[Pagina precedente]... servitio, SENZA ALTRI VOSTRI COMMANDAMENTI era tenuto di fare. Cioè senz'alcun vostro comandamento, di proprio moto. Bernardo Tasso Lettere. Venetia 1603. appresso Lucio Spineda. Libro primo car.27. pag.2. in 8vo piccolo.
(17. Nov. 1823.)
[3886]Altrove osservo che il cul de' latini si cangia assai sovente nell'italiano in chi o cchi (o-cu-lus, o-cchi-o) o gli (pe-ri-cul-um, peri-gli-o), nello spagnuolo in i (o-cu-lus, o-j-o) nel francese in ill o il o eil o eill o ail o aill ec. (péril, abeille, vermeil, ouaille, o-cul-us, o-eil ec.). Nótisi che tali cangiamenti non sono certo direttamente stati fatti da cul, ma da cl contratto nella volgar pronunzia latina, come si vede anche non di rado nel latino illustre e scritto, massime appo i poeti; come seclum, periclum ec.
(17. Nov. 1823.)
Saltuaris, saltuarius, saltuatim, saltuensis, saltuosus da saltus us.
(17. Nov. 1823.)
Salitio voce di Vegezio dimostra l'antico supino salitum di salio pel contratto irregolare, ma solo superstite, saltum, da cui si farebbe saltio, non salitio, giacchè tali verbali son fatti da' supini o seguono la forma del supino.
(17. Nov. 1823.)
Alla p.3882. E quelli che per l'ordinario non dimostrano ingegno nè talento se non per le cose gravi e serie, allora lo dimostrano non di rado notabilissimo per lo scherzo ec. E gli uomini di talento profondo ec. ma scarsissimi o alienissimi da quello che si chiama spirito, e fors'anche tutto l'opposto che spiritosi; tardi, bisognosi di molto tempo a concepire a inventare ec. freddi, secchi ec. allor divengono spiritosissimi, prontissimi ec. E gli uomini d'ingegno riflessivo o simile, ma non inventivo non immaginoso ec. allor dimostrano e veramente acquistano per quel poco di tempo una notabile facoltà d'invenzione, immaginazione ec. ec. E così discorrendo sulle diversità dei talenti ec.
(17. Nov. 1823.)
[3887]Alla p.3856. L'Italia produsse nel 500 ec. molti capitani illustri, come il Trivulzio, il Montecuccoli ec. sia che questi servissero alle loro rispettive nazioni italiane, o ad altra nazione italiana diversa dalla propria, come la Repubblica di Venezia spesso conduceva Generali italiani d'altri stati, a comandar le sue forze di terra o di mare; o a principi stranieri, i quali in quel tempo si servirono spessissimo di Generali e uffiziali italiani pel governo de' loro eserciti, conducendoli, anche con grossi partiti, al loro servizio. Del che è curiosa a leggere un'osservazioncella di Bernardo Tasso, Lettere citate qui dietro (p.3885. fine), lib.1. car.29. e tutta quella lettera. Similmente dico de' politici e ministri ec. italiani, e negoziatori italiani ec. di quel secolo, e anche de' seguenti, fino agli ultimi tempi, in cui siamo veramente arrivati all'estremo della nullità politica, e passività, ed incapacità di ogni sorta di operazione, o certo totale inazione di fatto, sì in casa sì fuori. Come il Mazarino, l'Alberoni, il Bentivoglio, ed anche il Lucchesini ec. Il dominio della religione ai tempi passati, e fino alla rivoluzione, (benchè sempre decrescente, ma non estinto fino ad essa rivoluzione) ma specialmente prima del 600, e per conseguenza il credito, l'influenza, e l'importanza del Papa e della Corte di Roma, contribuirono grandemente, e forse, massime in certi tempi, principalmente, a tener l'Italia in azione, a darle campo di esercitarsi nella politica e negli affari, materia e modo di negoziare, importanza e peso, negoziatori, diplomatici, politici, uomini che ebbero parte attiva negli avvenimenti e ne' destini d'Europa, e i cui nomi divennero propri della storia. [3888]Sia nelle materie strettamente religiose, che allora erano strettamente legate colle politiche, e di grande importanza temporale, sia nelle materie anche puramente politiche, gl'italiani ebbero allora dalla religione grandi e continue opportunità occasioni e necessità di agire e di pensare. Quanta politica ec. non fu dovuta mettere in opera dagl'italiani nel Concilio di Trento e in