[Pagina precedente]...rme e consiglio a propulsare ogni avversità quale premesse la patria, le cose sacre, o e' nati suoi. Ed è l'animo dell'uomo assai piú che quello della femmina robusto e fermo a sostenere ogni impeto de' nimici, e sono piú forti alle fatiche, piú constanti negli affanni, e hanno gli uomini ancora piú onesta licenza uscire pe' paesi altrui acquistando e coadunando de' beni della fortuna. Contrario le femmine quasi tutte si veggono timide da natura, molle, tarde, e per questo piú utili sedendo a custodire le cose, quasi come la natura cosà provedesse al vivere nostro, volendo che l'uomo rechi a casa, la donna lo serbi. Difenda la donna serrata in casa le cose e sé stessi con ozio, timore e suspizione. L'uomo difenda la donna, la casa, e' suoi e la patria sua, non sedendo ma essercitando l'animo, le mani con molta virtú per sino a spandere il sudore e il sangue. Però non è da dubitare, Giannozzo, questi scioperati, i quali si stanno il dà tutto tra le femminelle, o che si pigliano ad animo tali simili penseruzzi femminili, certo non hanno il cuore maschio né magnifico, e tanto sono da biasimare costoro quanto e' dimonstrano piú piacerli sé essere femina che uomo. A chi piace l'opere virtuose dimostra piacerli sé essere virtuoso; a chi non ha in odio queste minime cose femminili facilmente dimonstra non fuggire d'essere riputato femminile. E per questo molto mi pare siate da essere lodato, poiché alla donna vostra lasciasti il governo delle cose minori, e per voi, quanto vidi sempre, vi tenesti ogni faccenda virile e lodatissima.
GIANNOZZO Or sà ben sai cosà sempre mi parse debito a' padri della famiglia non solo fare le cose degne all'uomo, ma ancora fuggire ogni atto e fatto quale s'apartenga alle femmine. Vuolsi lasciare le faccenduzze di casa tutte alle donne come feci io.
LIONARDO Voi potete lodarvi che aveste la donna forse piú che l'altre virtuosissima. Non so quanto si trovasse altrove donna tanto faccente e tanto nel reggere la famiglia prudente quanto fu la vostra.
GIANNOZZO Fu certo la mia e per suo ingegno e costumi, ma molto piú per miei ammonimenti ottima madre di famiglia.
LIONARDO Voi adunque gl'insegnasti?
GIANNOZZO In buona parte.
LIONARDO E come facesti voi?
GIANNOZZO Dicotelo. Quando la donna mia fra pochi giorni fu rasicurata in casa mia, e già il desiderio della madre e de' suoi gli cominciava essere meno grave, io la presi per mano e andai monstrandoli tutta la casa, e insegna'li suso alto essere luogo pelle biave, giú a basso essere stanza per vino e legne. Monstra'li ove si serba ciò che bisognasse alla mensa, e cosà per tutta la casa rimase niuna masserizia quale la donna non vedesse ove stesse assettata, e conoscesse a che utilità s'adoperasse. Poi rivenimmo in camera mia, e ivi serrato l'uscio le monstrai le cose di pregio, gli arienti, gli arazzi, le veste, le gemme, e dove queste tutte s'avessono ne' luoghi loro a riposare.
LIONARDO A tutte queste cose preziose adunque era consegnato luogo in camera vostra, credo perché ivi stavano piú sicure, e piú rimote e serrate.
