[Pagina precedente]...i padre, e rendergli come è dovuto grandissima osservanza e onore. Nella molta età si truova lunga pruova delle cose, ed èvvi el conoscere molti costumi, molte maniere e animi degli uomini, e stavvi l'aver veduto, udito, pensato infinite utilitati, e ad ogni fortuna ottimi e grandissimi rimedii. Nostro padre messer Benedetto, del quale uomo, come fo in ogni cosa, però m'è debito ricordarmi, perché in ogni cosa lui sempre cercò da noi essere conosciuto prudentissimo e civilissimo, trovandosi con alcuni suoi amici in l'isola di Rodi, introrono in ragionamenti delle inique e acerbe calamità della famiglia nostra, e iudicavano avesse la nostra famiglia Alberta dalla fortuna ricevuta iniuria troppo grande; e vedendo forse in qualcuno de' nostri cittadini qualche fiamma d'invidia e d'ingiusto odio essere incesa, accadde a ragionamento che messer Benedetto allora predisse alla terra nostra molte cose delle quali medesime già n'abbià no non poca parte vedute. Ivi parendo a chi l'udiva cosa molto maravigliosa cosà apertamente predire quel che agli altri era udendo difficile compreendere, pregorono gli piacesse manifestarli donde egli avesse quel che cosà da lungi prediceva. Messer Benedetto, uomo umanissimo e facilissimo, sorridendo si discoperse alto la fronte e monstròngli que' canuti, e disse: «Questi capelli di tutto mi fanno prudente e conoscente».
E chi ne dubitasse nella età lunga essere gran memoria del passato, molto uso delle cose, assai essercitato intelletto a pregiudicare e conoscere le cagioni, il fine e riuscimento delle cose, e sapere coniungere da ora le cose presenti con quelle che furono ieri, e indi presentire quanto domani possa riuscirne, onde prevedendo apparisca e conséguiti certo e accomodatissimo consiglio, e consigliando renda ottimo rimedio a sostenere la famiglia in stato riposato e rilevato, in qual sempre con fede e diligenza possa difenderla da qualunque subita ruina, e con forza e virilità d'animo adirizzarla e ristituirla se già fusse dagli urti della fortuna in parte alcuna commossa o piegata? L'intelletto, la prudenza e conoscimento de' vecchi insieme colla diligenza sono quelle che mantengono in fiorita e lieta fortuna e adornano di splendore e laude la famiglia. A chi adunque può questo ne' suoi, mantenerli in felicità , reggerli contro all'infelicità , sostenerli non senza ornamento a ogni fortuna, qual possano e' vecchi, debbase loro non aver grandissima riverenza?
Debbano adunque e' giovani riverire e' vecchi, ma molto piú i propri padri, e' quali e per età e per ogni rispetto troppo da' figliuoli meritano. Tu dal padre avesti l'essere e molti principii ad acquistare virtú. El padre con suo sudore, sollecitudine e industria t'ha condutto ad essere uomo in quella età , quella fortuna, e a quello stato ove ti truovi. Se tu se' obligato a chi nella necessità e miseria tua t'aiuta, certo a chi quanto poté mai te lasciò patire alcuno minimo bisogno, a quello sarai obligatissimo. Se e' si debba ogni pensiero, ogni tua cosa, ogni fortuna coll'amico communicare, sofferire sconcio, fatica e sudore per chi ti porta amore, molto piú pel padre tuo a chi tu se' piú che alcuno altro carissimo, e quasi piú che a te stesso obligatissimo. Se dell'avere, del bene, delle ricchezze tue, gli amici e conoscenti tuoi debbono in buona parte goderne, molto piú il padre, dal quale tu hai avuto se non la roba la vita, non la vita solo ma il nutrimento tanto tempo, se none il nutrimento l'essere e il nome. Adunque sia debito a' giovani referire co' padri e co' suoi vecchi ogni volontà , pensiero e ragionamento suo, e di tutto con molti consigliarsi, e con quegli in prima a' quali conoscono sé essere piú che agli altri cari e amati, udirgli volentieri come prudentissimi ed espertissimi, seguire lieti gli amaestramenti di chi abbia piú senno e piú età . Né siano e' giovani pigri ad aiutare ogni maggiore nella vecchiezza e debolezze loro; sperino in sé da' suoi minori quella umanità e officio quale essi a' suoi maggiori aranno conferita. Però siano pronti e diligentissimi cercando di dargli in quella stracchezza della lunga età conforto, piacere e riposo. Né stimino a' vecchi essere alcuno piacere o letizia maggiore quanto è in loro di vedere la gioventú sua ben costumata e tale che meriti d'essere amata. E di certo niuno sarà maggior conforto a' vecchi quanto di vedere quelli in chi lungo tempo hanno tenuto ogni loro speranza ed espettazione, quelli per chi hanno avuti sempre i suoi desiderii curiosi e solleciti, questi vederli per loro costumi e virtú esser pregiati, amati e onorati. Molto sarà contenta quella vecchiezza quale vedrà ciascuno de' suoi adritto e avviato in pacifica e onorevole vita. Sempre sarà pacifica vita quella de' molto costumati; sempre sarà onorevole vita quella de' virtuosi. Da cosa niuna tanto segue alla vita de' mortali gran perturbazione quanto da' vizii.
