[Pagina precedente]...ome ch'io sie o da biasimarmi o da scusarmi, io son contento avere errato purch'io a voi n'abbia pòrto qualche utile, e in questo io reputo meno errore s'io forse sono stato superchio favellatore piú che disonesto.
BATTISTA A noi non se' tu, Lionardo, paruto in questo ragionamento né superchio, né disonesto. Anzi, se come tu di', come e' fisici pruovano, come io credo sia il vero, se per non avere ogni diligenza può seguirne lebra, morbi e tali estreme malattie, se la poca temperanza ne' padri può e suole essere cagione di furore e pazzia ne' figliuoli, non vi si debbe egli avere grandissimo riguardo? Pertanto giova conoscere el male per poterlo schifare. E qual savio non volesse piú tosto non volere figliuoli che averli morbosi e furiosi? Segui, Lionardo, non trallassare adrieto, non temere tra noi alcuno mordace calunniatore, e' quali allora arebbono da riprendere quando tu tacessi queste sà necessarie cose, le quali osservate sono utilissime, non curate troppo sono dannosissime.
LIONARDO Sanza dubbio questi precetti sono utilissimi, ma pure egli era forse il meglio volere parere manco dotto che troppo inetto, come forse ora a me converrà essere. L'un ragionamento alletta e tira l'altro. Dissi della congiunzione, la quale ricerca ch'io dica testé come si debba trattare la donna quando ella sia gravida; e ancora nel partorire, e partorito ch'ella arà , par se gli debba qualche documento. E cosà dove io avea statuito narrarti gl'instituti della famiglia, io arò a descriverti precetti di medicina, e insegnarti essere, come dicevano gli antichi, ostetrici. E che piú? Aremo noi a imitare quel Gaio Mazio antico amico di Gaio Cesare, el quale descrisse l'arte de' cuochi e l'arte de' pistori? Aremo noi a 'nsegnarti ancora a fare la pappa e zuppa pe' fanciulli? Ma poiché noi siamo caduti in questi ragionamenti, sieci licito essere brevissimi, e lasceremo a' medici con ragione difendere e' documenti suoi, quali succinte raconteremo. La donna adunque, quale sentirà sé gravida, usi vita scelta, lieta e casta, vivande leggieri e di buon nutrimento; non duri superchie fatiche, non s'adormenti, non impigrischi in ozio e solitudine, partorisca in casa del marito e non altrove; produtto el parto, non esca a' freddi, né a' venti, se prima in lei ogni fermezza di tutti i membri suo' non sono bene rassettati. E ho detto.
BATTISTA E quanto brieve!
LIONARDO Abbiamo adunque el modo a crescere la famiglia. Ora diremo in che modo ella si conservi, se in prima dico due cose necessarie a' nati fanciugli, nelle quali veggo molti padri non poco errare. A me nella famiglia nostra Alberta, e in prima ne' figliuoli di messer Niccolaio, diletta quella leggiadria di que' bellissimi nomi, Diamante, Altobianco, Calcedonio, e negli altri Cherubino, Alessandro, Alesso; e pare a me ch' e' nomi sozzi abbiano in molta parte facultà a disonestare la dignità e maestà di qualunque uomo virtuoso. Leggesi alcuni nomi essere stati infelicissimi, come in Grecia quelle vergini quali si chiamorono Milesie, per varii modi, per suspendio, precipizio, con veneno, con ferro, tutte sé stessi furiose dierono anti tempo a morte. E cosà e' nomi leggiadri e magnifichi pare a me tengano buona grazia, e non so donde rendono la virtú e l'autorità in noi piú splendida e piú pregiata. Alessandro macedonico, el cui nome già era apresso tutte le nazioni celebratissimo, movendo le sue copie d'armi per convincere un certo castello, chiamato a sé un suo macedonico giovanetto a cui era simil nome Alessandro: «E tu, Alessandro», disse per incenderlo a meritare laude, «a te sta portare in te virtú pari al nome, quale hai, quanto puoi vedere, non vulgare». E certo io non dubito ne' buoni ingegni uno leggiadrissimo nome sia non minimo stimolo a fare che desiderino aguagliarsi come al nome, cosà ancora alla virtú. E non sanza cagione e' prudentissimi nostri maggiori, quando alcuno fortissimo e amantissimo della patria, in premio e memoria delle virtú loro per incitare e' minori a seguire pari lode, da loro era nel numero degli idii ascritto, gl'imponevano nuovo e quanto potevano elegantissimo e chiarissimo nome, come e' nostri Latini a Romolo, chiamòrollo Quirino, quegli altri a Leda Nemesis, a Giunone Leucotea. Ma siamoci troppo stesi. Statuiamo adunque cosÃ: non guardino e' padri a' passati nomi nella famiglia tanto che giudichino da non piacere in prima e' bellissimi nomi, poiché i brutti sono odiosi e spesse ore dannosi. Siano in la famiglia nomi clarissimi e famosissimi, e' quali costano poco, vagliono e giovano assai. Imperoché in tutti e' nostri Alberti sempre fu questa innata e quasi naturale volontà ardentissima d'essere piú che parere in ogni lodatissima cosa periti e dottissimi.
