[Pagina precedente]...erto ancora è grato a Dio. Chi male usa le cose nuoce agli uomini e non poco dispiace a Dio; e chi dispiace a Dio stolto è se si reputa felice. Adunque si può statuire cosÃ: l'uomo da natura essere atto e fatto a usufruttare le cose, e nato per essere felice. Ma questa felicità da tutti non è conosciuta, anzi da diversi diversa stimata. Alcuni reputano felicità avere bisogno di nulla, e questi cercano le ricchezze, le potenze e amplitudine. Alcuni stimano a felicità non sentire incarico o dispiacere alcuno, e questi si danno alle delizie e voluttà . Alcuni altri pongono la felicità in luogo piú erto e piú difficile a giugnervi, ma piú onesto e piú sopra i lascivi appetiti, in essere onorati, stimati dagli altri uomini, e questi intraprendono le fatiche e gran fatti, le vigilie e virili essercizii. Forse di questi ciascuno può aggiugnere non molto discosto dalla felicità adoperandosi con virtú, usando le cose con ragione e modo. E cosà adoperando l'altre cose insieme a sé stessi con temerità e sanza ordine, gli segue molto errore, e tanto piú a lungi si truova addutto errando quanto di sé e de' doni d'Iddio peggio meriterà con vizii e impietà . Questo sarà quando el vizioso verrà ne' suoi presi essercizii piú o manco che non richiede e patisce l'onestà e ragione. Volere con avarizia, con brutte arti arricchire; volere con vizii essere onorato; volere ne' lascivi ozii non sentire gravezza alcuna, a me pare sia non altro che disporsi a male usare le cose per nuocere agli uomini, dispiacere a Dio in quel modo ed essere infelice e misero, la qual cosa molto si debba da ciascuno non in tutto insensato fuggire, e molto piú da coloro e' quali vorranno rendere la sua famiglia felice.
Cerchino adunque costoro in prima per sé essere felici, poi procureranno la felicità de' suoi; e, come dissi, la felicità non si può ottenere sanza essercitarsi in buone opere, giuste e virtuose. Sono l'opere giust'e buone quelle che non solo nuociono a niuno, ma giovano a non pochissimi. Sono l'opere virtuose quelle nelle quali si truova niuna suspizione né congiunzione di disonestà , e quelle saranno ottime opere, le quali gioveranno a molti, e quelle fieno virtuosissime le quali non si potranno asseguire sanza molta virilità e onestà . Se pertanto noi abbiamo a prendere essercizio virile e onestissimo, a me pare si doverrà molto bene, innanzi che noi ci dedichiamo ad alcuno fermo essercizio, ripensare molto ed essaminare con quale ci sia piú facile giugnere verso alla felicità . Ogni uomo non si truova abile a cosà facilmente essere felice. Non fece la natura gli uomini tutti d'una compressione, d'uno ingegno e d'uno volere, né tutti a un modo atti e valenti. Anzi volse che in quello in quale io manco, ivi tu supplisca, e in altra cosa manchi la quale sia apresso di quell'altro. Perché questo? Perch'io abbia di te bisogno, tu di colui, colui d'uno altro, e qualche uno di me, e cosà questo aver bisogno l'uno uomo dell'altro sia cagione e vinculo a conservarci insieme con publica amicizia e congiunzione. E forse questa necessità fu essordio e principio di fermare le republice, di costituirvi le leggi molto piú che come diceva... fuoco o d'acque essere stato cagione di tanta fra gli uomini e sà con legge, ragione e costumi colligata unione de' mortali.