Però sia vostro officio, o giovani, con virtú e costumi cercare di contentare e' padri e ogni vostro maggiore come nell'altre cose cosà in queste, le quali sono in voi lodo e fama, e a' vostri rendono allegrezza, voluttà e letizia. E cosÃ, figliuoli miei, seguite la virtú, fuggite e' vizii, riverite e' maggiori, date opera d'essere ben voluti, fate di vivere liberi, lieti, onorati e amati. El primo grado a essere onorato si è farsi voler bene e amare; el primo grado ad acquistar benivolenza e amore si è porgersi virtuoso e onesto; el primo grado per adornarsi di virtú si è avere in odio e' vizii, fuggire i viziosi. Volsi adunque sempre aversi apresso de' buoni lodati e pregiati, né partirsi mai da quelli onde abbiate essemplo e dottrina ad acquistare e appreendere virtú e costume. E doveteli amare, riverire, e dilettarvi d'essere da tutti conosciuti senza alcuno biasimo. Non siate difficili, non duri, non ostinati, non leggeri, non vani, ma facilissimi, trattabili, versatili, e quanto s'appartenga nella età pesati e gravi, e quanto in voi sia cercate con tutti essere gratissimi, e inverso e' maggiori quanto molto si può reverenti e ubidenti. Suole la umanità , mansuetudine, continenza e modestia ne' giovani non poco essere lodata; ma verso e' maggiori la riverenza ne' giovani sempre fu grata e molto richiesta.
Non dirò per millantarmi, ma ben per darvi domestici essempli, e' quali vi siano piú ad animo udirgli e piú a mente a ricordarvene che gli strani. Non mi ramenta in luogo alcuno, dove Ricciardo nostro fratello, o de' nostri altri di piú età di me fossero, ch'io mai volessi ivi essere veduto o sedere o starmi senza rendergli grandissima riverenza. Mai fra piú gente né in alcuno luogo publico fu chi appresso de' miei maggiori mi vedesse se non ritto e aparecchiato se cosa mi volessino comandare. Dovunque io gli avessi veduti, sempre levavo me verso loro e discoprivami ad onorarli, e dovunque io gli trovassi, era mio costume lasciare adrieto ogni mio sollazzo e compagnia per essere co' maggiori, rendergli onore e acompagnarli. Né sarei mai ritrattomi da loro, né reduttomi tra' giovani amici, se prima come da padre non avea impetrata licenza. Ed era di questa mia osservanza e subiezione non da' vecchi tanto, ma da' giovani ancora non biasimato, e a me parea averne fatto el debito mio, ché fare il contrario, non aggradire, non pregiare, non sottoaversi a' maggiori arei riputatomi a vergogna e biasimo. E piú in ogni cosa a me sempre parse dovere con Ricciardo come sempre feci, apertomi con lui, consigliatomi, riputatolo come padre, tanto mi stava in animo essere debito degnare e onorare l'età .
