[Pagina precedente]...e vedere la moglie lisciata, ma niuno pare sappia distornela.
GIANNOZZO E in questo fu' io prudentissimo, né ti dispiacerà udire in quanto bello modo io gli ponessi in odio ogni liscio; e perché a voi sarà utilissimo avermi udito, ascoltatemi. Quando io ebbi alla donna mia consegnato tutta la casa, ridutti come racontai serrati in camera, e lei e io c'inginocchiammo e pregammo Iddio ci desse facultà di bene usufruttare quelli beni de' quali la pietà e beneficenza sua ci aveva fatti partefici, e ripregammo ancora con molta divotissima mente ci concedesse grazia di vivere insieme con tranquillità e concordia molti anni lieti e con molti figliuoli maschi, e a me desse ricchezza, amistà e onore, a lei donasse integrità e onestà e virtú d'essere buona massaia. Poi, levati diritti, dissi:
«Moglie mia, a noi non basta avere di queste ottime e santissime cose pregatone Iddio, se in esse noi non saremo diligenti e solleciti quanto piú ci sarà licito, per quanto pregammo essere e asseguirle. Io, donna mia, procurerò con ogni mia industria e opera d'acquistare quanto pregammo Iddio: tu il simile con ogni tua voluntà , con tutto lo ingegno, con quanta potrai modestia farai d'essere essaudita e accetta a Dio in tutte le cose delle quali pregasti; e sappi che di quelle niuna tanto sarà necessaria a te, accetta a Dio e gratissima a me e utile a' figliuoli nostri quanto la onestà tua. La onestà della donna sempre fu ornamento della famiglia; la onestà della madre sempre fu parte di dote alle figliuole; la onestà in ciascuna sempre piú valse che ogni bellezza. Lodasi il bello viso, ma e' disonesti occhi lo fanno lordo di biasimo e spesso troppo acceso di vergogna o pallido di dolore e tristezza d'animo. Piace una signorile persona, ma uno disonesto cenno, uno atto di incontinenza subito la rende vilissima. La disonestà dispiace a Dio, e vedi che di niuna cosa tanto si truova Iddio essere severo punitore contro alle donne, quanto della loro poca onestà : rendele infame e in tutta la vita male contente. Vedi la disonestà essere in odio a chi veramente e di buono amore ama, e sente costei la disonestà sua solo essere grata a chi a lei sia inimico; e a chi solo piace ogni nostro male e ogni nostro danno, a costui solo può non dispiacere vederti disonesta. Però, moglie mia, se vuol fuggire ogni specie di disonestà e dare modo di parere a tutti onestissima, ché a quello modo faresti ingiuria a Dio, a me, a' figliuoli nostri e a te stessi, a questo modo acquisti lodo, pregio e grazia da tutti, e da Dio potrai sperare le preghiere e i voti tuoi essere non poco essauditi. Adunque, volendo essere lodata di tua onestà , tu fuggirai ogni atto non lodato, ogni parola non modesta, ogni indizio d'animo non molto pesato e continente. E in prima arai in odio tutte quelle leggerezze colle quali alcune femmine studiano piacere agli uomini, credendosi cosà lisciate, impiastrate e dipinte, in quelli loro abiti lascivi e inonesti, piú essere agli uomini grate che monstrandosi ornate di pura simplicità e vera onestà ; ché bene sono stultissime e troppo vane femmine, ove porgendosi lisciate e disoneste credono essere da chi le guata lodate, e non s'aveggono del biasimo loro e del danno, non s'aveggono meschine che con quelli indizii di disonestà elle allettano le turme de' lascivi; e chi con improntitudine, chi con assiduità , chi con qualche inganno, tutti l'assediano e combà ttolla per modo che la misera e isfortunatissima fanciulla cade in qualche errore, donde mai si lieva se non tutta brutta di molta e sempiterna infamia».
