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117 A pag. 30-1.
118 Veggasi la pag. 3122.
119 O sistemi di repubblica o di legislazione, praticabili o non praticabili, ma certo non praticati, e solo immaginati e composti da' rispettivi autori. V. Aristot. Polit. 1. 2. p. 74. 171. 179. fine. 116.1.4. p. 289-92. p. 358. fine.
120 Pare che anche Eraclide Pontico scrivesse de optimo statu civitatis, senza però aver mai trattato le cose pubbliche. V. Cic. ad Quint. fratr. 3. ep. 5. Victor. ad Aristot. Polit. p. 171. Meurs. t. 5. p. 114. B-C. t. 6 p. 270. F.
121 Così le ????????? di Diogene Cinico e di Zenone. V. il Laerz. e la pref. del Vettori alla politica d'Aristot. p. 3. verso il fine. Qua spettas ancora la Ciropedia. V. ivi. p. 5.
122 Ed Aristotele era pur de' più devoti all'osservazione, tra' filosofi antichi.
123 Aristotele p.e. non la cercò, ne Teofrasto ec.
124 Esempi analoghi di frasi vediki nell'Alberti in faillir.
125 Veggansi le pagg. 3186-91.
126 ????????, genii, lares, penates, manes ec.V. Forcell. in tutte queste voci.
127 V. p. 3544.
128 L'uomo non desidera la felicità assolutamente, ma la felicità umana (così gli altri animali), nè la felicità qualch'ella sia, ma una tale, benchè non definibile, felicità . Ei la desidera somma e infinita, ma nel suo genere, non infinita in questo senso ch'ella comprenda la felicità del bue, della pianta, dell'Angelo e tutti i generi di felicità ad uno ad uno. Infinita è realmente la sola felicità di Dio. Quanto all'infinità , l'uomo desidera una felicità come la divina, ma quanto all'altre qualità ed al genere di essa felicità , l'uomo non potrebbe già veramente desiderare la felicità di Dio. L'uomo che invidia al suo simile un vestito, una vivanda, un palagio, non è propriamente mai tocco nè da invidia nè da desiderio dell'immensa e piena felicità di Dio, se non solo in quanto immensa, e più in quanto piena e perfetta. Veggasi la p. 3509. massime in margine.
129 Nella rimembranza è molte volte il contrario, che più corto pare il tempo passato senza occupazione e uniformemente, perchè allora nella memoria l'una ora l'un dì si confonde e quasi sovrappone coll'altro, in modo che ,olti paiono un solo, non avendovi differenza tra loro, nè moltitudine di azioni o passioni che si possa numerare, l'idea della qual moltitudine si è quella che produce l'idea della lunghezza del tempo, massime passato ec. Ma di questo pensiero altrove s'è scritto.
130 Se non è, può essere, e al nostro caso tanto è il poter essere quanto l'essere in fatto. Immaginiamo, se non è, che sia, e come di un'ipotesi discorriamo di quello che necessariam. seguirebbe se così fosse. Essendo l'ipotesi possibiliss.a e similiss.a al vero, l'argomento avrà la medesima forza, e tanto nel caso presente varrà e proverà l'immaginazione e la supposizione, quanto la verità , tanto il supposto e l'immaginato quanto il vero ed effettivo.
131 V. p. 3989.
132 Parecchi, pareil, onde appareiller, sono da pariculus ec. V. Gloss. ec. parejo (cioè par) parejura ec. Pelleja, pellejo, pellico; pelliccia; pelisse; spag. mod.no pellìz, da pellicula ec. Lo spag. ha anche il positivo, piel. Semilla. Soleil, Ouaille da ovicula ec., come oveja spag.
133 Puoi vedere la p. 3846.
134 V. p. 3571.
135 Di un'altra qualità che sommamente contribuisce allo stesso effetto vedi le pagg. 3564-8.
136 P. 3074 segg.
137 ???? propriam. è gustare facio. Trovasi però in Erodoto p. gusto ch'è (o dicesi da' Lessicografi) il proprio ???????. Così ??? e ????? co' composti loro, che propriam. sono attivi, e valgono sedere facio ec. s'usano a ogni tratto in senso neutro, p. sedere ec. che è proprio de' loro passivi. E così, credo, avviene in altri tali verbi. Onde guo in lat. potè bene essere propriam. gusto neut.
138 Puoi vedere la p. 2814-5. e 3715-7.
139 Manuarius, Manuatus sum (da manuo o manuor), Mortualia, Mortuarius, Mortuosus, Flexuosus, Flexuose. Portuosus, saltuosus, flatoso.