Sarete adunque quanto vi conforto verso e' maggiori molto riverenti, e quanto in voi stessi potrete virtuosi. Né guardate, figliuoli miei, che la virtú in vista sia forse duretta e aspretta, gli altri disviamenti in primo aspetto sieno proclivi e dilettosi, imperoché adentro vi si truova questa tra loro grandissima differenza: nel vizio abita piú pentimento che contentamento, piú vi surge dolore che piacere, piú vi truovi perdimento da ogni parte che utile. Nella virtú tutto contra, lieta, graziosa e amena, sempre ti contenta, mai ti duole, mai ti sazia, ogni dà piú e piú t'è grata e utile. E quanto in te saranno buoni costumi e intere ragioni, tanto sarai pregiato e lodato, e da' buoni ben voluto, e godera'ne fra te stesso. E se conoscerai te non essere non uomo, e non vorrai umanitate alcuna essere da te lontana, certo arai non pochissima parte di vera felicità in te stessi. Questo può la virtú per sé sola, rendere beato e felice chi con tutto l'animo e tutte l'opere dedica sé a seguire e osservare ogni erudimento e precetto col quale alontani sé da' vizii e fugga ogni rio costume e cosa non lodata.
Io sono di quelli che vorrei piú tosto, figliuo' miei lasciarvi per eredità virtú che tutte le ricchezze, ma questo non sta in me. Quello che in me stimai licito, sempre mi sono operato darvi ogni principio, aiuto e modo con che voi conseguiate molta lode, assai grazia e grande onore. A voi sta usare l'ingegno avete da natura, credo non piccolo, né debole, e farlo migliore con studio ed essercizio di buone cose, e con molta copia di buone arti e lettere. E la fortuna, la quale io vi lascio, dovete adoperarla e distribuirla in que' modi tutti siano utili a farvi grati come a' vostri, ancora simile a ogni strano. E' mi par ben potere però dubitare che desiderarete qualche volta avermi in vita, figliuoli miei; forse patirete degli affanni e necessità , quale essendoci io, manco vi nocerebbono, ché a me non è nuovo quello possa la fortuna ne' deboli anni negli animi inesperti de' giovani, a' quali manca e consiglio e aiuto. Ed èmmi essemplo la casa nostra, la quale abonda di prudenza, ragione ed esperienza, fermezza, virilità e constanza d'animo; pure conosce in queste nostre avversità quanto con sua furia e iniquità la fortuna in qualunque saldo consiglio, e in qualunque ferma e ben constituta ragione vaglia. Ma siate di forte e intero animo. Le avversità sono materia della virtú. E chi è colui el quale di sua fermezza d'animo, di sua constanza di mente, di sua forza d'ingegno, di sua industria e arte vaglia di sé nelle seconde e quiete cose, nell'ozio e tranquillità della fortuna, tanto meritare e acquistare laude e nome quanto nella avversa e difficile? Però vincete la fortuna colla pazienza, vincete la iniquità degli uomini collo studio delle virtú, adattatevi alle necessitati e a' tempi con ragione e prudenza, agiugnetevi all'uso e costume degli uomini con modestia, umanità e discrezione, e sopratutto con ogni vostro ingegno, arte, studio e opera, cercate molto in prima essere, e apresso parere virtuosi. Né a voi sia piú caro, né prima desiderata alcuna cosa che la virtú, e in voi stessi arete statuito sempre alla scienza e sapienza posporre ogni altra cosa, e indi ogni utile della fortuna apresso di voi riputerete da non molto essere pregiato. E ne' vostri desiderii lo onore solo e la fama si vendicaranno e' primi luoghi, né mai posporrete le lode alle ricchezze e per asseguire onore e pregio niuna cosa benché ardua e laboriosa mai vi parrà da nolla intraprendere e proseguire, e delle fatiche vostre basteravvi aspettare non altro che grazia e nome. Né dubitate che chi è virtuoso, quando che sia troverrà frutto dell'opere sue, né vi sfidate con perseveranza e assiduità durare in studii di buone arti, in pervestigazioni di cose rarissime e lodatissime, e in apprendere e tenere buone dottrine e discipline, ché un tardo renditore spess'ora ne suole venire con molta usura.
Né a me spiace in voi che 'nsino da questa puerile e tenera età abbiate apparecchiata non mezzana materia ad essercitarvi e ad imparare opporsi e sostenere gl'impeti degli avversi casi umani. Lasciovi in essilio e senza padre, fuori della patria e della casa vostra. Fievi lodo, figliuoli miei, ne' teneri e deboli anni, se none in tutto, in parte almanco traiettarvi a superare la durezza e asprezza delle necessitati, e nella ferma età a voi sarà quasi meritato in voi stessi triunfo, se arete in ogni vita saputo poco temere la malignità e vincere l...
[Pagina successiva]