[Pagina precedente]...atto nosco ma nisco. Veggasi la p.3709. fine- 10. principio. 2. No non avrebbe fatto nel preterito novi ma ni (o per duplicazione neni), come suo sui, luo lui ec. Noo bensì doveva far noi, come suo sui ec. (p.3731. seg.3706. marg.), poi per evitar l'iato fece novi, come amai amavi, docei docevi, [3757] lui luvi ec. (p.3706.3732. V. Forc. in luo verso il fine). 3. Così no non avrebbe fatto notum ma nitum.183 Nè questo si sarebbe mai mutato in notum, nè ni o neni in novi. Bensì noi in novi nel modo detto; e in notum il regolare noitum di noo (p.3708. marg.3731-2. 3735.). Anche Nomen, agnomen, cognomen ec. vien da noo, e serve a mostrare, primo, noo non no (onde sarebbe nimen, come da rego, regimen ec.); secondo, noo da cui esso viene, non da nosco, checchè dica il Forc. in nomen, princip. e quivi Festo ec. 4. Nobilis non potrebbe venir da no. Bensì da noo. Perocchè i verbali in bilis nel buon latino non si fanno se non da supino in tum (o partic. in tus), e non da altri, mutato il tum (o tus) in bilis. V. p.3825. Bensì tali supini (o participii) non sono sempre noti, ma dato il verbale in bilis, e' si possono conoscere mediante l'analogia e la cognizione dell'antichità e della regola della lingua latina, le quali anche da se li possono mostrare, e il verbale in bilis li conferma, sempre ch'egli esista. P.e. Docibilis è da doci-tum. Questo supino già lo conoscevamo per altra via, benchè inusitato, cioè per altri argomenti ec. Il verbale docibilis lo conferma. Immarcescibilis da marcescitus inusitato. Già abbiam detto e sostenuto che il proprio participio [3758] o supino de' verbi in sco era in scitus. Eccone altra prova in marcescitum di marcesco (che ora non ha o non gli s'attribuisce supino alcuno) dimostrato da immarcescibilis. Solu-tum, volu-tum, solu-bilis, volu-bilis ec. Labilis, nubilis, habilis ec. sono dai regolari, veri ed interi, benchè inusitati supini, labitum, nubitum, (habitum è usitato, anzi solo usitato, ma non è il primitivo) ec., secondo la regola, fuor solamente ch'e' son contratti da labi-bilis, nubi-bilis per effetto di pronunzia accelerata o confusa ec. o per evitare il cattivo suono ec.184 Or dunque da no nitum avremmo nibilis. Nobilis non può essere che da no-tum, gnobilis da no-tum o da gnotum, ignobilis da no-tum o gno-tum o igno-tus o gnobilis o nobilis. Ovvero nobilis ec. sono contrazioni di noibilis come notum lo è di noitum. Vedi la pag.3832. fine.
Secondo queste osservazioni, nobilis, gnobilis, ignobilis confermano l'esistenza di un verbo originario di nosco, al quale è chiaro ch'essi hanno attinenza; ma se venissero da nosco farebbero noscibilis ec. da noscitum, ed anche il Forc. che certo non aveva osservata la formazione de' verbali in bilis da' supini in tum, pur vide che nobilis era quasi noscibilis (vedilo in [3759] nobilis princip. dove ha vari spropositi, secondo le nostre osservazioni). Nè da noscibilis sarebbe stata punto naturale nè latina la contrazione in nobilis ignobilis ec. V. ignoscibilis, antica voce, nel Forc. la quale conferma il supino noscitum, secondo le presenti osservazioni, e che da nosco si sarebbe fatto noscibilis, non nobilis, come anche da marcesco immarcescibilis, non immarcibilis ec. V. anche nel Forc. noscibilis, agnoscibilis ec. irascibilis. Del resto nobilis, gnobilis ec. sono voci antichissime, onde ben poterono venire dall'antichissimo e poscia inusitato noo.
Possibilis (e impossibilis, possibilitas ec.) dimostra possitus, e quindi il participio o supino situm di sum, confermando il detto da noi in proposito di sto, come potens dimostra il participio sens (pag.3742-4.).
