[Pagina precedente]..., e proprio, ma diverso da quel che hanno oggi (se l'hanno), e diverso da quel che conviene o converrebbe a' lor verbi originali, e da quel d'essi verbi (se esistono ed hanno perfetto e supino), e regolare ec. come s'è dimostrato con noscitus, nascitus ec. p.3690.3692.3758. Siccome pur n'è una gran prova, che tutti i verbi in sco i cui originali si conoscono, se hanno perfetto e supino (o l'un de' due solamente come spesso accade) che per significato sia loro, o che da' grammatici lor venga attribuito, questo perfetto e questo supino non è mai, quanto alla material forma, diverso nè altro da quello de' detti originali, di qualunque coniugazione si sieno questi ultimi. La quale osservazione conferma l'altra parte della mia proposizione (anzi la dimostra, si può dire, affatto), cioè che tutti i perfetti e supini dei verbi in sco che gli hanno, [3726]o a' quali i grammatici n'attribuiscono, sieno tolti in prestito da' verbi originali (ne' quali essi sarebbero o sono regolari ec. laddove in essi nol sono), noti o ignoti che sieno questi verbi. Giacchè da quello che accade universalmente sempre che i verbi originali son noti, ben si argomenta quello che dovette accadere quando e' sono ignoti, e che benchè ignoti oggidì, esistessero una volta ec. Perchè insomma i verbi in sco o non hanno perfetto nè supino alcuno, o tale che ad essi grammaticalmente non conviene, ma ben converrebbe a un verbo loro originale, e se questo verbo si trova, il perfetto o supino del verbo in sco (che ne abbia) è sempre materialmente lo stesso.
Del resto per verbo originale intendo un tema non in sco che abbia dato origine al verbo in sco o immediatamente o mediatamente. P.e. trovandosi il verbo reminiscor non è bisogno supporre l'originale remeno immediato: basta il mediato meno, di cui già s'ha notizia più particolare, anzi degli avanzi. [3727]Trovandosi dignosco, non è bisogno supporre il verbo originale immediato dignoo o digno: basta il mediato no o noo o gnoo; ovvero il verbo nosco che da lui nasce, dal quale senz'altro potè per composizione esser fatto il verbo dignosco e cognosco ec. ec. (p.3709.) e probabilmente così fu.
(18. Ott. 1823.)
Alla p.3695. E quanto a nosco, non solamente ne' suoi composti, ma eziandio nel semplice si trova il g. V. Forcell. in gnosco, gnobilis ec. Del resto il vedere che questo g protatico è d'uso non men proprio latino che greco, servirà di risposta a chi dal trovarlo nel semplice e ne' composti di nosco, come nel greco ???? e ???????? ec., volesse dedurre che nosco deve essere immediatamente di origine greca, e fatto da ?????? ec. contro il detto a p.3688. Qual sia poi l'origine in generale dell'uso del g protatico appo i latini, o venuto dagli Eoli, o da un fonte comune a questi e a quelli ec. nulla importa al nostro caso. E ben poterono i latini antichi per un uso ricevuto dagli [3728]Eoli, e quindi d'origine greca, preporre (o interporre) il g a voci d'altronde non per tanto affatto latine, o vogliamo dire non greche, come si vede infatti che fecero in adgnascor ec. (la qual voce nascor si dimostra anche affatto propria latina per le cose dette a p.3688-9. nello stesso modo che nosco) ec. ec.
(18. Ott. 1823.). V. p.3754.
Alla p.3390. Anche ne' nostri più antichi, cioè ne' trecentisti e così in que' del 500 che più gl'imitano, o in quanto egli adoprano le voci antiquate (come spesso il Davanzati e altri assai), e fors'anche ne' ducentisti si trovano moltissime parole spagnuole, oggi fra noi disusate affatto, o rare più o meno, e tra gli spagnuoli ancora correnti e usuali, o ancor fresche più o meno; le quali anche chi sa spagnuolo e italiano, non sa che sieno o sieno state comuni ad ambe le lingue, e trovandole ne' nostri antichi se ne maraviglia, perchè son prettissime spagnuole. Queste o furon tolte dallo spagnuolo (forse per mezzo de' provenzali ch'ebbero [3729]a fare coi catalani, ec. e ne presero e dieder loro voci e modi e poesia e stile e metri ec. ec.: v. Andres); o forse più probabilmente vengono dalla comun fonte d'ambo gl'idiomi, o ciò fosse il latin volgare, o qualchessia altra delle tante secondarie che diedero de' vocaboli alle nostre lingue, potendo essere che da una di queste le ricevesse sì l'Italia, come la Spagna indipendentemente l'una dall'altra. P.e. da' provenzali ec. ec. Del resto lo stesso ci accade di vedere ne' nostri antichi rispetto alle parole e frasi francesi ec. Ma quanto a queste le cagioni parte son note, parte l'ha spiegate Perticari nell'Apologia. V. p.3771. e già fur propri italiani (senza esser punto presi dalla Spagna), indi passarono in disuso, mentre in Ispagna si conservano ancora: e chi sa che questa non li ricevesse originariamente dalla lingua italiana. Come che sia, tali voci (o frasi ec.) appo i nostri antichi non hanno punto del forestiero, se non per chi sappia che or sono spagnuole, e sia avvezzo a sentirle, leggerle, parlarle nello spagnuolo, e di là le creda venute ec. ma per se stesse hanno tutta l'aria naturale.
