[Pagina precedente]...cole o sà rare che noi possiamo de' casi avversi non dubitare? El figliuolo a Persio re di Macedonia non fu egli veduto in Roma sudare tutto tinto alla fabbrica, e cosà mercennario, delle proprie sue fatiche e a grande stento, a tutte le sue necessitati satisfacere? Se la instabilità delle cose può cosÃ, uno figliuolo d'uno prestantissimo e potentissimo re tradurlo in una sà infima povertà e necessità , ben sarà in noi privati quanto ne' superiori da provedere a ogni fortuna. E se in casa nostra mai fu chi a que' tali mestieri operarii si desse, ringrazià nne la fortuna, e procuriamo per l'avenire che non bisogni. El nocchiero savio e proveduto, per potersi nella avversa tempesta sostenere, porta sarti, à ncore e vele piú che alla bonaccia non si richiede. Adunque e' padri cosà proccurino che a' figliuoli piaccia qualche in prima lodato e utile essercizio. E in questo prima seguitino l'onestà , apresso s'adattino a quanto conoschino el figliuolo con opera meglio possa e con ingegno conseguire a molto lodo.
ADOVARDO E questo medesimo, Lionardo, è una delle cose la quale spesso a' padri perturba l'animo, che conoscono e' loro giovani e minori a quanti casi e pericoli sieno sottoposti, e vorrebbono a tutto avere compiuto e ottimo rimedio. Ma non raro interviene ch'e' figliuoli contro ogni opinione riescono contumaci e superbi, per modo che niuna diligenza de' padri giova. E molto spesso acade per subite avversità , per povertà , ch'e' padri convengono di storre e' suoi da quelle buone arti ed essercizii in quali con lode e fama crescevano. E quindi al continuo a noi padri istà nell'animo tanta paura, o che il garzone già non recusi seguire le buone dottrine per essere negli anni maggiori e nelle sue volontà piú fermo e nelle cose desiderate piú baldanzoso, o che la fortuna non interrumpa il corso loro incominciato ad acquistare lode e amplitudine. Chi adunque al continuo in sé soffra questi tanti sospetti, e chi sempre della fortuna instabile e de' costumi poco costanti ne' giovani dubita quanto fanno e' padri ne' figliuoli, costui come si potrà egli crederlo lieto, o chiamarlo non infelice?
LIONARDO Io non so vedere, Adovardo, a che modo uno diligente padre possa avere e' figliuoli contumaci e superbi, se già tu non volessi che cominciasse non prima a essere diligente se non quando el figliuolo in tutto sia fatto vizioso. Se 'l padre serà sempre desto, e provederà prima a' vizii che sieno nati, e sarà officioso estirpandoli quando gli vederà nati, e serà preveduto e cauto in non aspettare che 'l vizio abbia a diventare tanto e sà sparso che colla infamia egli adombri e oscuri tutta la casa, certo costui credo non arà ne' figliuoli da dubitare alcuna contumacia o inobedienza. E bene per sua negligenza e inerzia sendo il vizio cresciuto e alcuno de' suoi rami steso, per mio consiglio el padre mai lo taglierà in modo che da parte alcuna ruini sopra le sue fortune o fama. Non dividerà el figliuolo da sé, né lo scaccerà come alcuni rotti e iracundi fanno, in modo ch'e' giovani pregni di vizio, pieni di licenza, carichi di necessitati, si danno a far cose sozze, pericolose, infame a sé e a' suoi. Ma starà prima el padre della famiglia curioso e sollecito a scorgere ogni vizio quanto negli apetiti di ciascuno de' suoi s'incenda, e subito darà opera di spegnere le faville d'ogni viziosa cupidità , per poi non avere con piú fatica, dolore e lacrime a 'morzare le fatte maggiori fiamme.
