[Pagina precedente].... M'intende?
ENRICO Una sola cosa io intendo: Che per la prima volta Ella di me si occupa. Adesso almeno vengo istruito da chi meglio può istruirmi. (Tenta di afferrarle una mano.) E l'istruzione potrebbe essere piú efficace ancora...
EMMA Lasci stare quello che non Le viene offerto.
ENRICO (calorosamente). Io intendo, io intendo e certamente m'accomoderò a quello ch'Ella domanda. Scusi se per seguirla meglio mando a mente le sue istruzioni. Dunque: Del povero Valentino non bisogna piú parlare.
EMMA (con sdegno). Già cosà ne parla troppo.
ENRICO Ma per l'ultima volta: Addio, povero Valentino, per me non esisti piú. In secondo luogo non debbo fare il servitore a nessuno. (Sospiro di sollievo.) Finalmente. Quello era un peso impossibile. Posso dire al signor Guido ch'io ritengo ch'egli è una canaglia?
EMMA Questo mi pare un'esagerazione.
ENRICO È vero. Mi pare che le esagerazioni sieno il mio destino dacché è morto il povero Valentino.
EMMA Di nuovo...
ENRICO Oh, mi lasci il tempo di rifarmi naturale. Io al signor Guido dirò che come suo futuro cugino ho il diritto di dargli qualche istruzione e mi permetterò di dargliela subito.
EMMA Intanto escludo che Lei parli ora di questa futura parentela con chicchessia.
ENRICO Anche questo è importante di sapere. Con Lei, in privato, però...
EMMA No, no, neppure. (Si commove profondamente e singhiozza). Ella a forza di bestialità m'ha obbligata di deviare del tutto dai miei propositi.
ENRICO (commosso). Non pianga, non so vederla piangere. Aspetterò rispettoso l'anniversario della morte di... Col signor Giovanni mi sarà facile di comportarmi correttamente. Diamine! Lui sbaglia per troppa giovinezza e capirà subito. Deve abituarsi a fare all'amore un po' piú celatamente. Gli dirò: Fa pure, padre mio. Ma con discrezione.
EMMA Certo ne hanno fatto un mostro in natura. Lui che era l'onore della nostra famiglia.
ENRICO Vedrà , vedrà . Contribuirò a rieducarlo.
SCENA QUINTA
GIOVANNI e DETTI
GIOVANNI Eccomi pronto per quel noioso signor...
EMMA Aspetta, papà . Ho da dirti qualche cosa. È per Fortunato. È stato qui... Non saluti il signor Biggioni?
GIOVANNI (leggermente). Buon dÃ.
ENRICO (molto amabile ma semplice). Buon giorno. Spero ch'Ella abbia dormito bene dopo di quella formidabile sbornia.
GIOVANNI (stupito trae in disparte Emma). Come ha detto? Ha detto "sbornia"?
EMMA SÃ, papà .
GIOVANNI Come può osare? Ed ha, ora, un'aria tanto gentile per dirmi delle cose sgradevoli. Vuoi che lo gettiamo fuori?
EMMA No, papà .
GIOVANNI (stupito). No? (Ad Enrico.) Sbornia? Io? Non ne presi giammai. Voglia notarlo.
ENRICO Ma noi giovani diciamo cosà quello stato in cui Ella si fece trovare iersera.
GIOVANNI (stupito eppoi ridendo). Voi giovani? Sono cose che capitano spesso ai giovini?
ENRICO Ai giovanissimi specialmente.
GIOVANNI (esita, poi non ci pensa). E che cosa vuole da me Fortunato? Perché non viene da me?
EMMA Perché io lo trattenni. Pensa ch'egli non vuole piú sposare Rita e vuole invece immediatamente abbandonare questa casa.
GIOVANNI (interdetto). Ma perché? perché?
ENRICO (sorpreso). Come non l'indovina Lei? E non ricorda quello ch'è avvenuto qui, iersera, fra Lei e Rita? Eh! via!
GIOVANNI Non lo ricordavo. Chi può prevedere tutto quello che può derivare da una cosa? Specialmente da una cosa di cui io non ho una grande pratica? Ma chi fu quel furfante che lo disse a Fortunato? (Minaccioso.) È stato forse Lei?
ENRICO L'assicuro che io non ne parlai con nessuno. Ma Rita era ubbriaca e Lei dormiva russando che tremava tutta la casa...
GIOVANNI Davvero russo tanto forte? (Ad Emma.)
EMMA Certe volte se sei molto... stanco. (Poi.) Ma il signor Biggioni non era presente quando Fortunato parlò con me. Egli sa che Rita era ubbriaca ma invece non sentà te dormire.
GIOVANNI Vede che non mi si sente dormire?
EMMA Fortunato era stato mandato da mamma in città per delle spese. Ed ora nessuno gli leva dalla testa che ad ubbriacarla sia stato Guido.
GIOVANNI (riflettendo). E credi che se la prenderà fortemente con Guido?
