[Pagina precedente]...le. La terminazione consonante in d frequente nello spagnuolo è rara in latino ma pur v'è, come in ad, illud, id, istud, sed ec.). Del resto anche in francese (bensì nel solo francese scritto) la terminazione in s (e a' singolari terminati in consonante, si aggiunge talvolta la es, se non m'inganno) è caratteristica del plurale (quella in x vien pure a essere in s); sicchè lo spagnuolo in questa parte non prevarrebbe al francese se non in quanto ei pronunzia sempre la s, e il francese solo talvolta, e piuttosto per accidente che per altro. Quanto all'italiano, [3820]anche nelle forme regolari delle coniugazioni, esso in molte cose [è] assai più conforme al latino che non è lo spagnuolo. V. p.e. le pag.3699-701. e la mia teoria de' continuativi dove si parla del digamma eolico in ama?i ec. E basti osservare che lo spagnuolo non ha che tre coniugazioni; l'italiano le ha tutte quattro, e tutte, in molti caratteri, corrispondenti alle rispettive latine, come negl'infiniti are, ere, ere, ire (lo spagnuolo manca del 3° e gli altri non gli ha che tronchi), e in altre cose. Anche il francese ha 4. coniugazioni, ma non corrispondono alle latine (eccetto quella in ir quanto all'infinito ec.), e la conformità del numero (cioè l'esser 4. come in latino) sembra, ed è forse, un puro caso; il che non si può certo dire dell'italiano. E quanto alla conservazione della latinità in mille e mille altre sì regole, sì voci particolari materialmente considerate, sì frasi considerate pure materialmente (chè ora parliamo dell'estrinseco), significati ed usi delle parole e frasi, anche propri originalmente o sempre del popolo e del parlato, non del solo illustre ec. dubito assai che lo spagnuolo possa esser preposto, anzi pure agguagliato all'italiano. Questa e quell'altra voce ec. sarà più latina in ispagnuolo che in italiano (così avverrà alcune volte che nello stesso francese una voce ec. sia più latina che nelle due sorelle, o in una di loro, o che queste o l'una di esse, non abbiano una voce ec. nel francese conservata, nè pertanto sarà chi dica la latinità conservarsi più nel francese che nelle sorelle, o che nell'una di esse); questa e quella voce latina resterà nello spagnuolo, e all'italiano mancherà ; ma, raccolti i conti e computati i casi contrarii, e posto tutto insieme, io credo che in tutte queste cose l'italiano soverchi lo spagnuolo di grandissima lunga.
(3. Novembre 1823.)
[3821]Diminutivi positivati. Orbiculatus, orbiculatim, reticulatus, venniculatus ec. (3. Nov. 1823.) se già non sono frequentativi di significato come altrove generalmente ho avvertito.
Alla p.3156. - quando eziandio il sentimentale di Lord Byron, quello che spetta al giuoco delle passioni, al cuore, all'espressione alla pittura all'imitazione de' caratteri e de' sentimenti degli uomini, alla scienza e considerazione dello spirito dell'uomo, dell'uomo interno ec. (del che le poesie di Lord Byron sommamente abbondano, anzi sono composte) pochissimo si communica a' lettori, e veramente è poco fatto per comunicarsi agli animi altrui. E ciò appunto perchè esso pare, e forse è, piuttosto dettato dall'immaginazione che dal sentimento e dal cuore, piuttosto immaginato che sentito, immaginato che vero, inventato che imitato o congetturato, creato che ritratto ed espresso, e insomma ha certamente più dell'immaginoso che del passionato e sentimentale, ed è per sua natura più atto e disposto ad operare sulla immaginazione che sul cuore di chi legge. E così parrebbe che Lord Byron avesse voluto, e così certo accade. E perciò il suo effetto è debole, cioè poco intimo, e quindi poco durevole, benchè possa esser fortissimo al primo tratto, il che non è incompatibile col superficiale. L'effetto delle poesie di Lord Byron, tanto e così perpetuamente ed estremamente sentimentali, l'effetto del sentimentale di esse, non è sentimentale per le dette ragioni. Or veggiamo