Dicesi che la buona via si piglia dal canto. Cominci el padre in sul primo entrare della età a discernere e notare dove il figliuolo s'invii, né mai lo lasci trascorrere in strada poco lodata o mal sicura. Non patiscano seco i figliuoli vincere alcuna pruova, non assuefarsi a disonesto e lascivio alcuno costume. Facciano e' padri sempre riputarsi pur padri, porgansi non odiosi, ma gravi, non troppo familiari, ma umani. E ricordisi ciascuno padre e maggiore che lo imperio retto per forza sempre fu manco stabile che quella signoria quale sia mantenuta per amore. Niuna paura può troppo durare: l'amore dura molto assai. La paura in tempo scema: l'amore di dà in dà sempre cresce. Chi adunque sarà sà pazzo che stimi in ogni cosa necessario monstrarsi severo e aspro? La severità senza umanità acquista piú odio che autorità . L'umanità quanto sarà piú facile e piú segiunta da ogni durezza, tanto piú meriterà benivolenza e grazia. Né chiamo diligenza, quale par costume piú di tiranni che de' padri, monstrarsi nelle cose troppo curioso. E fanno queste austeritati e durezze piú volte diventare gli animi contro e' maggiori molto piú sdegnosi e maligni che ubbidienti. E hanno e' gentili ingegni in sé per male ove siano non come figliuoli ma come servi trattati. E passino alcuna volta e' maggiori non volendo conoscere ogni cosa, piú tosto che non correggendo quello qual monstrano di conoscere. E nuoce manco al figliuolo in qualche cosa stimar il padre ignorante, che provarlo negligente. Chi s'avezza a ingannare il padre, meno stima romper fede a qualunque altro si sia istrano. In ogni modo adunque si sforzino e presenti e assenti essere da' minori pure riputati padri. Alla qual cosa in prima gioverà la diligenza. Sarà la diligenza quella che sempre el farà da' suoi amato e riverito. Sà bene testé, s'e' padri per premio della passata negligenza loro si truovano avere uno cresciuto cattivo, dispongano l'animo piú tosto non lo volere chiamare figliuolo che vederselo disonesto e scelerato. Le nostre leggi ottime, l'usanza della terra nostra, el giudicio di tutti i buoni in questo permetteno utile rimedio. Se il figliuolo tuo non ti vuole per padre, nollo avere per figliuolo. Se non ti ubbidisce come a padre, sia in lui alquanto piú duro che in uno obbediente figliuolo. Piacciati prima la punizione d'uno cattivo che la infamia della casa. Dolgati manco avere uno de' tuoi rinchiuso in prigione e legato, che uno inimico in casa libero, o fuori una tua publica infamia. Assai a te sarà inimico chi ti darà dolore e maninconia. Ma certo, Adovardo, chi a tempo ne' suoi, come tu ne' tuoi, sarà diligentissimo, costui già mai s'abbatterà in alcuna età se non ricevere da' suoi molta riverenza e onore, sempre ne riceverà contentamento e letizia. Sta la virtú de' figliuoli nella cura de' padri; tanto cresce ne' figliuoli costumi e tema quanto vogliono e' maggiori e padri. Né stimi alcuno ne' suoi verso e' maggiori scemare osservanza e subiezione, se ne' maggiori non cresce desidia e ignavia.
ADOVARDO O Lionardo, se tutti e' padri ascoltassino a questi tuoi ricordi, di che figliuoli si troverebben essi contenti, quanto si troverrebbono felici e beati! Tutto, veggo, tutto, confesso, non può la fortuna tôrci, né dare costumi, virtú, lettere o alcuna arte; tutto sta nella diligenza, nella sollecitudine nostra. Ma quello il quale si dice sottoposto alla fortuna, ricchezze, stati e simili cose commode nella vita, e quasi necessarie con esse ad acquistare virtú e fama, se la fortuna di queste serà con noi avara, se inverso de' padri diligenti la fortuna sarà ingiusta come spesso la proviamo, - e le piú volte proviamo ch'ella piú nuoce a' buoni che a' meno lodati, - allora, Lionardo, che affanno sarebbe il tuo, sendo tu padre, non potere satisfare a' principiati ed espettati onori, non esserti licito quanto vorresti e colla fortuna potresti, condurre e' tuoi in quella prestante fama e laude ove ti persuadevi e instituisti guidarli?
LIONARDO Domandimi tu se io mi vergognassi essere povero, o se io temessi che la virtú non sdegnasse e fuggisse la povertà nostra?
ADOVARDO Che non ti dorrebbe egli la povertà ? Non ti sarebbe grave esserti interrutto ogni tua onesta trama? Lionardo, che nuovi pensieri sarebbono e' tuoi?
LIONARDO Che stimi? Di vivere quanto io potessi lieto. E non mi dorrebbe troppo con giusto animo, senza molestia sofferire quello che spesso, come tu dici, sofferano e' buoni. E non è egli già sà brutta cosa essere povero che io me ne vergognassi, Adovardo. Credi tu che io pensi la povertà in me sà cattiva, sà perfida e inumana, ch'ella non dia qualche luogo alle virtú, che ella non renda qualche premio alle fatiche dell'uomo studioso e modesto? E se tu annoverrai bene, piú troverrai virtuosi poveri che ricchi. La vita dell'uomo si contenta di poco. La virtú è troppa di sé stessa contenta. Assai sarà ricco chi viverà contento.
