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Ho posto altrove tremolare, trembler, temblar ec. fra' diminutivi positivati (o fossero frequentativi, o cose simili, in origine). Se però questi verbi son fatti da tremulus, e' non sono diminutivi, perchè tremulus è da tremere come speculum da specere, e nè l'uno nè l'altro è diminutivo, e tremulare non sarebbe più diminutivo che speculare, jaculari e simili, del che vedi la pag.3875.
(29. Nov. 1823.)
Ho detto altrove in più luoghi che la francese per l'estrinseco e per l'intrinseco è di tutte le lingue sorelle la più lontana dalla madre. Molto più vicina le fu ne' passati secoli (come nel 500 ec.) per l'intrinseco, siccome per l'estrinseco ancora, cioè per la pronunzia della loro scrittura (ch'è tanto più simile al latino che la loro favella) erano più vicini al latino non solo nel 300 ec. come ho detto altrove, e ne' principii della lingua, ma nel 500 ancora e nel 600 di mano in mano ec.
(29. Nov. 1823.)
[3938]Alla p. antecedente, marg. Or da ogni parte si vede che la natura avea destinato sì l'uomo, sì gli animali, nel modo stesso che ha evidentemente ordinato tutte le cose, all'azione esterna e materiale, e alla vita attiva. ec. E i detti principii cospirano ottimamente con tutto il corso de' nostri pensieri che da per tutto preferiscono l'attivo al contemplativo in mille modi ec.
(29. Nov. 1823.)
Alla p.3926. Similmente si ragioni de' vecchi rispetto ai giovani. Quelli hanno men vigore assai di corpo, ma anche assai men vigore di spirito, sì che la condizione dell'uno è temperata e compensata con quella dell'altro, sono men forti di corpo, ma eziandio assai men vivi di spirito, per ragioni fisiche, cioè decadenza fisica e logoramento della loro organizzazione e facoltà interne, corrispondente a quello dell'esterno ec.
(29. Nov. 1823.)
Circa l'usarsi in latino frequentissimamente i participii sì passivi sì ancora attivi in forma aggettiva, del che altrove in più luoghi, vedi la mia annotazione alla Canzone VI (Bruto minore) strofe 3. verso 1. e le osservazioncelle marginali e postille volanti sopra la medesima annotazione.
(29. Nov. anniversario della morte di mia Nonna. 1823.)
Monosillabi latini. Lux, idea primitiva. Gr. ????, ???.
(30. Nov. 1823.). Falx.
Al detto altrove di fictus, fixus ec. aggiungi confitto da configgere o configere (non da conficcare, come dice la Crusca). Non si dice confisso. Per lo contrario affisso e non affitto participio. V. però la Crus. in affitto aggett., se quello non è un luogo male scritto, come pare ec.
(1 Dec. 1823.)
[3939]Al detto altrove circa intentatus da intento, e in senso di non tentatus, aggiungi inauratus da inauro e in senso di non auratus.
(1 Dec. 1823.)
Scambio del v col g, di cui altrove. V. Forc. in erivo. Rigo, irrigo ec. e per rivo, irrivo, irrivus (per irriguus), come de-rivo ec. E v. il Forc. in tutte queste voci ec.
(4. Dec. 1823.)
Andare per essere, del che altrove. V. Virg. Aen. 1. 50. e il Forc. in incedo.
(5. Dec. 1823.)
Non solamente i verbali in ibilis o in bilis, come altrove s'è detto, ma anche altri generi di verbali, come quelli in ilis breve (docilis, facilis, missilis, fissilis, fictilis, coctilis, versatilis, aquatilis ec.) o lungo (mictilis ed altri molti), in alis (genitalis ec.), in ivus (defectivus ec.), in itius o icius (emptitius ec.), in bundus (errabundus, ludibundus, pudibundus ec.), tutti fatti da' supini regolari o irregolari, noti o ignoti ec. possono e debbono servire al discorso de' supini e a confermare le nostre osservazioni su di questi, sì ne' casi particolari, sì nel generale, osservando la più frequente, comune, antica, regolare, intera, e propria forma di ciascuno di tali generi di verbali collettivamente considerato ec.
(5. Decembre. 1823.). V. p.3984.