tutti gli affari del Luteranismo, Calvinismo ec. Grandi negoziazioni e trattative e maneggi e grandi e gravi affari furono allora operati dagl'italiani, o da una Corte italiana, qual era quella del Papa, e da membri che ad una corte italiana appartenevano; e tra questi brillarono non pochi politici ec. Cardinali e nunzi e prelati e Vescovi ec. potenti appo i forestieri ec. Negoziazioni ec. degli stranieri appo noi, che conservavano l'uso e l'esercizio della politica e degli affari in casa nostra ec. ec. Questa causa di azione e di qualche vita per l'Italia non si ristringeva ne' suoi effetti alla sola politica, diplomatica, affari pubblici. Naturalmente i suoi effetti si stendevano a tutte le parti della società e del civile consorzio. V'era una vita in Italia. Or dunque tutte le parti della nazione e della società ne partecipavano, come suole accadere. Quindi lo splendor delle arti, le grandi imprese di edifizi ec. massime in Roma, sede della più importante politica italiana ec. la chiesa di S. Pietro, le scolture, le pitture, le poesie, le orazioni, le storie, il secolo di Leon X, la industria, il commercio ec. Massime nel 500. ma dipoi ancora, fino alla rivoluzione, [3889]Roma riunendo e ponendo in azione gli spiriti di conto sì propri, sì italiani, sì forestieri, e dando materia agl'ingegni di svilupparsi, e occasione ai già sviluppati di concorrere ad essa e quivi esercitarsi, stante l'esser sede d'importanti affari; ebbe spirito di società, e conversazioni ec. sempre decrescenti, fino ad estinguersi, ma pur non estinte affatto fino agli ultimi anni. ec. ec.
(17. Nov. 1823.)
Come altrove ho dimostrato, il solo perfetto stato di una società umana stretta, si è quello di perfetta unità, cioè d'assoluta monarchia, quando il monarca viva e governi e sia monarca pel ben essere de' suggetti, secondo lo spirito la ragione e l'essenza della vera monarchia, e secondo che accadeva in principio. Ma quando l'effetto della monarchia si riduca in somma a questo, che un solo nella nazione, viva, e tutti gli altri non vivano se non se in un solo e per un solo, e i suggetti servano unicamente al ben essere del monarca, in vece che questo a quelli, e che l'effetto e la sostanza dell'unità della nazione sia questo, che quanto essa unità è più perfetta, tanto la vita e il ben essere più si ristringa in un solo, o almeno lo spirito d'essa unità e il proposito della costituzion nazionale miri in effetto a questo fine; allora è certamente meglio qualsivoglia altro stato; perocchè senza la perfetta unità, gli uomini in società stretta non possono veramente godere del perfetto [3890]ben esser sociale, nè la nazione è capace di perfetta vita; ma egli è peggio non vivere e non essere (or la nazione sotto una tal monarchia, non è) che non vivere perfettamente e non essere perfetta. Or, come ho altresì provato altrove, non può assolutamente accadere che l'assoluta monarchia non cada nel detto stato, nè che conservi il suo stato vero per alcuna cagione intrinseca ed essenziale, e per altro che per caso, il quale è straordinariamente difficile che abbia luogo, e mille cagioni intrinseche ed essenziali alla monarchia assoluta considerata rispettivamente alla natura dell'uomo, si oppongono positivamente alla detta conservazione ec.
(17. Nov. 1823.)
?????? ??? ??? ??? ?? ???? ??? ???????? ???????? ???????? ?? ?? ????? ?????, ?????? ?? ?????????? ?? ??? ??? ???????? ??? ?????? ????????? ????? ?????, ?? ?? ??? ???????????? ??? ?????????? (Victor. splendorem et ubertatem), ?????????? ??? ?????? (scil. ??? ?????????), ??????? ????????? ??? ???????. ?O??? ??? ?? ???? ??? ????????? ??????? ??? ????? ??? ?????? ??????.???? ?? ????? ??????, ??????? ?? ???? ???????? ?????? ????? ??? ??????????? ??? ???????? ?????, ????? ?? ?????????? ??? ?????? ?????????. ??? ??? ???? ??? ?????????? ??????, ???????, ?? ?? ?????????????? ????????? ??????. Aristot. Polit. l.7. Florent. 1576. p.593. (iis quae tradita sunt ita ut satis esse possint. Victor.).