Del resto noo, poo e simili andarono presto in disuso probabilmente per il cattivo suono di quel doppio o l'un dietro l'altro, onde si preferì l'uso de' verbi lor derivati, i quali restarono, e quasi o senza quasi nel senso degli originarii (massime nosco e composti ec.), o anche [3760]in esso senso ec. Nosco però non restò tutto, nè noo perì tutto, ma ne restò novi e notum ec. insomma una gran parte (dove non aveva luogo, o n'era stato scacciato, il cattivo suono), la quale supplì ai mancamenti e perdite sofferte dal derivato ec. Così di poo restò potus, epotus, potum, poturus ec. anche più usati di potatus ec., e potus sum ec.
(22. Ott. 1823.). V. p.3850.
Niente d'assoluto. Qual cosa par più assoluta e generale, almen fra gli uomini, di quello che la corruzione sia nauseosa? Or le sorbe e le nespole, perocchè nello stato che per loro è vera maturità e perfezione, per noi non son buone a mangiare; bensì nello stato che per loro è vera, non pur vecchiezza, ma morte e corruzione; perciò mezze e corrotte si mangiano. - Lo schifoso è interamente relativo. La lumaca non fa schifo a se stessa. Non è schifoso a noi quello che in noi, o da noi uscito o prodotto ec. è schifoso agli altri. Il porco si diletta di ravvolgersi nel fango e lordure ec. E quanti uomini trattano e amano, e mangiano e gustano ec. [3761]cose che agli altri (a tutti o a più o ad alcuni, nella stessa nazione o in diverse) riescono schifosissime. - La sorba, la nespola, secondo noi, è perfetta quando è corrotta, misurando noi la perfezione di queste, come d'infinite altre cose, dall'uso nostro ec. Ma chi non vede che questa perfezione è al tutto relativa? e relativa a noi soli, anzi al solo uso del nostro palato e stomaco, ed in quanto la sorba è atta a divenirci una volta cibo, cosa a lei affatto accidentale ed estrinseca? E che la sorba non ne è perciò meno corrotta e degenerata? nè, per se stessa e per sua natura, meno perfetta allor quando ec. e non in altro tempo ec.
(23. Ott. 1823.)
Si può applicare all'uomo in generale avendo riguardo alle illusioni e al modo in che la natura ha supplito coi felici errori ec. alla felicità reale, anzi può applicarsi ad ogni genere di viventi, quel verso del Tasso (Gerus. I. 3.) E da l'inganno suo vita riceve.
(23. Ott. 1823.)
Forte, fortemente, fort, force ec. per molto, molti ec. ?????. Vedi lo Scapula, e Arriano nell'Indica e nella Spediz. d'Alessandro ec. E nótisi che ????? per valde mostra d'essere antichissimo, ond'egli è poetico piucch'altro ec. V. Forcell. Gloss. Diz. franc. spagn. ital. Anche i latini vehementer, vehemens ec. E valde è contrazione di valide ec. Onde nelle lingue moderne dicendo fortemente per valde si conserva la etimologia di questa parola ec.
(23. Ott. 1823.)
A quello che altrove185 ho detto di dompter da domitare, aggiungi promtus e promptus, promsi e prompsi, [3762] promtum e promptum, demsi e dempsi, demtum e demptum, temptare per tentare (v. Forcell. e il Cod. Cic. de republ. col Conspectus Orthograph. del Niebuhr), comsi e compsi, comptum e comtum, comptus e comtus, compte e comte, ec. ec. V. Forcell. I francesi scrivono anche domter domtable ec. e forse oggi più frequentemente. Il Richelet non ha che domter, l'Alberti che dompter. Vedi il Richelet in Compte, compter ec. che scrivevasi ancora, com'egli dice, comter, comte ec. Notisi peraltro che compter ec. viene da computare, sicchè il p vi è naturale e non ascitizio come in dompter ec. Infatti oggi i francesi, i quali scrivono Comte (da comes itis), comtat ec. scrivono sempre, ch'io sappia, compte da computus, compter ec.
(23. Ott. 1823.)
A proposito di sylva da ???, del che altrove. Sulla e Sylla, Symmachus e nel Cod. Ambros. delle Orazioni Summachus costantemente. V. Forcell. ec.
(23. Ott. 1823.)
Chi vorrà credere che apto ed ???? (de' quali altrove) essendo gli stessissimi materialmente, e significando propriamente la stessissima cosa, non abbiano a far nulla tra loro per origine ec. converrà supporre un'assoluta casualità che troverà pochi fautori ec.
(23. Ott. 1823.)