140 Anche ne' nostri antichi scrittori questo uso di sperare ec. non sembra esser che volgare.
141 Altrettanto dicasi del greco, lat. spagn. franc. antico nelle quali lingue altresì sperare ec. non istà mai propriam. per temere, come dicono, ancorchè sia detto di male, ma solo p. aspettare. V. Forcell. in Spero.
142 V. p. 3818.
143 È naturale agli organi degli spagn. di non amare la pronunzia del t, onde nelle voci venute dal lat. spessissimo lo mutano in d ch'è più dolce (come fanno anche gl'italiani in alcuni luoghi intorno alle voci italiane), spessissimo lo tralasciano, come in questo nostro caso fanno, in parte anche gl'ital. e i franc.
144 Sicchè amamos p. amamus non si dee neppure chiamar mutazione quanto allo spagnuolo, non essendo stata fatta da esso ma nel latino medesimo, anzi non essendo stata neppur in latino altro che un accidente, una qualità , una maniera di pronunzia. Insomma amamos è latino; e lo spagn. in questa voce è puro (ed antico e non men che moderno) latino conservato nel lat. volgare. ec.
145 V. p. 3638.
146 Divenire-diventare fa a questo proposito.
147 Dicono i precettisti che le persone d'ugual merito possano esser più, purchè l'interesse sia un solo (così ne' drammi, così nell'epopea ec.). E si pregiano molto di questa distinzione, come acuta e sottile e ben giudiziosa. Ora i due suddetti termini non possono stare insieme.
148 Certam. l'eccesso della pazienza, massime nella conversazione e nelle tenui relazioni giornaliere degli uomini si può dir che sia odiosa, o certo dispiacevole, o almen dispregevole, e lo spregevole è non solo inamabile, ma quasi odioso, e chi è disprezzato, oltre che non può essere amato nè interessare, difficilmente è senza un certo odio o avversione. La pazienza è di tutte le virtù forse la più odiosa o la meno amabile, e ciò massimamente doveva essere presso gli antichi, e presso noi ancora, quando la consideriamo in personaggi e circostanze antiche, come in Ulisse.
149 Queste considerazioni hanno tanto maggior forza in favore di Omero, e in favore della nostra opinione che vuol che si segua il suo esempio, quanto che è natura della poesia il seguir la natura, e vizio grandiss. e dannosiss. anzi distruttivo d'ogni buono effetto, e contraddittorio in lei, si è il preferire alla nat. la ragione. La mutata qualità dell'idea dell'Eroe perfetto ne' poemi posteriori l'Iliade, proviene da quello stesso principio che poi crescendo, ha resa la poesia allegorica, metafisica ec. e corrottala del tutto, e resala non poesia, perchè divenuta seguace onninam. della ragione, il che non può stare colla sua vera essenza, ma solo col discorso misurato e rimato ec. Puoi vedere la p. 2944. sgg.
150 Minutus a um particip. tanto aggettivato che se n'è fatto anche il diminut. minutulus ec. Quietus. Lautus il quale ha anche variato la significaz. in modo che in questa non si potrebbe mai riconoscere p. partic. ed essa è diversiss. da quella che lautus ancora ha, propria sua, come participio. Certus. V. Forc.
151 V. p. 3635.
152 Exerceo, coerceo ec. es ui itum. Mentre che arceo, ch'è il semplice di questi verbi, fa arctum, come si dimostra dall'aggett. arctus, secondo il detto altrove in proposito. placeo-taceo-noceo es ui itum. Perchè nocitum e non docitum? Se non per pura casualità d'uso nel pronunziare?
153 Fromba e frombola, coi derivati dell'uno e dell'altro. Puoi vedere la p. 3968-9. 3992. capoverso 1.3993. capov. ult. 3994. fin. 4000. fin. - 4001. 4003. pauget empaqueter ec. Noi volgarm. pacco e pacchetto. V. l'Alberti e gli spagnuoli.
154 Perocchè amor vero cioè che abbia effettivamente per proprio fine l'oggetto amato, o vogliamo dire il suo bene e la sua felicità , non si dà in alcuno essere, neppure in Dio, se non verso lo stesso amante.
155 Questo suppone lo stato di società ch'io combatto.
156 V. p. 3811.
157 V. p. 3708.
158 Secondo ch'e' sono neutri o attivi ec. di senso, e così i rispettivi verbi originali ec.
159 Posco ha poposci, cioè, tolta la duplicazione (ch'è un accidente), posci, regolare, e non povi. Perchè dunque nosco novi? Posco non ha il supino oggidì. Perchè scisco scivi, suesco evi, e non suesci, nosci ec.?
