[Pagina precedente]...azio si volge.) Ebbene, Carla, che ne dici? È l'ultima volta che ci vediamo. A te non chiedo perdono. Che cosa ti feci? Puerilità . Ed occorreva una sciocca gelosia per offenderti! Siamo uomini tutti e tu avevi torto di credermi fedele.
CARLA Hai ragione. Ma fuggi, Ignazio, ed io ti sarò riconoscente come se mettessi in salvo anche me. Fuggi! Il tempo incalza!
IGNAZIO Addio, Carla! (La bacia, quantunque ella dimostri ribrezzo.) Andiamo, Catina, e conducimi bene! Tu sei causa ch'io non ho potuto mangiare in pace. Addio, tutti! (Via con Catina.)
ELENA (a Carla). Carla, io non ho voluto mai offenderti!
CARLA Adesso non ne parliamo! Ch'egli si salvi ed io non porto rancore a nessuno. Ho perdonato a lui ch'è il piú colpevole! (Le dà la mano ch'Elena stringe.)
ELENA Grazie.
SCENA DECIMA
Il MARESCIALLO dei carabinieri. Poi MARCO, poi CATINA e DETTI
MARESCIALLO Il signor Ignazio Lonelli?
CARLA (nello spavento). Ma se qui non c'è! Manca da casa da ieri mattina!
MARESCIALLO (a Carlo). In base a questo mandato mi permetterete di perquisire questa abitazione?
CARLO Faccia pure, signore.
MARCO (entrando). Signor maresciallo, le annuncio che vidi mio nipote salire le scale... io dico che vuole fuggire per il tetto.
MARESCIALLO Chi è suo nipote? (Carla sta per mancare.)
MARCO Il malfattore che lei cerca.
MARESCIALLO Ah, grazie. (Esce.)
ELENA Pfui! Vergognatevi!
CARLO Avete commesso un'azione infame.
MARCO Lasciatemi in pace! Non commise Ignazio un'azione piú infame ancora? (Esce.)
CARLO Coraggio, Carla, forse riesce ancora a fuggire!
CARLA E come? Adesso sanno dove si trova.
CATINA (entra correndo.) Aiuto! aiuto! Il signor Ignazio è caduto dal tetto!
CARLA Ah! (Cade svenuta).
CARLO Come? Caduto dal tetto?
CATINA SÃ. Io lo vidi tutto ad un tratto scivolare, scivolare, trattenersi con le mani e i piedi, ma inutilmente. Se ne andava come su ruote. Io gridava: Ma si tenga, ma si tenga! Non serviva! Poi scomparve.
ELENA Carla è svenuta.
FORTUNATA (che guarda dalla finestra). Ma è là , è là ! Lo salveranno ancora! Si tiene ad una grondaia. Un carabiniere si mostra già sul tetto! (Elena e Carlo accorrono alla finestra.) La grondaia cede! (Inorridita Elena fugge dalla finestra.)
CARLO È salvo! è salvo, se si tiene! Il carabiniere è giunto ad afferrare la grondaia. Oh! (Fugge anch'egli.)
ELENA (fuori di sé). È caduto, è caduto. Aiuto! Aiuto! (Gridando verso la strada, donde si sente un rumore confuso.)
FORTUNATA Signora, signora! Forse è salvo! Chissà ! Tante volte si è udito di cadute simili.
MARCO (entra). Un bicchiere d'acqua! Dammi un bicchiere d'acqua! Quale spettacolo!
FORTUNATA È morto?
MARCO Morto? Non soltanto. Per mettere in bara tutti quei pezzi occorrerà la scopa.
CALA LA TELA
Una commedia inedita
Scherzo drammatico in un atto
PERSONAGGI
Il signor PENINI
ELENA, sua moglie
ADOLFO
ROSA
L'azione si svolge in una stanza riccamente ammobiliata con porta d'entrata di fondo. A sinistra dello spettatore c'è la porta che conduce alla stanza di Elena e un poco piú verso il fondo una porta che conduce al suo gabinetto da lavoro.
SCENA PRIMA
Il signor PENINI e ELENA
ELENA (sorte dalla porta a destra, è agitatissima). No! No! No! (Siede.)
PENINI (che le viene dietro col sigaro in mano e calmo). Ma perché?
ELENA Oh! perché Venezia non mi piace!
PENINI Non ti piace? Io credeva invece che fosse il tuo ideale. Al viaggio di nozze tu avresti voluto rimanere in quella città il tempo che avevamo destinato all'intero viaggio. Mi facevi correre tutto il giorno dietro al cicerone, in cerca di cose che a me non interessavano punto; quadri, puttini nudi, chiese che avevano tutte, poco su poco giú, il medesimo aspetto. Tu ti entusiasmavi, io sopportava quella tortura per amore tuo. Piazza San Marco ed il caffè Florian mi piacevano ma tu non mi lasciavi mai starci in pace. È vero che dopo tutto, l'Italia, città per città , apportò a te il medesimo piacere ed a me la medesima tortura, ma Venezia specialmente.
