[Pagina precedente]...rto ciascuno conosce e giudica quanto stia ne' padri delle famiglie fare la gioventú sua onesta, costumata e virtudiosa. Né credo sarà chi nieghi questo, che tanto possono e' padri ne' loro figliuoli quanto e' vogliono. E come uno buono e sollecito scorgitore farà uno puledro mansueto e ubidiente, quale un altro men destro e negligente non arà potuto imbrigliarlo, cosà e' padri ne' suoi con diligenza e modo gli renderanno civilissimi e modestissimi. Onde non senza grandissimo biasimo di negligenza saranno e' padri quali aranno e' figliuoli non corretti, ma disviati e scelerati.
Però in questo sarà la prima cura e pensiere de' maggiori, come dianzi diceva Lorenzo, in provedere che la gioventú sua quanto si può sia ornatissima di virtú e costume. Del resto consiglierei io e' padri che ne' figliuoli seguissero piuttosto il ben della famiglia che il giudicio del volgo, già che si vede questo, alla virtú mai quasi manca ricetto e luogo, per tutto truova dove essere lodata la virtú e amata. Però farei come faceva quello Apollonio alabandese retorico quale, se i giovani non gli pareano bene atti alla eloquenza, gli traduceva a quegli mestieri da natura piú si gli afaceano, e non se gli lasciava apresso perdere tempo. E scrivesi di quelli Ginnosofiste, populi orientali, riputati fra gl'Indii savissimi, che allevavano e' nati non a voglia e desiderio del padre, ma secondo el ditto e sentenza di que' publici savi, a' quali era officio notare il nascimento e l'effigie di ciascuno. Indi giudicavano quanto e a che cosa fussero meglio atti, e in quelle come da questi prudenti vecchi era commendato, sé essercitavano. E se fussero stati a' buoni essercizii deboli e disadatti, non era chi volesse perdervi né spese né fatiche: dicesi gli gittavano e talora gli anegavano. Cosà facciano e' padri a quello ch'e' figliuoli sono atti, ascoltino l'oraculo d'Apolline, quale rispuose a Cicerone: «segui coll'opera e colla industria là dove la natura e lo 'ngegno tuo ti tira». E s'e' figliuoli sono pronti e accomodati alle virtú, a' fatti virili, alle scienze e arti prestantissime, alla vittoria e gloria delle armi, ponganvisi, faccianvisi essercitare e apprenderle, e diesi opera che insino dalla prima età vi si avezzino. Qualunque uso pigliano e' minori, con esso crescono. E se forse non fussero o per ingegno, o per intelletto, o per fermezza o prosperità , sufficienti alle cose maggiori, diesi loro minori e piú leggieri essercizii, e sempre se gli preponga essercitazioni quanto a loro sarà possibile essequirle, magnifice, virili e onorate. E se non fussero idonei e abili a quelle lodatissime, e se fussero inutili ad altro, facciano e' padri simile a que' Ginnosofiste, aneghino i figliuoli nelle cupidità , facciangli cupidenarii, incendino ne' giovani volontà non ad onore e gloria, ma all'auro, ricchezza, al quattrino.
ADOVARDO E questo ci duole ancora, Lionardo, che noi non sappià no il certo, qual via sia piú a' nostri facile, né bene scorgiamo a quale buon corso la natura gl'invii.
LIONARDO Quanto io, stimo a uno padre diligente e desto non sarà questo molto difficile, conoscere a che essercizio e a che laude e' figliuoli suoi sieno proclivi e disposti. Quale piú sempre fu incerto e dubbioso che il ritrovare quelle cose, le quali in tutto voleano starsi nascose, le quali la natura si serbava molto entro coperte sotto la terra? Pur questo si vede, gl'industriosi artefici l'hanno ritrovate e agiunte. Chi disse all'avaro e cupido là sotto fussero metalli, argento e auro? Chi gl'insegnò? Chi gli aperse la via sà difficile e ambigua ad andarvi? Chi lo fé certo fussino minere piú tosto di preziosi metalli che di piombo? Furono gl'indizii, furono e' segni per li quali si mossono ad investigare, e co' quali investigando conseguirono, e addussorli in notizia e uso. E tanto potette la industria e diligenza degli uomini che nulla cosa di quelle occultissime piú a noi sta non conosciuta. Ecco ancora gli architetti vorranno edificare el pozzo o la fonte. Prima cercano gl'indizii, né però cavano in ogni luogo, perché sarebbe inutile spesa cavare dove non fusse buona, netta e presta vena. Però pongono mente sopra terra onde possano conoscere quello che sta sotto, entro, dalla terra nascoso. E dove e' veggono el terreno tuffoso, arido e arenoso, ivi non perdono opera, ma dove surgano virgulti, vinci e mirti, o simile verzure, ivi stimano porre sua opera non indarno. E cosà non, senza indizio, si danno a seguire quanto allo edificio sarebbe accommodato, ma dispongono lo edificio a meglio ricevere quel che gl'indizii gli prescrivono.