Ma non usciamo del proposito. Vorrassi, a conoscere quale essercizio piú si convenga, considerare queste due cose: l'una essaminare lo 'ngegno, lo 'ntelletto, el corpo tuo, e ogni cosa la quale sia in te; poi appresso porre ben mente di quegli aiuti, amminicoli e appoggi e' quali sono necessarii e utili in quel tale essercizio, a quale ti pare essere piú che agli altri sufficiente, di quelli come tu abbia ad averne in tempo attitudine, copia e libertà . Pogniamo caso: se colui volessi essercitare fatti d'arme sentendosi debole, poco robusto, poco valente a sostenere le fatiche, a durare nel sudore, a stare nella polvere, sotto l'aria, sotto el sole, questo per lui non sarebbe atto essercizio. E se io volessi seguire lettere sendo povero, non avendo ben donde supplire alle spese, quali non poche si convengono agli studii delle lettere, ancora non sarebbe questo essercizio per me. Ma volendo tu darti a cose civili, trovandoti moltitudine di parenti, copia d'amici, abondanza di roba, e in te sendo d'ingegno, d'eloquenza e di grazia non rozzo, né inetto, quello essercizio ben si farebbe per te. Vorrassi adunque prima contrapesare fra sé stessi ogni cosa, come dissi, quanto la natura abbia donato a te e al corpo tuo, e quanto la fortuna ti conceda e in tempo monstri non privartene. Interviene che alcuna volta si mutano le compressioni, le fortune, e' tempi e l'altre cose. Allora si faccia come diceva Talete filosofo: «Adà ttati al tempo». Se tu avessi a ire in villa possendovi andar bellamente per qualche viottolo, vorresti tu pure irvi per la strada militare e regia quando quella fosse rotta, piena di precipizii, fatiche e pericoli? Credo io che pur no. Anzi, sendo tu non imprudente, andresti per una dell'altre, la quale in sé piú fusse onesta e piú a te facile. Cosà sarà nel corso della vita nostra umana prudenza fare. Se 'l fiume e onda de' tempi, se l'impeto e diluvio della fortuna c'interrompe la via, se la ruina delle cose la impaccia e guastala, vuolsi allora pigliare altro essercizio a tradurci quanto meglio a noi sia possibile verso la desiderata felicità . E non stimo io essere altro felicità se non vivere lieto, sanza bisogno e con onore. E se tu vedrai te essere atto a piú che uno essercizio, adrÃzzati in prima con quello el quale piú sia onorato in sé e utile a te e alla famiglia tua; e a qualunque essercizio ti darai, sempre ti segga in mente essere nato a bene adoperarti per adducerti a felicità , e sempre ti sia proposto in animo che al bene adoperarsi niuna cosa piú giova quanto se tu al tutto delibererai essere quello el quale agli altri vorrai parere. Chi aspetterà essere riputato liberale, Battista, sarà suo debito donare a molti spesso e largheggiare; chi vorrà essere riputato giusto e buono, costui conviene mai ingiurii alcuno, sempre retribuisca secondo e' meriti, vincendo non di contenzione ma d'umanità e facilità ; chi soccombe al dolore e teme e' casi avversi, chi pregia la fortuna e le cose caduche, costui mai meriterà essere riputato né forte, né di grande animo. Ma colui del quale sarà la memoria, el conoscimento, el vero fermo e intero giudicio da' suoi cittadini provato e adoperato, colui uno si potrà riputare e stimarlo prudente. Adunque ciascuno in quello essercizio al quale sé stessi darà , studii con ogni opera e diligenza essere quale e' vuol parere. E stimo io niuno vorrebbe parere cattivo o maligno. Piú tosto credo ciascuno ama essere tenuto modesto, umano, temperato, facile, amorevole, servente, faccente, studioso. Le quali lode se sono da pregiarle e da volerle, a noi rimane officio quanto in noi sia con opera non meno che con animo e volontà cosà essercitarci d'essere, perché poi essendo in noi, cosà agli altri parremo. Niuna cosa manco si può occultare che la virtú. Sempre fu la virtú sopra tutti gli umani beni clarissima e illustrissima. E dipoi si cerchi e sforzisi con tutte le mani e co' piedi, con tutti e' nerbi, con ogni diligenza, sollecitudine e cura, curisi ivi con ogni nostra opera, arte e industria, tra gli essercitati ed eruditi uomini in quello al quale ti desti essercizio, essere sopra tutti peritissimo e dottissimo. E chi, quanto si richiede, persevererà affaticandosi e sudando in quel ch'egli studii al tutto e contenda essere molto el primo, stimo a costui non sarà cosa troppo difficilissima occupare ogni prima laude e nome. Dicesi che l'uomo può ciò che vuole. Se tu ti sforzerai, come ho detto, con tutte le forze e arte tue, sono io un di quegli che non dubito te in qualunque essercizio conscenderai al primo e suppremo grado di perfezione e fama. Chi s'inframmette ad essercizio non in tutto atto e condecente a sé, di costui non merita lo studio però essere biasimato. E chi con ogni studio e diligenza seguirà essercitandosi in quello che la natura e fortuna gli asecondi, costui merita lode e pregio, benché ivi a lui quello riesca poco fruttuoso. Ma ben meriterebbe essere ripreso chi eleggesse cosa poco a sé accommodata. Non in ogni cosa si loda opporsi alla fortuna, né poco giova sapere col corso delle cose tragittarsi a buona quiete e tranquillità del vivere. Conviensi adunque aviare in modo che a tempo non di te abbia, ma piú della fortuna, se caso aviene, ad inculparti. E certo poco arai da rimordere te stessi, ove con maturo consiglio tu arai preso essercizio quanto dissi atto a te e alla fortuna tua. Cosà colui el quale averà preso atto e conveniente essercizio a sé, e in quello resterassi adrieto e non ascenderà alle prime lode, le piú volte costui non arà se non da incolpare la sua negligenza.