EMMA Mi parve di sentire nella sua voce un suono di minaccia. Io ero là là per dirgli che Guido in questa storia non c'entrava e ch'eri stato tu a... sÃ, a dare del vino a Rita. Ma poi pensai d'interpellarti prima.
GIOVANNI E facesti benissimo. Io non amo storie simili.
ENRICO A me sembra che la signora Emma abbia fatto male di non dire subito che si trattava di Lei.
GIOVANNI Ma che cosa va dicendo Lei? Eppoi che centra Lei?
ENRICO Non bisogna ancora parlarne, ma a lui, a Suo padre, posso dirlo? Tutti in questa casa sanno ch'io amo la signora Emma e che vivo nella speranza di divenire all'anniversario che so io e che prima o poi pur arriverà , il Suo figliuolo, signor Giovanni.
GIOVANNI Ma come potremo far credere a Fortunato che sia stato Lei ad ubbriacare Rita?
ENRICO Non credo si possa. Io fui gettato fuori di questa casa e uscii quando Fortunato s'apprestava ad uscirne anche lui. Perciò mi vide.
GIOVANNI Che peccato.
ENRICO Io volevo dirle un'altra cosa, signor Giovanni. Quando a noi giovini tocca una cosa simile, noi subito accettiamo la nostra responsabilità . Io sono convinto che quando Lei ci penserà un poco troverà che a Lei non resta da fare altro che confessare a Fortunato tutto. Francamente io credo che la cosa si ridurrà a una questione di denaro.
GIOVANNI Una questione di denaro? Di molto denaro?
ENRICO Per Fortunato probabilmente non sarà che una questione di denaro. Per Lei invece è tutt'altra cosa.
GIOVANNI Capisco! Lui incassa ed io pago.
ENRICO Non è questo ch'io voglio dire. Lei ha fatto all'amore?
GIOVANNI (trasognato). Io?
ENRICO Non occorre risponda. Anzi Le dirò che quando i giovani hanno fatto all'amore non rispondono. Il Suo dovere è di negare o almeno di tacere.
GIOVANNI (trasognato). Ed io il mio dovere voglio farlo.
ENRICO Ma certo chi fa all'amore deve assumersi tutte le responsabilità che risultano dalla sua fortuna. Ecco che qui, ora, Fortunato se la prende col signor Guido. Questo Lei non può tollerare.
GIOVANNI Evidentemente.
ENRICO Certo sarebbe meglio di celare tutto. Ma non si può. Ella commise una leggerezza... (Giovanni sorpreso fa un cenno di protesta) capisco ch'era scusabile per la Sua mancanza di pratica ad onta della Sua età ... però ringiovanita. Ma ora in casa chi piú chi meno, sa di quella Sua avventura. E perciò il Suo decoro esige...
GIOVANNI Il mio decoro? (Ergendosi.) Sappia, signor mio, che Ella è troppo giovine per insegnare a me quello che sia il mio decoro. Io so che cosa esiga il mio decoro ed io vi ho corrisposto sempre.
ENRICO Questo ammetto.
GIOVANNI Dunque siamo d'accordo e non se ne parli piú. Io ora vado a passeggio con quell'asino che si chiama...
ENRICO Boncini.
EMMA Padre mio, Fortunato vorrebbe parlare subito con te.
GIOVANNI Ma io ora non posso.
EMMA Il signor Boncini potrà aspettare un poco.
GIOVANNI E se non vuole aspettare?
ENRICO Che Gliene importa a Lei? Lo lasci correre.
GIOVANNI E lasciamolo correre allora.
EMMA Io chiamo Fortunato.
SCENA SESTA
RITA, subito dopo FORTUNATO e DETTI
RITA C'è fuori quel signor Boncini che vuole parlare con lei.
ENRICO Lo lasci correre.
RITA Non capisco.
GIOVANNI Oh, Rita. Come stai? Anna mi disse ch'eri indisposta.
RITA Io sto benissimo.
FORTUNATO Scusi, volevo vedere se finalmente potevo parlare con Lei, signor padrone.
GIOVANNI (timoroso). Tu ce l'hai con me?
FORTUNATO Io, signor padrone, io averla con Lei? Io ce l'ho con un membro della Sua famiglia e perciò sono costretto di lasciarla. Mi dispiace molto, ma io in questa casa non posso piú restare.
GIOVANNI (riflettendo). Con un membro della mia famiglia? Con Guido nevvero? Certo io non sono molto d'accordo col suo modo di trattare.
ENRICO Ma è un'altra cosa che il signor Giovanni Le vuol dire...
GIOVANNI Lasci che parli io. Che c'entra Lei? So tutelare da solo il mio decoro. Il mio decoro? Non soltanto quello, ma anche la mia felicità . A questo mondo c'è anche Anna. Io voglio ch'essa ignori del tutto quello di cui qui si tratta. Mi promettete tutti il silenzio?