GIANNOZZO Anzi ancora, Lionardo mio, per potelle rivedere quando a me paresse senza altri testimoni; ché, siate certi, figliuoli miei, non è prudenza vivere sà che tutta la famiglia sappia ogni nostra cosa, e stimate minore fatica guardarvi da pochi che da tutti. Quello el quale saputo da pochi piú sarà sicuro a serballo, ancora perduto piú sarà facile a riavello da pochi che da molti, e io per questo e per molti altri rispetti sempre riputai meno pericolo tenere ogni mia cosa preziosa quanto si può occulta e serrata in luogo remoto dalle mani e occhi della moltitudine; sempre volli quelle essere riposte in luogo ove elle si serbino salve e libere da fuoco e da ogni sinistro caso, e dove spessissimo e per mio diletto e per riconoscere le cose io possa solo e con chi mi pare rinchiudermi, senza lasciare di fuori a chi m'aspetta cagione di cercare di sapere e' fatti miei piú che io mi voglia. Né a me pare a questo piú atto luogo che la propria camera mia ove io dormo, in quale, come io diceva, volsi niuna delle preziose mie cose fosse alla donna mia occulta. Tutte le mie fortune domestiche gli apersi, spiegai e monstrai. Solo e' libri e le scritture mie e de' miei passati a me piacque e allora e poi sempre avere in modo rinchiuse che mai la donna le potesse non tanto leggere, ma né vedere. Sempre tenni le scritture non per le maniche de' vestiri, ma serrate e in suo ordine allogate nel mio studio quasi come cosa sacrata e religiosa, in quale luogo mai diedi licenza alla donna mia né meco né sola v'intrasse, e piú gli comandai, se mai s'abattesse a mia alcuna scrittura, subito me la consegnasse. E per levarli ogni appetito se mai desiderasse vedere o mie scritture o mie secrete faccende, io spesso molto gli biasimava quelle femmine ardite e baldanzose, le quali danno troppo opera in sapere e' fatti fuori di casa o del marito o degli altri uomini; ramentavagli che sempre si vide questo essere verissimo quale mi ricorda messer Cipriano Alberti, uomo interissimo e prudentissimo, disse alla moglie d'uno suo amicissimo, che pur vedendola troppo curiosa in domandare e investigare dove e con cui il marito fusse albergato, per amonilla quanto poteva e per rispetto della amicizia forse dovea, cosà gli disse: «Io ti consiglio per tuo bene, amica mia, che tu sia molto piú nelle cose di casa sollecita che in quelle di fuori, e ramentoti come a sorella che' savi dicono che le donne quali spiano pure spesso degli uomini non sono senza sospetto che a loro troppo stiano nell'animo gli uomini, e forse si monstrano piú desiderose di sapere se altri conosce e' costumi suoi che cupide di conoscere e' fatti d'altrui, e di queste pensa tu quale alle oneste donne stia peggio». Cosà dicea messer Cipriano; cosà io con simili detti ammaestrai la donna mia, e sempre m'ingegnai ch'ella in prima non potesse, e apresso poi ch'ella non curasse sapere le mie secrete cose piú che io mi volessi; né vuolsi mai, per minimo secreto che io avessi, mai farne parte alla donna né a femina alcuna. E troppo mi spiacciono alcuni mariti, i quali si consigliano colle moglie, né sanno serbarsi dentro al petto secreto alcuno: pazzi che stimano in ingegno femminile stare alcuna vera prudenza o diritto consiglio, pazzi per certo se credono la moglie ne' fatti del marito piú essere che 'l marito stessi tenace e taciturna. O stolti mariti, quando cianciando con una femmina non vi ramentate che ogni cosa possono le femmine eccetto che tacere. Per questo adunque sempre curai che mio alcuno secreto mai venisse a notizia delle donne, non perché io non conoscessi la mia amorevolissima, discretissima e modestissima piú che qual si fusse altra, ma pure stimai piú sicuro s'ella non poteva nuocermi che s'ella non voleva.
LIONARDO O ricordo ottimo! E voi non meno prudente che fortunato, se mai la donna vostra da voi trasse alcuno secreto.
GIANNOZZO Mai, Lionardo mio, e dicoti perché: prima come ella era modestissima, cosà mai si curò piú sapere che a lei s'apartenesse, e io poi questo seco osservava, che mai ragionava se none della masserizia o de' costumi o de' figliuoli, e di queste molto spesso faceva seco parole assai, acciò che ella e dal dire mio imparasse fare, e per saperne meco ragionare e rispondermi studiasse conoscere e con opere bene asseguire tutto ciò che a quelle s'apartenesse; e anche, Lionardo mio, cosà faceva per tôlli via d'entrare meco in ragionamenti d'alcuna mia maggiore e propria cosa. Cosà adunque feci: e' secreti e le scritture mie sempre tenni occultissime; ogni altra cosa domestica in quella ora e dipoi sempre mi parse licito consegnalle alla donna mia, e lascialle non in tanto a custodia sua che io spesso non volessi e sapere e vedere ogni minuta cosa dove fosse e quanto stesse bene salva. E poiché la donna cosà ebbe veduto e bene compreso ove ciascuna cosa s'avesse a rassettare, io gli dissi: «Moglie mia, quello che doverà essere utile e grato a te come a me mentre che sarà salvo, e quello che a te sarebbe dannoso e arestine disagio se noi ne fossimo straccurati, di questo conviene ancora a te esserne sollicita non meno che a me. Tu hai vedute le nostre fortune, le quali, grazia d'Iddio, sono tante che noi doviamo bene contentarcene: se noi sapremo conservalle, queste saranno utili a te, a me e a' figliuoli nostri. Però, moglie mia, a te s'apartiene essere diligente e averne cura non meno che a me».
