[Pagina precedente]...ripeto, non è quella la questione! Se io ho potuto finora mantenere la mamma, se posso anche adesso pensare a maritarmi, lo devo a tuo marito.
LUCIA (freddamente). Insomma, caro Emilio, io non avevo il dovere di pensare a tutti, io pensai a me; trovai che quella vita non potevo continuare a farla, pensai che con le mie cognizioni avrei potuto vivere indipendentemente e mi risolsi. Scrissi già persino per riavere il mio posto.
EMILIO Se è cosÃ, se di me, di tua sorella, di tua madre non t'importa nulla, allora hai fatto bene, hai fatto benone.
GIOVANNA Insomma, Lucia farà quello che il suo cuore le detterà . Non sono questi gli argomenti che voglio veder adoperati per convincerla.
SCENA QUINTA
MARIA, poi GIULIANO e DETTI
MARIA C'è il signor Giuliano che domanda se può entrare! (S'indugia alquanto, poi parte.)
LUCIA Già qui! Io non assisterò a questa scena!
GIULIANO Anzi! anzi! la pregherò di rimanere qui! (Contenuto. Lucia si avvia verso la porta a destra; Giuliano le impedisce il passo; ella lo guarda un istante in volto, poi siede, affettando calma.) Signora Giovanna; lei sa il rispetto che porto, che ho sempre portato a lei; comprenderà che deve essere una cosa molto grave che mi trascina qui, a quest'ora, in tale modo. La prego di leggere questa lettera che la sua signora figlia mi ha indirizzato quest'oggi e dirmi il suo parere. (Fruga nelle tasche e non trova subito.) Maledizione! (Poi la trova e gliela porge.)
GIOVANNA (freddamente). Se volete sedere! (Emilio premuroso porta una sedia, Giuliano vi si appoggia.) «Signore! Lei comprenderà che dopo gli avvenimenti di iersera...»
GIULIANO Dopo le dirò quali sieno stati questi terribili avvenimenti!
GIOVANNA Li conosco. «... dopo gli avvenimenti di iersera è impossibile ch'io rimanga ancora in casa sua. Mi rifugio...»
GIULIANO Precisamente «rifugio». Le venne già raccontato tutto? Tanto meglio!
GIOVANNA «Mi rifugio presso mia madre. Suppongo che Lei troverà giustificatissimo il mio procedere. Le comunico contemporaneamente che scrissi già al signor Chelmi per riavere il posto ch'ebbi il torto d'abbandonare. Lucia.»
GIULIANO Ebbene? Che gliene sembra?
GIOVANNA È forte! Ma ritorniamo agli avvenimenti, come li chiamate, di iersera. Per trascinare un uomo come voi ad atti da persona poco pulita...
GIULIANO (con esaltazione). Ma signora! Se lei crede a tutto quello che sua figlia le racconta, darà naturalmente torto a me. Le ha raccontato ch'io l'ho bastonata?
GIOVANNA No! Lucia fu esatta! Lei la prese per le spalle e la costrinse a sedere.
GIULIANO Costrinse! costrinse! La feci sedere! La presi per le spalle? Le appoggiai le mani sulle spalle! Per farla sedere era necessario cosÃ.
GIOVANNA Ma perché? perché...?
GIULIANO (un breve istante imbarazzato, poi scaldandosi). Perché? Ecco! Quando un uomo viene a casa... viene a casa... dopo ore, ore, ore di un lavoro uggioso... ecco! egli non ha voglia di parlare. Che cosa avrebbe da dire? Uggiarla e uggiarsi ancora parlando dei suoi lavori? E poi si ha un gruppo qui (indicandosi la gola) un gruppo formato dalla fatica, dalla noia, dall'ira. (Riposandosi.) Si viene dunque a casa. Il desiderio, naturalmente, sarebbe di sedersi là e rimanere quieto, senza pensieri, senza movimento. Si vorrebbe poi vedere attorno a sé tutt'altra cosa di quella che si vide durante la giornata. Dunque, non musoni. Si vorrebbe non sentirsi rimproverato il proprio malumore, la taciturnità , tutto ciò ch'è tanto naturale in certi uomini. Si vorrebbe...
LUCIA Aveva detto io qualche cosa?
GIULIANO (senza abbadarle, rivolto a Giovanna). Occorre parlare per offendere? Vi sono silenzi che offendono piú che una parola od un atto offensivo. La signora..., vedendomi di malumore, per punirmi...
LUCIA Per punirvi? (Sorpresa.)
GIULIANO SÃ! Io le dissi: Rimani qui. Ma no, ella volle allontanarsi!
LUCIA Chi poteva pensare che la mia presenza vi premesse tanto? Mi diceste con tanta indifferenza: Rimani qui. Io aveva da fare e mi sedetti al telaio.