ADOVARDO Or ben, Lionardo, non m'essere testé meco cosà in tutto stoico. Tu potresti ben dire, non però che mai io ti confessi la povertà in ogni e piú ne' padri non essere molto brigosa e misera. Ben son contento stare in quella tua sentenza ch'e' diligenti padri da' figliuoli ricevano vere allegrezze, ma questo piú mi piacerà se io vederò che tu dia modo di tutte queste cose come con suttilissimi argomenti cosà ancora per lunga pruova poterne ragionare. E vuolsi, Lionardo, dare modo che tu e gli altri abbiate compagna e figliuoli, pigliate moglie, amplificate la nostra famiglia Alberta, e con questa tua ottima disciplina allevate con diligenza molta gioventú, acciò che nella casa nostra cresca gran numero d'uomini, tali quali testé diceva Lorenzo, famosi e immortali. Né dubito, seguendo que' tutti tuoi quali hai insegnatomi erudimenti, la casa nostra di dà in dà si farà molto gloriosa e compiuta di prestantissima gioventú.
LIONARDO In questo nostro ragionamento a nulla manco m'è stato l'animo che ad insegnarti essere padre. E qual sà pazzo si pigliasse questa gravezza di rendere in alcuna cosa te piú dotto, il qual in ogni singular dottrina sopra agli altri sei perito, e in questa per pruova, e apresso degli antichissimi scrittori quanto hai veduto se' eruditissimo? Quale stolto cercasse questa ottima quale chiamano educazione de' liberi insegnarti, o di quella ragionando contrastarti? Ma tutta l'astuzia grande è stata tua, che biasimandomi l'avere figliuoli, tu hai condottomi ch'io ho gittato e perduto ogni mia antica scusa al non tôr moglie, né ora m'è rimaso con che piú potere schifare questa molestia. Sono contento, Adovardo, poiché sà me hai convinto, a te stia licenza e arbitrio ove ti parerà d'amogliarmi. Ma sappi che a te starà debito rendermi opera. S'io a te ho levato dell'animo quelle malinconie quali dicevi essere a' padri, tu cosà inverso di me proccurerai non mi caricare di guai e di continua recadia, la qual cosa dubito non mi sarà facile né ben licito fuggire, s'io per contentarti seguirò el tuo consiglio in farmi marito.
Sorrisono, e in queste parole sopragiunse uno famiglio dicendo che Ricciardo era là fuori giunto colla barca, ove aspettava cavagli per subito venire a vedere Lorenzo suo fratello. Adovardo uscà per ordinare quanto bisognava. Era Ricciardo suocero d'Adovardo, però gli parse ancora debito e deliberò cogli altri cavalcare. Partissi. Noi rimanemmo, se Lorenzo ci comandasse.
LIBRO SECONDO
LIBER SECUNDUS DE FAMILIA: DE RE UXORIA
Poiché Adovardo era partito ad onorare Ricciardo, il quale venia per vedere Lorenzo nostro padre, Carlo mio fratello e io eravamo rimasi con Lionardo. Tacevamo riducendoci a memoria quelle nobilissime e prestantissime cose, delle quali Adovardo e Lionardo, come nel libro di sopra raccontai, dell'ofizio de' maggiori nelle famiglie e della osservanza de' minori verso e' maggiori e della educazione de' figliuoli, copiosamente aveano insieme disputato. Lionardo doppo alquanto passeggiò due o tre volte tutta la sala, e poi con molta fronte, ma piena d'umanità si volse: - E voi ora, tu Battista e tu Carlo, che pensieri sono e' vostri, - disse, - che sà vi veggo taciti stare in voi stessi e occupati? - Non altro rispose Carlo; ma, - Componevami fra me stessi a mente, - dissi io, - quanta sia incerta e varia cosa el ragionare. Chi mai avesse stimato, cominciando voi a conferire delle amicizie, poi cosà vi fussi distesi in tanti varii luoghi di filosofia e tanto alla famiglia utilissimi, ne' quali molto m'è stato caro aver da voi impreso que' buoni amaestramenti? Ma stimo sarebbe stata piú compiuta utilità a noi e certo maggior contentamento, se voi ancora insiem...
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