[Pagina precedente]...a prima coniugazione ma non formati da' participii, e diversi da quelli che ne sono formati, come nel caso nostro, da facio facto, labefacto ec. da specio specto, suspecto (a cui appartiene suspectio ch'equivale a suspicio e da cui il nostro sospettare e lo spagn. sospechar (come pecho da pectus) che vagliono suspicari. Soupçonner è quasi suspicionare, da soupçon, suspicio onis) ec. Suspico potrebbe anche esser fatto da suspicio is, il qual verbo trovasi appo Sallustio in senso di sospettare, ed al quale appartiene il participio suspectus che vale per lo piùsospetto aggett. E forse in questo senso si disse anche suspicior eris, onde poi suspicor, giacchè trovasi suspectus per sospettoso, (così anche in ital. sospetto) e Apuleio l'adopra [2905]espressamente coll'accusativo, come participio d'un verbo deponente, in vece di suspicatus. Ma vedi la pag.2841-2.
(7. Luglio. 1823.)
Alla p.2809. Nelle nostre Opere serie e buffe l'effetto del coro non è cattivo. Ma esso nelle opere serie è ben lontano dal far quegli uffici, dal sostener quel personaggio, e quindi dal muovere quelle illusioni e far quegli effetti che faceva nelle tragedie antiche: ond'è ch'esso riesce forse meglio nelle opere buffe, quanto all'effetto morale, giacchè muove pure all'allegria, e fa come l'uffizio, così l'effetto che produceva nelle antiche commedie, nè il muovere all'allegria, ch'è pure una passione, è piccolo effetto morale. Laddove nelle opere serie esso non interessa quasi che gli occhi e gli orecchi, e niuna passione ancorchè menoma nè desta nè pur tocca. Ma questo è pur troppo il general difetto di tutta l'Opera, e massime della seria, e nasce dal far totalmente servir le parole allo spettacolo e alla musica, e dalla confessata nullità d'esse parole, dalla qual necessariamente deriva la nullità de' personaggi, e [2906]così del coro, e quindi la mancanza d'effetto morale, ossia di passione; se non altro la molta scarsezza, rarità , languidezza, e poca durevolezza dell'uno e dell'altra.
Del resto i pochi moderni che hanno introdotto il coro ne' loro drammi regolari, come Racine nell'Ester, non avendogli dato le condizioni ch'esso avea negli antichi, niuno o quasi niuno effetto hanno prodotto. Ed anche la natura d'essi drammi sì moralmente parlando, e sì anche materialmente (poichè la scena si finge per lo più in luogo coperto e chiuso, con altre tali circostanze che restringono, e impiccoliscono, e circoscrivono, e depoetizzano le idee), non era adattata nè al coro degli antichi nè a' suoi effetti. Parlo anche delle commedie, le quali presso gli antichi si supponevano per lo più, o la più parte di ciascuna, in piazza, o ne' porti, come il Rudens di Plauto, o in somma all'aperto ec. V. p.2999.
(7. Luglio. 1823.)
In tutte le lingue tanto gran parte dello stile appartiene ad essa lingua, che in veruno scrittore l'uno senza l'altra non si può considerare. La magnificenza, la forza, la nobiltà , l'eleganza, la semplicità , la naturalezza, la grazia, la varietà , tutte o quasi tutte le qualità dello stile, sono così legate alle corrispondenti qualità della [2907]lingua, che nel considerarle in qualsivoglia scrittura è ben difficile il conoscere e distinguere e determinare quanta e qual parte di esse (e così delle qualità contrarie) sia propria del solo stile, e quanta e quale della sola lingua; o vogliamo piuttosto dire, quanta e qual parte spetti e derivi dai soli sentimenti, e quanta e quale dalle sole parole; giacchè rigorosamente parlando, l'idea dello stile abbraccia così quello che spetta ai sentimenti come ciò che appartiene ai vocaboli. Ma tanta è la forza e l'autorità delle voci nello stile, che mutate quelle, o le loro forme, il loro ordine ec. tutte o ciascuna delle predette qualità si mutano, o si perdono, e lo stile di qualsivoglia autore o scritto, cangia natura in modo che più non è quello nè si riconosce. Veggasi la p.3397-9.
