[Pagina precedente]...no. E sono queste come dipignere la loggia, comperare gli arienti, volersi magnificare con pompa, con vestire e con liberalità. Sono anche poco necessarie, ma non senza qualche ragione, le spese fatte per asseguire piaceri, sollazzi civili, senza quali ancora potevi onesto e bene viverti.
LIONARDO Intendovi: come d'avere bellissimi libri, nobilissimi corsieri, e simile voglie d'animo generoso e magnifico.
GIANNOZZO Proprio questo medesimo.
LIONARDO Adunque si chiamino queste spese voluntarie, perché satisfanno piú tosto alla voluntà che alla necessità.
GIANNOZZO Piacemi. Di poi le spese pazze sono quelle quali fatte meritano biasimo, come sarebbe pascere in casa draconi o altri animali piú che questi terribili, crudeli e venenosi.
LIONARDO Tigri forse?
GIANNOZZO Anzi, Lionardo mio, pascere scelerati e viziosi uomini, imperoch'e' mali uomini sono piú che le tigre e che qualunque si sia pestifero animale molto piggiori. Uno solo vizioso mette in ruina tutta una universa famiglia. Niuno si truova veneno maggiore, né sí pestilenzioso quanto sono le parole d'una mala lingua; niuna rabbia tanto sarà rabbiosa quanto quella d'uno invidioso raportatore. E chi pasce simili scelerati, costui certo fa spese pazze, bestialissime, e molto merita biasimo. Vuolsi fuggire quanto una pestilenza ogni uso e dimestichezza di simili maledici, raportatori e ghiottonacci quali s'inframettono fra gli amici e conoscenti delle case. Né mai si vuole essere amico di chi racolga volentieri simili viziosi, imperoché a chi ama e' viziosi piace il vizio: a chi piace il vizio costui non è buono, e a' mali uomini mai e' buoni furono amici. Pertanto sarà né utile, né facile acquistarsi amistà di questi tali, de' quali non stia l'uscio e l'orecchie molto serrato a tutti e' viziosi.
LIONARDO Sí certo, Giannozzo, sí dite il vero, e sono spese non solo pazze ma anche troppo dannose, ché sogliono e' viziosi con loro raportamenti e false accusazioni, godendo in usare la sua malvagità, addurti in suspizione e odio a tutti e' tuoi, solo perché tu non abbia a credere a chi te veramente ami, quando e' t'avisasse del vizio e malignità di quelli.
GIANNOZZO Però né queste, né simili spese pazze mai si vogliono fare. Voglionsi fuggire, non udire, né riputare amico chi le domandi, né chi te ne consigli.
LIONARDO E quelle altre due, Giannozzo, le necessarie e le volontarie spese, con che ragione abbiamo noi ad essequille?
GIANNOZZO Come ti pensi? Sai come fo io le necessarie spese? Quanto piú posso le fo presto.
LIONARDO Non vi pensate voi prima quale modo sia il migliore?
GIANNOZZO Certo sí. Né stimare che in cosa alcuna a me mai piaccia correre a furia, ma bene studio fare le cose maturamente presto.
LIONARDO Perché?
GIANNOZZO Perché quello che era necessario fare mi giova subito avello fatto, non fusse per altro se none per avermi scarico di quello pensiero. Cosí adunque fo le necessarie subito, ma le voluntarie spese traduco io in altro modo buono, utile.
LIONARDO E quale?
GIANNOZZO Ottimo, utilissimo. Dicotelo. Indugio, Lionardo mio, indugio parecchi termini, indugio quanto posso.
LIONARDO E questo perché?
GIANNOZZO Pur per bene.
LIONARDO Desidero sapere che buona cagione vi muova, ché so nulla fate senza ottima ragione.
GIANNOZZO Dicotelo. Per vedere se quella voglia m'uscisse in quello mezzo; e non m'uscendo, io pure mi truovo avere spazio da pensare in che modo ivi si spenda manco, e piú a pieno mi satisfaccia.
LIONARDO Ringraziovi, Giannozzo. Voi testé m'avete insegnato schifare molte spese, alle quali io, come gli altri giovani, raro mi sapeva rafrenare.