Adunque abbiamo detto una delle due quali proposi dire cose. L'altra sà è che l'ora, el dÃ, il mese e l'anno, e anche il luogo si noti, e in sui nostri domestici commentarii e libri secreti si scriva subito che 'l fanciullo nacque, e serbisi tra le care cose. Questo per molte cagioni, ma non essendovi altra ragione, pur e' dimostra quanto sia nel padre in ogni cosa diligenza, ché già se si reputa diligenza scrivere il dÃ, far menzione del sensale per cui mano tu comperasti l'asino, sarà egli manco lodo far memoria del dà che tu diventasti padre, e del dà che a' figlioli tuoi nacque il fratello? Aggiugni che possono accadere molti casi ove sarà necessario saperlo, converratti ricercare la memoria degli altri; nollo ritrovando al bisogno, n'averai maninconia e anche forse maggior molestia e danno, e trovandolo riputerai poco lodo se altri ne' fatti tuoi sarà piú che tu stessi curioso e memorioso.
Abbiamo adunque cosà fatta la casa populosa. Ora si vuole molto provedere che questa multitudine non manchi. Però mi pare da considerare le cagioni, il perché le famiglie minuiscono, e conosciute proverremo di rimediargli. Questo in prima voglio appresso di noi sia manifesto: perché gli uomini si sono morti sanza successori, però sono le famiglie mancate. Vorrebbesi potere mantenere gli uomini immortali! Non si può. Facciamo adunque che questi e' quali sono in vita, stiano tra noi quanto piú tempo a loro sia possibile; questo per ogni altro rispetto, ancora e perché quanto piú staranno in vita, tanto piú saranno utili alla famiglia, se non in roba in fama, se non in fama in consiglio, se non in consiglio almanco in acquistargli nuova gioventú. Come faremo a tenere l'uomo in lunga vita? Credo sarà utile fare come fa il pratico pastore a conservare gli armenti suoi. Che fa egli? E' vede che la capra gode ne' luoghi difficili e sterili, la bufola ne' paesi acquosi, gli altri giumenti altrove; però cosà dispone ciascuno e pascegli dove è di che piú si richiede alle nature loro. Cosà facciano e' padri delle famiglie. Se la aria di Firenze sarà troppo a costui sottile, mandisi a Roma; se quella gli sarà troppo calda, mandisi a Vinegia; se questa troppo a lui fusse umida, traduchisi altrove, e sempre si posponga ogn'altra utilità alla sanità , e ivi si fermi dove egli stia sanza alcuna debolezza. Imperoché chi non è ben sano non può essere se non disutile, e se pure di sé costui porge qualche utilità , sarà poco tempo utile, e quando ben durassi assai, credo io piú si debba avere la sanità cara che l'utile. Cosà adunque piú piaccia a' padri avere el figliuolo lungi da sé sano e forte, che averlo presso a sé infermo e debole. Basta questo distribuire la gioventú per luoghi bene atti alle compressioni loro? Mainò. Che gli bisogna piú? Questo ancora: considerare ch'e' cibi tristi, la vita disordinata, e' troppi disagi sono le cagioni di fargli cadere in le infermità e a quel modo uccidergli. Però si vuole che niuna di quelle necessità gli nuoca, e che nelle debolezze e nelle malattie se gli abbia ogni diligenza per rifermarlo e sanarlo. Né vi si risparmi nulla, però che essere tegnente e massaio in que' bisogni sarebbe non virtú ma avarizia. Né si loda la masserizia se non solo per potere a questi e agli altri casi provedere e sovenire, e non essere a' bisogni largo e prodigo torna vergogna e danno. Troppo grandissima ed estrema avarizia mi parrebbe non avere la vita e salute d'uno uomo piú cara ch'e' danari. Troppo stimo a ciascun paia crudelità abandonare lo 'nfermo, non curare di perdere quel parente per conservare e conferire altrove qualche danaio.