ELENA Rimanere a Venezia otto, dieci, venti giorni, un mese, sÃ. Di piú no, stabilirvisi mai piú; piuttosto morire. In quelle viuzze ove non si può tenere aperto l'ombrello se piove io non potrei vivere; mi mancherebbe l'aria. Anche tutta quell'acqua, mi annoia, quei ponti che possono cadere, tutta la città è pericolante e può da un momento all'altro andare a picco come un naviglio.
PENINI Ohibò!
ELENA Capisco che è un'idea mia ma non mi sentirei sicura. E poi quei veneziani che fanno tutti i fatti loro in strada. Vi dormono persino! (Con ira.) Davvero che io ne ho visto uno dormire, ma profondamente.
PENINI Se vuoi vederne anche qui dei dormienti in strada non hai che da fare quattro passi fuori della villa.
ELENA Insomma io a Venezia non vengo.
PENINI Il tuo volere conta relativamente.
ELENA Se proprio lo vuoi, vacci tu! io rimango.
PENINI (dopo una piccola pausa, scherzando). Ehi! Elena diventi matta? È tuo dovere seguirmi; se io volessi potrei costringerti con l'aiuto della legge, (ridendo) ma scommetto che riuscirò a convincerti altrimenti. Senti, ti piace di vivere bene, di mangiare cose buone e in buona misura, dormire in letto soffice? Tu non lo dici ma so che ti piace ed è perciò che devi venire a Venezia. Noi non siamo poveri ma non tanto ricchi da poter vivere come viviamo. Tu con quella toilette, io senza guadagnare un centesimo... un centesimo! Mi sono dato tutta la cura possibile, ho seccato amici e non amici; da tre anni che siamo sposati, ti posso mostrare il mio libro senserie, ho guadagnato tanto da pagare i sigari che fumo.
ELENA Bravo!
PENINI Non è colpa mia. La piazza ha piú sensali che affari; di ogni dieci persone una è sensale.
ELENA A Venezia sarà la stessa cosa.
PENINI Non lo so ma se ci vado ho il pane sicuro e forse qualche cosa di piú. Velfi e figlio di qui mi fanno loro rappresentante. A Venezia non dovrò perdere tutta la giornata a correre dietro agli affari e potrò cosà dedicarmi un poco di piú a te, moglietta mia che veramente ho trascurato.
ELENA (superba). Io non me ne sono mai lagnata.
PENINI E non potevi lagnartene perché sapevi che io era occupato con qualche cosa di piú serio.
ELENA Essendo io per te tanto poco importante da divenirti pensiero poco serio potrai lasciarmi qui.
PENINI (abbracciandola). Ma tu mi sei la cosa piú seria di questo mondo.
ELENA (respingendolo fredda). A Venezia non vengo, è inutile... almeno per il momento (come se avesse ragionato da sé).
PENINI Per il momento! Meno male! Non si tratta mica di partire subito! Io conosco le donne e ho provveduto acciocché abbi tempo di salutare le tue amiche, mettere ordine con tutta calma nei tuoi fronzoli, andare a vedere tutta la città prima di abbandonarla per tanto tempo. Io aveva già deciso di non partire che alla fine... alla fine... alla fine...
ELENA Ebbene?
PENINI (calmo). Alla fine della prossima settimana.
ELENA Alla fine della prossima settimana? Ah! mai piú! (Molto commossa.) Da vero, da vero che non vengo. Io mi ritiro presso mamma e ti lascio partire solo! Io non vengo!
PENINI E come ho da fare? A questa sola condizione ho ottenuto il mio impiego.
SCENA SECONDA
ROSA e DETTI
ROSA Scusino, ho da prontare la cena?
PENINI Abbiamo cenato fuori. Cioè io.
ELENA Io non ceno.
PENINI A me porta una tazza di caffè. (Rosa via.)
PENINI Fammi il piacere di non piangere. Per ora mostrami il tuo bel volto allegro come l'avevi il primo anno. Non so perché l'abbi smesso poi. Lo volle forse la moda?
ELENA (alza le spalle).
PENINI Io domando per sapere, non mica per irritarti.
ELENA (piangendo). Mi vedi tanto afflitta che potresti risparmiarmi i tuoi scherzi.
PENINI Scherzi? Non sono scherzi! E poi hai torto di essere afflitta! C'è tempo ancora! Nel fratempo possono morire i miei principali padre o figlio o posso morire io o tu e l'affare se ne va o lo mando.
ELENA Grazie. Davvero che fo meglio ad andarmene a letto. (Via.)
PENINI Ma Elena...
ROSA (con il caffè). Ecco il caffè!
PENINI C'è zucchero?
ROSA Lo ha qui!
PENINI Senti, che umore ha la signora quando io non sono in casa?