Al detto altrove sul vero supino di pingo, fingo ec. aggiungi mingo che fa minctum onde minctio ec. e pure si trova mictus us ec. corruzioni, come quella accaduta nello stesso supino di fingo, pingo ec. dove il supino corrotto ha scacciato affatto il regolare ec. (5. Dec. 1823.). Commingo inxi ictum inctum, commictus a um, commictilis. E v. gli altri composti. V. p.3986.
[3940]A proposito dell'antico fuo di cui altrove, osservisi ch'egli è originariamente lo stesso di fio da ???, mutato l'? in i, come in silva, laddove in fuo è mutato in u. E questa osservazione di fuo e fio si applichi al detto da me in più luoghi sì circa lo scambio reciproco delle vocali u ed i, sì circa la pronunzia latina del greco ?, la quale forse, anche antichissimamente, come poi (a' tempi di Cicerone di Marziano ec.) quella dell'y, fu tra l'i e l'u (cioè pronunzia di u gallico), come si può congetturare sì dal veder l'? greco ora cambiato in u ora in i, sì dal vederlo talora in una stessa parola cambiato nell'uno e nell'altro, come in ??? - fuo-fio, che antichissimamente dovettero esser un sol verbo e per significato e per tutto, sì dallo stesso scambio reciproco dell'u e dell'i sì frequente in latino, come appunto tra fuo e fio, e in mille altre voci. ec. ec.
(5. Dec. 1823.)
Che titillo, come altrove dico,221 sia duplicazione (nata nel Lazio, o fatta p.e. dagli Eoli o da altro greco dialetto, o propria dell'antica lingua madre del latino e del greco, o dell'antico greco comune ec. ec.) del greco ?????, fatta all'uso greco, lo conferma l'osservare che la vocale di tal duplicazione cioè l'i è quella appunto che il greco usa in tali duplicazioni, come in ?????? ec. V. p.3979. Laddove nell'altre duplicazioni latine, come in dedi, cecidi ec. la vocale della duplicazione è la e. E questo ancora è all'uso greco, che nella duplicazione de' perfetti usa la ?. E notisi che come questa, così quella e è breve, fuorchè in cecidi che molti scrivono caecidi, dove forse non sarà breve per distinguerlo da cecidi. Del resto [3941]tal uso affatto conforme al greco ha luogo in molti verbi latini che non hanno a far niente con alcuna voce greca nota, ed è un uso antichissimo nel latino, e non introdottovi da' letterati. Il che conferma l'antica conformità dell'origine, e fratellanza tra il greco e latino. Dalla quale origine dovette venir quest'uso nell'una e nell'altra lingua, in quella più conservato e steso, in questa meno, e sì può dire, perduto, se non in certe voci determinate, di cui si conservò sempre la forma antica, senza però mai applicar tal forma ad altri verbi, o a' verbi di mano in mano introducentisi da quegli antichissimi tempi in poi. ec. Tal uso trovasi ancora nella lingua sascrita, come negli Annali di Scienze e lettere di Milano, altrove citati in proposito d'essa lingua ec.
(5. Dec. 1823.)
Anche ????????, come altrove ho detto di ?????????, è doppia alterazione, cioè da ????, ?????? (che ancor si trova, v. Scap. in ??????) e poi ???????? (così lo Schrevel.), ovvero da un ????, ????? e poi ????????. Così da ???? e ??????, ????????, è doppia alterazione: sempre però collo stesso senso del primitivo. Così altri non pochi.
(5. Dec. 1823.)
Diminutivi positivati. Pretto (puretto) per puro.
(6. Dec. 1823.)
La facoltà d'imitazione non è che facoltà di assuefazione; perocchè chi facilmente si avvezza, vedendo o sentendo o con qualunque senso apprendendo, o finalmente leggendo, facilmente, ed anche in poco tempo, riducesi ad abito quelle tali sensazioni [3942]o apprensioni, di modo che presto, e ancor dopo una volta sola, e più o manco perfettamente, gli divengono come proprie; il che fa ch'egli possa benissimo e facilmente rappresentarle ed al naturale, esprimendole piuttosto che imitandole, poichè il buono imitatore deve aver come raccolto e immedesimato in se stesso quello che imita, sicchè la vera imitazione non sia propriamente imitazione, facendosi d'appresso se medesimo, ma espressione. Giacchè l'espressione de' propri affetti o pensieri o sentimenti o immaginazioni ec. comunque fatta, io non la chiamo imitazione, ma espressione. Or come la facoltà d'imitare sia qualità e parte principalissima e forse il tutto de' grandi ingegni, e così degli altri talenti in proporzione, è cosa da molti osservata e spiegata. Dunque riconfermasi che l'ingegno è facoltà di assuefazione.