(18. Nov. 1823.)
[3891]Quelli che ci dicono che le cose di questa vita, la gloria, le ricchezze e l'altre illusioni umane, beni o mali ec. nulla importano, convien che ci mostrino delle altre cose le quali importino veramente. Finchè non faranno questo, noi, malgrado i loro argomenti, e la nostra esperienza, ci attaccheremo sempre alle cose che non importano, perciò appunto che nulla importa, e quindi nulla è che meriti più di loro il nostro attaccamento e sia più degno di occuparci. E così facendo, avrem sempre ragione, anche, anzi appunto, parlando filosoficamente.
(18. Nov. 1823.)
Il carattere ec. ec. degli uomini è vario, e riceve notabili differenze non solo da clima a clima, ma eziandio da paese a paese, da territorio a territorio, da miglio a miglio; non parlando che delle sole differenze naturali. Ne' luoghi d'aria sottile, gl'ingegni sogliono esser maggiori e più svegliati e capaci, e particolarmente più acuti e più portati e disposti alla furberia. I più furbi per abito e i più ingegnosi per natura di tutti gl'italiani, sono i marchegiani: il che senza dubbio ha relazione colla sottigliezza ec. della loro aria. Similmente gl'italiani in generale a paragone delle altre nazioni. Mettendo il piede ne' termini della Marca si riconosce visibilmente una fisonomia più viva, più animata, uno sguardo più penetrante e più arguto che non è quello de' convicini, nè de' romani stessi che pur vivono nella società e nell'uso di una gran capitale. Così discorrasi delle altre [3892]differenze ec. Gli abitatori de' monti differiscono notabilmente, se non di corpo, certo di spirito, carattere, inclinazione ec. da quelli degli stessi piani e valli lor sottoposte; i littorani da' mediterranei lor confinanti ec. ec. anche parlando delle sole differenze cagionate dalle diversità naturali de' luoghi ec. Infinito è il numero delle cagioni anche semplicemente naturali che producono differenze tra gli uomini, e queste, benchè or maggiori or minori, sempre notabili, e più notabili assai che in niun'altra specie di viventi, a causa dell'estrema conformabilità e modificabilità dell'uomo, e quindi suscettibilità di essere influito dalle cagioni anche menome di varietà, di alterazione ec. che in altri esseri o non producono niuna varietà, o piccolissima ec. Le dette cagioni di varietà s'incrociano per così dir tra loro, perchè il calor del clima produce un effetto, la grossezza dell'aria un altro contrario, e ambedue le dette cagioni s'incontrano bene spesso insieme; e così discorrendo. Esse si temperano, si modificano, si alterano, si diversificano, s'indeboliscono, si rinforzano scambievolmente in mille guise secondo le infinite diversità loro, e de' loro gradi, e delle loro combinazioni scambievoli ec. ec. e altrettante diversità, cioè infinite, e diversità di diversità, e tutte notabili, ne seguono ne' caratteri degli uomini. Queste osservazioni si applichino a quelle della p.3806-10. e a quelle sopra le differenze vere, cioè naturali, de' talenti, o innate, o acquisite e contratte [3893]naturalmente, e per cause e circostanze semplicemente naturali e indipendenti nell'esser loro dalle sociali, dagli avvenimenti ec. e che avrebbero operato ed operano per se stesse proporzionatamente anche negli uomini primitivi, ne' selvaggi ec. che operano ancora, benchè infinitamente meno, negli animali, piante ec. ec. a proporzione, e secondo la loro suscettibilità, e la qualità e il grado e le combinazioni ec. d'esse cause e circostanze ec. ec.
(18. Nov. 823.)
Tio spagn. Zio ital. ????? grec.
(19. Nov. 1823.)
A proposito del danno recato al valore dall'invenzione delle armi da fuoco, vedi il detto di Archidamo appresso il Vettori ad Aristot. Polit. l.7. Florent. 1576. p.602. il qual detto è riportato da Senofonte, s'io non m'inganno, nell'Agesilao, ed attribuito forse a costui; ovvero nella Repubbl. de' Lacedemonii. Oltre le invettive dell'Ariosto contro l'armi da fuoco in uno de' dieci primi Canti del Furioso, a proposito di Cimosco ec.
(19. Nov. 1823.)
Gli A...
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