[Pagina precedente]...spiritosamente disse: «A me il ballo piace molto!». Ed io pensai: "Non si capisce perché!". Da dire non c'era nulla e, per quanto mi sentissi stanca la bocca per la lunga inerzia.
(Leggendo.) Rialti. Altro individuo da evitarsi. Non mi aveva ancora ben stretto la mano in segno di aver fatto la mia conoscenza che cominciò a lagnarsi, sà a lagnarsi e con certo suono di pianto nella voce, ch'era una pietà a sentirlo. Si lagnò della direzione per una causa, dei soci per un'altra, e poi del colore della sala, e che la galleria veniva frequentata meglio che la sala, e che la sala di lettura non era situata nell'altro ingresso, e che le signorine s'impegnavano un mese prima...
«Peccato che tutto questo non posso mutarlo!» scoppiai io. Non servÃ! Poco dopo piagnucolò sul troppo lusso e che oggidà piú non si sapeva ballare né aver spirito. Si trattava di una lancieri... un vero miserere!
Gli altri (guardando il carnet) senza lode e senza infamia. Un po' di spirito, molta presunzione, e quando sanno qualche cosa cercano di ammazzare la poverina che si è confidata loro.
Ma Mastroni, oh! il piú odioso di tutti! Mi viene presentato al principio del ballo da un direttore che poi mi racconta che la presentazione gli era stata espressamente domandata. "Buon principio" dissi a me stessa "e una intanto." Ingannatore! La noia ineffabile delle prime ore mi viene diminuita dalla sorpresa di vedere che il signor Mastroni piú non si fa vivo. La mia voce gli era dispiaciuta forse? Sarebbe stato un altro indizio del gusto decaduto del tempo! No! Dopo cena osservo che in un canto della sala infila i guanti, si specchia e poi si muove. Non capivo bene verso chi perché lo osservava in uno specchio e la geometria descrittiva non è stata mai il mio forte. Lo vedo tutt'ad un tratto dinanzi a me e allora appena capisco: Prima di cena non aveva avuto il coraggio e per procurarselo aveva avuto bisogno del bicchiere di marsala. Non v'era ragione per serbargli rancore, anzi!
Rispondo gentilmente al suo saluto: «Si diverte, signorina?». "Non per causa tua, tanghero!" pensai e gli dissi invece: «Sà molto.» «Io, invece, no!» dice lui sinceramente. «Il ballo non fa per me!». "E in allora non ci si viene" penso io, e dico, guardandolo con interesse perché si capiva che cosà voleva: «Ah!». «Ballo malvolentieri; se mi permette che senza ballare le faccia un po' di compagnia, la festa muterà d'aspetto per me.» "Ecco uno ch'è in procinto di offrirmi la sua mano" pensai e guardai intorno disperatamente in cerca di qualche amica, dalla quale avessi potuto informarmi sulla posizione di quel signore. Invece non m'invitò neppure ad una contraddanza e quantunque ne avesse veduta una di libera sul mio carnet.
Parlava bene quel signore ma a me non la dava ad intendere. Basta aver letto qualche romanzo di Kock per parlar bene ad un ballo. Mi disse ch'egli si doleva profondamente di non saper divertirsi, ma non era colpa sua. «Appartengo alla mia epoca ch'è seria» mi disse, ciò che significava: "Ho il cervello troppo sviluppato per poter divertirmi, e voi che ballate siete sciocchi!". Questa sera, se mi ripete le stesse cose, gli dirò francamente: «Chi è fatto per gli studii rimanga agli studii; è peccato per gli studii se li abbandona.»
E con questi individui modestia? Lasciarsi seccare cos� Vedremo questa sera! Le insolenze capiteranno anche a chi non se le attende. Se mi parlano del tempo, per esempio: «È il mio secondo ballo» dirò «e so già tutto quello che sul tempo invernale si può dire. Attendete l'estate e ne riparleremo.» Proveremo questo sistema!
Il male si è che il carnet è ancora vuoto, meno la prima quadriglia che mi tocca ballare con un vecchio amico di papà . Questi vecchi! Preferirei non ballare affatto; ballando con vecchi corro il rischio di diventare troppo rispettabile. Se potessi eliminarlo...!
Ecco la carrozza! Vengo subito! (Resta meditabonda.) Basta! Se trovo pronto, pronto, un giovine come va, lascio in asso l'amico di papà ! Chissà ! Forse ne risulta un duello! Peccato che il vecchio non si dimostri troppo disposto ad arrischiare la pelle. Mi vengono i brividi quando penso che forse balla... per salute!
