[Pagina precedente]...omposto d'ambedue queste vocali i ed u, e non si sa a qual più delle due rassomigliarlo; onde si vede quanto elle sieno affini e simili ed amiche tra loro, che s'accozzano insieme a fare (sulla bocca di molti e diversi popoli) una sola vocale, dove niuna delle due viene a prevalere. Quindi s'argomenti quanto è facile che queste due vocali si scambino l'una coll'altra nella pronunzia [2825]umana, anche in uno stesso tempo e popolo, nonchè in diversi tempi e nazioni e climi. SimUlare da simIlis, onde anche similare, e noi simigliare e somigliare. assimulare e assimilare. maximus, optimus e maxumus, optumus. amantissimus e amantissumus. V. Perticari Apolog. di Dante p.156. cap.16. verso il fine. lubens, decumus, reciperare e recuperare, carnufex.
(26. Giugno. 1823.)
Fortunatianus in Honorii (Augustodunensis, De luminaribus Ecclesiae) Codicibus lib.1. cap.98. vitiose Fortunatius, natione Afer, Aquilejensis Episcopus, interfuit Concilio Sardicensi An. 347. et p.179. teste Hieronymo (De scriptoribus Ecclesiasticis) cap.97. scripsit Commentarios in Evangelia, titulis (ut apud Hilarium fit) ordinatis, brevique et rustico sermone. De rustico sermone Latino singularem se libellum conscribere proposuisse testatus est V. C. Christianus Falsterus ad Gellii XIII. 6. parte 3. Amoenitatum Philologicarum p.186. De Fortunatiano hoc, qui ad Arianos denique deflexit, plura Tillemontius tomo VI. memoriarum pag.364. 419. - Fabricius Bibl. Lat. med. et inf. aetat. ed. Mansii, Patav. 1754. t.2. p.178-179. lib.6. art. Fortunatianus.
(26. Giugno 1823.)
Alla p.2776. Da ??? o ???, ????. Notate che l'Etimologico dice espressamente che ???? deriva da ??? (e non viceversa), ed aggiunge, come ??? sedere facio, seu colloco, pono, da ?? colloco, statuo. Così ??? sedere facio, in sede colloco ch'è lo stesso verbo che ???, come dice Eustazio, [2826]è fatto da ??. ?????? pando explico da ????? idem. Da ????????????, ?????????????, ????????????, ??????????????, ?????????, ??????????, ?????????. Anche da ???????? volo si trova fatto ????????? nei frammenti del ?????????? d'Epifanio pubblicati dal Mustoxidi e dallo Scinà nella Collezione di vari aneddoti greci (i quali frammenti però credo che non fossero, come gli Editori stimarono, inediti). Vedi l'ultima pagina delle annotazioni degli Editori a essi frammenti, nel fine, e, se vuoi, la p.2780. margine. E forse buona parte di questi tali verbi mancavano originariamente del ?, aggiunta poi per proprietà di pronunzia o di dialetto, per evitar l'iato ec. Da ????? ???????. Ma questa è un'altra formazione, che cambia in certo modo il significato e lo rende più continuo ec. Così potrebbe essere ?????? da ???? e non da ?????. ?????? sembra venire da ????? a dirittura, non da ?????; e così molti altri. Da ???? ??????.
(26. Giugno 1823.)
È da notare che la nostra ben distinta teoria della formazione grammaticale de' continuativi e frequentativi, giova ancora a dimostrare evidentemente l'antica esistenza ed uso de' participii o supini di moltissimi verbi che ora ne mancano affatto, mentre però esistono ancora i loro continuativi o frequentativi come fugitare dimostra fugitus o fugitum di fugio, che altrimente non si conoscerebbe, e così cent'altri; ovvero di participii e supini diversi da quelli che ora si conoscono, come agitare dimostra il part. agitus diverso da actus, noscitare noscitus diverso da notus, futare e funditare futus e funditus, ambedue diversi da fusus, (v. la p.2928 segg. 3037.) quaeritare quaeritus, diverso da quaesitus che non è di quaero, ma di quaeso, benchè a quello s'attribuisca, e simili. E serve ancora ad illustrare e mettere in chiaro l'antico uso e regola seguÃta [2827]da' latini nella formazione de' participii in us e de' supini, come ho fatto vedere altrove in proposito di agitare; e la vera origine di molti participii più moderni, come actus, e la loro ragione grammaticale; e spiega e scioglie molte anomalie apparenti ec. ec. ec.