LIONARDO E qui che vi rispuose la donna?
GIANNOZZO Rispuose e disse che aveva imparato ubidire il padre e la madre sua, e che da loro avea comandamento sempre obedire me, e pertanto era disposta fare ciò che io gli comandassi. Adunque dissi io: «Moglie mia, chi sa obedire il padre e la madre sua tosto impara satisfare al marito. Ma, - dissi, - sa' tu quel che noi faremo? Come chi fa la guardia la notte in sulle mura per la patria sua, se forse di loro qualcuno s'adormenta, costui non ha per male se 'l compagno lo desta a fare il debito suo quanto sia utile alla patria, io, donna mia, molto arò per bene, se tu mai vedrai in me mancamento alcuno, me n'avisi, imperoché a quello modo conoscerò quanto l'onore nostro, l'utilità nostra e il bene de' figliuoli nostri ti sia a mente; cosà a te non spiacerà se io te desterò dove bisogni. In quello che io mancassi supplisci tu, e cosà insieme cercheremo vincere l'uno l'altro d'amore e diligenza. Questa roba, questa famiglia, e i figliuoli che nasceranno sono nostri, cosà tuoi come miei, cosà miei come tuoi. Però qui a noi sta debito pensare non quanto ciascuno di noi ci portò, ma in che modo noi possiamo bene mantenere quello che sia dell'uno e dell'altro. Io procurerò di fuori che tu qui abbia in casa ciò che bisogni; tu provedi nulla s'adoperi male».
LIONARDO Come vi parse ella udirvi? Volentieri?
GIANNOZZO Molto, e disse gli piacerà fare con diligenza quanto saprà e potrà quello che mi sia a grado. Però dissi io: «Donna mia, odimi: sopra tutto a me sarà gratissimo faccia tre cose: la prima, qui in questo letto fa', moglie mia, mai vi desideri altro uomo che me solo, sai». Ella arrossà e abassò gli occhi. Ancora glielo ridissi che in quella camera mia ricevesse solo me, e questa fu la prima. La seconda, dissi, avesse buona cura della famiglia, contenessela e reggessela con modestia in riposo, tranquillità e pace; e questa fu la seconda. La terza cosa, dissi, provedesse che delle cose domestiche niuna andasse a male.
LIONARDO Monstrastile voi come ella dovesse fare quanto li comandavate, o pure essa da sé in queste tutte era maestra e dotta?
GIANNOZZO Non credere, Lionardo mio, che una giovinetta possa essere in le cose bene dotta. Né si richiede dalle fanciulle tutta quella astuzia e malizia quale bisogna in una madre di famiglia, ma molto piú modestia e onestà , quali virtú furono in la donna mia sopra tutte l'altre, e non potrei dirti con quanta riverenza ella mi rispondesse. Dissemi la madre gli avea insegnato filare, cucire solo, ed essere onesta ancora e obediente, che testé da me imparerebbe volentieri in reggere la famiglia e in quello che io gli comandassi quanto a me paresse d'insegnarli.
LIONARDO E voi come, Giannozzo, insegnastili voi queste cose?
GIANNOZZO Che? Forse adormentarsi senza uomo altri che me appresso?
LIONARDO Molto mi diletta, Giannozzo, che in questi vostri ricordi e ammonimenti santissimi e severissimi voi ancora siate giocoso e festivo.
GIANNOZZO Certo sarebbe cosa da ridere se io gli avessi voluto insegnare dormir sola. Non so io se quelli tuoi antichi li sepporo insegnare.
LIONARDO Ogni altra cosa. Ma e' racontano bene come e' confortavano la donna che con suoi atti e portamenti ella non volesse parere piú disonesta che in verità non fusse. E racontasi come e' persuadevano alle donne per questo non si dipignessono il viso con cerusa, brasile e simile liscio alcuno.
GIANNOZZO Dicoti che in questo io bene non mancai.
LIONARDO Molto vorrei udire il modo per, quando anche io arò la donna, sappia fare quello quale poco sanno molti mariti. A ciascuno dispiac...
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