E in questa materia si può addurre similitudine. Pogniamo per caso che al porto di Vinegia s'aparasse e ornasse uno spettaculo navale, nel quale fusse grande multitudine di concertatori e navi, e tu fra esse fussi duttore d'una, le quali tutte rigattessero un lungo corso simile a quello discrive Virgilio fatto ne' giuochi d'Enea appresso di Cicilia, ma piú ciascuna delle navi adoperasse o veli o remi, quali al navichiero paresse al suo presto tragettare convenientissimo. Tu per giugnere al termine ove si serba le grillande e insigni della vittoria, e ove si rendono i premi e onori meritati, sommamente contenderesti onde la tua e quell'altra e anche la terza nave aggiugnerebbono a' primi meritati onori, e forse anche la quarta ne riporterebbe se non suppremo premio, almen qualche nome, e pure ritornerebbe ricordata dalla moltitudine, e in le recitazioni del veduto spettaculo forse sarebbe o da qualche loro avenuta sciagura, o da qualche errore scusata, e cosà in qualche parte onestata e lodata dove accadesse. Ma l'altre tutte sarebbono sconosciute, e di loro si tacerebbe, per modo che forse meglio sarebbe a que' concertatori essersi stati in terra oziosi con gli altri giudicando, ridendo, e quanto volessino biasimando la tardità e negligenza d'altri, che con essi aversi con negligenza, se cosà si può dire, affannato, e vedersi non pregiati, ancora e beffati da tutti. Cosà nel corso e concertazione dell'onore e laude nella vita de' mortali mi stimo sarebbe utilissimo provedere e prendere atta in prima e facile navicella e via alle forze e ingegno tuo, e con essa sudare d'essere il primo, come agli animi non desidiosi e piccolissimi sta bene sperare e desiderare d'essere, e al tutto contendere d'essere se non il primo almanco tra' primi veduto fuori di quella moltitudine sconosciuta e negletta, certare con tutte le forze e ingegno di conseguire qualche clarità e laude. A conseguire laude si richiede virtú; a ottenere virtú solo bisogna cosà volere sé tanto essere, piú che parere, tale quale desideri d'essere tenuto. Per questo si dice che alla virtú pochissime cose sono necessarie. Come vedi, solo la ferma, intera e non fitta volontà basta, e sarà in colui fizione, el quale monstrerrà quello volere quale gli dispiace. Ma non ci stendiamo in disputare quanto sia facillissimo conseguire la virtú. Altrove sarà da dirne. Solo statuiamo che a chi cerca meritare il primo, sederà onesto nel secondo luogo; fra gli ultimi niuno siede se non sconosciuto e negletto, ove non si truova onestamento alcuno. E qui sia utile ancora considerare quanto ogni tua opera e fatica ti seguirà con emolumento e profitto, con molto onore e frutto di fama, ove tu te conduchi tra' primi. Tu vedi in ogni artificio chi si truova piú dotto, in colui piú concorrono ricchezze, e piú tra' suoi gli s'augumenta autorità e dignità . Pensa tu stessi quali sono quegli, a fare per vil cosa ch'ella sia, diciamo cosà un calzare, e' quali non cerchino tra quegli artefici sempre il miglior maestro. Se ne' vilissimi mestieri sempre i piú dotti piú sono richiesti, e cosà piú famosi, voglio stimate questo che ne' lodatissimi essercizii non sarà punto il contrario. An...
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