime quanto al poetico, infinitamente vario, secondo gli uditori o lettori, e secondo le occasioni e circostanze anche passeggere e mutabili in cui ciascuno di questi si trova. Perocchè quelle idee concomitanti, indipendentemente ancora affatto dalla parola o frase per se, sono differentissime per mille rispetti, secondo le dette differenze appartenenti alle persone. Siccome anche gli effetti poetici ec. di mille altre cose, anzi forse di tutte le cose, variano infinitamente secondo la varietà e delle...
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