ROSA Che umore?
PENINI Ride, piange, si adira?
ROSA Si adira di spesso con me.
PENINI Questa è una risposta. Me ne occorrono tre. Ride?
ROSA Ora ride... ora non ride.
PENINI E piange?
ROSA Sa, signore, non dica alla signora che io gliel'ho detto. Adesso, in corridoio, mi sono accorta che la signora piangeva.
PENINI (ammirando). Brava!
ROSA Comandi?
PENINI Nulla, nulla, puoi andartene. Di' alla signora che venga un solo istante a salutarmi. Devo uscire! Aspetta un momento, intelligentissima donna. (Togliendo dal tavolo una busta da lettere colossale.) Che cosa ha ricevuto mia moglie in questa busta?
ROSA Dal signor Adolfo ma non so che cosa.
PENINI (ridendo). Ah! la commedia. (Leggendo il frontispizio di un libro.) Postuma... Lorenzo Stecchetti. Chi porta in casa mia questi libracci?
ROSA (spaventata). Il signor Adolfo l'ha prestato alla signora. Io non so leggere.
PENINI (adiratissimo vedendo una rosa sul petto di Rosa). Te l'ho detto già che non voglio vengano prese rose dal giardino. Se il padrone di casa se ne accorge si adira con me.
ROSA (dice e poi scappa). Io non l'ho presa in giardino; l'ho presa da un mazzo di fiori che il signor Adolfo ha mandato alla signora.
SCENA TERZA
PENINI poi ELENA
PENINI (da sé). Il signor Adolfo! (Pensieroso.)
ELENA Volevi dirmi ancora qualche gentilezza.
PENINI (con voce dolce). Ti avevo pregata di non togliere altri fiori dal giardino! Ne hai i piú belli sempre fra' capelli.
ELENA Me li ha donati il signor Adolfo.
PENINI Ah! il signor Adolfo! (Dopo una piccola pausa, esitante.) Non so se è proprio necessario che io sorta questa sera. (Ridendo.) A proposito del signor Adolfo. Come ti piace la sua commedia?
ELENA Non ne ho letti che due atti e non leggerò gli altri due. Non mi piace.
PENINI (contento). Vedi povera moglie mia che impicci che ti prendi. Ad onta della noia ti toccherà sorbirtela tutta e poi dirne bene.
ELENA No! il signor Adolfo è un giovane di tanto spirito che senza esitazioni gli dirò la mia opinione.
PENINI Lui è spiritoso e la commedia è cattiva? Non è una contraddizione?
ELENA Anche i piú grandi hanno sbagliato.
PENINI (affettando indifferenza). Il signor Adolfo ha la fronte molto bassa... schiacciata. (Elena alza le spalle.) Io sorto anzi! Puoi essere tranquilla che prima della mezzanotte non ritorno.
ELENA (con tutta tranquillità mette un lume sul davanzale). Come, tranquilla?
PENINI (guarda, comprendendo, il lume sul davanzale). Voglio dire che se anche non ritornassi prima della mezzanotte non devi inquietarti. Addio. (La bacia in fronte e via.)
ELENA Addio, Rosa! (Chiamando.)
ROSA Comanda signora!
ELENA Accompagna prima col lume mio marito e chiudi bene la porta. Poi sta attenta se qualcuno suona di andare ad aprire. (Si sente chiudere il portone della campagna.) To'! mio marito è sortito da solo. Se venisse qualcuno... se venisse qui il signor Adolfo introducilo qui. (Si guarda nello specchio.) Io vado in camera mia e ritorno subito.
SCENA QUARTA
Il signor PENINI e ROSA
ROSA (Spaventata). Il Signore!
PENINI Silenzio, sciocca! (Le mette una moneta in mano.) Voglio fare uno scherzo a mia moglie. Non attende essa qualcuno?
ROSA SÃ, il signor Adolfo.
PENINI Ti ha ordinato di condurlo qui?
ROSA SÃ, signore!
PENINI Io mi nasconderò in quel gabinetto. (Il campanello viene scosso.) Potrebbe avvenire che lo scherzo andasse male ed allora sortirei dalla finestra. Tu non cercarmi e se io non ne parlo non dire nulla alla tua signora. Capisci? (Le dà un'altra moneta.) Altrimenti ti rimando alla tua campagna. (Il campanello suona.)
ROSA (guardando la moneta). Oh! grazie.
(Penini entra nel gabinetto; suona il campanello.)
PENINI (guardando fuori del gabinetto Rosa che è immersa nella contemplazione della moneta). Imbecille! non senti il campanello? (Rosa scappa, dopo una piccola pausa si sente di nuovo il campanello.)
SCENA QUINTA
ELENA, poi ADOLFO e ROSA
ELENA Rosa, Rosa, ma Rosa! (Guarda dalla finestra e si pacifica, prende il lume e lo pone sul tavolo, si guarda nell...
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