GIANNOZZO Però non è se non dovuto che a noi vecchi si renda molta riverenza, e cosí a voi giovani pare sia utile in ogni vostra faccenda addimandiate e riceviate da noi padri consiglio. Molte cose di questo mondo meglio per pruova si conoscono che per giudicio e prudenza, e noi uomini non gastigati dalle lettere, ma fatti eruditi dall'uso e dagli anni, e' quali a tutto l'ordine del vivere abbiamo e pensato e distinto quale sia il meglio, non dubitare, possiamo in bene molte cose con la nostra pratica forse piú che a voi altri litterati non è licito colle vostre sottigliezze e regole di malizia. E dicovi, sempre a me parse via brevissima a, come voi dite, bene filosofare, conversare e assiduo trovarsi apresso de' vecchi, domandarli, udirli e ubidilli, imperoché il tempo, ottimo maestro delle cose, rende e' vecchi buoni conoscitori e operatori di tutte quelle cose, quali a noi mortali sono nel vivere nostro utili e buone a tradurre l'età nostra in quiete, tranquillità e onestissimo ozio.
LIONARDO Bene aspettavamo da voi apreendere molte e perfette cose, ma voi e in questo e negli altri vostri singularissimi e perfettissimi ditti superasti ogni nostra espettazione. Tante cose c'insegnate quante io mai arei pensato si potessoro adattare alla masserizia. Ma non so se io mi giudico il vero. Dico, Giannozzo, che volere essere padre di famiglia come voi ce l'avete distinto, mi pare forse sarebbe opera molto faticosa: prima essere massaio delle sue proprie cose, reggere e moderare l'affezioni dell'animo, frenare e contenere gli appetiti del corpo, adattarsi e usufruttare il tempo, osservare e governare la famiglia, mantenere la roba, conservare la casa, cultivare la possessione, guidare la bottega, le quali cose da per sé ciascuna sarà non piccolissima a chi voglia in quella essere diligentissimo, e in tutte insieme credo io, perché sono difficili, sarà quasi impossibile adoperarsi in modo che la nostra sollecitudine in qualche una non manchi.
GIANNOZZO Non essere in questa opinione. Elle non sono, come a te forse paiono, Lionardo mio; queste non sono difficili quanto credevi, però che elle sono tutte collegate insieme e incatenate per modo, che a chi vuole essere buono padre di famiglia, a costui conviene, guidandone bene una, tutte l'altre seguano pur bene. Chi sa non perdere tempo sa fare quasi ogni cosa, e chi sa adoperare il tempo, costui sarà signore di qualunque cosa e' voglia. E quando queste bene fussino difficili, elle porgono tanta utilità e tanto piacere a chi in esse si diletti, e con tuo tanto biasimo ti stanno adosso ove tu nolle molto procuri, ch'elle debbono non attediare, né straccare, anzi parere giocundissime a chi sia in sé buono, e non in tutto pigro e negligente, e a noi debba piacere farci e' fatti nostri. Niuna cosa tanto si truova piacevole quanto contentare sé stesso, e assai si contenta chi fa quello che gli piace, e dobbiamo riputarci a lode fare e' fatti nostri pur bene, ove faccendoli male sentiamo per pruova quanto ci sia non meno biasimo che danno. E quando pure ti piacesse piú alleggerirti, piglia di tutti una certa parte quale piú all'ingegno, età, costumi e autorità tua s'aconfaccia, ma sempre statuisci te sopra tutti, in modo che non tu per le mani e indizio d'altri, ma gli altri tuoi tutti per la volontà e sentenza tua ne' fatti tuoi seguano quanto sia onesto e devuto, e cosí sempre provedi che ciascuno de' tuoi faccia il debito suo. Terrai e' tuoi fattori distribuiti pelle faccende, quello alla villa, questo alla terra, gli altri ove bisogna, e cosí ciascuno in quale meglio si gli aconfaccia.
