[Pagina precedente]...data sopra il più certo ed intimo e spontaneo senso, ed autenticata dalla più chiara e sincera e manifesta voce della natura; e mai non deporranno questa credenza. Perocchè [3806]tutti gli uomini che di queste cose possono discorrere o pensare in qualsivoglia modo, filosofi o non filosofi o plebei, sono nati, allevati, formati e vissuti sempre nella società e nelle assuefazioni ad essa appartenenti. Onde, non veramente per prima natura, ma per seconda natura, essi sono tutti in verità esseri sociali, ed a cui la società è propria e necessaria. E s'alcuno è nato e cresciuto fuori della società esso non discorre nè pensa di queste cose, o non prima che la società e le sue assuefazioni, coll'abitudine, gli si sieno convertite in natura. Sicchè nel creder l'uomo naturalmente sociale, e fatto per la società , e di lei bisognoso assolutamente, e la società natural cosa e indispensabile all'uomo, i saggi e gl'idioti, i civili e i barbari, gli antichi e i moderni, e tutte le diversissime nazioni e tutte le classi dissimilissime di persone, consentono insieme e consentirono e consentiranno forse più interamente, fortemente, costantemente e per più lungo tempo, che non fecero non fanno e non sono per fare intorno ad alcun'altra quistione speculativa. Ma questo consenso quanto vaglia a dimostrar la proposizione da lui favorita, le cose sopraddette il deggiono fare giustamente e adeguatamente estimare.
Amongst unequals no society, dice Milton, cioè fra disuguali non è società ec. ec. Or quello che si suol dire dell'amicizia e delle secondarie società fra gli uomini, io lo trasporto, e dee parimente valere circa la società del genere umano generalmente [3807]considerata.190 Di tutte le specie d'animali (così degli altri esseri) l'umana è quella i cui individui sono, non solo accidentalmente, ma naturalmente, costante e inevitabilmente, più vari tra loro. Come l'uomo è di gran lunga più conformabile d'ogni altro animale, e quindi più modificabile, ogni menoma circostanza, ogni menomo accidente (sia individuale, sia nazionale ec. sia fisico sia morale ec.) basta a produrre tra l'uno uomo e l'altro (e così fra l'una nazione e l'altra) notabilissime diversità . E come è assolutamente inevitabile la menoma varietà delle menome circostanze e accidenti, così è inevitabile la diversità degli umani individui ec. che ne deriva. Inevitabile si è l'una e l'altra in tutte le specie di animali, ma la seconda è molto maggiore nell'uomo perchè dal poco diverso nasce in lui il diversissimo, stante la sua somma modificabilità estremamente moltiplice, e la somma delicatezza e quindi suscettibilità della sua natura rispetto agli altri animali, come si è detto. Nel modo che la specie umana è divenuta, per la sua conformabilità , più diversa da tutte l'altre specie animali e da ciascuna di loro, che non è veruna di queste rispetto ad altra veruna di esse; e nel modo che l'uomo nelle sue diverse età , e in diversi tempi, anche naturalmente, è più diverso da se medesimo che niuno altro animale; più diverso l'uomo giovane da se stesso fanciullo, che non è niuno animale decrepito da se stesso appena nato; tanto che un uomo in diverse età o in diverse circostanze naturali o accidentali, locali, fisiche, morali, ec. di clima ec. native, cioè di nascita ec. o avventizie ec. volontarie o no ec. appena si può dire esser lo stesso [3808]uomo, ed il genere umano universalmente in diverse età , o in diverse circostanze naturali o accidentali, locali ec. appena si può dire esser lo stesso genere; nel modo stesso gl'individui di nostra specie sono per natura di essa specie molto più vari tra loro che non son quelli di verun'altra. Ciò accade ancora, ed inevitabilmente, e naturalmente, nell'uomo naturale, nel selvaggio ec. Onde anche considerando l'uomo in natura, si può, eziandio per questa parte, conchiudere che la sua specie è meno di verun'altra, disposta a società , perchè composta d'individui