La veritÃ
Commedia in un atto
PERSONAGGI
SILVIO ARCETRI
FANNY, sua moglie
ALFONSO BERTET
EMILIA, sua moglie
LUIGI, servitore
La scena rappresenti la stanza da lavoro di un ricco signore. Mobili grevi e solidi. Una porta di fondo ed una a sinistra dello spettatore. Molte sedie disposte disordinatamente. Sul tavolo delle carte ed un cappello schiacciato.
SCENA PRIMA
SILVIO ARCETRI e LUIGI
SILVIO (seduto al tavolo pensieroso, la testa poggiata su una mano). Mi disturbi, te ne avverto.
LUIGI (che si dà da fare nella stanza). Oggi dovrei spazzolare bene questi mobili.
SILVIO Lascia stare te ne prego finché sono qui. È stato nessuno a domandare di me?
LUIGI SÃ, signore. Una persona della quale però il signor padrone m'ha proibito di parlare.
SILVIO La piccola Elena? Nessun altro?
LUIGI Come nessun altro? La piccola Elena!
SILVIO Hai capito sà o no che se mi parli ancora una volta di lei ti scaccio sul momento? Non ti vergogni di aver fatto e di voler fare eternamente quel mestiere?
LUIGI (risentito). È stato il signore che me l'ha imposto e insegnato.
SILVIO E adesso ti dico di abbandonarlo. Io non so piú se fosti tu ad offrirti d'ajutarmi o se io te l'imposi... La storia data da tanto tempo. Ma ora t'impongo di ritornare con me alla virtú.
LUIGI (dopo un breve istante di riflessione). Signore! Mi dispiace ma io non posso accompagnarla in questo lungo viaggio alla virtú perché da lungo tempo ho risolto di avviarmi da solo... abbandonando naturalmente questa casa.
SILVIO Oh! Oh! La mia metamorfosi non ti va?
LUIGI Non mi va infatti. Pareva una brutta nube di passaggio e invece ora sono convinto che il sole non si vedrà piú. Sono otto giorni che la signora ha abbandonata questa casa. Nel frattempo avvisate Dio sa da chi della sua assenza si presentarono qui la piccola Elena, la grande Maria, la rossa... Come si chiama?
SILVIO Tusnelda.
LUIGI A tutte la porta fu chiusa in faccia e Lei continua a fare questa bella vita, là a quel tavolo mentre la signora non si risolve a venire. Del resto ho perduta anche la fiducia nel Suo spirito. Come può immaginare che la signora Fanny perdoni dopo tutto quello che ha visto?
SILVIO Visto? Non ha visto niente.
LUIGI La povera signora lo gridava per la casa di aver visto tutto. Tutti potevano sentirlo.
SILVIO (borbotta). Non basta mica vedere... Del resto non te ne incaricare tu.
LUIGI Capirà ! Noi poveri non possiamo mica passare con tanta disinvoltura dal vizio alla virtú! Ci si abitua a varie comodità cui è doloroso rinunziare e che non si potrebbero soddisfare se si fosse obbligati di non far altro che spazzolare dei mobili.
SILVIO Ah! Se si tratta di solo denaro io sono disposto ad aumentare la tua paga anche di venti franchi mensili.
LUIGI (con amarezza). Oh! Signore! Neppure Lei sa quanto mi rendevano quei Suoi magnifici slanci giovanili che ora chiama vizio. Ella ormai è veramente virtuoso. Lo vedo anche dalla Sua offerta.
SILVIO Ebbene! Quanto ti rendevano?
LUIGI Su per giú cento franchi al mese e talvolta anche molto di piú.
SILVIO (con ammirazione). Possibile! (Fuori suona un campanello.) Vai a vedere chi è. Se fosse mia moglie fischia per avvisarmene. Eccoti... dieci franchi per dimostrarti che anche la virtú sa pagare.
LUIGI Grazie! (Borbotta.) Trattandosi della moglie non è pagata male. (Esce e subito si ode un fischio leggero.)
SCENA SECONDA
ALFONSO BERTET e SILVIO
SILVIO (all'udire il fischio s'è gettato a sedere in un atteggiamento di tristezza). Mia moglie! Finalmente!
ALFONSO (uomo di media età , vestito da persona che poco bada alle forme esteriori, cappello a cencio che non leva. Si ferma alla porta a contemplare Silvio che non lo guarda). L'uno fischia e l'altro piange. Che ci sia relazione fra le due azioni? (Ad alta voce.) Buon giorno.