Tutto ciò accade in tutte le lingue, fuorchè nella francese. Chè veramente nella lingua francese lo stile è formato quasi tutto dai sentimenti, e dalle figure che appartengono alle sentenze. E la diversità degli stili, e quella delle qualità di uno stile, non si può considerare in essa lingua se non quanto ai sentimenti, e non appartiene, non dipende, non [2908]nasce se non da questi. Perocchè, se ben si osserva, quanto alle parole, e a tutto ciò che loro appartiene, tutti gli stili de' francesi, sì di diversi autori e scritture, sì di una stessa scrittura o scrittore in diversissime materie, sono poco men che conformi.
E non è maraviglia; perocchè dov'è pochissimo luogo alla scelta delle parole e dell'ordine e composizioni loro, quivi pochissima potrà essere la differenza o tra gli stili di vari autori o di varie opere, o tra le qualità di un medesimo stile in diverse materie e occasioni, per ciò che spetta alle parole. Le quali non potendosi scegliere, non possono essere qua eleganti, qua nobili, qua efficaci, qua graziose, ma sempre tali, o non mai. Nè potendosi scegliere gli ordini e collocamenti delle medesime, non può nascere dalla composizion de' vocaboli ora una qualità di stile ed ora un'altra, ma sempre una, perchè sempre una e niente variabile è ella medesima. Dico dalla composizion de' vocaboli considerata in se, non in quanto ai sentimenti ch'esprimono, perchè in quanto a questa parte, la lingua francese è capace di ricever varietà di stile dalla composizione delle parole, [2909]ma ben guardando, si sente che questa varietà non deriva punto dalla composizione stessa in se, ma dalle sentenze e figure loro.
Onde si può dire che la lingua francese non avendo appresso a poco che uno stile, lo scrittor francese, quanto alla lingua, non ha mai stile proprio, e che per quanto appartiene alle parole, lo stile di qualsivoglia scrittor francese non è suo, ma della lingua. E così lo stile di qualsivoglia genere di scrittura non è d'esso genere ma della lingua universale; e lo stile della poesia francese non è della poesia ma della lingua, e lo stile della prosa è quel della lingua, è quello della conversazione, non è neppur proprio della prosa più che della poesia, anzi vedi in proposito la p.3429.
Il che si può parimente dire della lingua ebraica, nella quale altresì, quanto alle parole, non era luogo alla scelta, benchè, quanto alle composizioni delle medesime, forse v'avesse luogo un poco più che nella francese, essendo ella tutta indigesta e informe, e quindi tutta poetica.
Effettivamente la differenza degli stili e delle qualità di un medesimo stile, quanto alla lingua, è così minuta e così scarsa in francese, che un forestiere il quale benissimo la distinguerà negli scrittori greci e latini, che sono lingue morte, difficilmente, anzi appena, secondo me, la distinguerà e sentirà mai negli scrittori francesi. Nè potrà mai ben dire, questo scrittore o questo passo è elegante, [2910]questo dignitoso e magnifico, questo energico, questo grazioso quanto alle parole, e questo no. Onde nasce che anche generalmente parlando, la differenza dello stile, cioè del modo di esprimere i concetti, chè questo è ciò che si chiama stile, è poco sensibile al forestiere nella lingua francese; certo assai meno sensibile che nelle altre. Difficilissimo è ancora al forestiero il sentir la differenza degli stili (inquanto propriamente stili) francesi di diversi tempi (dico dal secolo di Luigi in poi), o comparando uno scrittor d'un secolo a uno di un altro, o generalmente lo stile di un secolo a quel di un altro. Ho detto dal secolo di Luigi, e intendo di quelli che in quel secolo scrissero bene, e che s'hanno ancora per buoni, e inquanto s'hanno per tali (come Corneille), nella lingua ec. Tanto più che nella espressione de' concetti, anche in quella parte dello stile che spetta alle sentenze, il modo degli scrittori francesi è più vario bensì che nella parte delle parole, ma infinitamente meno vario che negli scrittori delle altre lingue, sì per rispetto dell'uno scrittore e dell'un secolo all'altro, o dell'una opera e dell'un genere di scrittura all'altra opera e all'altro genere, sì per rispetto alle varie parti di una stessa opera o genere, e alle varie gradazioni e qualità di un medesimo stile. E basti dire in prova, che la lingua francese, non solamente non ha linguaggio, ma neppur quasi stile poetico veramente.