Cosà dissi alla donna mia; e ancora per rèndella bene certa quanto alle donne fosse non solo biasimo, ma molto ancora dannoso marcirsi il viso con quelle calcine e veneni quali le pazze femine appellano lisci, vedi, Lionardo mio, come bellamente io l'amaestrai. Ivi era il Santo, una ornatissima statua d'argento, solo a cui il capo e le mani erano d'avorio candidissimo: era pulita, lustrava, posta nel mezzo del tabernaculo come s'usa. Dissili: «Donna mia, se la mattina tu con gessi e calcina e simili impiastri imbiutassi el viso a questa imagine, sarebbe forse piú colorita e piú bianca sÃ, ma se poi fra dà il vento levasse alto la polvere la insusciderebbe pur sÃ, e tu la sera la lavassi, e poi e' dà seguenti in simili modo la rimpiastrassi e rilavassi, dimmi, doppo molti giorni volendola vendere cosà lisciata, quanti danari n'aresti tu? Piú che mai non avendola lisciata?» Rispuose ella: «Molti pochi». «E cosà sta», dissi io, «però che chi compera l'imagine non compera quello impiastro quale si può levare e porre, ma appregia la bontà della statua e la grazia del magisterio. Tu adunque aresti perduta la fatica e le spese di quelli impiastri. E dimmi, se tu seguissi pur lavandola e impiastrandola piú mesi o anni, farestila tu essere piú bella?». «Non credo», disse ella. «Anzi», dissi io, «la guasteresti, logorerestila, renderesti quello avorio incotto, riarso con quelle calcine, e livido, giallo e frollo. Certo sÃ. E se queste adunque pultiglie tanto possono in una cosa durissima, in uno avorio, ché vedi l'avorio per sé durare eterno, stima certo, moglie mia, quelle molto piú potranno nel fronte e nelle guance tue, quali senza imbrattalle sono tenere e delicate, e con qualunque liscio diventeranno aspre e vizze. E non dubitare che quelli veneni, se tu poni mente, tutte sono cose ne' vostri lisci venenose, e a te molto piú che a quello avorio noceranno, già che ogni poca polvere, ogni piccolo sudore ti farà il viso imbrattato. Né a quello modo sarai piú bella, anzi piú sozza, e a lungo andare ti troverresti fracide le guance».
LIONARDO Monstrò ella assentirvi e stimare che voi le dicessi il vero?
GIANNOZZO E quale pazza stimasse il contrario? Anzi ancora perché ella piú mi credesse, la domandai d'una mia vicina, la quale tenea pochi denti in bocca, e quelli pareano di busso tarmato, e avea gli occhi al continuo pesti, incavernati, il resto del viso vizzo e cennericcio, per tutta la carne morticcia e in ogni parte sozza; solo in lei poteano alquanto e' capelli argentini guardandola non dispiacere. Adunque domandai la donna mia s'ella volesse essere bionda e simile a costei. «Oimè no!», disse ella. «O perché?», dissi io, «ti pare ella cosà vecchia? Di quanta età la stimi tu?». Rispuosemi vergognosa dicendo che male ne sapeva giudicare, ma che li parea quella fosse di tanta età quanta era la balia della madre sua. E io allora li giurai il vero che quella sà fatta vicina mia non era due anni nata prima di me, né certo agiugneva ad anni trenta e due, ma cagione de' lisci cosà era rimasta pesta, e tanto parea oltre al suo tempo vecchia. Dipoi che io di questo la vidi assai maravigliarsi, io gli puosi a mente tutte le fanciulle nostre Alberte mie cugine e l'altre della casa. «Vedi tu, donna mia», dissi io, «come le nostre tutte sono frescozze e tutte vive, non per altro se none perché a loro solo basta lisciarsi col fiume. Cosà farai tu, donna mia», dissi io. «Tu non ti intonicherai né scialberai il viso per parermi piú bella, già che tu a me se' candida troppo e colorita, ma come le nostre Alberte solo coll'acqua, cosà tu terrai lavata te e netta. E, donna mia, tu non hai a piacere se non a me in questo, e stima non potere piacermi volendomi ingannare, monstrandoti lisciata quello che tu non fussi; benché me non potresti tu ingannare, perché io ti veggo ogni ora e bene mi stai in mente come tu se' fatta senza liscio. Di quelli di fuori, se tu amerai me, stima tu quale potrà esserti ad animo piú che il marito tuo. E sappi, moglie mia, che chi cerca piú piacere a quelli di fuori che a chi ella debba in casa, costei monstrerrà meno amare il marito che gli strani».
LIONARDO Prudentissime parole. Ma fustine voi obedito?
GIANNOZZO Pur tale ora alle nozze, o che ella si vergognasse tra le genti, o che ella fosse riscaldata pel danzare, la mi pareva alquanto piú che l'usato tinta; ma in casa non mai, salvo il vero una sola volta quando doveano venire gli amici e le loro donne la pasqua convitati a cena in casa mia. Allora la moglie mia col nome d'Iddio tutta impomiciata, troppa lieta s'afrontava a qualunque venia, e cosà a chi andava si porgeva, a tutti motteggiava. Io me n'avidi.
