[Pagina precedente]...i e di stimoli neppur sentito. Il che sarebbe stato conforme alle intenzioni della natura, ed anche alla ragione assoluta, non essendo presumibile che la natura abbia voluto che niuna specie (molto manco l'umana) perisse per le sue medesime mani, o fosse infelicitata (e per conseguenza impeditagli la perfezione e il fine del suo essere) da' suoi [3784]propri individui; sicchè ella medesima fosse causa di distruzione e d'infelicità , e quindi imperfezione, a se stessa, e la sua medesima esistenza cagionasse direttamente e come propria, non altrui, opera la sua non esistenza, sia col distruggersi, sia coll'infelicitarsi, che è privarsi del proprio fine e complemento, e quindi rendersi non esistenza, e peggio ancora186. Queste, essendo contraddizioni evidentissime e formalissime, sono escluse dal ragionamento assoluto; il principio stesso della nostra ragione, o si riconosce per falso, e non possiamo più discorrere, o impedisce di supporre queste contraddizioni nella natura; le quali però vi avrebbero necessariamente luogo s'ella avesse voluto in qualunque specie una società stretta, siccome sempre in una società stretta, qualunque sia stata o sia o sia per essere la sua forma, hanno avuto ed avranno luogo le cose sopraddescritte. Dal che si deduce efficacissimamente che il supporre nella natura l'intenzione di una società stretta in qualsivoglia specie, e massime nell'umana (che da una parte, essendo la prima, doveva esser la più felice e perfetta, dall'altra, in una società stretta, è necessariamente più di tutte sottoposta ai detti inconvenienti) ripugna dirittamente al principio stesso della ragione. La natura non ha posto nel vivente l'odio verso gli altri, ma esso da se medesimo è nato dall'amor proprio per natura di questo. Il quale amor proprio è un bene sommo e necessario, e in ogni modo nasce per se medesimo dall'esistenza sentita, e sarebbe contraddizione un essere che sentisse di essere e non si amasse, come altrove ho dichiarato. Ma da questo principio ch'è un bene e che la natura non poteva a meno di porre nel vivente, e che [3785]anzi, senza l'opera diretta della natura, nasce necessariamente dalla stessa vita (onde la natura medesima, per così dire, lo aveva e lo ha, verso se stessa, indipendentemente dal suo volere)187 ne nasce necessariamente l'odio verso altrui, ch'è un male, perchè dannoso di sua natura alla specie, come ne nascono cento altre conseguenze, che sono mali, e producono di lor natura effetti dannosissimi, non pure alla specie e agli altri individui, ma all'individuo medesimo. Or questi effetti non sono stati voluti dalla natura, nè ella n'ha colpa, (come l'avrebbe), perchè ella ha provveduto che quelle cattive conseguenze dell'amor proprio fossero inefficaci, e tali sarebbero state nell'esser naturale di quel tale individuo e specie. Così ella dunque ha provveduto che l'odio verso gli altri individui della stessa specie fosse inefficace, se non per qualche assoluto accidente, perchè privo di occasione e di stimolo e di circostanza ove potesse operare. E ciò ha fatto destinando agl'individui di una stessa specie, e fra questi agli uomini, o niuna società , o scarsa e larga.
Una società stretta pone necessariamente in contrasto gl'interessi degl'individui, rende necessario alla soddisfazione dei desiderii degli uni, il male degli altri; alla superiorità , ai vantaggi, alla felicità degli uni, l'inferiorità , gli svantaggi, l'infelicità degli altri; desta il desiderio di beni che non si possono conseguire senza il male degli altri, di beni che consistono nel male altrui, che corrispondono per lor natura ad altrettanti mali [3786]degli altri individui, ed altrettali, anzi, per lo più, maggiori che quei beni non sono. Dunque una società stretta nuoce necessariamente a grandissima parte (e la maggiore, perchè i più deboli sono sempre i più) de' suoi individui: dunque il suo effetto è il contrario del fin proprio ed essenziale della società , ch'è il bene comune de' suoi individui, o almeno dei più: dunque ella è il contrario di società , e ripugna per essenza non pure alla natura in genere, ma alla natura e alla nozione stessa della società .