In simil modo nella lingua ebraica, non si sente se non poca differenza di stili, o di qualità di un [2911]medesimo stile. Il che si attribuisce alla lontananza de' tempi e de' nostri gusti e costumi, quasi l'uniformità dello stile ebraico non fosse vera, se non relativamente. Ma io la credo assolutamente vera, e l'attribuisco alle dette ragioni, nè credo che lo scrittore ebraico potesse avere stile proprio, nè veruna materia stile proprio, ma tutti e due un solo, quanto alla lingua, per la povertà di questa32 ed eziandio quanto al modo e alla parte dello stile che spetta alle sentenze, per la niuna arte degli scrittori, e perchè la lingua li serrava e circoscriveva anche in questa parte. Come appunto anche in Francia fa la medesima lingua, e l'impero assoluto dell'usanza il qual si esercita colà sullo stile come su d'ogni altra cosa. Del resto come la lingua francese non ha che linguaggio e stile prosaico e manca del poetico, così l'ebraico non ha che il poetico e manca del prosaico. E ciò perchè quella è lingua definitamente ed essenzialmente moderna, questa fu essenzialmente e moralmente antica e quasi primitiva.
[2912]È notabile come da contrarie cause nascano uguali effetti. La lingua ebraica non ammette varietà nello stile per esser troppo antica, la lingua francese nemmeno, per esser troppo moderna; quella per eccesso d'imperfezione e per povertà che nasce dall'antichità , questa per eccesso di perfezione e per povertà che nasce dall'essere squisitamente moderna, sì di tempo come d'indole. Nell'una e nell'altra le parole poco vagliono, le sentenze tutto, lo stile si riduce ai nudi concetti (cosa che non ha luogo in verun'altra lingua letterata). Ma ciò nella ebraica perchè le parole non hanno ancor preso vigore, nella francese perchè l'hanno perduto; in quella perchè i concetti non hanno ancora onde farsi un corpo, in questa perchè l'hanno deposto, in quella perchè la materia è ancora scarsa a vestir lo spirito, in questa perchè lo spirito ha consumato la materia, è ricomparso nudo del corpo di cui s'era vestito, ha prevaluto alla materia, e tutta l'esistenza è spiritualizzata, nè si vede o si tocca oramai, o certo non si vuole nè vedere nè toccare quasi altro che spirito. [2913]Ambedue le lingue dà nno nel metafisico, e, si può dire, nell'incorporeo per due cagioni e principii direttamente opposti, come il fanciullo per eccessiva semplicità è talvolta così sottile nelle sue quistioni, come il filosofo per grande dottrina e sapienza e sagacità .
(7. Luglio. 1823.). V. la p. seguente.
Alla p.2853. marg. Veramente la pretesa forza d'imitazione che ha la lingua tedesca, non potrebbe perfettamente realizzarsi che sopra una lingua come l'ebraica. Perocchè una lingua informe come questa, può sola esser bene imitata, anzi contraffatta, copiata e trasportata tutta intera in una lingua informe come è necessario che sia la lingua tedesca se ha la detta forza e facoltà che se le attribuisce. E viceversa solo una lingua informe, come questa, sarebbe atta a contraffare senza far violenza a se stessa e perfettamente, una lingua informe come l'ebraica, o come una lingua selvaggia; il che non è possibile alle lingue formate, nè fu possibile in greco e in latino contraffar nelle traduzioni letterali la lingua ebraica, senza violentare e snaturare affatto [2914]il greco e il latino, come fu fatto, e come accade altresì nelle lingue moderne che hanno (se alcuna ne ha) traduzioni letterali della scrittura, fatte o sull'ebraico, o sul letterale greco o latino o d'altra lingua moderna.
(7. Luglio. 1823.)
Alla pagina antecedente. Questa spiritualizzazione della società essendo oggidì universale, è altresì universale l'effetto che ho detto esserne seguì...
[Pagina successiva]