(27. Giugno. 1823.)
Alla p.2795. marg. Cambiata la pronunzia della lingua greca, doveva necessariamente mutarsi e il modo di produrre l'armonia colla collocazione delle parole, (giacchè le parole collocate all'antica e pronunziate diversamente, non potevano più rendere l'antica armonia) e quindi variarsi affatto la struttura dell'orazione, e prendere un altro giro il periodo; ed oltre a ciò mutarsi ancora l'armonia risultante dalla collocazione delle parole modernamente pronunziate, giacchè di diversi elementi, cioè di parole diversamente pronunziate era quasi impossibile che ne risultasse uno stesso effetto per mezzo della varia collocazione, cioè che le parole pronunziate alla moderna e distribuite per ciò diversamente dal modo antico, producessero l'armonia stessa che producevano coll'antica pronunzia e collocazione. Quindi diversa struttura e giro di orazione e di periodo, e nel [2828]tempo stesso diversa armonia. Assai più gran cosa che non pare, si è il cambiamento della pronunzia in una lingua. E parlo qui solamente della pronunzia che spetta alla quantità , cioè alla brevità o lunghezza delle sillabe, ed all'accentazione, senza entrar punto in quella pronunzia che spetta alle stesse lettere ed elementi della favella, la qual pronunzia come influisca sulle lingue e come basti a diversificarle l'una dall'altra, e sia principal causa sì della moltiplicazione sì della continua alterazione de' linguaggi, è cosa già dimostrata. Ma quella pronunzia che spetta alla semplice quantità delle sillabe ed agli accenti, par cosa del tutto estrinseca alla lingua. Infatti ella non altera in nessun conto il materiale delle parole come fa l'altra. Ed appunto ell'è veramente estrinseca ed accidentale alle parole. Nondimeno il cambiamento di questa pronunzia, che nulla influisce su ciascuna parola, influisce sulle più intrinseche parti della favella, ed arreca essenzialissimi cangiamenti alla composizione e all'ordine delle parole, e quindi al giro ed alla forma della dicitura, e quindi alla vera indole della favella. V. p.3024.
Oltre di che, quando anche a' tempi bassi si fosse potuta dare all'orazione l'antica armonia, quando anche quest'armonia si fosse ben conosciuta [2829](che già non si conosceva), il mutato e corrotto gusto non lasciava nè poteva lasciar di stendersi anche all'armonia. Onde quell'armonia antica non sarebbe piaciuta, senza cadenze, senza strepito, senza ritornelli, senza eco, senza rimbombo, senza sfacciataggine di ritmo, dolcemente e accortamente variata ec. Tutte le contrarie qualità piacevano e si celebravano a quei tempi. Leggansi le orazioni o declamazioni o proginnasmi ec. e l'epistole stesse de' sofisti, Libanio, Imerio, Coricio ec. Questo ancora gli obbligava a dare alle parole un giro diverso dall'antico. Di più, quando anche non fosse mancata loro la volontà , sarebbe mancata l'arte che infinita si richiede alla retta economia ed uso de' numeri. Quindi essi sono sempre insolentemente monotoni ec.
(27. Giugno 1823.)