Sì il contrasto degl'interessi, sì l'altre cose qui dietro esposte, fanno in modo che l'odio naturale d'ogn'individuo verso gli altri, in una società stretta, non pur si sviluppa tutto intero, e riceve tanta efficacia e tanto atto quanto egli ha di potenza, ma fa necessariamente, che, contro le intenzioni della natura e il ben essere della specie, quell'odio naturale che in potenza e in natura è molto minore verso i suoi simili che verso gli altri viventi, in atto sia molto maggiore verso i suoi simili, anzi quasi tutti i suoi atti e i suoi effetti sieno rivolti contro i soli suoi simili. Perocchè l'individuo di una società stretta, coi soli suoi simili ha stretto e quotidiano commercio ed affare. Or l'odio verso altrui non si può sviluppare nè porre in atto se non quando si abbia o si abbia avuto affare coll'oggetto odioso. E tanto più si sviluppa ed opera quanto questo affare è o è stato maggiore, e più frequente, più lungo, più continuo. E in conformità di questi evidenti principii, veggiamo infatti che mentre l'individuo umano da principio odiava assai più sì in potenza sì in atto gli altri viventi, [3787]massime gli a lui dannosi ec. ora in atto odia senza alcun paragone più i suoi simili che gli altri viventi qualunque, anche gli a lui più micidiali, perchè da questi è lontano, o poco affar ci può avere, e niun commercio di spirito; a quelli è sempre presente, e sempre ha affar seco loro, e commercio continuo e grandissimo, sì di corpo, sì, che è molto più, di spirito. Per le quali cose è veramente un zucchero l'odio che oggidì l'uomo porta a qualsivoglia più misantropo animale rispetto a quello ch'ei porta a' suoi simili, e ciascun vede quanto sarebbe ridicolo il farne paragone. Sicchè l'odio verso gli altri, qualità come naturale, così distruttiva della vera società , non solo in una società stretta non si scema nulla rispetto ai suoi simili da quel ch'egli era in natura, ma anzi, se non in potenza, certo in atto s'accresce a mille doppi, anzi pure svolgendosi da tutti gli altri viventi, si raccoglie tutto, si termina e si rivolge ne' soli suoi simili. Onde se il vivente, stante il detto odio, è antisociale per natura, in virtù della società stretta, non pur diviene più sociale, ma infinitamente più antisociale che da principio, perchè da principio egli odiava i suoi simili quasi solo in potenza, e in atto soli o molto più gli altri viventi, e nella società stretta il suo odio dimentica quasi affatto gli altri viventi, ed in atto odia, si può dir, soli i suoi simili, e gli odia più assai che da principio non fece i dissimili, co' quali ebbe sempre molto meno affare ed intimo commercio, che non ha ora co' simili suoi.
[3788]Dalle quali cose tutte, parlando in somma, si raccoglie che il dir società stretta, massime umana, è contraddizione, non solo rispetto alla natura ec. ma assolutamente, rispetto a se stessa, ne' termini, e rispetto alla nozione di queste parole. Perocchè società importa quello che disopra (p.3777.) si è definito; e società stretta importa communione d'individui sommamente nocentisi scambievolmente, e odiantisi in atto gli uni gli altri sopra ogni altra cosa, giacchè, stante la natura de' viventi, non vi può essere società stretta i cui individui non sieno tali, come si è dimostrato.