EMMA Ma certamente padre mio.
ENRICO Ne può essere sicuro.
GIOVANNI E tu Rita non hai detto nulla.
RITA Io non so di che si tratti.
GIOVANNI Hai da promettere di star zitta e di non dir nulla ad Anna di quanto qui si parlerà .
RITA Io so tacere. Per me è la cosa piú facile di questo mondo. Tant'è vero che m'è piuttosto difficile di parlare.
EMMA Ecco che parli troppo.
GIOVANNI Ed ora Lei signor Enrico si apposti al Suo posto, quello di iersera e se vede venire Anna, accorra subito.
EMMA Padre mio, non occorre. Mamma non rientrerà che di qui a mezz'ora. Lo so con precisione.
GIOVANNI E allora non c'è che da parlare. Senti, Fortunato, tu credi che Rita abbia passato il suo tempo e si sia...
FORTUNATO Ubbriacata.
RITA Io non ero affatto ubbriaca. È una menzogna.
GIOVANNI Lascia stare. Qui non si tratta di sapere se eri o meno ubbriaca. Si deve stabilire chi ti ha ubbriacata.
FORTUNATO Proprio cosÃ. (Minaccioso.) Essa vuol darmi ad intendere ch'essa abbia passato quelle due ore con Lei, signore. È una cosa incredibile? Lei, signore, passerebbe il Suo tempo con una fanciulla, una bambina che non sa dire niente?
GIOVANNI E che cosa diresti se fosse proprio cosÃ? (Timoroso.)
FORTUNATO (minaccioso). Io comincerei col dire che tutti voi vi siete messi d'accordo per ingannarmi.
ENRICO Caro amico, di me non potete credere questo. Io fui messo a guardia a quell'uscio dal signor Giovanni. Vi stetti per due ore e v'assicuro che il signor Guido per di là non passò.
EMMA E che vuole che faccia a me che con Rita sia stato Guido o papà ? Io so dirle che quando io qui arrivai Rita dormiva su quel sofà e papà sulla poltrona.
FORTUNATO Oh, potessi crederlo.
RITA A me non volevi crederlo. Io ti dicevo che non ero stata con altri che col padrone.
FORTUNATO (corre verso Giovanni che, spaventato, si ritira). Mi perdoni, signor padrone. Io resto in casa Sua. Mai piú non la lascerei. Scusi se La disturbai.
GIOVANNI (siede per pigliar fiato). Io perdono, io scuso. Io perdono e scuso volentieri. (Poi.) Solo che non bene capisco.
SCENA SETTIMA
ANNA e DETTI
ANNA La sarta non era in casa. Che fate qui tutti riuniti? Rita, hai dato il pane agli uccellini?
RITA Non ancora signora padrona.
ANNA E sono già le dieci. Vai a darlo subito. L'hai almeno sminuzzato?
RITA Solo in piccola parte, signora. Ma la colpa non è mia. È stato Fortunato a turbarmi con le sue gelosie. Credeva ch'io iersera sia stata in compagnia del signor Guido mentre io ero stata la sera intiera col signor Giovanni.
ANNA Cioè nettavi qui in questa camera le maniglie.
GIOVANNI (confessando). Le permisi però di smettere e di tenermi un po' di compagnia.
ANNA E che male c'è?
FORTUNATO Ma quando seppi ch'essa era stata col signor Giovanni io stesso non trovai nulla a ridirci.
ANNA E a te fa piacere la compagnia di Rita?
GIOVANNI (parla con qualche stento). Talvolta... raramente... sÃ.
ANNA E allora mi dirai quando la vuoi ed io la farò libera da ogni lavoro. E adesso su, Rita. Vengo ad aiutarti a sminuzzare il pane. (Via con Rita subito seguite da Fortunato.)
GIOVANNI E adesso mi tocca andare a passeggio con quel signor...
ENRICO Boncini.
EMMA (abbracciandolo). Addio, papà . Come ti voglio piú bene, ora. Mai piú mi staccherò da te.
GIOVANNI (riflettendo). Oh, io non sono tanto ottuso come voi credete. Ma aspettate. Non è detta l'ultima parola. Io voglio pensarci... intendere. (S'avvia per uscire, poi ritorna.) Io credo di aver capito quello che voi pensate. Solo... non so bene quello che pensi io. (S'avvia e poi ritorna.) Certo, qui non vi possono essere dei dubbi. O l'operazione c'è o non c'è. Se c'è io debbo essere un altro di quello ch'ero e voi non potete ridere di me. Ed io mi sentivo un altro. Anche nel sogno, ma anche nella viva realtà con gli occhi aperti. Perché riderne? Distruggere tutto questo?
ENRICO Ma chi ride di Lei?
EMMA Noi ridere di te?
GIOVANNI State zitti. Tu e lui! Zitti vi dico. Non è per nulla ch'io vissi tanto. Intendo tutto. Ci sono tanti modi di ridere di una persona....
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