[Pagina precedente]...dii il vizio, e sé stesso inciti con buone opere ad acquistare fama e grazia, e cosà in ogni lascivo apetito sé medesimo rafreni e contenga con ragione, senza la quale niuno sarà da chiamare non stolto? Torrai all'uomo l'uso e modo della ragione, a lui nulla rimarrà se non le sole membra dissimili dagli altri animali silvestri e inutilissimi, i quali tutti, senza intero discorso, pure in questo participi di qualche ragione, solo quanto in loro la natura richiede a procreare obbediscono all'apetito. Ma l'uomo, el quale non sino a satisfare alla natura, ma sino a saziarsi e infastidirsi pur qui s'involge nelle voluttà , e sé stessi al continuo desta e incende a conseguire questo non naturale perché da volontà mosso, ma superchio e propio bestiale appetito, e qui con mille incitamenti, motteggi, risi, canti, danza e leggerezza assai sé stessi infiamma, non pare a te questo sia sommamente da essere biasimato, e doppo qualunque bestia abietta e infima isvilito e spregiato? Qual uomo non in tutto stolto e insensato non conosce questo essere, quanto egli è, cosa disonestissima e scelleratissima, violare l'amicizia, viziare la consanguinità , spregiare ogni costume? E qual mai si truova sà in tutto lascivo, da cui non spesso si vegga che molte sue ardentissime voglie e appetiti rimangono da vergognarsi e temere biasimo tenuti adrieto e in miglior parte svolti, ove restano contenti seguire onestà piú tosto che libidine, e godono molto piú satisfare all'amicizia che all'amore? Troppo sarebbe misera, imbecillita la natura umana, se a noi fosse forza sempre perseguire ogni nostro amatorio desiderio. Troppo sarebbe infelicità la nostra, se presi d'amore mai ci fusse licito non rendere le prime parti de' nostri pensieri alla onestà , conservando el vincolo e religione de' parentadi e amicizie.
E quel tuo Pompeio cosà affezionato, non prepose egli pure sempre l'amistà ? Quella Flora bellissima, ramèntati, la quale formosissima fu nel tempio di Castore e Polluce come cosa venustissima e divina dipinta, benché di lei fusse Pompeio acceso, pur patà che Geminio la conoscesse. Volle in quel modo satisfare al desiderio dell'amico piú molto che nel veemente suo amore a sé stessi. Fu questo, Battista, officio, fu laude, fu virtú d'amicizia, quale ne' sani ingegni piú sempre valse che ogni furia d'amore venereo. Tanto si porge la vera e simplice amicizia, come vedi, liberale, che non solo la roba, ma le proprie e, come tu chiamavi, divine affezioni e desiderii suole comunicare e donare all'amico, privarne sé, cederne a chi già gli sia congiunto di benivolenza e fede. Ma lo inamorato nulla con ragione, tutto con furia, e se mai ti vuole grande, se t'adorna, se ti rende fortunato e felice, esso lo fa per satisfarne agli occhi e piaceri suoi in prima, non per te, ma per sé stessi contentarsi. Vero. Ma in questo non solo la vera amicizia vince lo innamoramento, ma piú quell'altro amore nato tra congiunti sempre qui a me e in ogni altra lode parerà essere da preporlo molto a questo tuo stolto e furioso innamoramento. Già e' padri vecchi e in tutta la sua età con ogni travaglio e pericolo stracchi, guadagnando per sé sostenere insieme e la famiglia sua, mai però quiescono, anzi negli ultimi anni con ogni cura e sollicitudine seguono affannandosi per lasciare i suoi doppo sé piú e piú ricchi, e cosà le molte volte meno satisfanno a sé per rendere i suoi copiosi piú e contenti. E ramentami quella storia come a Roma si trovò quella madre in sulla porta alle mura iscontrando il figliuol suo, qual prima udiva fosse con molti altri a Transimene morto in quel publico e doloroso ricevuto conflitto, tanta vedendolo salvo ne prese letizia che ogni suo spirito per gaudio essalò e perissi. Piatosa madre, veemente amore, mirabile affezione, la quale tu forse dirai sia da posporre al tuo divino innamoramento! Ivi furia, qui ragione; ivi biasimo, qui lodo; ivi vizio, qui onestà ; ivi crudeltà , qui pietà .