che per ciò è poco intimo, e poco si comunica il movimento dell'autore e di esse, perchè questo non essendo quasi proprio ad agire che sull'immaginazione, l'immaginazione [3822]de' lettori oggidì è generalmente poco atta a ricevere forti, cioè intime e durevoli impressioni: il che è quello ch'io diceva, e il proposito di questo discorso. E quel movimento delle poesie e de' poeti che spetta solamente o principalmente all'immaginazione, sia che nasca da essa sola nel poeta, e in essa sola abbia avuto luogo, sia che in essa sola possa agir ne' lettori e ad essa sola comunicarsi, (questo è più probabilmente il caso nostro, perchè io credo che Lord Byron veramente senta, non solo imagini, anzi l'eccesso e la straordinaria forza e qualità de' suoi sentimenti sia quel che gli noccia) difficilmente e in piccola parte e poco gagliardamente si comunica ai lettori d'oggidì. Diversamente certo accadeva negli antichi (lo vediamo infatti anche oggi ne' fanciulli e ne' giovani ancora inesperti del mondo, o nella prima gioventù, quando ella, in pratica, ancor non filosofa, come tutti fanno nell'altre età , o dopo l'esperienza; cioè tutti oggi filosofano, quanto alla vita ec. chi in teoria e in pratica, chi in questa sola). Oggi anche gli antichi sommi poeti presto ci stancano e lasciano in secco, se e quando non sono che immaginosi, ancorchè in questo medesimo sommi, straordinarii e pieni d'arte. Le poesie di Lord Byron molto più e più presto ci stufano e lascian freddi, per la grande uniformità che vi si sente, la quale può esser vera, e nascere da mancanza della vera e sottile arte poetica (sì bene e distintamente conosciuta e sì eccellentemente e maestrevolmente praticata dagli antichi); e può anche esser che sia apparente, e nasca solo dal continuo eccesso in ogni cosa, dalla continua intensità , dal continuo risalto [3823]straordinario di ciascuna parte. Il che da un lato produce l'effetto dell'uniformità , e lo è veramente, in quanto è continuo eccesso ec. benchè variato, quanto si voglia, ne' suoi subbietti, qualità ec. Dall'altro lato stanca come l'uniformità , perchè troppo affatica gli animi, che ben tosto non possono più tener dietro all'entusiasmo del poeta, come la vista presto si stanca di colori tutti vivissimi, benchè e belli e varii; e perchè il molto ed ??????, sia pur bonissimo, presto sazia; come chi bee ad un tratto un boccale di liquore, ha subito estinta la sete, nè perchè tu gli offra altro liquore diverso e squisitissimo, ha voglia di gustarlo, ma egli ha perduto per allora la facoltà di provar piacere dal bere, e da' grati liquori. Come nel corpo così nell'animo la facoltà la virtù di provar piacere è scarsa; bisogna risparmiarla, o ch'ella è ben tosto esaurita. Il corpo e l'animo cede e vien meno al soverchio piacere, come al soverchio dolore. Ben rare sono le cose piacevoli, e i piaceri ben piccoli. Ma fossero pur frequentissimi e grandissimi. Nè il corpo nè l'animo umano hanno la forza di goder più che tanto, e anche indipendentemente dall'assuefazione che rende indifferenti le sensazioni da principio piacevoli o dolorose, anche restando ai piaceri e ai dolori la lor forza, manca all'uomo la facoltà di sentirli, se e' son troppo grandi, o se son troppi ec. La facoltà di soffrire è assai maggiore nell'uomo. Pur se il dolore è soverchio, nè il corpo nè l'animo umano non è capace di sentirlo, e non soffre, o per poco spazio, dopo il quale la sua facoltà di soffrire vien meno. L'uomo non può molto godere, non solo perchè pochi e piccoli sono i piaceri, [3824]ma anche rispetto a se stesso, perchè egli è molto limitatamente capace del piacere, e quegli stessi che vi sono, così piccoli e pochi, bastano a vincere di gran lunga la sua capacità . Bacco e Venere sono piaceri, ma l'uomo dopo un quarto d'ora ec. diviene incapace di gustarli, e soccombe alla loro forza niente meno che a quella de' tormenti e de' morbi.
(3. Nov. 1823.)