Molte ancora delle voci, frasi ec. spagnuole che si trovano ne' cinquecentisti (e anche secentisti) italiani, ed ora son fuor d'uso, è probabilissimo che nè allora fossero antiquate e prese da autori del 300 ec. ma usitate ancora (il che è facile a vedere, se ne' trecentisti non si trovano, i quali erano forse meno [3730]studiati, (fuor de' tre grandi) e certo in assai minor numero noti ed editi, che oggidì, sicchè gli scrittori del 500 o 600 non potessero conoscerne quello che noi non ne conosciamo, anzi assai meno di noi); nè fossero prese dallo spagnuolo, ma proprie e native italiane, benchè alle spagnuole conformi affatto, ed oggi antiquate tra noi e non nello spagnuolo.
Del resto gli spagnuoli ancora, massime nel 500 e 600, pigliarono dall'italiano moltissime voci e frasi ec., sì gli scrittori, sì l'uso del favellare spagnuolo (pel commercio scambievole sì delle due letterature sì delle due nazioni e insomma per le cause medesime che introdussero tanto spagnuolo nell'italiano). Or queste voci e frasi italiane stettero e in grandissima parte stanno ancora nello spagnuolo così naturalmente che nulla hanno del forestiero per se, e per chi non sappia che tali sono; e non parvero nè paiono (agli spagnuoli nè agl'italiani nè agli altri) adottive (com'erano e sono) ma naturali, secondo l'espressione dello Speroni in altro proposito (Diall. p.115.). [3731](Non altrimenti che accadde e accade nell'italiano alle voci e frasi spagnuole sì per rispetto a noi, sì agli spagnuoli sì agli altri). Il che si applichi allo scopo del pensiero a cui il presente si riferisce.
(18. Ott. 1823.)
Alla p.3704. E se ne sa l'origine, perocchè cretus è metatesi di certus (che ancor rimane in aggettivo, ed anche in certo senso di participio, e come participio ha prodotto il verbo certare di cui altrove ec.), contrazione di cernitus.
(19. Ott. 1823.)
Scambio tra il v e il g ec. Trève-tregua.
(19. Ott. 1823.)
Laxus, onde laxare, lassare, lasciare, lasser ec. è un di quelli aggettivi, che come ho detto nella mia teoria de' continuativi, mi sanno di participio di verbi ignoti, o non noti come padri di tali aggettivi ec. e laxare mi sa pur di continuativo per origine ec. V. Forc. ec.
(19. Ott. 1823.)
Alla p.3708, marg. Lavitum è dimostrato dal verbo lavito. Così fautum è contrazione di favitum dimostrato (se bisognasse) da favitor ec. Ma il detto [3732]scambio tra il v e l'u è dimostrato piucchè mai chiaramente da tutti o quasi tutti i verbi (ec.) composti di lavo, in cui lavo diventa luo. Contrazione la qual conferma mirabilmente e pienamente quella ch'io ho supposta ne' perfetti in ui della seconda e massime della prima. P.e. domui è da domavi nello stessissimo modo che abluo per ablavo, soppressa la a e volto il v in u. Del resto pluit ebat ha il perfetto pluit ed anche pluvit per evitar l'iato, come a p.3706. Exuo is ui utum. Ruo is ui utum contrazione di ruitum, che anche esiste: prova delle mie asserzioni. V. Forc. in Ruo e composti. Fruor, itus e ctus sum, ma fruitus è più usato, e così fruiturus ec. Luo is ui luitum dimostrato da luiturus. Anche si disse o scrisse luvi. V. Forc. in luo, verso il fine. Fluo is fluxi, fluctum, fluxum e fluitum dimostrato da fluito e da fluitans. Tribuo, Minuo, Statuo, Induo, Arduo, Acuo, Annuo, Innuo ec., Imbuo ec. ui utum, co' loro composti, e così con quelli di Sino ec. In tutti questi supino l'i è stato mangiato per evitar l'iato, o come in docitum ec. Notisi che laddove l'u in tutti gli altri tempi di questi verbi, compreso il perfetto, è sempre breve. V. p.3735. (19. Ott. 1823.). Così i composti di fluo ec.