LIONARDO Crucciastivi voi seco?
GIANNOZZO Ah! Lionardo, colla donna mai mi crucciai.
LIONARDO Mai?
GIANNOZZO Perché dovessino tra noi durare crucci? Di noi niuno mai volse dall'altro cosa se non tutta onesta.
LIONARDO Pur credo vi dovesti turbare se in questo la donna non quanto dovea voi ubidiva.
GIANNOZZO SÃ, questo sà bene. Ma non però mi li scopersi turbato.
LIONARDO Non la riprendesti voi?
GIANNOZZO Eh! Eh! pur con buono modo, ché a me sempre parse, figliuoli miei, correggendo cominciare con la dolcezza, acciò che il vizio si spenga e la benivolenza s'accenda. E apprendete questo da me. Le femmine troppo meglio si gastigano con modo e umanità che con quale si sia durezza e severità . El servo potrà patire le minaccia, le busse, e non forse sdegnerà se tu lo sgriderai; ma la moglie piú tosto te ubidirà amandoti che temendoti, e ciascuno libero animo piú sarà presto a compiacerti che a servirti. Però si vuole, come feci io, l'errore della moglie in tempo bellamente riprendere.
LIONARDO E in che modo la riprendesti voi?
GiANNOZZO Aspettai di riscontrarla sola, sorrisili e dissili: «Tristo a me, e come t'imbrattasti cosà il viso? Forse t'abattesti a qualche padella? Lavera'ti, che questi altri non ti dileggino. La donna madre della famiglia conviene stia netta e costumata, s'ella vuole che l'altra famiglia impari essere costumata e modesta». Ella me intese, lacrimò. Io gli die' luogo ch'ella si lavasse le lacrime e il liscio. Dipoi ebbi mai di questo che dirgliene.
LIONARDO O moglie costumatissima! Di lei bene posso io credere che sendo a voi tanto ubbidiente e tanto in sé modesta, molto potesse rendere l'altra famiglia reverente e costumata.
GIANNOZZO E cosà tutte le moglie sono a' mariti obediente quanto questi sanno essere mariti. Ma veggo alcuni poco prudenti che stimano potere farsi ubidire e riverire dalle moglie alle quali essi manifesto e miseri servono, e dimonstrano con loro parole e gesti l'animo suo troppo lascivo ed effeminato, onde rendono la moglie non meno disonesta che contumace. A me mai piacque in luogo alcuno né con parole né con gesto in quale minima parte si fusse sottomettermi alla donna mia; né sarebbe paruto a me potermi fare ubidire da quella a chi io avessi confessato me essere servo. Adunque sempre mi li monstrai virile e uomo, sempre la confortai ad amare la onestà , sempre le ricordai fusse onestissima, sempre li ramentai qualunque cosa io conosceva degna sapere alle perfette madri di famiglia, e spesso gli dicea: «Donna mia, a volere vivere in buona tranquillità e quiete in casa, conviene che in prima sia la famiglia tutta costumata e molto modesta, la quale stima tu questo tanto sarà quanto saprai farla ubidiente e riverente. E quando tu in te non sarai molto modesta e molto costumata, sia certo quello quale tu in te non puoi, molto manco potrai in altri. E allora potrai essere conosciuta modestissima e bene costumatissima quando a te dispiaceranno le cose brutte; e gioverà questo ancora che quelli di casa se ne guarderanno per non dispiacerti. E se la famiglia da te non arà ottimo essemplo di continenza e costume interissimo, non dubitare ch'ella sarà poco a te ubidiente e manco riverente. La riverenza si rende alle persone degne. Solo e' costumi danno dignità , e chi sa osservare dignità sa farsi riverire, e chi sa fare sé riverire costui facilmente si fa ubidire, ma chi non serba in sé buoni costumi, costui subito perde ogni dignità e reverenza. Per questo, moglie mia, sarà tua opera in ogni atto, parole e fatti essere e volere parere modestissima e costumatissima. E ramentoti che una grandissima parte di modestia sta in sapere temperarsi con gravità e maturità in ogni gesto, e in temperarsi con ragione e consiglio in ogni parola sà in casa tra' suoi, sà molto piú fuori tra le genti. Per questo, molt...
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