Somma conformabilità dell'uomo ec. Tutto in natura, e massime nell'uomo, è disposizione. ec. Straordinaria, ed, apparentemente, più che umana facoltà e potenza che i ciechi, o nati o divenuti, hanno negli orecchi, nella ritentiva, nell'inventiva, nell'attendere, nella profondità del pensare, nell'apprender la musica ed esercitarla e comporne ec. ec. Similmente dei sordi nell'attenzione, nella contenzione e concentrazione del pensiero, nell'imparar cose che paiono impossibili ai sordi nati, fino a leggere, a scrivere, a parlare fors'anche ec. come nelle scuole de' sordi muti ec. Le quali straordinarie potenze delle parti morali, che si scuoprono nell'uomo per la sola forza delle circostanze, e talora in un individuo medesimo che dapprima non le aveva, come in uno divenuto cieco a una certa età , ec.; sono analoghe a quelle, altrettanto straordinarie, delle parti fisiche, occasionate pur dalle sole circostanze, e che in tanto si credono possibili fisicamente all'uomo, in quanto solamente si vede in fatti qualche individuo che per forza delle sue circostanze, è giunto a possederle. Come quello che nato senza braccia, suppliva co' piedi a tutte le funzioni delle mani, fino alle più squisite. Delle quali potenze niuno pure immagina che l'uomo e le rispettive sue parti morali [3825]o fisiche sieno in alcun modo capaci, se non vede o non conosce i fatti a uno per uno. Così dico di centomila altre facoltà straordinarie morali o fisiche possedute oggi o ne' tempi addietro da individui, o da razze, o da nazioni particolari, per sola forza di circostanze, o di esercizio, o di costumi ec. Come son quelle de' giocolieri indiani, ed eran quelle de' giocolieri messicani ec. de' nostri saltatori, giuocatori di forze, ed anche di lestezza di mano ec. E quel che dico delle facoltà dicasi ancora delle qualità straordinarie morali o fisiche, de' costumi, delle abitudini d'ogni sorta ec. straordinarie, o che a noi son tali ec.
(4. Nov. 1823.)
Non solamente in italiano e in francese ec. (come in châtelet) si diminuiscono i diminutivi positivati, come ho detto altrove, venuti dal latino o no, positivati nel latino o nelle lingue moderne ne ec.; ma eziandio nel latino medesimo, come flabellulum, s'è vera voce, e credo altre parecchie.192 Del resto anche i diminutivi non positivati si tornano a diminuire talvolta in latino come in italiano ec. s'io non m'inganno. Puella, benchè sia voce esprimente una cosa piccola e da vezzeggiare ec. pur è un diminutivo positivato in quanto restò solo in uso in vece dell'antiquato suo positivo puera, di cui v. Forcell. E puella si diminuisce in puellula.
(4. Nov. 1823.)
Alla p.3757. Dagli altri supini, si fanno, ma son più rari, mutato l'um in ibilis, come da flexum flexibilis, inflexibilis, ec. passibilis ec. sensibilis, insensibilis ec. Nel latino barbaro, e nelle lingue moderne s'usa di far tali verbali [3826]allo stesso modo da' supini in tum impuro, cioè sostituendo all'um l'ibilis, come fattibile, perfettibile, indefettibile, ec. da perfectum, defectum, factum. Ma non così in latino buono, o seppur v'avesse qualch'esempio simile, sarebbe de' tempi più moderni ec. I buoni latini avrebbero detto facibilis da facitum, come anche noi diciamo concepibile inconcepibile ec. (concevable ec.) da concepitum, mentre però diciamo percettibile impercettibile ec. da perceptum; e diciamo reperibile da reperitum, non repertibile da repertum ec. Regolarmente e primitivamente niun supino latino finisce in tum impuro. Sicchè questa formazione non è latina. V. p.3904.3928.
Del resto, queste osservazioni sopra la formazione de' verbali in bilis servono anch'esse a confermare le nostre proposizioni circa l'antico e regolare stato de' supini, sì in generale, sì per ciascuno di tai verbali in particolare, cioè di quelli che fanno al proposito ec.
(4. Nov. 1823.)
Alla p.3688. fine. Come il significato di ???? abbia a fare con quel di nosco, vedi i Lessici. E in ogni modo o che nosco fosse da ??????, o che sia da ????, sarebbe la stessa cosa, quanto alla ragion del significato ec. perchè ???? e ?????? sono lo stesso verbo. E ????????, che vale nosco, vien certamente da ?????? ec.
(4. Nov. 1823.)
Reperito da repe...
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