Lavito da lavare o da lavere.
(19. Ott. 1823.)
Alla p.3725. Queste osservazioni confermano il mio discorso177 sull'antico vexus di veho [3733](fatto da me in proposito di vexare). Ben è ragione che veho abbia vexum poich'egli ha vexi, e poich'il supino corrisponde al perfetto. Viceversa quel discorso conferma grandemente queste osservazioni. Le conferma flexus da flexi, nexus da nexi, e gli altri quivi notati. Le conferma lo stesso vectus, noto, certo e moderno participio di veho, nel qual vectus, donde viene il c, che niente ha che fare con questo tema, se non dal perfetto vecsi? Così dite di victus per vivitus (vedi la p.3710.), dove il cq viene da vixi che sta pel regolare vivi. Così in mille altri di questo genere. Fluo ha fluxi; dunque fluxum; ed anche fluctum antichissimo (v. Forc. in fluo fine), onde anche oggi fluctus us, fluctuare ec. (E così appunto è vectus per vexus). Ma il suo regolare perfetto sarebbe flui: or dunque egli ebbe pur fluitum dimostrato da fluito e fluitans ec. Così per diversi perfetti, diversi corrispondenti supini si troveranno, cred'io, in molti verbi. Ai perfetti in xi corrisponde egualmente il supino in xum e [3734]quello in ctum. L'uno e l'altro si troverà insieme in non pochi verbi che abbiano il perfetto in xi (negli altri nol saprei ora dire). Forse o da xi direttamente, o poscia da xum, si disse ctum per accostarsi alla desinenza regolare de' supini che dovrebb'essere universalmente in tum. Forse xum fu corruzione di ctum, o viceversa, e xum fu il vero e primo supino de' verbi che fecero il perfetto in xi ec. Insomma quale di questi due, xum e ctum, sia più antico, non lo so. Forse ambo sono una cosa stessa (benchè non sempre si conservino ambedue, o forse non sempre sieno stati messi in uso ambedue), diversi solo per accidente di pronunzia ec. ec. Ciò si applichi al mio discorso sopra vexus, avendosi già vectus ec. V. p.3745. Iubeo ha iussi, anomalo per iubevi iubesi: dunque il suo supino è iussum, e niun altro, benchè anomalo anch'esso. Così infiniti: e la corrispondenza fra il perfetto e il supino, e la formazione e dipendenza di questo da quello, almeno il più delle volte, ancorchè quello sia anomalo, ancorchè moltiplice, ancorchè forse talvolta perduto affatto, restando il supino, o perduto quel tal perfetto restandone un altro o più d'uno, non corrispondente al supino o ai supini ec. ec.;178 tal corrispondenza, dico, è evidente e fuor di controversia. (19. Ott. 1823.).
[3735]Alla p.3732. marg. - (fuorchè ne' perfetti di luo ec. V. Forc. luo: fui da fuo è breve), ne' supini in utum è sempre lungo (dico l'u radicale), fuorchè ne' composti di ruo; dico ne' composti, ma in ruo no. (V. Forc. in ruo fin. e in Ruta caesa). Anche l'antico futum di fuo (per fuitum) dovette aver la prima breve, come l'ha futurus che da esso viene, e che sta per fuiturus. Vedi la pag.3742. Il che par che dimostri che quell'u radicale in utum tien luogo di due vocali (ui); altrimenti non avrebbe alcuna ragione di esser lungo quivi, e in tutto il resto del verbo, breve. E infatti se il supino si conserva primitivo e non contratto, cioè desinente in uitus, l'u è breve non men che l'i, come in ruitus (Aeg. Parnas.) e in fluito, fluitans ec.
(20. Ott. 1823.)
Che fino ad ora sia stata poco bene osservata la formazione costante de' continuativi e frequentativi da' participii o supini, me lo persuade fra gli al...
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