GIULIANO (sempre parlando a Giovanna). Le assicuro, signora, ch'io la osservai attentamente. Al telaio ella non aveva nulla da fare, o almeno non fece nulla.
LUCIA Osservaste male.
GIULIANO Tutto questo mi sembra adesso, del resto, molto secondario in confronto a quella lettera.
GIOVANNA Vi scusate tanto bene voi che potrete anche trovare delle ragioni per iscusare mia figlia, che, lo confesso, fece un atto poco pensato.
LUCIA Io non ho bisogno di venir scusata; io potrei forse scusare.
EMILIO Ma Lucia, vedi pure che lui è pronto a far pace?
GIULIANO Far pace? Io? Con mia moglie? Io sono venuto qui per tutt'altra cosa. Io venni per domandare semplicemente a mia moglie: (si rivolge a Lucia e gridando) Vuoi ritornare in casa mia senz'altre moine, senz'altre discussioni?
LUCIA (fredda). No!
GIULIANO No? No? Veramente, no? Allora non c'è piú nulla da aggiungere. Io posso andarmene. (Si volge verso la porta, poi ritorna.) Rammentati però di aver pronunciato questo no e come lo hai pronunciato; rammentatelo acciocché non ti desti meraviglia tutto quello che ne seguirà .
GIOVANNA Ve ne prego, Giuliano, calmatevi. Si trattava realmente di far la pace, dopo una disputa provocata per torti d'ambidue. D'ambidue, lo ammetto, e non era quello il modo di proporla questa pace.
GIULIANO Eh! via! finiamola con questa pace che mi rammenta la prima fanciullezza. Non siamo ragazzi qui. Qui vi sono delle persone che hanno diritti e persone che hanno doveri. Ognuno rimanga dalla sua parte. Chi ha diritti, li esiga, chi ha doveri li compia. Ma il mio diritto io non l'intendo come voi forse ritenete. Io non moverò un capello per costringere la signora a ritornare in casa sua. Giacché vuole rimanere, rimanga, giacché volete trattenerla e abbiatela dunque, godetevela; di lei io ne ho fin qua (indica la gola).
LUCIA (con le lagrime agli occhi). Potevate dirmelo prima. Adesso capisco perché mi maltrattavate.
GIULIANO Ho piacere che lo sappiate. Buon giorno. (Via, Matilde lo segue.)
EMILIO Ora siamo conciati per le feste.
GIOVANNA È orribile! Io non lo vidi mai in tale stato.
LUCIA E adesso, dovessi morire, in quella casa non rimetto piú piede.
GIULIANO (rientra con Matilde che gli parla sottovoce, in atto supplichevole). Ah! Ah! Ah! Questa è buona! Ma io non posso, cara signora! proprio non posso. Dica al suo signor marito che paghi oggi. Del resto ha tempo fino a dopopranzo alle quattro! Io non posso che dargli buoni consigli! Anche per la cambialetta che scade dopodomani, provveda! Io non posso conceder dilazioni. Volentieri, ma non posso, cara signora! Ah! Ah! Ah! (Via, dopo aver dato un'occhiata a Lucia.)
MATILDE (piange). Vedi, Lucia, siam gente rovinata.
LUCIA (piangendo ella pure). Darei la vita per salvarvi. Ma hai pur veduto tu stessa! È un uomo col quale si possa vivere?
GIOVANNA Che cosa gli hai chiesto?
MATILDE Arturo sarà dispiacente che l'abbiate appreso. È stato Giuliano che è rientrato per raccontarvi tutto. Arturo gli deve del denaro. Oggi scade una sua cambiale di trecento fiorini e mi pregò di chiedere a Giuliano una dilazione, perché credo che non li abbia.
EMILIO Io lo sapevo già .
MATILDE (mesta). Adesso ricomincia per me la bella esistenza! Mio marito riavrà le angosce di una volta nel dover far nuovi debiti per pagare i vecchi, nel dover pregare e scongiurare a destra e a sinistra. Addio buon umore in famiglia!
GIOVANNA Per questi trecento fiorini?
MATILDE Non sono soltanto questi. Questo mese scadono ancor due altre cambiali simili.
GIOVANNA (pensierosa). Questo è male, è molto male!
EMILIO E voi, finora, non vedete che una piccola parte dei mali che ci toccheranno dall'ira di Giuliano. Non sapete tutto il male che ci può fare.
LUCIA (appassionatamente). Oh! vorrei che tutto questo male avesse da toccare a me; non cederei, come del resto non cederò, in nessun caso. È dunque inutile che mi piangiate d'attorno.
MATILDE (con disprezzo). Adesso sarebbe inutile tornare indietro. Giuliano non è un ragazzo che lasci giuocare con sé. Adesso il male è fatto. (S'avvia.)