160 Che novi novisti spetti ad altro verbo che a nosco, provasi e dal suo significato del presente (or perchè ciò s'e' fosse il proprio perfetto di nosco? il quale ha pure il presente ec.) e dell'imperf. nel piuccheperf. ec.; e dal vedere che i grammatici, sebbene da un lato l'appropriano a nosco, dall'altro lato tutti, antichi e mod.ni lo considerano e chiamano difettivo, come memini, nè più nè meno. Dunque gli suppongono un altro tema, e questo ignoto, come a memini, odi ec.
161 V. p.e. la definiz. di tremisco nel Forcell.
162 Vi sono anche molti altri esempi simili di molti generi di verbi che p. negligenza degli scrittori, o per dimenticanza del loro primo destino ec. escono sovente de' termini del modo e proprietà generali del loro significato ec. ec.
163 V. Forc. in oleto.
164 Neo-nevi, flevi ec. ec.
165 V. p. 3708.
166 Tutti i nostri perf. in etti sono primitivam. e veram. in ei, quando anche questa desinenza in molti verbi non si possa più usare, e sia divenuta irregolare, perchè posta fuori dall'uso, da quell'altra benchè corrotta e irregolare in origine, come appunto lo fu evi introdotta p. evitar l'iato, come etti. E qui ancora si osservi la conservaz. dell'antichissimo e vero uso fatta dal volgar latino sempre, sino a trasmettere a noi i perf. della 2.a in ei. Puoi vedere la p. 3820.
167 Impleo (compleo ec.) - deleo (v. la p. 3702) es evi etum. Perchè dunque p.e. dolui e non dolevi? come delevi che v'è sola lettera di svario. Perchè dolitum e non doletum? O se dolui, perchè delevi e non delui? (v'ha però forse abolui, ed anche adolui ec. p. 3702. e ivi marg.) V. p. 3715.
168 Suo is ha sui, e non ha che questo. Abluo-Diluo ec. lui. Veggasi la p. 3732. Assuo assui ec. e gli altri composti di suo.
169 V. p. 3885.
170 Puoi vedere il pensiero seg. e p. 3710. capoverso 1. ec. ec.
171 Così sutum da suo è contraz. di suitum. V. la fine del pensiero precedente. Ablutum da abluo. Dilutum ec. Lautum (onde lotum) è contraz. di lavitum, e dimostra quel che ho detto della confusione tra l'u e 'l v. V. p. 3731.
172 Fors'anche da quei della prima, come p.e. se consanesco fosse fatto da consano as neutro (v. Forc. in consano) nel qual caso anche sanesco sarebbe fatto da un sano neutro.
173 Puoi vedere p. 2814-5. e 3570.
174 V. p. 3723.
175 Certus: qui crevit. Certa mori: quae crevit, cioè decrevit, mori, senso attivo, anzi in certo modo, transitivo ec. E qui in simili moltiss. casi, certus è adoperato in senso di participio, non di aggettivo, come in altri molti casi, massime quando si dice di cose. Ma quando di persone, dubito ch'e' sia mai altro che participio, onde anche certior può forse fare al caso nostro ec. ec.
176 Anzi gli u in iuvavi sarebbero tre, giacchè tanto era p. gli antt. l'u che il v ec., onde p. es. in pluvi si chiamava duplex u ec. V. Forc. in Luo fine, in U ec. e l'Encyclopédie in U ec. e l'Hofman in U ec.
177 P. 2928-30.
178 V. p. 3736.
179 Gli spagn. hanno veram. anche pujante. Hanno pure potente, potencia, potentem. ec. ma questi probabilm. sono tolti poi dal latino: pujante e pujanza ec. sono i propri spagnuoli: bensì torti alquanto di significaz. cioè usati, almeno comunem., p. forte, robusto, forza, robustezza ec..
180 Nomenclator p. nominclator ec. non è che l'alteraz. di pronunzia, e così mille casi simili. (come quello di cui nel marg. della pag. seg. cioè imaguncula).
181 Imaguncula, incuncula, homuncio, homunculus, latrunculus è lo stesso che imagincula (v. la p. 3007. fra l'altre), e però fatto dagli obliqui d'imago, e non dal retto, come parrebbe a prima vista. E così dicasi dell'altre simili voci.
182 Agnomen, agnomentum ec. cognomen ec. ignotitia (p. innotitia), tutti derivati da noo. Ignoro ec.
183 Ne' composti notum o gnotum si cambia in gnitum (cognitum ec.) fuorchè in ignotus nome, e in ignotus partic. e supino. V. anche agnotus ec.
184 V. p. 3851.
185 V. p. 3071.
186 Come il suicidio, o il tormentar se stesso per odio, quello è, questo, se potesse essere, sarebbe evidente...
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