naturalmente più diversi tra loro, che non son quelli d'altra specie veruna. Ma come la società introduce e porta al colmo tra gli uomini quella disuguaglianza che si considera negli stati, nelle fortune, nelle professioni ec. così ella accresce a mille doppi, promuove inevitabilmente e porta per sua natura al colmo la diversità sì fisica sì morale, di facoltà , d'inclinazioni, di carattere, di forze, corpo ec. ec. degl'individui, delle nazioni, de' tempi, delle varie età di un individuo ec. ec. Ella accresce le diversità naturali ed ingenite di uomo ad uomo, ed altre infinite e grandissime che nello stato naturale dell'uomo non avrebbero avuto luogo, necessariamente e per sua natura ne introduce e cagiona. Ella distrugge mille conformità e somiglianze naturali di uomo ad uomo. La natura è un canone generale e costante, indipendente dall'arbitrio, poco soggetta agli [3809]accidenti (rispetto alla dipendenza che hanno dagli accidenti e circostanze le opere ec. dell'uomo), una da per tutto, una sempre rispetto a ciascuna specie, consistente in leggi certe ed eterne, ec. La società , opera dell'uomo, dipendente dalla volontà che non ha niuna legge certa, altrimenti non sarebbe volontà , arbitraria, incostante, varia secondo gli accidenti e le circostanze de' tempi, de' luoghi, de' voleri, delle mille cose che la cagionano e che determinano la sua forma e il modo del suo essere, non è una in se stessa, perchè ha avuto ed ha necessariamente infinite forme, e queste sempre variabili e variate; non è una in nessuna delle sue forme, perchè in ciascuna di queste v'ha mille varietà che diversificano l'una dall'altra necessariamente le parti che la compongono, chi comanda da chi ubbidisce, chi consiglia da chi è consigliato, ec. ec. Nella società l'uomo perde quanto è possibile l'impronta della natura. Perduta questa, ch'è la sola cosa stabile nel mondo, la sola universale, o comune al genere o specie, non v'ha altra regola, filo, canone, tipo, forma, che possa essere stabile e comune, alla quale tutti gl'individui agguagliandosi, sieno conformi tra loro ec. ec. La società rende gli uomini, non pur diversi e disuguali tra loro, quali essi sono in natura, ma dissimili. Onde anche per questo argomento si conchiude che l'essenza e natura della società , massime umana, contiene contraddizione in se stessa; perocchè la società umana naturalmente distrugge il più necessario elemento, [3810]mezzo, nodo, vincolo della società , ch'è l'uguaglianza e parità scambievole degl'individui che l'hanno a comporre; o vogliamo dire accresce per proprietà sua la naturale disparità de' suoi subbietti, e l'accresce tanto che li rende affatto incapaci di società scambievole, di quella medesima società che gli ha così diversificati, anzi d'ogni società , anche di quella che per natura sarebbe stata loro e possibile e destinata e propria; insomma, per tornare al principio di questo discorso, rende i suoi soggetti quali son quelli tra' quali naturalmente no society, anzi fa più, perchè se la società , secondo Milton, è impossibile tra disuguali, essa li rende dissimili. E in verità niuno animale meno che l'uomo ha ragion di chiamare suoi simili gl'individui della sua specie, nè ha più ragione di trattarli come dissimili, e come individui di specie diversa. Il che egli non manca di fare. E il farlo, com'ei lo fa ordinariamente, massime nella società , è ben prova effettiva del sopraddetto ec. ec.
(25-30. Ottobre. 1823.)
Vomito as da vomo is itum. Arguto as e argutor aris da arguo is utum, o dall'aggett. argutus, che di là viene ec. V. Forcell. e i due pensieri seguenti.
(31. Ott. 1823.)
Participii in us di verbi attivi ec. in senso attivo, transitivo o no ec. V. Forcellini in Odi isti osus, Exosus, Perosus ec. e in Argutus.
(31. Ott. 1823.)
Veri participii passati poi in aggettivi ec. Argutus.
(31. Ott. 1823.). V. il pensiero precedente.
[3811]Nomi in uosus ualis ec. V. Forcell. in Cornuatus, cornuarius.
(31. Ott. 1823.)