SCENA SESTA
MARIA e DETTI
MARIA Hanno portato una lettera per la signora Lucia.
MATILDE (fermandosi). Forse di tuo marito. Oh! che fosse di lui.
LUCIA Ah! non può essere! (L'apre.) È del signor direttore Chelmi! (Legge.) «Pregiatissima signora ed amica! Debbo comunicarle con la presente che appena ebbi ricevuto questa mane la sua lettera con la quale chiedeva d'essere riammessa al posto da lei volontariamente abbandonato due anni or sono, mi fu annunciata la visita del suo signor marito. Il signor Giuliano mi sembrò molto agitato. Mi chiese se avessi ricevuto la sunnominata sua lettera e parve ne conoscesse esattamente il contenuto. Io, naturalmente, non credetti di celargli alcuna cosa, o meglio negargliene. Allora lui mi fece capire, con segni e parole di non dubbio senso, ch'egli non desiderava che lei signora riavesse il posto già occupato. Fu solo per mia prudenza che il nostro colloquio non degenerò in iscandalo, perché, lo ripeto, il signor Giuliano mi sembrò molto agitato. Ora, pregiatissima signora e cara amica, debbo confessarle ch'io non capisco molto chiaramente come stanno le cose, ma nel tempo stesso debbo dirle che è poco probabile che il consiglio scolastico rifletta sulla sua offerta perché sarò obbligato di comunicare al suddetto onorevole consiglio che il signor Giuliano suo marito non soltanto non appoggia la domanda, ma vi si oppone formalmente. Le consiglio perciò, per evitare una discussione pubblica ed un risultato come sopra descritto, di ritirare lei stessa la sua domanda. Io non parlerei in allora, né in consiglio, né altrove di essa, e neppure della visita fattami dal suo signor marito. Mi segno con perfetta stima, pregiatissima signora e cara amica - Anselmo Dr. Chelmi.» (Avvilita.) Oh! il villano.
MATILDE Cosà adesso tocca piangere a te!
EMILIO (ridendo ironicamente). A questo insomma ti hanno condotto le tue profonde riflessioni durate una notte intera!
LUCIA Non m'importa, e sta certo, Emilio, che non dovrò ricorrere a te per vivere. (Dapprima calma, poi agitata.) Ho ancora qualche piccolo risparmio. È mio, proprio mio! non l'ho fatto in casa di Giuliano. Ho anche qualche gioiello. Oh! piccola cosa! ma intanto servirà per i primi tempi. Ad ogni modo morrò piuttosto di fame, ma non ritornerò in casa sua, mai piú!
MATILDE La fermezza è pure la gran bella cosa! Ne riparleremo di qui a qualche giorno. Vedrai quanto sia divenuta difficile la vita! Addio, mamma! (Via.)
GIOVANNA Sai, Lucia; le parole dette testé da Emilio non vanno prese mica troppo sul serio. Egli parlò cosà per indurti a fare una cosa ch'egli riteneva dovresti fare per il tuo meglio.
EMILIO SÃ, sÃ, insomma, non sarò io che la caccerò di qui. Vi rimanga! Ma, acciocché siamo perfettamente in chiaro, vi ripeto ancora una volta ch'io non sono affatto d'accordo su tutta questa storia.
SCENA SETTIMA
FILIPPO e DETTI
FILIPPO (è vestito pretenziosamente, calzoni larghissimi, giubba piccola, al collo una grande cravatta rossa; ha guanti, ed in testa un cilindro alto). Oh! buono che vi trovo qui! (Balbetta leggermente.) Lucia! ti avviso che farò andare tuo marito in prigione!
EMILIO Perché?
FILIPPO Mi ha dato uno schiaffo, mi ha dato! (Rimasto da principio serio, scoppia da ultimo in pianto.)
EMILIO Perché?
FILIPPO (tenta a piú riprese di parlare, ma non gli riesce, poi). Gli ho detto che è un imbecille, gli ho detto che è un asino!
GIOVANNA In allora ha avuto ragione lui!
FILIPPO (sempre piangendo). Ma lui mi ha dato prima lo schiaffo!
EMILIO Allora prima e dopo?
FILIPPO SÃ. (Piange sempre.)
LUCIA Aspetta! (Gli versa un bicchiere d'acqua, poi) Adesso racconta!
FILIPPO Non è con Lei che io parlo, anzi non voglio parlare piú affatto con Lei. (Le volta le spalle piangendo.) Darmi uno schiaffo!
EMILIO Cioè due schiaffi!
LUCIA Ma non sono stata mica io a darteli!
FILIPPO Ma li ho ricevuti causa tua!
LUCIA Causa mia?
FILIPPO SÃ, sÃ! proprio causa tua. Sei stata tu che hai raccontato tutto a tuo marito!
LUCIA Via, spieghiamoci! Che cosa tutt...
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