Simile adunque faccino e' padri verso de' figliuoli. Rimirino di dà in dà che costumi in loro nascono, che volontà vi durino, a che piú spesso ritornino, in che piú sieno assidui, e a che peggio volentieri s'induchino. Imperoché di qui aranno copiosi e chiari indizii a trarne e fermarne perfetta cognizione. E se tu credessi nell'altre cose ascosissime avere e' segni manco fallaci che ne' costumi e nel viso degli uomini, e' quali sono da essa natura congregabili, e volentieri e con studio si congiungono, e fra gli uomini lieti convivono, fuggono, spiacegli e attristagli la solitudine; se tu in costoro credessi trovare meno indizio e meno certezza che in quell'altre cose copertissime e in tutto dal necessario uso, presenza e giudicio de' mortali rimotissime, certo erreresti. La natura, ottima constitutrice delle cose, volle nell'uomo non solo che viva palese e in mezzo degli altri uomini, ma certo ancora pare gli abbia imposto necessità che con ragionamento e con altri molti modi comunichi e discopra a' medesimi uomini ogni sua passione e affezione, e raro patisce in alcuno rimanere o pensiero o fatto ascoso, e non da qualcuno lato saputo dagli altri. E pare che la natura stessa dal primo dà che qualunque cosa esce in luce abbia loro iniunte e interserte certe note e segni patentissimi e manifesti, co' quali porgano sé tale che gli uomini possano conoscerle quanto bisogna a saperle usare in quelle utilità sieno state create. E piú nell'ingegno e intelletto de' mortali have ancora inseminato la natura e inceso una cognizione e lume di infinite e occultissime ragioni di ferme e propinque cagioni, colle quali conosca onde e a che fine sieno nate le cose. E agiunsevi una divina e maravigliosa forza di sapere distinguere ed eleggere di tutte qual sia buona e qual nociva, qual mala, qual salutifera, quale accommodata e qual contraria. E vedi sà tosto come la pianta si scopre sopra della terra, cosà allora il pratico e diligente la conosce, e chi meno fusse pratico, colui alquanto piú tardi la conoscerebbe.
Ma certo ogni cosa prima è conosciuta che scemata, prima redutta ad uso che mancata. E cosà stimo la natura negli uomini faccia il simile. Né a' fanciulli diede sà coperte e oscure operazioni, né a' padri sà rozzi e inesperti iudicii che non possano di molti luoghi compreendere a che i figliuoli suoi piú s'adirizzino. E vederai dal primo dà che 'l fanciullo comincia a dimonstrare suo alcuno appetito, subito si scorge a che la natura lo 'nchina. Ramentami udire da' medici ch'e' parvuli, quando e' ti veggono cosà grillare colle mani, allora se vi badano, se vi si destano, dimonstrano essere composti alli essercizii virili e all'arme. E se piú loro piace que' versi e canti co' quali si sogliono ninnare e acquietare, significa che sono nati all'ozio e riposo delle lettere e alle scienze. E un diligente padre di dà in dà compreenderà e penserà per meglio iudicare ne' figliuoli ogni piccolo atto, ogni parola e cenno, come si scrive fece quel ricco agricoltore Servio Oppidio canusino: perché e' vedea uno de' suoi figliuoli sempre avere el seno suo pieno di noci, giucare e donare a questo e a quello, l'altro vedea egli tutto quieto starsi e tristerello, anoverandole e per le bucherattole transponendole, conobbe per questo solo indizio in ciascuno di loro che ingegno e animo vi fussi. Però, morendo gli chiamò, e disse dividea loro la eredità , perché e' non volea, se alcuna pazzia toccasse loro, avessero insieme materia d'adirarsi. E feceli certi come e' vedea non erano di una natura, ma l'uno sarebbe stretto e avaro, l'altro prodigo e gittatore. E non voleva dove in loro fusse tanta contrarietà d'ingegno e di costumi, ivi fussero simili e' loro animi oppositi e contrarii. E dove nella masserizia e spese non fussero d'una opinione e volere, provedeva fra loro venisse ira niuna, né vi cadesse dissidio alcuno di ferma benivolenza e amore. In costui adunque fu buona e lodata diligenza. Fece come è officio a' padri di fare: stare curioso e cauto a provedere ogni atto ne' figliuoli e ogni indizio, e con questi misurare che volontà e che animi si scuoprono, e a quel modo scorgere a che ciascuno piú sia da natura cinto e pronto.