Diminutivi positivati. Cornacchia (poet. cornice), corneja, corneille, per lo positivo cornix. Cornicula è di Orazio. V. Forcell. in Corniculans e corniculatus da corniculum diminutivo di cornu, e la Crusca in cornicolare, cornicolato, corniculato ec. A quel che si è detto altrove di flagellum aggiungi il verbo da lui fatto, cioè flagello as, mentre da flagrum non si disse flagrare. Vero è che flagrum si crede anzi derivato da flagrare ardere ec. Da flabellum flabellare, ma non da flabrum flabrare, il qual verbo, seppur esiste, è in altro senso ec.191
(31. Ott. 1823.)
Alla p.3797. marg. Cioè mentre la pigrizia e l'ignoranza dell'agricoltura ec. impediva loro o rendeva difficile il sostentarsi sufficientemente de' frutti della terra; la pigrizia e la codardia e la mancanza d'armi sufficienti l'affrontare o l'inseguire, il domare o il raggiungere gli animali più veloci o più forti dell'uomo, o più veloci e forti insieme, o anche altrettanto veloci e forti ec. ec.
Alla p.3666. Provano l'unicità di origine nel genere umano le conformità di tradizioni, di religioni, di opinioni non naturali, di mitologie, dì certe usanze, di certi dogmi, riti ec. conformità e corrispondenze che si trovano fra popoli del cui scambievole commercio non si ha memoria alcuna (fino agli ultimi momenti) nè se ne vede il come, in popoli affatto disgiunti dagli altri, come in isole remotissime ec. recentemente scoperte, e non mai, a memoria alcuna d'uomini, per l'avanti calcate da forestieri, e in cui tutto dà a vedere che non mai furono calcate da forestieri; [3812]conformità , corrispondenze, e unicità o medesimezze di origine ora più ora meno patenti, ora più ora meno svisate, lontane, leggere e difficili a riconoscersi, com'è naturale in tanti secoli e tanta diversificazione accaduta ne' vari popoli, ma non però men vere, nè meno atte a dimostrare il nostro proposito, (poichè basta una menoma conformità , la quale non possa essere o non si possa credere accidentale, a provare l'unicità e medesimezza dell'origine ec.) e molte volte incontrastabili ec. Come son quelle che i critici hanno riconosciuto, e vengono sempre più riconoscendo tra la mitologia ec. indiana e la greca ec. tra l'egiziana e la greca ec. e quelle di moltissime altre nazioni antiche ec. V. Annali di Scienze e lettere di Milano. Gennaio 1811 num.13. vol.5. p.37. ec. Dove troverai osservazioni concorrenti a dimostrare l'unicità dell'origine di molti popoli la cui unica radice è generalmente sconosciutissima. Or da questa unicità , e da quella di altri ivi mentovati, che si dicono di altra origine dai primi ma comune tra loro (benchè parimente sogliano essere reputati diversissimi di radice), si può, se non istoricamente e per certe dimostrazioni o congetture critiche, ben però filosoficamente argomentare la più remota unicità dell'origine sì de' secondi popoli rispetto ai primi, sì di tutti i popoli insieme. Alcuni popoli si diramarono e divisero in tempi a noi più prossimi o di cui ci restano più monumenti e più noti. Questi popoli son tenuti generalmente per conformi di origine. Altri in tempi più remoti e di cui ci restano meno o men noti monumenti, furon tutt'uno. Questi non son tenuti per conformi di origine se non da' più dotti. Così salendo, si argomenta che anche [3813]dove l'unicità dell'origine non può (almen finora) per niun modo apparire, ella non è per tanto men vera, benchè non apparisca o per maggior lontananza de' tempi, o per mancanza o scarsezza o oscurità o poca cognitezza di monumenti ec. Il filosofo da' particolari inferisce i generali, da' simili i simili, dal noto l'ignoto, e se neppure il critico, molto meno il filosofo ha bisogno di mostrar co' fatti ogni particolare, ovvero ogni generale con fatti generali o con tutti i particolari che cadono sotto quel tal generale ec. ma spesso e bene dimostra co' particolari il generale, e non con tutti i particolari, ma con alcuno, e i particolari con altri particolari o col generale ec.
(31. Ott. 1823.)
L'amor della vita, il piacere delle sensazioni vive, dell'aspetto della vita ec. delle quali cose altrove, è be...
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