Ho detto altrove che il greco moderno è senza paragone più simile al greco antico che non l'italiano al latino. Fra le altre moltissime particolarità basti osservare che una delle cose che massimamente distinguono le lingue moderne dalle antiche, e fra queste l'italiana, spagnuola ec. dalla latina, si è che le moderne mancano dei casi de' nomi; il che [2830]basterebbe quasi per se solo a diversificare il genio e lo spirito delle nostre lingue, da quel delle antiche. Ora il greco moderno conserva gli stessi casi dell'antico. Conserva ancora l'uso della composizione fatta coi vocaboli semplici e colle preposizioni e particelle. Ma già non v'è bisogno d'altra prova che di gittar l'occhio sopra una pagina di greco vernacolo correttamente scritto, per conoscere la visibilissima e, direi quasi, totale somiglianza ch'esso ha coll'antico, e quanto ella sia maggiore, anzi di tutt'altro genere che non è quella che passa tra l'italiano e il latino, giacchè questa consiste principalmente nel materiale de' vocaboli e delle radici, e quella, oltre di ciò, in grandissima parte dell'indole e dello spirito. Ho detto, correttamente scritto, perchè certo fra il greco moderno scritto o parlato da un ignorante e quello scritto da un uomo colto, ci corre tanto divario quanto fra questo e il greco antico. Vedi il contratto in greco moderno barbaro pubblicato da Chateaubriand nell'Itinerario. Ma ciò è naturale, e succede in tutte le lingue e nazioni, e certo il greco antico parlato, anche dai non plebei, e scritto [2831]dagl'ignoranti era ben diverso da quello che scrivevano i dotti, come il latino rustico, dall'illustre. Vedi la pag.2811. Il greco moderno colto, giacchè ed ogni lingua può esser colta, e niuna lingua non colta può valer nulla, potrebbe certo divenire una lingua bella, efficace, ricca, potente, e forse, per la gran parte che conserva sì delle ricchezze come delle qualità e della natura dell'antico, una lingua superiore o a tutte o a molte delle moderne colte e formate.
(27. Giugno. 1823.)
Grazia dallo straordinario e dal contrasto. Spesse volte la grazia o delle forme o delle maniere deriva da una bellezza e convenienza nelle cui parti non esiste veramente nessun contrasto, ma che però risulta da certe parti che non sogliono armonizzare e convenire insieme, benchè in questa tal bellezza e in questo tal caso convengano; ovvero da parti che non sogliono trovarsi riunite insieme, benchè trovandosi, sempre armonizzino: onde essa bellezza è diversa dalle ordinarie, benchè sia vera bellezza, cioè intera convenienza ed armonia. In tal caso il contrasto [2832]è estrinseco ed accidentale, non intrinseco: in tal caso la grazia deriva precisamente dalla bellezza, ma non dalla bellezza in quanto bellezza, bensì in quanto bellezza non ordinaria, e di genere diversa dalle altre: così che la grazia anche in questo caso deriva dal contrasto, non delle parti componenti il bello, ma del tutto, cioè di questo tal bello, col bello ordinario; e dalla sorpresa che l'uomo prova vedendo o sentendo una bellezza diversa da quella ch'egli suole considerar come tale, il che produce in lui un contrasto colle sue idee. Questo caso, da cui nasce la grazia, non è raro. Tutte quelle fisonomie, o quelle forme di persona, perfettamente armonizzanti, e con tutto ciò non ordinarie, o nelle quali non si suol trovare armonia, o in somma di genere diverso dal più delle fisonomie e forme belle, sono per qualche parte graziose. E il caso è più frequente e più facile nelle maniere, le quali ammettono più varietà che le forme materiali e naturali, e possono armonizzare in molti più modi che le dette forme.
[2833]La grazia, anche in questi casi, è sempre relativa, cioè secondo il contrasto che fanno quelle tali forme o maniere colle assuefazioni e colle idee che lo spettatore ha intorno al bello. Il qual contrasto può esser maggiore in una persona, minore in un'altra, e in un'altra nullo; e quindi produrre un senso di maggiore o minor grazia; ovvero questo senso non esser prodotto in niun modo. E questa varietà può anche essere in una medesima persona in diversi tempi e circostanze, assuefazioni ed idee. Onde può succedere che ad una medesima persona in altro tempo, o ad un'altra persona nel tempo stesso, riesca grazioso in questi casi appunto il contrario di quello ch'erale già riuscito, o che riesce a quell'altra persona. E questa grazia di cui discorro può esser tale per un maggiore o minor numero di persone, per la più parte o per pochi, per quelli d'una città o nazione o per quelli d'un'altra, per la gente di campagna o di città : secondo che lo straordinario di quella tal bellezza e armonia è maggiore o minore, più o meno visibile, rispettivo a quello [2834]che i più riconoscono per bellezza o a quello che pochi ec. Sebbene io abbia qui considerato questa grazia applicandola alle forme e maniere delle persone, il medesimo discorso si potrà e dovrà fare intorno a tutti gli altri oggetti capaci di bellezza e di grazia, in molti de' quali sarà molto più frequente e più facile il caso della graz...
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