Non mi pare da seguire piú oltre biasimando quel tuo innamoramento, né qui acade lodarti l'amicizia, la quale non si potrebbe lodare a mezzo, e della quale sempre giudicai come diceva Catone, ottimo stoico latino filosafo, che l'amistà dura ferma piú che ogni parentado. Potrei adurti Pilades e Oreste, Lelio, Scipione e l'altre coppie d'antichi amici, e' quali per chi a loro era unito di benivolenza e d'amore, non come i tuoi innamorati abandonorono le faccende publice e gloriose disonestando sé stessi, furiando, né uccisono figliuoli e mariti, ma bene con molta lode d'animo e virtú, con molta grazia e memoria di loro, questi veri amici non recusarono esporsi agli ultimi casi e morte per salvare la vita e dignità dell'amico. Ma chi potrebbe racontare le degne lode dell'amicizia? Tanto vi ramento, frategli miei, fuggiamo questa furia amatoria, né monstriamo preporla all'amicizia, ma neanche la diciamo tra' beni della vita umana, imperoché l'amore sempre fu pieno di fizioni, maninconie, suspizioni, pentimenti e dolori. Fuggiamo adunque questo amore. Sia in noi verso di lui quanto si richiede non poco odio, poiché manifesto si vede e con dolore si pruova ch'egli è cagione d'ogni scandolo e d'ogni male.
BATTISTA Io e per età e per ogni reverenza, Lionardo, non ardirei oppormi all'autorità e ragioni tue. E se io non stimassi me piacerti ragionando forse non meno che tacendo, io temerei non solo ostarti, ma ancora in parte alcuna difendere el mio benché verissimo giudicio. Ma poiché a me cosà persuado te essere assai certo che io e dell'amicizia e dello innamoramento giudico e sento medesimo quel che tu, che mai l'innamorato sopra l'amico meriti lodo e fama, pure Lionardo, provedi tu se cosà vuoi t'aconsentisca ogni innamoramento essere furioso e ogni amicizia essere perfetta. Io mai ardirei negarti la vera amicizia non essere forte, ma forse la credo meno veemente che l'innamoramento. Ma chi sarà , se già tu uomo eloquentissimo uno solo quello fussi, el quale mi provasse mai oggi in questa età nostra trovarsi quelle piladee e lelie amicizie? Certo gl'innamoramenti oggi sono qual sempre furono ne' ricchi, ne' poveri, ne' signori, ne' servi, ne' vecchi, ne' giovani, tale che niuna età , niuna fortuna, niuno petto umano si truova vacuo dalle fiamme amatorie. Tu le chiami furie. Io non so qual suo proprio nome le nominare, perché né ora né prima per pruova le conosco o sento. Solo ne parlo quanto e da te odo e dagli altri truovo leggendo.
LIONARDO Non credere, Battista, negli animi de' mortali giacere fiamma alcuna d'amore venereo alla quale non sia commista molta stultizia e furia. E se cosà giudicherai, in questo ragionamento a te non sarà se non quanto meco vorrai essere licito. E dove ti rammenterai di quello Sofocles antico filosafo, del quale si recita che domandato chente e' si portassi con Venere, rispuose: «Ogni altro male piú tosto, dio buono, che non avere in tutto fuggito quel signore villano e furioso», - a te adunque non parrà dello amore se non quanto pare da giudicarne, ch'egli è molto da fuggirlo e odiarlo. E quanto tu pure ne' dà nostri trovassi amicizia niuna perfetta, almanco consentirai gli innamoramenti furiosi essere tutti, e come diceva Sofocles, villani. Ma non ci obblighiamo a ragionare solo di quella somma e da ogni parte perfetta amicizia. Siamo teco disputando liberali. Aduciamo per testimoni quelli secento insieme con gli altri in Gallia chiamati Soldunni là ne' Comentarii di Cesare, amici a quello Diantunno, e' quali, loro costume, si profferivano e prendevano qualunque pericolo quante volte fussino dall'amico richiesti. In tanto numero certo non bene mi troverresti quella vera amicizia, la quale tu disidereresti, come si dice un volere e non volere quanto l'amico e l'onestà richiede, due persone, una anima. Già però non mi negherai questa in costoro essere stata spezie di vera e perfetta amicizia, e in qualunque grado ti paresse collocarla in laude, mai ti potrà parere spezie d'innamoramento, né con ragione la statuirai meno che 'l tuo innamoramento possente e valida negli animi nostri a monstrare sue forze e pruove. E cosà credo niuno non in tutto stolto, se di questi Soldunni uno per salvarli sue fortune e onore gli donasse come per l'amico solevano insieme coll'opere e fatiche ancora il sangue e la propria vita, mai questo stimarebbe a meno che se uno innamorato, come se raro per amore sono prodighi, gli porgesse la roba.