E poiché noi abbiamo fatto menzione del non abandonare lo 'nfermo parente, parmi da non tacere quello ch'io dirò testé, cose piú tosto utili alla famiglia che grate agli uomini troppo piatosi. Fu sempre la pietà e umanità tra le prime virtú dell'animo molto lodata, e giudicasi officio di pietà , debito di giustizia, lode di liberalità a uno parente visitare, aiutare, e in ogni caso e bisogno sovvenire al parente suo. Cosà richiede la ragione, la carità e umanità , e ogni costume tra' buoni. Ma forse mi può parere poca prudenza non fuggire quelli infermi, a' quali tu non sanza pericolo della sanità e vita tua puoi loro essere né utile né grato, qual sono e' morbi contagiosi e piú che gli altri velenosi. Le legge in malattia contagiosa ma non mortifera, permettono che l'uomo abandoni la carissima cosa, e separi sé dalla prima ottima naturale congiunzione del matrimonio. Se adunque sarà licito al marito fuggire la donna lebrosa, diremo noi che sia manco licito fuggire uno amorbato di peste? In che sarà lodata la pietà ? In porgere mano e opera per sollevare e rifermare quegli afflitti, i quali o per impeto della fortuna, o per ingiuria e nequizia degli uomini, o per alcuno altro incommodo fussono colle membra o coll'animo caduti, o vero oppressi dalle calamità e infermi. Certo sarà pietà e misericordia quanto sia in noi darsi a costui, esserli oficioso e utilissimo. Ma colui sarà temerario e crudele, el quale sé stessi proferirà agli ultimi pericoli della morte, ove a' pericoli seguiranno minimi, o forse niuno premio di laude e fama. E cosà stia: non se non grandissima cagione debba muovere gli animi nostri a non schifare e' pericoli e a non pregiare noi stessi. Nuocere a sé non giovando ad altri non veggo io quanto si venga da pietà . Loderemo la giustizia e fortitudine in sapere da ogni caso avverso e da ogni male difendere e vendicare la fama, le fortune, il sangue e la vita nostra. Ma qual giusto mai offenderà sé stessi non difendendo altrui? Quale uomo mai ebbe lodo di fortitudine per inimicare sé stessi? Piace la liberalità e prudenza nell'opere magnifiche e molto utilissime; ma quale non stultissimo stimerà mai questo essere cosa degna di non grandissima riprensione darsi agli estremi pericoli ove tu non salvi, ma gratifichi a uno solo? A me certo pare stultissimo consiglio non amare piú la vita certa di molti sani che la sanità dubbia d'uno infermo. Le quali cose se cosà sono, chi dubita che sarà pietà , giustizia e prudenza in simili casi provedere che lo 'nfermo guarisca, ma non meno sarà consiglio e ragione provedere ancora ch'e' sani non infermino? Chi studia che lo 'nfermo si liberi, costui lo cerca sano. Adunque apresso di lui sia caro avere in sé quello quale brama in altrui. E se vogliamo la nostra prudenza e pietà essere lodata, daremo opera ch'allo 'nfermo sanza pericolo della vita nostra ogni cosa a lui utile e necessaria abondi. Aremovi medici, chiameremo speziali, non mancheranno gli astanti; ma noi provederemo alla sanità nostra, colla quale all'infermo e alla famiglia nostra saremo piú che col pericolo acomodatissimi, dove perseverando in tanto pericolo sarebbe a chi giace poco utile e alla famiglia dannoso, imperoché colui cosà infetto può facilmente amorbare costui, e costui quell'altro, e a quel modo tutta la famiglia cadere in infermità e ruina.
Quante terre già si viddono da piccolo principio d'infezione essere cresciuto grandissimo incendio di pestilenza, tale che quasi tutta la gioventú in pochi dà si truova perita e consumata! Non bisogna qui allegarne storie, né recitarne essempli. In questo veneno niuno dubita a quanto sia forza di morte da qualunque minimo principio cresca e spandasi grande e furiosa. Ve...
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