(6. Dec. 1823.). V. p.3950.
Scambio del g e del v. Nivis-neige-ningit o ninguit (onde il nostro negnere) e nivit, onde il nostro nevicare, quasi nivicare, come da vello vellico ec. frequentativi, di cui vedi la p.2996. marg.: e vedi il Gloss. se vuoi.
(6. Dec. 1823.)
Alla p.3275. marg. Anzi molti di questi amano più di aver de' nemici che degli amici, son più contenti di essere odiati che amati, e si attaccano volentieri con chicchessia, non per sensibilità , neanche per misantropia, per l'odio naturale verso gli altri ec., ma perchè il loro stato naturale è lo stato di guerra, ed amano più di combattere che di stare in pace e posarsi, e più la vita inquieta che la tranquilla. E ciò semplicissimamente, senza malignità , senza carattere nè passioni nere e odiose. Infatti essi sono apertissimi, sincerissimi, compassionevolissimi, e beneficano più degli altri, ma le stesse persone che essi compatiscono o beneficano, amerebbero più [3943]di averle a combattere e di esserne odiati. E similmente cogli altri uomini i quali hanno più caro di averli contrarii che affezionati o indifferenti, e però tuttogiorno, senza passione alcuna, o ben leggera, e sopra menomissime bagattelle gli stuzzicano e provocano ed offendono o con parole o con fatti, per avere il piacer di combatterli e di stare in guerra. E come ciascuno s'immagina ordinariamente quello che più desidera, così essi ordinariamente si compiacciono in pensare che gli altri vogliano loro male, e in torcere ogni menoma azione e parola altrui verso loro a cattiva intenzione ed ostile, e pigliano occasione da tutto di entrare in lizza con chicchessia, anche coi più familiari, intrinseci, compagni ed amici. Torno a dire che tutto ciò è con grandissima semplicità ed anche nobiltà , o certo non doppiezza e non viltà , di carattere; senza umor tetro e malinconico (anzi questi tali sono per l'ordinario allegrissimi o tirano all'allegria) senza carattere atrabilare, nè quella che si chiama ???????? e morositas, carattere acre ec. indole e costume puntiglioso,222 anzi tutte queste cose son proprie degli uomini deboli e sfortunati (e quindi con verità si attribuiscono pariticolarmente a' vecchi, massime donne), senza incontentabilità , malumore, scontentezza, senza umore soverchiamente collerico ed accensibile. La forza del corpo e dell'età e la prosperità delle circostanze, dà a questi tali tanta confidenza in se stessi, che non che cerchino o curino il favor degli altri, sono più soddisfatti di averli contrarii, e godono di riguardar gli altri piuttosto come nemici che come amici o indifferenti, ed anche di averli veramente nemici più o meno, secondo la qualità delle occasioni [3944]e la forza fisica di questi tali. La loro conversazione e compagnia e convitto, massime a lungo andare, è veramente molto difficile e dispiacevole, benchè essi sieno incapaci di tradimento, e servizievoli e benefici e compassionevoli e generosi. Essi sono, malgrado questo, poco capaci di amare, e poco fatti per essere amici, ma essi sono altresì più capaci e desiderosi di aver de' nemici, che atti ad esserlo, perchè son più buoni all'ira che all'odio, a combattere che a odiare, a vendicarsi che a perseguitare. Anzi costoro son quasi incapaci di odiare, e l'ira eziandio propriamente presa in essi è molto blanda e breve, forse perchè frequentissima.
(6. Dec. 1823.)
La memoria, l'immaginazione e oltre di queste, anche l'altre facoltà dell'animo e dell'ingegno s'indeboliscono e talora si estinguono coll'età , anche indipendentemente dalle circostanze estrinseche della vita, dall'esperienza, e dalle altre cose che influiscono sul carattere, spirito, ingegno, e lo modificano ec. Il rimbambimento de' vecchi è cosa molte volte reale, molte volte anche prematuro per malattie, che rendono radoteurs a 50 anni e poco prima o poco poi. Questi...
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