Né dubitare che tu, Battista, e ciascuno altro giovane, di questi non perfetti, e' quali ti doneranno del suo, troverrai molti piú che innamorate le quali non voglian e domandino del tuo. E quando per disputare tu volessi difendere l'opposito, domanderei quale a te piú paresse onesto o lo 'nnamoramento o l'amicizia. Tu che stimi la onestà ne' buoni ingegni quanto si debba piú sempre valere che ogn'altra affezione, so risponderesti l'amicizia essere certo piú onesta, e pertanto piú ferma e durabile, adunque ancora piú e utile e dilettosa. Imperoché agli animi liberali e allevati in queste buone lettere, come sete voi, niuna cosa disonesta può parere non trista, non disutile e da fuggire. Cosà adunque fate: persuadetevi, Battista, e tu Carlo, della vita de' mortali nulla trovarsi doppo la virtú utile e in ogni stato lieta e commoda quanto l'amicizia. Vedesi non per furia, ma con ragione e giudicio interissimo e constantissimo, che l'amicizia sta utilissima a' poveri, gratissima a' fortunati, commoda a' ricchi, necessaria alle famiglie, a' principati, alle republice, in ogni età , in ogni vita, in ogni stato. Questa medesima a' mortali troppo si truova accommodata e dolcissima. Piacciavi adunque acquistare amici assai, i quali siano a voi e alla famiglia nostra utilissimi, e seguite con assiduo studio delle buone lettere e arti fuggire ogni ozio, ogni lascivia e amore venereo e furioso al tutto e molto villano, amate la onestà , come veggo fate, spero farete e priegovi facciate.
BATTISTA Né con opera, né con diligenza, Lionardo, per noi mai mancherà in questa e in qualunque altra virtú e ammunimento esserti obbedienti assai e simili, e tanto piú quanto tu ci prometti queste benché volgare amicizie non solo a noi essere, ma a tutta la famiglia utilissime, per cui ti promettiamo, Carlo e io, sempre in ogni suo onore e utile ci vedrai con ogni forza e ingegno, ove acadesse, adoperarci in qual si sia fatica o pericolo prontissimi e paratissimi.
LIONARDO Cosà vi lodo, frategli miei, cosà aspetto farete. Dio e la fortuna sieno facili e propizii a' vostri studii quanto io a voi desidero. Pertanto a voi sempre stia in mente, dell'altre cose, quali sono non molte a numero ma ben necessarie alle famiglie, e sanza le quali niuna può essere felice e gloriosa, sola l'amicizia sempre fu quella la quale fra tutte in ogni fortuna tiene il principato. E stievi a perpetua memoria quanto dianzi vostro padre disse, che 'l primo grado a farsi ben volere era fuggire il vizio, amare la virtú, e in questa e in ogn'altra cosa utile e lodata alla famiglia nostra seguite quanto mi promettete, e io aspetto voi con ogni opera e diligenza essere commodi e cari come a' vostri, cosà amati e onorati dagli strani.
BATTISTA Poiché tu cosà vuoi, e noi non poco desideriamo satisfarti, Lionardo, a te sta in qualunque cosa alla famiglia nostra bene acommodata renderci piú dotti, onde noi per tuo aiuto conoscendola possiamo da ogni parte meglio seguire la volontà tua e ufficio nostro, e alla espettazione de' nostri satisfare. E se a te gli studi nostri giunti a questa volontà sono, quanto assai sono, grati, e se piú che l'usato costume tuo a te ora non pare incarico averti con noi facilissimo e oficiosissimo in farci e di costumi e di virtú piú di dà in dà con tua opera ornati, priego ti piaccia narrarci qual modi e qual cose sieno quelle tanto alla famiglia, quanto dicevi, commode e necessarie. Noi aremo ozio assai. Nostro padre si riposa. Tu, credo, per ora non sei ad altra migliore opera obligato. A noi qui imparando da te sarà emolumento e grazia grandissima, ove con tua opera diventeremo a' nostri molto cari quanto de...
[Pagina successiva]