SILVIO (stupito). Tu? Sei tu? (Riprendendosi.) Finalmente, amico mio! Ti sei deciso di frammetterti per regolare una storia che getta tale disordine nella nostra famiglia?
ALFONSO (molto freddo). SÃ! Sono venuto precisamente a questo scopo.
SILVIO Ebbene! Siedi! Che cosa vuole dunque mia moglie da me?
ALFONSO Non lo sai ancora? Essa vuole che tu confessi. Non domanda altro.
SILVIO Si è data mai tortura maggiore della mia? Che cosa vuole essa ch'io confessi quando sono innocente?
ALFONSO (seccato). Uff! (Calmo.) Mia sorella non ha quest'opinione. Sai! Noialtri Bertet non siamo letterati come te ma una certa dose di buon senso ce l'abbiamo anche noi.
SILVIO È però la vera pratica della vita ch'io dico vi manchi, non il buon senso. Il buon senso! È il senso comune, il senso volgare, stupido, basato sulla conoscenza di certe leggi costanti che poi non s'avverano che raramente. A voi manca l'immaginazione per vedere e capire come le piú varie circostanze campate in aria ai quattro poli possano riunirsi e cadere in dato luogo e in un dato tempo sulla testa di un disgraziato per schiacciarlo.
ALFONSO Di' pure la parola: Un cumulo di circostanze. È parola bellissima e l'hai impiegata varie volte con mia sorella. Ne abbiamo riso abbastanza. Cioè per parlare esattamente sono stato io a ridere di quella parola; mia sorella ne piange. Piange non soltanto delle circostanze ma anche del cumulo. Non soltanto mi tradisce - essa dice - ma mi disprezza ritenendomi tanto sciocca da potermi far credere una cosa simile. Vediamo caro amico! Mia sorella entra in una stanza e ti trova in letto con una donna. Nella stanza una dolce semioscurità ; le finestre ermeticamente chiuse ma la porta aperta. Tu dici che basta il fatto di quella porta aperta a provare la tua innocenza. Noi Bertet crediamo invece che certi uomini in certi momenti dimentichino di chiudere quello che veramente andrebbe chiuso. Sta bene! Tu ti sei gettato per caso, per una stanchezza fisica e morale che noi Bertet diciamo invece immorale su un letto ove c'era una donna. Come va che questa donna non si sorprese affatto di vederti nel letto ove essa dormiva?
SILVIO Se dormiva non poteva sorprendersi.
ALFONSO (accalorandosi). Ma per non destarla tu devi essere entrato in quella stanza sulla punta dei piedi, devi aver badato di non far cigolare la porta...
SILVIO Infatti non cigolò! (Sorpreso.) Doveva essere stata unta di fresco.
ALFONSO A mia sorella parve anche di aver visto che la testa della donna poggiasse su un tuo braccio.
SILVIO È un'invenzione cotesta. Questo poi mi meraviglia di Fanny.
ALFONSO Essa disse: «Mi parve.» È onesta! Se ne fosse certa, allora, credo, non avrebbe neppure il bisogno di avere la tua confessione.
SILVIO Credo io! Come potrei negare allora?
ALFONSO Oh! Tu potresti negare ancora! Che cosa proverebbe quella testa sul tuo braccio? Semplicemente che certo fosti tu ad entrare per primo in quella stanza e che fu la donna tanto smemorata da gettarsi su quel letto quando tu c'eri già addormentato. Figurati quale sorpresa al tuo ridestarti di scoprire quella donna che al tuo arrivo sicuramente non c'era stata. (Ridono ambedue.)
SILVIO Hai della fantasia tu.
ALFONSO Ho rimorso di aver riso di cosa tanto triste. Ho torto di discutere le tue bugie. Sono tanto piramidali che non si possono discutere.
SILVIO Già ! tu sei mio nemico.
ALFONSO Non crederlo. Non siamo amici perché tu, il tuo carattere e la tua immaginazione mi sono avverse. Però siamo alleati naturali. Infatti che cosa ne faccio io di mia sorella, io che non ho bisogno dei suoi denari? Figurati che l'ho tutto il santo giorno fra' piedi a lagnarsi di te e della sua sventura; è una bella seccatura ed anche uno scandalo. La sorpresi ieri che non trovando altri confidava le sue pene a mia figlia. Dovetti proibirle di confondere le idee a quella innocente. Fammi il piacere di riprendertela al piú presto.
SILVIO Sei un bel Tizio tu! Io vi sono dispostissimo, lo sai bene! Oh! se tu volessi aiutarmi con una sola parola! Sarebbe cosa tanto facile! Senti, Alfonso. È evidente che tu non puoi tener...
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