Quindi non è maraviglia se mai non si è trovata nè mai si troverà , fra le infinite eseguite, immaginate, eseguibili e immaginabili, forma alcuna di società perfetta, da quella primitiva e naturale in fuori. Perocchè gli elementi di tali forme dovevano ben sempre esser discordi, poichè la idea medesima d'esse forme è contraddittoria per natura. E quella prima società non è stata mai potuta nè si potrà mai rimpiazzare, perchè la natura universale, nè particolare e speciale, non si rimpiazza, nè si rimpiazza la felicità e la perfezione destinata a qualsivoglia essere o specie dalla natura, nè veruna specie e veruno esser creato è capace di più che una sola e determinata felicità e perfezione, la quale non altrove si può trovare nè può consistere, che nel suo naturale stato, nè d'altronde derivare. Nè volle il destino, nè comporta la natura delle cose che [3789]niuna specie e niuno essere mortale e creato sia l'autore del sistema e dell'ordine che dee condurlo alla propria felicità e perfezione (come avverrebbe se l'uomo fosse destinato a quella società che noi pensiamo, la quale è capace e bisognevole di una forma, non che eseguita ma immaginata dagli uomini, e infinite ne può ricevere e n'ha ricevute, tutte parimente buone o cattive, tutte o quasi tutte a lei ed alla sua idea convenienti, [cioè tutte contraddittorie e discordevoli in se stesse ec.] e la natura niuna forma le prescrisse nè potè prescriverle, non avendola voluta; quando però ella ben ne prescrisse, ed intere, e costanti, a quelle società ch'ella volle, come a quella de' castori, e delle gru ec.): ma la natura stessa e sola, o vogliamo dire il Creatore, dovette esser l'autore, come di ciascuna creatura, così del sistema, ordine e modo che la dovesse condurre alla perfezione della sua esistenza, vale a dire alla felicità , e render compiuta l'opera di Lui.
Tutto questo discorso esclude una società stretta, non solo dalla specie umana, ma da tutte le specie viventi; tanto però maggiormente, quanto elle sono in maggior grado viventi, contro quello che si presume, e quindi hanno più vivo amor proprio, e quindi più vive passioni e più vivo e maggiore odio verso altrui. Il che vuol dire che il detto discorso esclude la società stretta, dalla specie umana massimamente. Venendo ora più da presso a mostrare quanto sia vero che l'odio verso gli altri, specialmente verso i simili, è [3790]assai maggiore nell'uomo che negli altri animali, e quindi l'uomo è il più insociale di tutti gli animali, perchè una società stretta di uomini, al comune degl'individui che la compongono, nuoce assai più che non farebbe in niun'altra specie; considereremo la guerra, male affatto inevitabile in una società stretta di uomini, e niente accidentale, al che dimostrare se non bastasse l'esperienza di tutte le nazioni e di tutti i secoli, sì dee bastare il riflettere che siccome una stretta società pone necessariamente in atto l'odio naturale degl'individui verso gl'individui simili nel modo e per le cagioni mostrate di sopra, altrettanto ella fa necessariamente fra classe e classe, ceto e ceto, ordine ed ordine, compagnia e compagnia, popolo e popolo. E come la guerra nasca inevitabilmente da una società stretta qual ch'ella sia, nótisi che non v'ha popolo sì selvaggio e sì poco corrotto, il quale avendo una società , non abbia guerra, e continua e crudelissima. Videsi questo, per portare un esempio, nelle selvatiche nazioni d'America, tra le quali non v'aveva così piccola e incolta e povera borgatella di quattro capannucce, che non fosse in continua e ferocissima guerra con questa o quell'altra simile borgatella vicina, di modo che di tratto in tratto le borgate intere scomparivano, e le intere provincie erano spopolate di uomini per man dell'uomo, e immensi deserti si vedevano e veggonsi ancora da' viaggiatori, dove pochi vestigi di coltivazione e di luogo anticamente o recentemente abitato, [3791]attestano i danni, la calamità , e la distruzione che reca alla specie umana l'odio naturale verso i suoi simili posto in atto e renduto efficace dalla società . Vedi l'op. cit. da me a p.3795., passim, e sommariamente nel cap.116. E certo non v'ha nè v'ebbe al mondo così piccola e remota isoletta, così scarsa d'abitatori, e così poco di costumi corrotta, dove tra quelle decine d'abitanti umani stretti in società , non sia stata e non sia divisione, discordia e guerra mortalissima, e diversità di parti e moltiplicità di nazioni. Come sia nata e dovesse necessariamente nascere la guerra tra gli uomini, l'ho detto p.2677. segg. dove si può vedere che la colpa di questo nascimento è ...
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