Voi litterati (quanto spesso, ora mi ramenta, fu costume di messer Benedetto Alberti, uomo in casa studioso e assiduo alle lettere, e fuori fra' cittadini e amici umanissimo, il quale con una sua letizia piena di gravità sempre ragionava di cose onestissime e bellissime, grate e utili a chi l'ascoltava, soleva ragionando seguire questi vostri litterati), e' quali trattando della prudenza e vivere umano solete adurre essemplo dalle formiche, e dite che da loro si debba prendere amonimento provedendo oggi a' bisogni di domane; e cosí constituendo il principe solete prendere argomento dall'api, le quali tutte a uno solo obediscono, e pella publica salute tutte con fortissimo animo e ardentissima opera s'essercitano, queste a mietere quella suprema calugine de' fiori, queste altre a suportare e condurre il peso, quelle a distribuirlo in opera, quelle altre a fabricare lo edificio, e tutte insieme a difendere le loro riposte ricchezze e delizie; e cosí avete molte vostre piacevolissime similitudini atte a quello che voi intendete dimonstrare e molto dilettose a udirle: e sia testé ancora licito a me con qualche mia similitudine non tanto apropriatissima quanto le vostre, ma certo non in tutto inetta, per meglio e piú aperto narrarvi, e quasi dipignere, e qui in mezzo porvi inanzi agli occhi quello che a me pare in uno padre di famiglia sia necessario, sia, dico, testé a me licito seguire ne' miei ragionamenti la vostra lodata e nobile consuetudine. Voi vedete el ragno quanto egli nella sua rete abbia le cordicine tutte per modo sparse in razzi che ciascuna di quelle, benché sia in lungo spazio stesa, pure suo principio e quasi radice e nascimento si vede cominciato e uscito dal mezzo, in quale luogo lo industrissimo animale osserva sua sedia e abitacolo; e ivi, poiché cosí dimora, tessuto e ordinato il suo lavoro, sta desto e diligente, tale che, per minima ed estremissima cordicina quale si fosse tocca, subito la sente, subito s'apresenta e a tutto subito provede. Cosí faccia il padre della famiglia. Distingua le cose sue, pongale in modo che a lui solo tutte facciano capo, e da lui s'adirizzino e ferminsi ai piú sicuri luoghi; e stia il padre della famiglia in mezzo intento e presto a sentire e vedere il tutto, e dove bisogni provedere subito provegga. Non so, Lionardo mio, quanto questa mia similitudine ti dispiaccia.
LIONARDO In che modo potrebbe alcuno vostro detto dispiacermi? Giurovi, Giannozzo, mai a me parse vedere piú atta, né piú utile similitudine, e bene certo comprendo, certo cosí essere quanto voi diciavate, che il modo e diligenza di chi governa le cose rende ogni grande e grieve fatto facile e trattabile. Ma non so io come tale ora pare che le faccende di fuori impacciano le domestiche, e le domestiche necessità spesso non lasciano bene di servire alle cose publiche. Però dubito la diligenza nostra a tutte le cose in tempo fusse non quanto si richiede sufficiente.
GIANNOZZO Non stimare costí ancora non sia presto e ottimo rimedio.
LIONARDO Quale?
GIANNOZZO Dicotelo. Faccia il padre della famiglia come feci io. Perché a me parea non piccolo incarco provedere alle necessità entro in casa, bisognando a me non raro avermi fuori tra gli uomini in maggiori faccende, però mi parse di partire questa somma, a me tenermi l'usare tra gli uomini, guadagnare e acquistare di fuori, poi del resto entro in casa quelle tutte cose minori lascialle a cura della donna mia. Cosí feci, ché a dirti il vero, sí come sarebbe poco onore se la donna traficasse fra gli uomini nelle piazze, in publico, cosí a me parrebbe ancora biasimo tenermi chiuso in casa tra le femine, quando a me stia nelle cose virili tra gli uomini, co' cittadini, ancora e con buoni e onesti forestieri convivere e conversare. Non so se tu in questo mi lodi, già che io veggo alcuni, e' quali vanno rovistando e disgruzzolando per casa ogni cantuccio, nulla sofferano rimanere ascoso, nulla può tanto essere occulto che questi ivi non pongano gli occhi e le mani, tutto essaminano, persino se le lucerne avessino i lucignoli troppo doppi, e dicono essere vergogna niuna, né fare ingiuria ad alcuno se procurano e' fatti suoi, o se danno sue legge e suoi costumi in casa sua, e allegano quello detto solea dire messer Niccolaio Alberti uomo diligentissimo, che la cura e diligenza delle cose sempre fu madre delle ricchezze. Molto mi piace e lodo questa sentenza, ché essere diligente in ogni cosa giova; ma pure io non posso darmi a credere che agli uomini occupati in cose non feminili stia bene essere o monstrarsi tanto curiosi circa queste tali infime masseriziuole domestiche. Non so se io erro qui. Tu, Lionardo, che ne di', che te ne pare?
LIONARDO Aconsentisco, ché proprio sete della opinione degli antichi ove dicevano che gli uomini hanno da natura l'animo rilevato e piú che le femine atto con a...
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