Alla p.2657. marg. E se in Italia, in che parte, (avendo noi tanti e sì diversi dialetti), come ne' paesi ove la pronunzia tien più dello straniero, ne' paesi di confine, nel Piemonte (ove forse è probabile che sia stato scritto il [3763]Cod. de rep. e così di Frontone ec.) nell'alta Lombardia e Venezia, o generalmente nella Lombardia o nel Veneziano. E se nel cuor d'Italia, ed anche in Roma, a che tempo, come ne' vari tempi che vi furono più stranieri, e più influenti ec. E finalmente da chi, se da italiani o stranieri, e italiani di che parte d'Italia, e di buona pronunzia o cattiva, e periti dell'ortografia o no, e vissuti fra gli stranieri o no ec. ec. (23. Ott. 1823.). Puoi vedere la p.3754.
Alla p.3692. Aggiungasi che scivi scitum di scisco, e de' suoi composti (ascitum, conscitum, plebiscitum) ec. hanno tutti l'i lungo. Or la desinenza in itum è affatto improprissima de' verbi della terza. (Lascio quella in ivi, che n'è parimente impropria, ma altresì quella in ivi il sarebbe). Che segno è questo, se non che scitum grammaticalmente non è di scisco, ma di scio, di cui, come verbo della 4. è propria e debita peculiarmente la desinenza del supino in itum? Così dicasi di qualunqu'altro verbo in sco che sia fatto da un verbo della quarta, noto o ignoto: che se tal verbo in sco ha supino, o se gli si attribuisce, esso è certamente in itum, e però è certamente tolto in prestito dal suo verbo originale, il quale, se non esiste, da ciò n'è dimostrato ec. E può vedersi la p.3707. fine 08. principio.
(23. Ott. 1823.)
[3764]Necessità di nuove o forestiere voci, volendo trattar nuove o forestiere discipline. Impossibilità e danno del mutare i termini ricevuti in una disciplina che da' forestieri sia stata trovata, o principalmente coltivata, o trasmessaci ec. di sostituire cioè altri termini a quelli con che i forestieri che ce la tramettono, sono usi di trattare quella disciplina, quando bene fosse facile alla nostra lingua il trovar termini suoi, novi o vecchi, da sostituir loro, anzi quando ella già ne avesse degli altri (sian termini sian vocaboli) con quel medesimo significato ec. V. Speroni Dial. della Retorica, ne' suoi Diall. Venez. 1596. p.139. a dieci pagg. dal principio, e 23. dal fine.
(23. Ott. 1823.)
Gli spettacoli gladiatorii, così sanguinarii ec. appartengono a quel diletto delle sensazioni vive, di cui dico in tanti luoghi. (23. Ott. 1823.). Così le cacce di tori ec. ec.
Disperser da dispergo-dispersus.
(24. Ott. 1823.)
Ai verbi diminutivi o frequentativi italiani da me altrove raccolti, aggiungi per esempio di quelli in olare, crepolare da crepare, screpolare ec.
(24. Ott. 1823.)
Quaero is, quaesitum e itus. Perchè dunque da queror, questus, ch'è verbo differente sol d'una lettera nella scrittura, e di nulla nella pronunzia? E da quaesitum e quaesitus che pur restano e son fuori di controversia, [3765]e non si potrebber dire altrimenti, abbiamo quaestus us e quaestor ec. ec. L'uso dunque delle contrazioni de' supini che altrove in tanti luoghi io suppongo, è evidente; perocchè qui restando il supino e il participio intero, le voci quindi formate sono, le più, contratte al modo appunto degli altri supini e participi ec. i quali molte volte per lo contrario son dimostrati da voci derivate o affini ec. non contratte. Come qui vale l'argomento da quaesitum a quaestus us ec. così dovrà valere ne' casi contrarii ec.
(24. Ott. 1823.)
Alla p.3557. principio. L'aspetto della debolezza riesce piacevole e amabile principalmente ai forti, sia della stessa specie sia di diversa. (forse per quella inclinazione che la natura ha messa, come si dice, ne' contrarii verso i contrarii). Quindi la debolezza in una donna riesce più amabile all'uomo che all'altre donne, in un fanciullo più amabile agli adulti che agli altri fanciulli. E la donna è più amabile all'uomo che all'altre donne, anche pel rispetto della debolezza ec. Ed all'uomo tanto più quanto egli è più forte, non solo per altre cagioni, ma anche per questa, che l'aspetto della debolezza gli riesce tanto più piacevole, quando è in un oggetto altronde amabile ec. Ed anche per questa causa i militari, e le [3766]nazioni militari generalmente sono più portate verso le donne, o verso ?? ????????ec. (V. Aristot. Polit. 2. Flor. 1576. p.142.). Le cose de...
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