E possono di molti luoghi e' padri assai bene scorgere a che ciascuno fanciullo s'adirizzi. Nessuno uomo è di cosà compiuta e pratica età , né di tanta malizia, né di sà artificioso e astuto ingegno a occultare e' suoi appetiti, voglie e passioni d'animo, che se tu piú dà v'arai l'intelletto e l'occhio desto a mirare suoi cenni, atti e maniere, nel quale tu non compreenda ogni suo vizio per occulto che sia. Scrive Plutarco per solo un guardo quale a certi vasi barbari fé Demostene, che subito Arpallo conobbe quanto e' fusse avaro e cupido. E cosà un cenno, uno atto, una parola spesso ti scuopre e apre a vedere per tutto dentro l'animo d'uno uomo, e molto piú facile ne' fanciulli che ne' piú saggi per età e per malizia, già che questi non sanno coprirsi bellamente con fizioni o simulazioni alcune. E ancora credo cosà che uno gran segno di buono ingegno ne' fanciulli sia quando raro si stanno ociosi, anzi vogliono fare ciò che fare veggono; uno grande segno di buona e facile natura quando presto si rachetano e la ricevuta iniuria si dimenticano, né sono nelle cose ostinati, ma rimettono e cedono senza troppa durezza e senza vendicarsi, e senza vincere ogni voluntà . Uno grande segno d'animo virile sta in uno fanciullo quando egli è a risponderti desto e pronto, presto, ardito a comparire tra gli uomini, e senza salvatichezza e sanza rustico alcuno timore. E in questo molto pare l'uso e consuetudine gl'aiuti. Però sarebbe utile, non come alcune madri usano sempre tenerseli in camera e in grembo, ma avezzargli tra le genti e ivi costumargli essere a tutti riverenti, né mai lasciargli soli, né sedere in ozio femminile, né ridursi covando tra le femmine. Platone solea riprendere quel suo Dione di troppa solitudine, dicendo che la solitudine era compagna e coniunta alla pertinacia. Catone vedendo un giovane ozioso e solo, lo domandò quello che facesse. Questo gli rispose, favellava da sé a sé. «Guarda», disse Catone, «che tu non parli testé con uomo alcuno cattivo». Prudentissimo, che sapea e per uso e per età quanto ne' giovenili intelletti umani piú possa la volontà incesa e corrotta di libidine, iracundia, o malvagia alcuna opinione e pensiere che la vera e intera ragione. E però conoscea che a costui, occupato ad ascoltare e rispondere a sé stessi, piú era facile consentire all'apetito e volontà che alla onestà , e manco credere alla continenza e fuga delle cose voluttuose che a' desiderati e aspettati suoi piaceri e diletti. Diventasi adunque cosà per solitudine coniunta con ozio, pertinace, vizioso e bizzarro.
Voglionsi adunque e' garzoni dal primo dà usarli tra gli uomini ove e' possino imparare piú virtú che vizio, e fino da piccioli cominciarli a fare virili usandogli ed essercitandogli in cose quanto nella loro età si possa magnifice e ample, storli da tutti i costumi e maniere femminile. E' Lacedemoniesi facevano andare e' fanciulli loro la notte al buio sopra e' sepulcri per asuefarli a non temere né credere le maschere e favole delle vecchie. Conoscevano, quanto uomo prudente niuno dubita, l'uso in tutta l'età valere assai, e nella prima adolescenza piú quasi avere forza che in tutte l'altre. Chi da piccolo sarà allevato nelle cose virili e ample, a costui ogni lode non supprema e...
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